Capitolo 31
Una volta in Corso Italia, chiamo mio fratello per sapere dove si trovi, ma lo vedo da lontano già seduto sotto la statua di Vittorio Emanuele II, da solo.
«Dov'è Zoe?» lo sgrido strattonandolo per un braccio.
«Se n'è già andata. È venuto suo padre a prenderla e ho preferito che tornasse subito a casa, anche per impedire che lui facesse domande imbarazzanti. Quaggiù in bella vista nessuno poteva farmi del male.»
Gli afferro il viso per strizzargli le guance fino a farlo lamentare. «Quando ti dico una cosa, la devi fare...» ringhio.
I suoi occhi color ciano si spalancano nello sgomento, e io lo lascio andare di colpo, rendendomi conto di averlo sgridato proprio come faceva la mamma...
Liberio mi scuote piano. «Tommy mi ha chiamato.»
«Sì, anche a me.» Ricordo di aver visto le sue chiamate un attimo fa, ma prima dovevo a tutti i costi trovare mio fratello.
Chiamo Tommaso... invece a rispondermi è la voce di Alberto: «Ire! Era ora!»
«A-Alby? Perché sei con mio cugino?»
«Oggi dovevamo incontrarci tutti a casa tua per discutere di cosa è successo ieri, ricordi? Nadia è qui con noi, stiamo tornando a Pisa, siamo in macchina con Tommaso.»
«Ah, giusto. Scusa, è che c'è un problema...»
«Sì, lo sappiamo. Dovete assolutamente andare da Roberta. Tommaso ha già chiamato i carabinieri, e addirittura la polizia.»
Faccio cenno a Liberio e Saul di seguirmi, così imbocchiamo Corso Italia a passo veloce.
«Avete provato a chiamare Roberta?» chiedo.
«Un milione di volte, ma non risponde, proprio come voi.»
«Eravamo in moto, Alby!»
«Ire, è successa un'altra cosa. Quando siamo arrivati da te, abbiamo trovato la tua casa e quella di Tommaso imbrattata di graffiti... Raffiguravano dei cerchi rosa...»
Mi costringo a continuare a camminare... lo shock non può fermarmi, Roberta ha bisogno di me...
«Come cazzo hanno fatto a sapere dove viviamo? E cosa c'entra Tommaso? Lui...» ma poi ricordo.
Ecco cosa mi è sfuggito, quel particolare di cui non ho tenuto in considerazione, ma che al contrario è assai importante...
«Mettimi in vivavoce.»
«OK, ci sei.»
«Tommaso» sibilo. «Hai finito di pagare i tuoi debiti?»
Mio cugino risponde spaventato: «Sì! Assolutamente sì! Ire, ne sono sicuro, davvero...»
«Chi era quel tizio con cui ti ho visto?»
«Si chiama Leonardo, m-ma non so il cognome...»
«Quanti anni ha?»
«Ire, di sicuro più di me... almeno tre in più...»
«Potrebbe far parte del Circolo Rosa.»
«N-non lo so, io... m-mi dispiace, non avrei mai immaginato che...»
«Ma fra tutti i posti in cui potevi condurre i tuoi sporchi affari, proprio di fronte a casa nostra?!» urlo contro il cellulare. «Ci hai messi tutti quanti in pericolo, cretino!»
Non gli do il tempo di rispondere che riattacco, ficcandomi brutalmente il cellulare nella tasca della felpa.
Liberio e Saul provano a farmi delle domande, ma io non li ascolto e accelero il passo.
Chissà cosa penseranno mio padre e i miei zii quando, una volta tornati a casa, troveranno tutti quei graffiti molesti...
Mio nonno Ernesto in quel momento stava dormendo?
«Miche, dimmi che va tutto bene...»
«Nonno sta bene.»
«E in generale?»
«Non lo so, Irene. Senza Walter non posso saperlo...»
