Capitolo 28

«Hai saputo qualcosa?»
Michele mi si siede accanto. «Niente di grave. Roberta e Grazia non hanno più incontrato Denis Landi. Lui è un amico di Grazia, ma non fanno parte dello stesso gruppo d'uscita.»
«E com'è il nuovo gruppo di Roberta?»
«Walter dice che sembrano bravi ragazzi. Un po' ombrosi, sai, in stile dark e punk, ma bravi.»

«Mi auguro solo che non soffrano nell'animo e che non siano autolesionisti... » bubbolo. Mi prendo la testa tra le mani per poter riflettere. «Non so cosa fare... Ho paura, ma non so come poterla salvare... Mi è venuto in mente di parlare con Grazia, ma peggiorerei soltanto le cose tra me e Roberta. E in ogni caso, non ho idea di cosa poterle dire.»
Michele mi strizza piano la spalla, mentre nonna Rosalba dice: «Potresti domandarle riguardo a Denis Landi».
Alzo lo sguardo su di lei.
Al suo fianco, nonno Gigi annuisce piano. «È un'idea buona, ma dovresti stare attenta che Grazia non vada a parlargli di te.»

«Posso provare, ma non so come entrare in contatto con Grazia se non tramite Roberta.»
«Walter dice che loro due si riuniscono spesso al Giardino Scotto» mi notifica Michele. «Grazia passa tutti i pomeriggi lì, e quando Roberta può, va a trovarla.»
«Sì, potrei tenderle un'imboscata, ma... devo trovare il giorno giusto, quando Roberta non ci andrà.»

Non conosco le ultime novità riguardo a lei, né ho modo di informarmi tramite i social network: Roberta mi ha "bloccata" su Facebook, Instagram e WhatsApp...
Ha "bloccato" persino mio fratello, mio cugino e Liberio, intuendo che avrei potuto sfruttare i loro profili per spiarla.

«Sai dirmi quando sia il giorno più adatto?» chiedo a Michele.
«Mi spiace, ma non posso esserne sicuro. Walter dice che Roberta ha cominciato ad andare in palestra, ma non ha giorni prefissati.»
Per fortuna che adesso ho qualcun altro su cui fare affidamento.

                                    *

«Ho "bloccato" Cavalli.»
«CHE COSA?!» Alzo la mano nel gesto di colpire Nadia, ma mi fermo appena in tempo.
Lei non si è scomposta molto, ha soltanto ritratto un poco la testa. «Beh, ho pensato che se si comporta così male con te, è giusto farle perdere un follower.»
«Bene, grazie. Ora però puoi "sbloccarla"?»

Con fare annoiato, Nadia alza gli occhi al cielo e prende il cellulare per aprire Instagram.
Cerca il profilo di Roberta, lo "sblocca" e... lei è stata a sua volta "bloccata"!
Nadia si mordicchia il labbro. «Ce lo dovevamo aspettare.»
«Fantastico! Mi spieghi a che cosa mi servi?»
«Stai un po' calma, Gherardi, io cercavo soltanto di fare la buona amica! Possibile che quando il tuo fidanzatino è a casa malato, devi venire a rompere i coglioni a me?»

«NOOOOOOOOOOO!»
Ci scambiamo un'occhiata confusa, prima di allungare il collo per poter sbirciare da dietro il cespuglio...
Un corpo ricade tra noi gettandoci a terra.
Col cuore che mi batte all'impazzata, prendo a calci l'aggressore e gli ficco le dita negli occhi.
Però la sua voce è familiare...
Riesco a sgusciare via dalla sua presa e riconosco Alberto, chiuso a riccio per proteggersi dai pugni di Nadia.
«Ferma!» L'afferro per i polsi. «È Alberto!»
«Alberto?!» Anche Nadia lo riconosce e rimane allibita, con le mani sollevate. «Che cazzo stai facendo?!»

