Capitolo 32
Liberio segue la macchina di Tommaso fino a una zona a sud-est di Pisa.
Abbandoniamo i veicoli in un parcheggio non troppo distante dalla meta, poi ci avviamo verso un gruppetto di edifici abbandonati che scorgiamo in lontananza.
«È laggiù» dico non appena la nonna mi fa un cenno d'intesa. «Tommy, puoi riportare Saul alla macchina? Se succede qualcosa... troverò il modo di avvisarvi.»
«Di cosa cazzo stai parlando?» replica mio fratello. «Perché devo tornare alla macchina? Io vengo con te!»
Lo guardo male. «Scordatelo...»
Mi accorgo che Tommaso sta per aprire la bocca, così gli scocco un'occhiata glaciale per farlo tacere.
«È una follia... A questo posso pensare benissimo da sola.»
«Se la polizia non arriva, non puoi fare tutto da sola!»
La polizia...
Ho provato a richiamarla, ho tentato anche coi carabinieri, ma non si sono fidati...
Mi hanno chiesto prove, e cos'avrei dovuto dire? Che parlo coi morti? Allora sì che mi avrebbero dato della pazza! E ormai, anche se m'inventassi qualcosa, non mi crederebbero comunque.
Nadia prende un respiro molto profondo, e tenta di dire, con una brutta smorfia: «Tu credi che... Oh, accidenti a me! Tu credi che Harry Potter avrebbe mai trovato tutti gli Horcrux senza Ron, Hermione e Silente? Pensi che sarebbe mai sopravvissuto se sua madre non avesse dato la vita per lui, se Piton non si fosse sacrificato, e se Hagrid non lo avesse protetto?»
La guardo a bocca aperta. «Che cosa?»
«OK, senti... Tu sei Harry, no? E noi siamo... l'Esercito di Silente...»
Continuo a fissarla, colta alla sprovvista.
Alberto mi batte la mano sulla spalla. «Roberta e Bianca sono anche nostre amiche, e tu non puoi fare tutto da sola. Hai bisogno di noi.»
«M-ma Saul...»
«Chiudi il becco!» Mio fratello mi supera repentino. «Non voglio ascoltare più discorsi simili! Andiamo!»
Sgomenta, rimango a fissare Tommaso che lo raggiunge e lo affianca, subito seguito da Edoardo, poi da Alberto e Nadia.
Liberio mi stringe la mano. «Sai una cosa? Forse tu hai sempre creduto di avere solo tre persone che ti vogliono bene. Ma non è esattamente così.»
Scuoto la testa. «Libe, i-io non ho idea di cosa stia per succedere... Io...»
Come faccio a spiegare quanto il mio cuore batta all'impazzata, che mi sento il fiato corto, la gola e la pancia gelate, che le gambe mi tremano talmente tanto che mi sento sul punto di collassare, che la bile sembra andare in su e in giù come su un'attrazione da luna park?
Come faccio a spiegare qualcosa che sto provando per la prima volta, e che è agghiacciante?
È orribile, è come se... è come se fossi già morta...
Liberio mi accarezza il viso. «Credo di capire ciò che provi. Sto sentendo lo stesso.»
«Non posso permettere che Saul venga con noi... Se gli succedesse qualcosa, io...»
«E se succedesse qualcosa a te, come pensi che l'affronterà? Vuole proteggerti, esattamente come tu vuoi proteggere lui.»
Lo guardo negli occhi, accesi di paura. È terrorizzato, ma verrà, e mi resterà accanto...
Mi passa le dita tra i capelli. «Ti amo, Irene.»
Accidenti, se crede che questo servirà a ricaricarmi le batterie... ci ha visto proprio giusto!
Il mio ragazzo mi ama!
Scherziamo? Anche io amo lui.
Sono così tanto vicina al pericolo da rendermi perfettamente conto di cosa veramente io provi per lui!
Senza la sua presenza sono attiva quanto lo è un telecomando Wii senza pile! Se non fosse per Liberio, sarei vuota come un corpo baciato dai Dissennatori!
Liberio è la mia anima, se perdo lui, io non sono più niente.
Eppure non posso impedirgli di seguirmi, perché sarebbe altrettanto disperato nel perdere me.
Ci proteggeremo a vicenda.
In qualche modo riesco a sorridere, e mi allungo sulle punte per baciarlo. «Ti amo anch'io, Liberio.»
Ci stringiamo forte la mano, ci guardiamo ancora negli occhi, e poi ci avviamo al seguito del gruppo.
*
Gli angeli mi fanno strada fino alla via che porta verso gli edifici interessati. Nonno Gigi mi fa cenno di avvicinarmi alla chetichella, così passiamo rasenti ai muri delle altre strutture abbandonate, finché non scorgo in lontananza due tizi dalla faccia arcigna, seduti sul marciapiede e intenti a fumare.