Attraversiamo il Ponte di Mezzo e corriamo in Borgo Stretto fino a Piazza delle Vettovaglie, un luogo considerato da tutti – non senza fondamento – uno dei posti peggiori di Pisa e facilmente frequentato dai malviventi.
Invece adesso ci sono una ventina di poliziotti e carabinieri che girovagano per la piazza a porre delle domande ai pochi civili rimasti.
Riconosco l'uomo al quale ho confessato tutto sui Circoli, e lui a sua volta mi guarda, prima di avvicinarsi arcigno. «Irene, che cosa sta succedendo? Tuo cugino ci ha chiamati all'incirca un'ora fa, con una soffiata sul Circolo Rosa che riuniva ragazzine in Piazza delle Vettovaglie.»
Piegata a riprendere fiato, vedo la maggior parte delle autorità voltata in nostra direzione, i loro volti rilasciano irritazione e delusione...
«Non li avete trovati?» fa Liberio.
«Quando siamo arrivati non c'era più nessuno di sospetto, e la gente qui non ha visto nulla.»
«Magari chi c'era prima adesso se n'è andato! Dovete interrogare i passanti di Borgo Stretto!»
«So benissimo come svolgere il mio lavoro. Ci fidavamo di Irene, ma a quanto pare ci sbagliavamo.»
«Ehi, Irene non si è mica inventata qualcosa per scomodarvi, signori.»
«E poi non vi pare strano che non ci fossero tipi sospetti al vostro arrivo, qui in Piazza delle Vettovaglie?» sottolinea Saul. «È ovvio che i delinquenti scappino non appena sentono dire che ci sono la pula e i caramba di pattuglia.»
«Bimbetto, stai rischiando davvero grosso» lo avverte l'uomo.
Quando torna a guardarmi, io, nella mia stupidità, nella mia debolezza che odio così tanto, non riesco a trattenere le lacrime.
«Perché dovrei inventarmi le cose?» cerco di parlare senza mugolare... ma è del tutto inutile...
La gola mi fa malissimo, gli occhi mi bruciano e le guance gemono nel doloroso sforzo di non contrarsi per le smorfie del pianto...
Perché quest'uomo, quest'autorità, continua a fissarmi così male? Perché mi squadra come se fossi sbagliata? Io voglio solo proteggere la mia migliore amica, non mi sembra di chiedere tanto...
Dio, ma cosa ti ho fatto di così sbagliato perché tu mi provocassi tutto questo?! Cos'ha fatto Roberta di sbagliato?!
Poi il carabiniere prende un lungo sospiro per calmarsi di fronte alle mie lacrime, e cerca di parlarmi con più indulgenza: «Come facevi a sapere dell'incontro? Chi te lo ha detto?»
Mi volto appena a guardare il braccio di Michele. Ovviamente non posso parlargli degli angeli, mi serve una scusa valida...
Cosa posso inventargli?
Il mio stomaco roteante non mi permette di pensare, mi sembra come di star cadendo in una voragine senza fondo, nell'attesa costante di una morte che non arriverà mai...
Non riesco a trovare una scusa... non riesco a pensare a nulla che possa convincerlo...
E Liberio e Saul, come me, si crogiolano su qualcosa privo di soluzione...
Così, alla fine, scuoto la testa e rispondo, incapace di guardare il carabiniere: «Non mi crederebbe...»
Sento che mi afferra delicatamente per una spalla, nel tentativo di essere confortante. «Irene, io voglio crederti. Ti prego, dimmi quello che sai.»
«Non posso... Non mi crederebbe, è troppo assurdo...»
«Irene!» mi lascia andare, riappropriandosi però della voce dura. «Questo non è uno scherzo!»
«LO SO!» sbraito. «La mia migliore amica rischia la vita, so che non è uno scherzo! Ma è inutile provare a spiegare! Tanto è scomparsa, senza traccia...» Mi porto le mani sul viso e mi rintano tra le braccia di Liberio, il quale mi copre le orecchie per proteggermi dai mormorii che serpeggiano contro di me.