Alberto si srotola, la mano scatta subito a strusciarsi le palpebre per riprendersi dalle mie ditate. «Vi ho viste nel cespuglio!» piagnucola. «Credevo vi steste picchiando!»
«Alberto, ma quanto sei idiota!» lo sgrida Nadia. «Queste cose le aspetto da Luca e Guo, mica da te! Io e Irene adesso siamo amichette del cuore, unite per sempre fino alla fine. Quel tipo di amicizia in cui se una soffre, allora soffre anche l'altra, sai.»
«Un qualcosa tipo "Frodo e Sam", o "Gumball e Darwin". Però noi siamo più antipatiche» rimarco. Mi accuccio per controllare gli occhi lacrimanti di Alberto. «Scusa, Alby, ma mi hai spaventata parecchio.»
«Non volevo cadere addosso a voi bad girls, è che sono inciampato...»

Scoppio in una risatina, prima di cominciare a spintonarlo.
Nadia invece gli tira i capelli. «Sei un grandissimo coglione, Rovai! Guarda che anche se ci fossimo picchiate, tu non avresti avuto potere su di noi.»
«Diventi nostro padre solo quando suona la campanella!»
«Va bene! Buone! Ahi, vi prego, pietà!» mugugna, prendendosela poi sul ridere assieme a noi. «Ma cosa cavolo state facendo nascoste in un cespuglio? Nadia vuole graffiare l'auto della Mazzini? Ire! Ti porta sulla cattiva strada!»

Noi gli saltiamo addosso fino a distenderlo nuovamente a terra, con la guancia premuta sull'erba.
«Stavamo cercando di spiare tramite Instagram.»
«E... dovete farlo dentro a un cespuglio?»
«È colpa di Irene. Sai che crede di essere in un film.»

«Un momento...» li interrompo. «Alby, sei arrivato al momento giusto! Mi presti il tuo Instagram?»
«Ehm... va bene.»
Lottando sotto al nostro peso, Alberto mi passa il suo cellulare, e io ricado sull'erba mentre apro Instagram e cerco subito il profilo di Roberta.
Ha aggiunto parecchie foto da quando abbiamo litigato, ma nessuna con Grazia.
Scorro un po' la sua bacheca e noto che Roberta ne ha postate otto in cui si trova in palestra, tutte con un distacco irregolare, come mi ha avvisata Michele.
«Se solo avesse una tabella settimanale ben strutturata! Va in palestra, ma a giorni a caso.»

«Fa' vedere.» Alberto si riappropria del suo cellulare, cominciando a scorrere le foto di Roberta.
Ci distendiamo una alla sua destra e una alla sua sinistra.
Nadia gli punzecchia la pancia fino a fargli piegare le gambe per il solletico. «Scendi un po' troppo, quelle sono le foto in costume.»
«Sta' ferma!» sghignazza lui, tornando indietro per ricontrollare i post più recenti. «Ha cominciato la palestra due settimane prima dell'inizio della scuola.»
«Quindi?»

Alberto picchietta le dita sulla tempia, con l'espressione pensierosa e assorta. Continua a scorrere il feed di Roberta, ogni tanto apre uno dei post della palestra, poi torna a punzecchiarsi la testa.
Alla fine schiocca le dita. «Mercoledì e sabato, martedì e venerdì, lunedì e giovedì, lunedì e giovedi.»
«Prego?»
«Le prime due foto in cui è in palestra risalgono una al mercoledì e una al sabato; nella seconda settimana di allenamento, abbiamo foto di martedì e venerdì; durante la terza settimana, ci è stata di lunedì e poi di giovedì. E la scorsa settimana ci è andata nuovamente di lunedì e di giovedì.»
«Ergo?»
«Da mercoledì è andata a sabato, e poi... cosa viene prima del mercoledì?»
«Il... martedì.»
«E prima del sabato?»
«Il venerdì...»
Nadia batte lentamente le mani in mia direzione.

Alberto le tira una leggera gomitata.
«E poi c'è stata una volta il lunedì e un'altra di giovedì, che vengono prima rispettivamente del martedì e del venerdì.»
«Sei perspicace, Rovai.»
«E la scorsa settimana è stata in palestra di nuovo di lunedì e giovedì. La mia ipotesi è che Roberta ripeterà il primo schema, ma al contrario. Perciò questa settimana andrà in palestra domani e venerdì.»

Confusa più che mai, sono costretta a massaggiarmi le sopracciglia pulsanti. «Alby, scusami se te lo dico, ma...»
«Sembra proprio una cazzata» dichiara Nadia.
Alberto non ci rimane male. «È l'unico indizio che avete, no? Credetemi, il cervello umano è strano, ma per la maggior parte delle volte schematico. Tu prova a fidarti di me, Ire. E se ho ragione, gongolerò per settimane con te e Nadia.»
Quest'ultima gli sale di nuovo addosso, stavolta attaccandolo vicino alle parti basse.