Michele indica il capannone alle loro spalle. «Il posto è quello, stanno facendo la guardia.»
Spiego la situazione agli altri, mentre ci tiriamo indietro affinché quei due ceffi non ci sentano.
Edoardo si stringe nelle spalle. «Dobbiamo... neutralizzarli? Come nei film d'azione?»
Tommaso si passa una mano tra i capelli. «Saranno armati. Non so in quanti abbiano delle pistole, ma state certi che tutti avranno almeno un coltello.»
«Se quelli lì hanno la pistola, non possiamo avvicinarci così» dice Liberio. «Sono solo due, ma ci faranno fuori in un attimo...»
Nadia mi tira un colpetto. «Ehi, ho un'idea: distraiamoli mentre gli altri si avvicinano.»
Liberio mi fissa inorridito, ma io rispondo, pur angosciata: «Sì... buona idea».
«Ma... Un momento, per favore.» Alberto afferra la mano di Nadia. «È una stupidaggine...»
«Ormai siamo qui, e c'è pochissimo tempo, Rovai.» Nadia gli strizza il naso. «Su, lasciami. Se un tipo come te può combattere, posso farlo anch'io.»
«Va bene... Anche se questo discorso lo riprendiamo dopo...»
«Certo che lo riprendiamo dopo. Dove vuoi che vada?»
«Nadia... per favore, stai attenta... State attente tutte e due.»
Scambio una velocissima occhiata con Liberio, prima di seguire Nadia lungo la strada, verso l'antro nemico.
Durante il tragitto che sembra durare secoli, ci afferriamo le dita e ci stringiamo l'una all'altra, continuando a guardare avanti e senza mai rallentare.
Liberio interverrà subito, ne sono certa...
Non succederà niente...
Non appena attraversiamo la strada e i due malviventi di guardia ci vedono, si alzano entrambi con ghigni di perversione stampati in volto.
Io e Nadia li raggiungiamo e ci muoviamo insieme affinché diano le spalle alla strada.
Uno di loro, piuttosto grosso, piega la schiena per guardarci meglio, e il nauseabondo odore d'erba mi impregna le narici rischiando di farmi vomitare la bile già pronta all'evacuazione...
«Come ci avete trovati? Chi siete?» sghignazza il ragazzo, con le palpebre gonfie mezze socchiuse. «Eravate in ritardo per la riunione?»
Il suo compare, fatto ma comunque un po' più lucido, perde invece il sorriso. «Ma come cazzo facevano a sapere di dover venire qui? Ehi, puttane, qualcuno vi ha inviato un messaggio? Rispondi, biondina.»
Si avvicina, e allunga la mano con l'intenzione di afferrarmi per i capelli...
Non mi deve toccare!
Mi accuccio a tirare una testata ai suoi testicoli, abbastanza forte perché si pieghi e mi cada addosso.
Stramazzo a terra sotto il suo peso e sento un rumore di lotta, poi di corsa...
Continuo a dimenarmi e a scuotere le braccia nel tentativo di raggiungere le tasche del giaccone del mio avversario inerme. Al momento è troppo preso dal dolore, ma se riuscisse anche solo a muovere un braccio e a infilare la mano là dove forse tiene la pistola, io potrei morire!
Alla fine però lui si toglie da sopra di me. Anzi viene spostato.
Ansimo alla ricerca d'aria e riconosco le mani di Liberio che mi afferrano e mi aiutano a rialzarmi.
Il bacino mi fa un male cane...
I due criminali sono a terra, quello che mi stava sopra è privo di sensi, il suo compare è invece ancora cosciente.
I miei amici sono intervenuti e sono riusciti a sopraffarli, Alberto si sta occupando di depredare i vestiti di quello svenuto.
Tommaso si sta invece tenendo impegnato con quello ancora sogghignante: gli sta puntando una pistola contro la tempia, premendogli il ginocchio sul petto.
«Non un singolo fiato...» ringhia mio cugino, «o ti giuro, in nome di tutto quello che conosco, che sparo...»
Il delinquente sghignazza proprio come prima. Apre la bocca per parlare, ma quando Tommaso fa tintinnare la pistola, quello si rimette in riga.
«Cosa cazzo sta succedendo là dentro? Parla!»
Quello sbuffa quasi a sputare. «Stanno preparando alcune ragazze... Qualcuno si divertirà con le più carine, mentre le racchie verranno subito istruite sul da farsi. Sono state divise, faranno un po' a turno, e dopo tocca a me...»
«Mi sa proprio di no.»