Sento che mi trascina da qualche parte e mi fa sedere, senza mai lasciarmi andare.
Che cosa posso fare?
Roberta non c'è...
Cosa le succederà?
Passa molto tempo, in cui io continuo a sfogare le mie lacrime. Probabilmente i poliziotti e i carabinieri se ne sono andati, e a un certo punto Liberio mi sussurra che anche noi dobbiamo andarcene da Piazza delle Vettovaglie.
Così torno a guardare il mondo che tanto odio, e trascino i piedi sulla via dei negozi, sempre più avanti, fino alla fine, dove troviamo una panchina libera su cui sederci.
Il cellulare di Liberio squilla, lui risponde, ma non riesco a capire ciò che dice.
Quando riattacca, mi scuote dolcemente. «Ehi, fatina, gli altri sono arrivati. Erano in Piazza delle Vettovaglie, ma gli ho detto di venire qui.»
Annuisco e cerco di asciugarmi il viso meglio che posso. Non voglio che gli altri mi vedano piangere, è già abbastanza egoistico da parte mia frignare come una bambina di fronte a mio fratello minore spaventato...
Poi vediamo arrivare Tommaso, Alberto, Nadia, e anche Edoardo.
«Che cosa ci fai tu qui?» domando.
«Avevo fatto promettere a Tommy di tenermi aggiornato su quel Circolo del cazzo, perciò eccomi qui.»
«Beh, è inutile...» mormora Saul. «La polizia e i carabinieri sono arrivati e non hanno trovato nessuno. Dovevano essersela già svignata.»
«Questo è assurdo!» urla Nadia, spaventando i passanti. Poi si accuccia di fronte a me e mi scuote con violenza. «Irene, come cazzo facevi a sapere di quell'incontro? Chi cazzo te lo ha detto? Può essere un indizio importante, ti pare?!»
Scuoto ancora la testa, incapace di parlare...
«CE LO DEVI DIRE! COME SAPEVI DI PIAZZA DELLE VETTOVAGLIE?! COME SAPEVI DI PAOLO?! PARLA, CAZZO!»
La spingo via e mi alzo per affrontarla viso a viso, la fronte a spingere contro la sua come due bufali imbizzarriti...
La spintono di nuovo per toglierla dai piedi e mi giro a guardare Edoardo, Alberto e Tommaso...
Mio cugino mi fissa abbacchiato, ma altrettanto curioso.
Abbasso la testa e dico: «Parlo con gli angeli».
Silenzio.
Non un singolo fiato...
«Non la guardate così.» Liberio si alza per affiancarmi. «È grazie a lei e agli angeli se mio padre è ancora vivo. Sono mesi che Irene convive con questa realtà, che le sta facendo sia bene sia male. L'ultima cosa di cui ha bisogno, è che voi la crediate una pazza!»
Nadia lo guarda allibita. «È una follia! E se si stesse inventando tutto?!»
«Non mi hai sentito? Ha saputo che mio padre stava per suicidarsi, e abbiamo potuto impedirglielo in tempo!»
«Ma in che senso parli con gli angeli, Irene?» interviene Tommaso, alquanto confuso. «Come sono questi angeli?»
«Parlo con tuo fratello!» urlo. «Parlo con Michele, con nonna Rosalba e con mio nonno Luigi! Sì, Michele è proprio qui, accanto a noi due! È da gennaio che riesco a parlargli!»
Tommaso indietreggia come se lo avessi preso a schiaffi. «Dici sul serio?»
«Come pensi che abbia saputo dove nascondeva il suo quaderno delle canzoni? Me lo ha detto lui!»
In preda ai gemiti, Tommaso si passa le mani sugli occhi, sbaffandosi tutta la matita. «Tu puoi parlare con mio fratello morto, e non me lo hai detto?!»
«Mi avresti creduto?! »
«Sì! Avrei fatto di tutto pur di crederti, come mi sto sforzando adesso! Lo hai ammesso tu stessa che non hai mai avuto fiducia in me! Mi hai sempre ritenuto un cretino senza cervello!»