Mentre loro due giocano, sento delle grida provenire dall'ingresso della scuola, allora ci affacciamo da dietro la siepe del parco per poter sbirciare: sta avvenendo una rissa, gli studenti sono in cerchio e incitano alla violenza...
«Oh oh, meglio girare alla larga» borbotta Alberto. «Anzi, andiamocene. Tanto si sposteranno quaggiù.»
Di fatto, proprio mentre parla quegli ovillici cominciano a muoversi come un branco di grossi lupi rabbiosi per attraversare la strada ed entrare nel parco.

Noi tre ci siamo già spostati in disparte e ci nascondiamo dietro a un albero, a sbirciare.
«Se le danno di brutto...» mormoro scandalizzata.
Non ho mai assistito a una rissa, e a dirla tutta non riesco a vedere bene cosa stia succedendo, dato che gli spettatori accerchiano i due lottatori come una muraglia.
Alberto ci fa un cenno. «Venite, facciamo il giro, non rischiamo troppo.»
Nadia sbuffa, pur accucciandosi a recuperare il suo zaino. «Che palle! Perché non possiamo restare a guardare?»

Sto per ribattere a tono, quando sento una voce elevarsi dalla folla. È orribilmente familiare: si tratta di Claudio. «Dov'è il tuo fidanzatino, brutto finocchio del cazzo?!»
Se la sta prendendo con un ragazzo gay...
«Eh? Non fai altro che stargli al culo! Deve profumare parecchio!»
«No, aspetta, Clau! Com'è che è lui?» lo chiama un brutto ceffo nella cerchia.
La voce di Claudio si fa ancor più crudele: «Ah sì! Lui ha la sindrome di... la sindrome di... Ehi, checchina, come cazzo si chiama la tua malattia?!» urla, tirando un pugno al malcapitato. «Oltre all'omosessualità, s'intende!»

«Gli stanno facendo del male!»
mi aggrappo ad Alberto. «Sono tutti contro uno! Dobbiamo andare a cercare aiuto!»
«Chiamo i carabinieri» fa lui, il cellulare di nuovo alla mano.
«È Paolo!» Mi giro di scatto verso nonno Gigi, che indica terrorizzato i bulli. «Stanno picchiando Paolo! Hanno un coltellino!»
«È Paolo...»
Alberto mi fissa come se fossi uscita di senno. «Che cosa?!»

«COME CAZZO SI CHIAMA?!» seguita a urlare Claudio, ancora intento a tirare pugni.
Sento un mugolio biascicante provenire dalla vittima, ma non riesco a capire bene cosa stia dicendo.
«NON TI SENTIAMO, ZELO! PIÙ FORTE!» grida Claudio.
Ad Alberto manca solo un numero da digitare, ma il dito s'immobilizza, mentre i suoi occhi scheggiano verso la cerchia di bulli.

Io non riesco quasi a respirare...
Non ho neanche il tempo di capire cosa stia succedendo, che Alberto scatta in avanti e si getta nella mischia.
Sto per imprecare, ma mi affretto a portarmi la mano alla bocca per paura che mi sentano.
«Va' a chiamare aiuto!» mi scuote Nadia, che sta digitando il numero dei carabinieri.

Esco allo scoperto e mi lancio a tutta velocità oltre la strada, rischiando di venire investita.
Un'auto si ferma appena in tempo... ma non abbastanza. Frenando mi colpisce un poco sul fianco.
Stringo i denti e barcollo per la botta. Qualcuno urla e mi si avvicina, ma io mi aggrappo a loro senza riuscire a vederli a causa delle lacrime. «Picchiano il mio amico! Aiuto!» grido. Mi alzo e mi affretto a oltrepassare i cancelli della scuola, continuando a urlare richieste di soccorso agitando le braccia e piangendo dal terrore.

Il dolore al fianco è troppo forte, a un certo punto rovino a terra...
«Oddio! Ma che cazzo... Irene!» Luca mi s'inginocchia di fronte.
Lo afferro per il bavero. «Claudio sta picchiando Paolo! Lo ammazza! Aiutalo!»
Lui annuisce senza aggiungere altro, perciò si allontana a corsa, seguito da Guo.
Sono praticamente le uniche due persone che mi stiano dando retta...