«A me sa invece che ti conosco. Sì, ti ho già visto, forse ci siamo anche divertiti insieme con qualcosa. Guardati ora. Credi di essere un santo? Credi di essere cambiato? Sei diverso da noi perché hai scelto di smettere e il tuo cuoricino è dunque più buono? Eppure guardati. Guarda come mi minacci con quella...»
Tommaso gli tira un pugno tanto forte da farlo stramazzare e perdere conoscenza.
Alberto intanto ha tirato fuori un coltello dalle tasche di entrambi i giovani criminali.
Nadia mi tira una gomitata, anche lei intenta ad ansimare e a tremare. «Bella mossa.»
«Coi ragazzi è particolarmente efficacie...»
Alberto mi tira una leggera pacca alla schiena, prima di accarezzare i capelli di Nadia. «Concordo. Tranquille, siete state grandiose.»
Mi giro a guardare l'edificio, che sembra quasi un grosso garage, come se una volta ospitasse l'enorme officina di un meccanico.
Il portone è semiaperto, ma subito oltre l'ingresso non dovrebbe esserci nessuno, altrimenti gli altri tizi del Circolo Rosa sarebbero già intervenuti.
Afferro un coltello e lo passo a Saul. «Ascolta, ho da affidarti un compito molto importante: devi tenere d'occhio questi due. Se si risvegliassero e corressero ad avvisare qualcuno, saremmo rovinati.»
Saul afferra titubante il coltello. Sta tremando come un ossesso, lo tiene tanto lontano da potersi rispecchiare quasi interamente sulla lama. «O-O-OK, Ire... a-abbiamo trovato il posto, e abbiamo fatto fuori questi due... O-ora possiamo chiamare la polizia?»
Scuoto la testa. «Hai sentito prima, è inutile.»
«Proviamoci!»
«Chiamala tu, ma io intanto entro. Non sono arrivati in tempo in Piazza delle Vettovaglie, e non voglio rischiare che succeda qualcosa mentre li aspettiamo.»
«Ire, è una pazzia! Non è colpa loro se non sono arrivati in tempo, e tu lo sai!»
«Ho già deciso. Roberta è lì dentro, e io voglio tirarla fuori.»
Tommaso passa un coltello a Edoardo. «Resta con Saul. Fate capire ai poliziotti che abbiamo ragione, e aspettateli...»
«N-no, Tommy, i-io...»
Tommaso gli passa una mano sulla guancia, prima di sporgersi in avanti a baciarlo. «Andrà tutto bene.»
Alla fine Edoardo è costretto a lasciarlo andare. Prima però, lo trattiene per sussurrargli: «Tu non sei come loro. Sei diverso, lo sai. Non devi dar retta a quello stronzo».
«Lo so, Edo.» Tommaso lo bacia ancora una volta. Dopodiché stringe forte la pistola e si mette in testa al gruppo.
Saul mi lancia un'ultima occhiata nevrotica. «N-n-non morire... Ti prego, n-non mo-morire, per favore, ti prego...»
Annuisco senza parlare, dopodiché gli do le spalle.
Nonno Gigi mi dà il via libera, così confermo a Tommaso che possiamo entrare.
L'ingresso del garage è particolarmente grande. Per fortuna il portone è già un po' spalancato, altrimenti a spostarlo rilascerebbe parecchio rumore.
Più avanti c'è una porta da cui proviene una luce abbagliante. Ad affiancarla ci sono delle scalette che portano a una piattaforma superiore, che raggiunge la stessa stanza dall'altra parte.
Liberio ci fa cenno di salire, ma alla fine sono soltanto lui e Tommaso ad andare a dare un'occhiata.
Dopo pochi minuti, Liberio torna ad affacciarsi, sconvolto. «Ci sono un sacco di ragazze più piccole di noi. Alcune sono delle bambine... Se ne stanno ammassate, mentre i capi sono seduti da una parte a mangiare panini, fumare e discutere tra loro guardando delle carte.»
«Hai visto Roberta?» chiedo.
«No... N-non credo che sia in quella stanza. Però da quassù non ci sono altre vie. Credo che l'unico modo per raggiungere la sala successiva sia passare da giù.»
Guardo Nadia. «Lì dentro sono tutte ragazze. Forse riusciamo a passare inosservate, e magari ci dicono come possiamo proseguire.»
Nadia mi tira su il cappuccio affinché mi nasconda bene il viso, poi fa lo stesso per sé.
Alberto ci stringe le spalle. «Credete che ci aiuteranno?»
«Molte di loro sono spaventate. Troveremo quelle giuste.»
Alzo lo sguardo su Liberio, il quale mi fa un cenno di assenso, pur spaventato.
Michele intanto sbircia dalla porta affinché possa dirci quando è il momento giusto per entrare.