«Ma hai visto cos'hai provocato a casa nostra?! E una persona intelligente non va a infilarsi in mezzo ai drogati!»
«IO STAVO MALE!» grida Tommaso, cominciando a piangere insieme a me. «IO SOFFRIVO! NON RIUSCIVO A RAGIONARE, NÉ VOLEVO FARLO! MIO FRATELLO È MORTO, E IO NON VOLEVO ACCETTARLO! IO VOLEVO ANDARE CON LUI!»
«No, per favore, smettetela...» mormora Michele. Posa una mano sul petto di Tommaso, il quale subito trema per il contatto.
Nonna Rosalba invece mi sospinge di nuovo a sedere, allora io le prendo le mani con tanta forza da trapassargliele. «Avete parlato con gli angeli in Piazza delle Vettovaglie?»
«Irene, hai visto anche tu che non c'era più nessuno. Chiunque si allontana non appena vede arrivare le autorità: i malavitosi se ne vanno per non venire arrestati, e le brave persone perché temono un pericolo...»
«Allora che cosa facciamo?»
Nadia schiocca le dita di fronte ai miei occhiali. «Ma con chi cazzo stai parlando?!»
Le afferro la mano nell'impellente desiderio di storcerla. «Con mia nonna!»
«BASTA!» Alberto si avvicina per separarci. «Smettete subito di litigare! Questo non è affatto il momento!»
«Non fare il paladino della giustizia con noi!» ulula Nadia. «Ti abbiamo detto che non sei nostro fratello maggiore fuori di scuo...»
«Io vi sgrido quanto voglio, soprattutto se vi comportate come due bimbette in un momento delicato come questo! Adesso calmatevi entrambe e ragioniamo sul da farsi, chiaro?»
Né io né Nadia pronunciamo altra parola. Lo sguardo fulminante di Alberto è abbastanza severo da indurre al silenzio persino noi due.
«Ma cosa c'è da ragionare?» bubbola Liberio. «Non abbiamo idea di dove si trovino Roberta, Bianca e le altre ragazze...»
Alberto prende un respiro profondo. «OK, Irene...» mi chiama, strizzandomi delicatamente la guancia con indice e medio, «se davvero parli con gli angeli, loro non... non sanno tutto di ciò che succede nel mondo? Non sono onnipresenti?»
«No... I miei angeli passano il tempo soltanto con me e con coloro che li hanno cari.»
«E parli solo con loro?»
«Sì.»
«Allora come hai saputo di Roberta?»
«Mentre ero vicina a sua madre, Michele ha potuto parlare con Walter, il fratello di Roo... Ma ora non so come...»
«E se le ragazze fossero semplicemente tornate ognuna a casa propria?» Sotto i nostri sguardi accigliati, Edoardo si fa sulla difensiva. È già abbastanza occupato a cercare di consolare Tommaso, e nel sentirsi preso in giro ribatte con ostilità: «È da tenere in considerazione, no? Altrimenti ci allarmiamo per niente!»
Alberto posa ora una mano sulla mia spalla. «Prova a chiamare la mamma di Roberta. Chiedile se è riuscita a sentirla.»
Mi allontano tentando di riprendere il controllo della mia voce, così cerco in rubrica il numero della mamma di Roberta.
Mi risponde praticamente subito: «Irene, scusami, è un brutto momento...»
Il cuore mi si blocca di nuovo in gola. «Roberta non risponde al cellulare?»
«Neanche a te, vero? È circa un'ora e mezza che stiamo provando a chiamarla, ma niente. Non risponde neanche ai messaggi.»
«Quand'è stata l'ultima volta che le hai parlato?»
«Per l'ora di pranzo, ci siamo scambiate messaggi su WhatsApp. Diceva che era tutto apposto e che rimaneva fuori per tutto il pomeriggio. Tu dove ti trovi, Irene?»