Mi tiro su a fatica e zoppico di nuovo fuori dai cancelli. Qualcuno corre al mio fianco superandomi... qualcun altro invece mi si avvicina per sostenermi.
«Devi sederti» sento parlare Giulia.
«No... no! Paolo ha...»
Riesco a liberarmi di lei per raggiungere il parco, dove la lotta si è improvvisamente interrotta.

Nadia si è avvicinata a un corpo supino per terra, il cui torso si alza e si abbassa velocemente. Il volto sotto ai capelli biondi è completamente chiazzato di sangue...
Di fronte a loro c'è Alberto... con in mano un coltellino, che tiene puntato contro Claudio!
Quest'ultimo gli sta davanti, a fissarlo con sfida. Se ha timore della lama, non lo dà a vedere.
Guo sta avanzando veloce verso un tizio che tiene il piede premuto contro la guancia di Luca, e lo spintona via per liberare l'amico.
Nessun altro è intervenuto. Anzi la fila degli spettatori è aumentata, un ragazzo è addirittura più preoccupato di filmare tutto col cellulare.

In superiorità numerica, i criminali si sono fermati per tenere gli occhi puntati su Claudio e Alberto, che si studiano come due cani feroci...
Il primo non si muove mentre parla mellifluo: «Non sai usare quell'affare, Rovai. Un cretino perfettino e coglione come te non è capace di tanto».
Gli occhi di Alberto brillano però di minaccia. Fa davvero paura...
Non avrei mai pensato di scorgere uno sguardo simile sul suo viso dall'espressione prevalentemente gentile, seria e tranquilla.
«A tre passi dai coglioni dal mio amico» ordina perentorio.
Claudio scoppia a ridere. «Il tuo amico? O il tuo amante? Almeno da parte sua, eh? La sua sindrome gli fa desiderare ogni singola cosa che fai, non fa altro che imitarti. Avanti, non dirmi che non hai mai avuto voglia di prenderlo a pugni.»

Il confronto non può continuare, poiché sentiamo la sirena dei carabinieri e dell'ambulanza risuonare lungo la strada.
Un battito di ciglia più tardi, Claudio rilascia un rapido fischio, così lui e i suoi compari si lanciano in una fuga furiosa. Uno di loro spintona Alberto e gli tira un calcio alla gamba prima di andarsene.

«Alby!» Lo raggiungo e lo scrollo per essere certa che stia bene.
Ha un occhio gonfio, il labbro spaccato e un orecchio tutto rosso... Tra le mani stringe ancora il coltellino, deve essere riuscito a toglierlo a uno di quei tizi. Il filo della lama è macchiato di sangue...

«Che cazzo sta succedendo qui? Oh voi, state bene?»
Solleviamo gli occhi sul carabiniere.
I paramedici si stanno affrettando a raccogliere Paolo per portarlo via in barella.
Dio, fa' che si rimetta...

Alberto cerca di alzarsi per seguirlo, ma il carabiniere gli afferra la spalla e lo tiene fermo con forza. «Che cazzo hai tra le mani?»
Il mio amico guarda il coltellino, prima di lasciarlo andare all'improvviso. «N-non è mio...»
«Ah no?» fa sarcastico l'uomo.
«È la verità!» mi affretto a dire. «Era di quei bulli, e...»
«Tu chi sei, la sua fidanzata?» mi aggredisce il carabiniere. «È per questo che gli stai così vicina? Hai preso parte alla lotta?» insiste, indicando il fianco che continuo a strusciarmi.
Ma che cosa sta dicendo questo qui? Io in una rissa? Ma davvero faccio così tanto spavento?

«Ehi.» Nadia mi si avvicina per sostenermi, nonostante stia fissando il carabiniere. «Salve. Qual è il problema?»
«Qual è il problema?» bofonchia lui, allibito. «Questi tuoi amici hanno preso parte a una rissa! Anche tu?»
«Le sembro forse ricoperta di sangue?» ribatte calma lei, seppur con fermezza. «Neanche la mia amica lo è. Si è fatta male attraversando la strada di corsa per cercare aiuto, dato che il nostro amico stava venendo picchiato. È quello che sta venendo portando via in barella.»