Non appena scuote il braccio, trascino Nadia con me e ci infiltriamo quatte in una stanza molto grande, stracolma di ragazzine, i cui piccoli corpi sono premuti gli uni contro gli altri. Sono così tante che neanche riesco a scorgere i rapitori al di là della sala, ma forse così neanche loro noteranno noi.
Ci infiliamo tra le ragazzine e osservo i loro volti: gli occhi di alcune sono già spenti, come se avessero perduto l'anima; altre tremano incontrollate, mugolano tra sé e sé o si stringono a una vicina; alcune si fanno domande a vicenda, senza ottenere risposte o rassicurazioni; le più piccole piangono in silenzio chiedendo alle più grandi per quale ragione le abbiano portate lì, e subito dopo domandano dove siano i loro genitori...
Noto che, come ha ribadito il delinquente alla porta, queste ragazzine non sono particolarmente belle, o almeno non graziose.
Che schifo, Claudio e i suoi compari le hanno suddivise come se avessero tra le mano bestie di élite e bestie scarse...
Per il momento, almeno, queste bambine sono salve da un destino ancor più crudele...
Nadia e io ci avviciniamo a una ragazzina con la testa coperta da un velo. Ha il labbro leporino, eppure io trovo che il suo viso sia morbido e i suoi occhi scuri bellissimi.
«Ciao» mormoro.
Lei ci guarda come se neanche riuscisse a vederci. «Ciao...»
«Come ti chiami?»
«Samia...»
Le sorrido. «Come la protagonista di Non dirmi che hai paura.»
Lei mi guarda ora con curiosità, prima di spostare lo sguardo su Nadia. «Voi due siete diverse... Quanti anni avete?»
«Di sicuro molti più di te...» risponde secca Nadia.
«Ma i vostri occhi sono... pimpanti. Non siete come me, o come le altre.»
Le faccio cenno di avvicinarsi. «Ci siamo appena infiltrate. Vogliamo salvarvi.»
Gli occhi di Samia cominciano a risplendere, in una speranza tanto grande da farle colare le lacrime. «Mi riportate da mamma? Avete chiamato la polizia?»
Nadia mi stritola il polso. «Sì, sta arrivando. Ma dove sono le altre ragazze?»
Intanto le bambine intorno a noi si stanno avvicinando, avendo colto i nostri discorsi.
«Attenta, Ire» mi avverte nonna Rosalba. «Potrebbero insospettirsi di tutta questa agitazione.»
Mi siedo a gambe incrociate e, fissandomi le ginocchia, sibilo: «Se non volete dare nell'occhio, fate finta di nulla».
L'aria attorno comincia ad alleggerirsi un poco, allora, quando nonna mi accenna che va tutto bene, torno a guardare Samia.
Lei si sporge in avanti per bisbigliare spaventata: «Le altre ragazze sono state portate più avanti, oltre quella porta», indica una soglia alle sue spalle, piuttosto lontana. Il suo corpo trema ancor di più mentre dice: «Le vogliono stuprare, vero? Faranno lo stesso con noi?»
Scuoto la testa. «No. No, presto sarete salve...»
Nadia mi scocca un'occhiataccia, ma per fortuna non dice niente.
Però ha ragione, che cosa mi viene in mente di dire? Come posso salvare tutte queste bambine? E allo stesso tempo, come posso abbandonarle?
«Quanti sono?» chiedo.
Samia scuote la testa, ma la mia domanda è indirizzata agli angeli, infatti Michele risponde: «Qui ce ne sono quattro».
«Sono pochi» dice nonno Gigi. «E mi auguro ce ne siano altrettanto pochi più avanti. Di sicuro il resto dei capi del Circolo Rosa è altrove, in giro per le strade di Pisa.»
«Era da un po' che quel ragazzo mi parlava» comincia a dire Samia. «Lui era gentile con me, mi offriva sempre la merenda, e mi ha pagato il biglietto per salire sulla Torre Pendente. Non ci ero mai stata, e lui mi ha accompagnata. Mi piaceva, era come un fratello maggiore... Mi aiutava a star bene quando mamma e babbo litigavano. Diceva sempre che non devo star a sentire mio padre, che se non c'è mai non deve essere una preoccupazione, ma solo un miglioramento. Poi però mi ha detto di incontrarlo in Piazza delle Vettovaglie. Ho visto tutte queste ragazze, e lui mi ha detto che andava tutto bene... Invece ora sono qui, e non ne uscirò più...»
«Devi aiutarci, Samia» dico a bassa voce. «Dovete aiutarci. Ci sono i nostri amici, e devono passare con noi. Dovete coprirci, per favore. Possiamo contare su di voi?»
Le bambine attorno si girano appena.
Samia comincia a bisbigliare nell'orecchio di una compagna, la quale a sua volta pispiglia alla vicina, che ancora mormora alla ragazzina al suo fianco, e così via.
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