«A Pisa. La sto cercando.»
«Fammi sapere, ti prego...»
Riaggancio il telefono e torno dagli altri. La mia faccia dice tutto, non c'è bisogno di spiegare...
Liberio e Alberto si scambiano un'occhiata cupa, allora il mio ragazzo dice: «Pensavamo... Senti, ultimamente Roberta parlottava molto spesso con Marzia...»
«Però Alby ha provato a interrogare Marzia, ma lei non sa niente.»
«E tu le credi?» sbuffa Nadia. «Non hai ancora capito quale infame bastarda sia quella tipa?»
«Io dico di andare a casa sua e costringerla a parlare» propone Alberto.
«Costringerla in che senso?» si agita Edoardo.
Nadia sogghigna, ma Alberto la redarguisce con uno sguardo. «Semplicemente facendole capire quanto siamo incazzati. Sta vicino Piazza dei Miracoli.»
«Facciamo prima a tornare alla macchina e ad andare là» mugola Tommaso. «Andiamo.»
Liberio mi stringe la mano. «Noi vi seguiamo in moto.»
*
Parcheggiamo di fronte a un supermercato non molto distante da Piazza dei Miracoli, così andiamo tutti a piedi al seguito di Alberto, il quale si ferma a suonare di fronte a una ristretta casa a due piani, tenendo a lungo il dito premuto sul campanello.
Risponde la voce di una donna, alla quale Alberto si dichiara, chiedendo se Marzia può scendere per parlare – non accenna al fatto che ci siamo anche noi altri.
Mentre aspettiamo, mi giro verso gli angeli e faccio loro un cenno d'intesa, che ricambiano.
Sento la mano del nonno strizzarmi rassicurante la spalla, e poi la sua voce, così pacata anche in un momento simile: «Ricorda, Irene, che essere un guardiano non significa necessariamente essere morto.»
«Che cosa vuoi dire?»
«Nota bene quanto tu e i tuoi amici state facendo per Roberta. Nonostante il vostro litigio, tu stai continuando a pensare a lei. Sei un'amica preziosa, una persona di tutto rispetto e che non ha niente da invidiare agli altri. Si è fortunati ad averti accanto. Tu vegli sui tuoi cari, familiari e amici, e questo fa di te un angelo. Così come Liberio e gli altri sono angeli per te.»
Mi giro a guardare Liberio, il quale ricambia il mio sguardo e, stringendomi la mano con più forza, mi fa un sorriso che mi scioglie il cuore.
Qual è il suo superpotere? Com'è possibile che riesca sempre a farmi sentire meglio, persino in un momento come questo?
Il nonno ha ragione. Liberio è uno dei miei angeli, e lo sono anche gli altri, persino Nadia.
«A cosa pensi?» mi chiede lui.
Ricambio il sorriso, mentre gli accarezzo la guancia. «Che non potrei desiderare una compagnia migliore. Soprattutto se ci sei tu.»
Mi bacia le dita e mi accarezza i capelli. «Vedrai che risolveremo tutto.»
Non appena la porta si apre e ne esce Marzia, ci avviciniamo tutti quanti come iene affamate attorno a una succulenta gazzella.
Lei ci guarda, spaventata di trovarci in così tanti, e sposta lo sguardo su Alberto. «Che cosa succede? Credevo che fossi da solo...»
Nadia comincia a farsi scricchiolare le nocche, ma io le abbasso le mani con un'occhiata di avvertimento.
«Sta succedendo qualcosa di molto brutto, Marzia» principia Alberto. «Sappiamo che sai del Circolo Rosa.»
Marzia comincia ad ansimare. «No... N-no, i-io non so niente!»
«Non sei perfetta come vuoi far credere» le intima Nadia, prima di venire azzittita dallo sguardo corrucciato di lui.
«Marzia, tu sai dove si trova Bianca in questo momento? Ho provato a chiamarla, ma non risponde. Neanche Roberta...»