«È stato lui?» L'uomo indica Alberto.
Questi fa per ribattere, scontroso e con le lacrime agli occhi, ma Nadia gli posa una mano sulla spalla e risponde, ancora composta: «No, lui si è lanciato per difendere Paolo».
«E questo coltellino?»
«Ah sì, lo hanno usato per torturare Paolo. Troverà che ha parecchi tagli.»
«Ma perché lui», l'uomo guarda ancora Alberto, «lo ha in mano?»
«Un ragazzo glielo ha puntato contro, ma Alberto è riuscito per miracolo a schivare il colpo. Ha tirato un calcio nelle parti basse di quel tipo ed è riuscito ad appropriarsi del coltello. Claudio Righini, intanto, stava ancora colpendo a morte Paolo Zelo. Alberto lo ha soltanto difeso.»

«Va bene, ma avrò bisogno di far domande a questi altri testimoni. La tua parola è una sola.»
«Beh, sempre che questa gente non sia troppo spaventata per confessare. Claudio Righini non dimentica, sa. Del resto, soltanto due nostri amici sono intervenuti. Eccoli, sono quei due ragazzi laggiù. Sarà contento di sapere che stanno bene.» Nadia non lo lascia parlare neanche quando lo vede aprire la bocca: «Comunque, sono certa che i nostri compagni di classe qui presenti le diranno tutto. Ma se non le basta, abbiamo una prova filmata.»
«Ah sì?»

Nadia si avvicina a quel ragazzo che prima stava filmando, e che ora si è messo a far finta di nulla sul marciapiede dietro alla siepe. Lui e i suoi amici stanno cercando di ascoltare il nostro breefing.
Lei lo raggiunge a mano sporta. Non riesco a sentire quello che gli dice, ma dal suo sguardo infuocato presumo si tratti di una minaccia.

Infatti ottiene il cellulare del ragazzo e lo consegna al carabiniere per mostrargli il video. «Ecco, quella brava persona ha cominciato a filmare poco prima che Alberto afferrasse il coltello. Direi che ci è andata di lusso. Dopotutto, signore, Alberto si stava solo difendendo, e cercava di proteggere un suo amico. Ha tolto l'arma dalle mani dell'aggressore, e se gliel'ha puntata contro a sua volta è stato appunto per legittima difesa, ma non ha minimamente accennato ad attaccare davvero con quel coltellino.»
Il carabiniere comincia a guardare il video, da cui provengono le urla che ho udito pochi attimi fa.
«E le vorrei far presente, signore,» aggiunge Nadia, in tono saputo, «che solitamente sono i delinquenti a scappare, non gli innocenti.»

L'uomo solleva lo sguardo solo una volta terminato il video. Allora ci guarda ad occhi assottigliati. «Io vi conosco. Eravate in tribunale pochi mesi fa...»
«Sì, io e la mia amica qui abbiamo rischiato lo stupro. E già che ci siamo, vorrei sottolineare che Claudio Righini, il ragazzo che ha quasi ammazzato il nostro amico, è un compare di quell'Hi-Hira Bath...» Nadia cerca di riprendersi dall'improvvisa balbuzia. «Ehm... sì, ecco, mi sembrava giusto farglielo sapere.»

Il carabiniere annuisce tra sé e sé, ora guardandoci con più disponibilità. «Beh... sei stato coraggioso, ragazzo» riesce a dire, evidentemente pentito di essere stato tanto duro.
Alberto arrossisce un po', sebbene sia troppo provato per rispondere.
«Venite, portiamo in ospedale anche voi. Vorrete vedere il vostro amico, e comunque dovete farvi curare. Ora chiamiamo i vostri genitori.»

Sostenuta da Nadia, mi tiro su e barcollo dietro al carabiniere.
«Alby.» Mi sporgo verso di lui per baciarlo alla guancia. «È vero, sei stato coraggiosissimo.»
Non risponde a parole, ma riesce a sorridermi. I suoi occhi sono ancora un po' lucidi per le lacrime che a stento riesce a trattenere.
Mi lascio aiutare anche da lui, cingendogli forte il collo in un abbraccio.

«Effy, ti senti bene?»
Mi fermo bruscamente e mi giro di scatto a incrociare gli occhi di Roberta, la quale mi fissa preoccupata.
Nadia mi stringe sempre di più, quasi protettiva, e io mi affretto ad annuire. «Sto bene, non preoccuparti per me.»
«Vengo in...»
«No» la interrompo brusca. «No, me la caverò.»
Non mi giro a cercare la sua reazione, né mi interessa averla offesa. In questo momento lei non ha colpe, certo, ma io sono ancora furibonda.
A quanto pare, per ottenere la sua attenzione devo arrivare al punto di rischiare la vita...

                                    *

«Non finirò dietro le sbarre?» mormora Alberto, premendo ancora il ghiaccio sull'occhio gonfio.
Siamo in sala d'attesa dell'ospedale: io, Alberto, Luca e Guo siamo già stati curati, e abbiamo appena saputo che Paolo non è in pericolo di vita, se la caverà con qualche costola fratturata.
Io invece ho un brutto livido sul fianco, oramai talmente tanto gonfio che quasi sono impossibilitata a camminare...

Non riesco a sentire la risposta di Nadia, perché Liberio mi sta urlando dal cellulare: «E VENGO A SAPERE TUTTO ADESSO?! MA SEI SCEMA?! E QUANTE VOLTE TI HO DETTO CHE NON MI PIACE QUEL PARCO?! PERCHÉ TI OSTINI AD ANDARCI?!»
«Libe...» Ho una voglia matta di ricambiare le sue urla, ma non posso mettermi a strillare in ospedale. «Ringraziamo Dio che eravamo lì, altrimenti non ci saremmo mai accorti di Paolo. Ci risentiamo dopo, OK?»

Lui sembra calmarsi un poco. «Mi dispiace... Scusa se sto urlando, lo so che non è colpa tua. È che sono incazzato a morte col Righini. Avrei voluto esserci per...»
«Lo so, lo so. So quanto sei coraggioso e forte. Tanto forte da riuscire a urlare in quel modo persino col mal di gola...»
«Scema...» tossicchia lui. «Parto fra poco.»
«Libe, hai la febbre, l'ospedale è l'ultimo posto in cui dovresti stare.»
«Chiudi il becco», e attacca.
Quell'idiota mi ha appena attaccato il telefono in faccia?

Prendo un respiro profondo, prima di chiedere ad alta voce: «Allora? Alberto rischia la prigione o no?»
«No, grazie a quel video» risponde Nadia. «A quanto pare a volte gli imbecilli possono tornare utili. Inoltre mi sono fatta girare tutto il filmato, l'ho sul cellulare. Non si sa mai.»

Io e Alberto ci sporgiamo a guardare, cominciando dal momento in cui Guo e Luca intervengono nella rissa.
Dopo che Alberto è riuscito a rubare il coltellino e lo punta contro Claudio, la lotta si arresta.
Intanto Luca viene sbattuto a terra e tenuto fermo con un piede.

Fisso il ragazzo che gli sta sopra: a un certo punto, mentre nessuno lo guarda e persino Luca non è in grado di vederlo, quel tizio porta la mano sotto alla giacca e fa per estrarre qualcosa... Ma si ferma per ascoltare il dialogo di sfida tra Alberto e Claudio; dopodiché viene respinto da Guo. Ciononostante cerca in tutti i modi di non abbassare quella mano...
«Avete visto?!»
Mando indietro il video per far vedere anche a loro, e rimangono entrambi sgomenti.

Alberto spalanca gli occhi grigi. «Porca puttana! Aveva una pistola?»
«Non è detto. Forse si tratta di un altro coltello» borbotta Nadia.
Scuoto la testa. «E perché tenerlo nascosto se già uno di loro aveva tirato il coltellino allo scoperto? E poi, avere un coltello nella tasca interna della giacca non è pericoloso? I coltelli non hanno il fodero, la lama è sempre scoperta, è troppo rischioso...»
Nadia sbuffa. «Cazzo, che scemo. Se davvero aveva una pistola, ha fatto una mossa da vero coglione. Probabilmente Claudio gli ha ordinato di non usarla, ma lui voleva provare a fare di testa sua. Fortuna che alla fine si è cagato sotto e ha lasciato perdere.»
«Una pistola... Dove cazzo l'ha presa? Conoscete quel tipo?»
Entrambi scuotono la testa.
Io però forse so a chi chiedere...
«Nadia, puoi passarmi il video per messaggio?»
«OK.»