Marzia continua a scuotere la testa. «N-n-no! Non s-so... Ma che cosa volete da me?! Perché mi fai queste domande, Alberto?! Tu vuoi solo approfittarti dei miei sentimenti!»
Alberto non risponde, il suo sguardo è furibondo proprio come quello che gli ho visto mentre si confrontava con Claudio.
Intanto mia nonna sta parlando con qualcuno che non riesco a vedere: «Abbiamo bisogno di saperlo, ci sono in gioco troppe vite innocenti».
«Irene e gli altri cercheranno di non fare nomi» dice il nonno. «Ma non possiamo prometterlo.»
«Sapete che cosa è giusto» insiste Michele, con altrettanta calma, seppur traballando sul posto. «Non potete permettere che si scateni una catastrofe del genere! Potrebbe essere già troppo tardi!»
«Io non so niente!» continua a strillare Marzia, indietreggiando verso la soglia.
Nadia fa per sporgersi ad acciuffarla, ma io la tiro indietro.
«Tu sai cosa sta per succedere, perché non te ne frega niente?» sbotta Alberto.
«Non venitemi più a cercare, chiaro?»
«Nessuna citazione su Marzia, è questo che volete? Non possiamo...» mormora il nonno.
Marzia sta per richiudere la porta...
«Sarebbe troppo pericoloso per Irene...» dice nonna.
Manca poco, e i miei angeli non potranno più parlare con quelli di Marzia...
«Prometto!» urlo.
Marzia si ferma a fissarmi sgomenta, mentre io osservo un punto apparentemente vuoto accanto a lei.
I miei angeli mi guardano, ma io mi rivolgo a coloro i quali io non riesco a vedere: «Lo prometto...»
Così nonno, nonna e Michele tornano a fissare quell'esatto punto.
Io sposto invece gli occhi su Marzia, la quale ha storto le labbra in quella maniera che odio con tutta me stessa. Mi fa venire voglia di strapparle la bocca...
«Tu sei fuori di testa, Irene... Vattene, o scatta la denuncia», e mi sbatte la porta in faccia.
«Denuncia?!» urla Saul, intenzionato ad abbattere i pugni sul campanello. «Ehi, mia sorella non è pazza, tu invece sei una persona tremenda! Non meriti nulla!»
Tommaso gli afferra le braccia per trascinarlo via, così ci affrettiamo ad allontanarci prima che uno dei genitori di Marzia si affacci a urlarci contro.
«Che cos'hai fatto, Irene?» mi chiede Tommaso. «Che cos'hai promesso?»
«Gli angeli di Marzia erano disposti a dire la verità soltanto se avessi promesso di non fare il suo nome, per non farla finire nei casini. Nonna, nonno e Michele non volevano accettare il compromesso, ma io l'ho fatto. Era l'unico modo...»
«Perché non volevano dire la verità? Sono angeli. Non sanno quel che è giusto?»
«Si preoccupano di proteggere i loro cari. Ma non importa, adesso possiamo sapere dove si trovano Roberta e Bianca. In passato Marzia è già stata minacciata, non mi sorprende che il Circolo Rosa l'abbia ritrovata facilmente...»
A questo punto comincio a pensare che la zia di Marzia fosse una delle creatrici del Circolo Azzurro...
Mio nonno mi guarda rattristato. Non vuole passarmi l'informazione, ma sa anche che è quello che voglio.
Io devo decidere della mia vita. Apprezzo con tutto il cuore il fatto che lui, nonna Rosalba e Michele vogliano proteggermi, ma io devo preoccuparmi di salvare la mia migliore amica.
«Lasciatemi fare questo sacrificio» dico a fil di voce, per non farmi sentire dagli altri.
I tre angeli mi guardano con paura, ma anche con orgoglio...
Anche loro avevano scelto una vita da salvare e quale da sacrificare. Nonostante siano perfetti, sono io la loro protetta.
Infine il nonno dice: «Dalla parte opposta di Pisa, quasi fuori città».
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