«Ehi, Ire.» Alberto fissa distrattamente Luca e Guo che parlano lontano da noi, presso il distributore di bibite. «Come facevi a sapere che stavano picchiando Paolo? Non potevi averlo visto, era nascosto sotto tutti quei tizi.»
Arrossisco profondamente, e bluffo in fretta: «Ho riconosciuto i suoi lamenti».
«Ah, davvero?»
«Sì, certo, altrimenti come avrei fatto?»
Entrambi mi guardano in maniera strana... ma alla fine lasciano perdere.

«Piuttosto,» cerco di cambiare argomento, «d-di che parlavano riguardo a Paolo e alla sua... sindrome?»
Alberto si gira i pollici, sotto i nostri sguardi pressanti. «Non raccontatelo in giro, lui voleva che fosse un segreto. Paolo soffre della sindrome di Asperger. Non so se la conoscete, ma... questa sindrome comporta disfunzioni nelle interazioni sociali della persona. Chi ne soffre è solito trovare qualcuno che gli faccia da punto di riferimento, allora cerca di imitare queste specifiche persone, o anche una sola. La segue ovunque, e non gli piace che questo qualcuno stia in compagnia di altra gente. Poi... la sindrome di Asperger fa sì che chi ne soffre abbia limitati argomenti di conversazione: non gli piace quando si arriva a parlare di qualcosa che non gli interessa, e cerca sempre di ribaltare il discorso verso ciò che vuole lui, rendendola a senso unico, non arrivando a capire quando il suo interlocutore si stufa di tali argomenti. Paolo sa parlare appunto soltanto dello studio e dei videogiochi, io non riesco mai a inserire un discorso calcistico nelle nostre chiacchierate. E chi ha questa sindrome non ama il contatto fisico.»

Nadia sbuffa. «Ora si spiegano molte cose: tu sei il suo punto di riferimento.»
«Sì. L'ho scoperto solo pochi giorni prima di rientrare a scuola. Paolo non è tra i casi più gravi, e... e comunque è mio amico, per me non ha niente che non vada. Però ho accettato il fatto che non volesse farlo sapere. In realtà, apprezzo che abbia deciso di parlarmene. Ma credevo di essere l'unico al quale lo avesse rivelato...»

«Di certo non può averne parlato al Righini.»
«Infatti. Io non gli ho riferito nulla, ma in qualche modo lo è venuto a sapere. Ma da chi? Paolo lo avrà detto a qualcun altro, ma a chi
«Non so cosa pensare, Alby.» Gli accarezzo il polso. «Ma una cosa è certa: non rivedremo più Claudio a scuola. Dobbiamo stare attenti a tutti i suoi compari... Se Hi-Hira Bath era così, è ovvio che anche Claudio...»
Nadia mi lancia un'occhiata carica di significato. Ha capito cosa sto cercando di dire.

Una volta che riesce a inviarmi il video tramite WhatsApp, rimette il cellulare tra le ginocchia e muove gli occhi su Alberto. «Hai delle palle veramente gigantesche, Rovai. Tutti vorrebbero un amico come te che fa da guardia del corpo.»
«Grazie. Non so cosa mi sia preso, in realtà. Mi sono sorpreso da solo.»
«Di' un po', non è che per caso vi piacete davvero, tu e schizzo?»
Lui scoppia in una risatina. «Ma non hai visto prima come guardavo le foto di Roberta in costume?»
«Allora la guardavi in quel senso!» Nadia gli tira un pugnetto alquanto leggero.
«Però non mi fraintendere. Non mi piace Roberta.»
«Sì sì, lo so. Ti piace Gherardi, è risaputo.»
«Non più.» Alberto sorride alla mia faccia arrabbiata contro Nadia. «Già, non provo più quel sentimento. Siamo buoni amici, e mi va bene così.»
Finalmente una buona notizia!
Nadia fa un sorrisetto. «In ogni caso, complimenti per il duello, capoclasse.» Si avvicina di più a lui e gli lascia un bacio sulla guancia, più profondo di quello che gli ho dato io qualche ora fa.
Alberto strizza l'occhio a quel tocco, l'angolo delle labbra si solleva e, finalmente, riesce a rilassare le spalle.

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