Capitolo 27
Io e Roberta non abbiamo ancora ripreso a rivolgerci la parola. Ho provato a chiamarla, per giorni, ma non mi ha mai risposto. Quando l'orgoglio ha cominciato a prendere il sopravvento, ho lanciato via il telefono e ho abbandonato le speranze.
Michele ha detto di voler rivedere Walter, provare a parlare con lui, considerato che non ne hanno avuto modo.
Gli unici momenti in cui possono riuscirci, ormai, è quando sono insieme a Kevin o Valentino.
Walter ha confermato che Roberta è imbufalita con me, ma al momento lei e Grazia non hanno rincontrato Denis Landi.
Saul mi ha invitata a farmi di nuovo avanti, ma ho rifiutato con sdegno. Tommaso stesso ha tentato di parlare con Roberta, e lei lo ha snobbato sbattendogli la porta in faccia.
Liberio è piuttosto preoccupato. Presto ricomincerà la scuola, e non ha idea di come andranno le cose tra noi... neanche io riesco a immaginarlo...
«Non sappiamo neanche se ha passato l'esame» gli ho risposto brutalmente quando ha espresso i suoi dubbi. «Potrebbe anche averlo fallito, presa com'era dalla sua amata.
Alla fine lui e mio fratello hanno rinunciato nell'incalzarmi a far pace.»
Inoltre, Liberio si è deciso a tornare a vivere con Guillelmo, pochi giorni prima dell'inizio della scuola.
Ha avuto una lunga chiacchierata con mio padre. Alla fine mi ha detto che tornerà a casa, almeno come prova, e rifletterà.
Per adesso, da quel che mi racconta, nonostante quell'apprensione che avverte costantemente, sembra procedere bene.
*
Il primo giorno di scuola scendo dal letto e striscio fino al bagno per lavarmi e vestirmi.
Mi rendo conto con orrore di essere in ritardo e di star per perdere l'autobus, perciò mi fiondo fuori per correre fino alla fermata.
– Saul?
– Sta passando proprio adesso.
– Cazzo! Perché non mi hai aspettata?
– Sì, perdo l'autobus e arrivo tardi il primo giorno di superiori per colpa TUA! XD
– Vaffanculo, impiastro!
Ficco il cellulare nella tasca dei jeans nuovi, rischiando di strapparla.
E ora? Che cosa faccio?
Non appena svolto la strada, però, mi ritrovo di fronte a Liberio, a cavallo della sua moto.
Mi guarda, sorpreso dalla mia fretta. «Buongiorno, bellezza» mi saluta con un raggiante sorriso. «Ti sei dimenticata che d'ora in poi si va a scuola in moto?»
«Oh, Signore, grazie!» Mi getto su di lui con tanto impeto da rischiare di farlo cadere dalla moto, e lo bacio.
Liberio ricambia e scoppia a ridere, mentre mi fa indossare il casco. «Quanto diventi affettuosa quando ti scarrozzo qua e là, eh?»
Gli tiro un pugno al braccio. «Io sono sempre affettuosa con te, scemo!»
Nonostante il dolore, lui continua a ridere.
Dopodiché mette in moto e ci avviamo verso la strada principale.
*
Poiché siamo in anticipo, ci fermiamo a consumare una generosa colazione a un bar vicino – non a quello scolastico, sappiamo che a quest'ora è troppo affollato.
Una volta a scuola riusciamo a trovare la nostra nuova aula, al piano terra, e all'interno ci riuniamo con Marzia e Binah, già sedute ai primi banchi.
Quest'ultima mi sorprende sorridendomi timidamente. «Ciao, ragazzi. Come sono andate le vacanze?»
«Tutto bene, Binah, grazie» rispondo, lanciando un'occhiata rapida a Marzia.
Non si è neanche voltata a salutare, non fa alcun cenno.
Arrivano anche Giulia ed Enrico, che vengono ad abbracciarci.
Poi lui si guarda attorno e chiede: «Bianca non c'è?»
«Non è ancora arrivata.»
«Dubito che verrà.»
Liberio inclina la testa di lato. «Che cosa le è successo?»
«Ieri ha mandato un messaggio a noi due chiedendoci di prendere appunti ed eventuali compiti per casa, per poi passarglieli. Dice di stare male, e che per un po' non tornerà...»
«Sta male?» Mi porto una mano al cuore. «In che senso? Cos'è? Mononucleosi, forse?»
«Non lo sappiamo.» Giulia scrolla le spalle. «Speriamo non sia nulla di grave.»
Veniamo interrotti dall'arrivo di Alberto, puntualmente seguito da Paolo.
Liberio afferra quest'ultimo e gli passa le nocche sulla testa. «Ehi, scemo, potresti anche salutare quando ti chiamo per strada!»
Paolo balbetta impacciato: «Uhm, s-scusa, Libe, n-non ero... ehm...»
Non riesco ad ascoltare tutta la sua scusa, perché vedo Nadia fare il suo ingresso, baldanzosa, seguita da Luca e Guo, i quali si lanciano subito su Alberto e Liberio.
Nadia invece mi si avvicina e appoggia il gomito sulla mia spalla. «Come va?» domanda noncurante, come se ci fossimo viste soltanto ieri. «Ho pizzicato la Mazzini, ha detto che vuole già interrogarci. Ti va di bucare?»
«Bucare il primo giorno, Nadia? Non dovresti giocare questa carta più avanti?»
«Mmm, noiosa come sempre. Allora, tu e Ferrez avete scopato?»
Le tiro una gomitata tra le costole, abbastanza forte da farla soffiare e mugolare.
Quando arriva Roberta, lei neanche mi rivolge uno sguardo. Si ferma a salutare Giulia ed Enrico, e si siede accanto a lui, al lato opposto del mio banco...
«Uuh...» sussurra Nadia, il dolore non può arrestare il suo carattere fastidioso. «Amicizie in pericolo?»
«Che stronza...»
«Grazie.»
«Non tu, deficiente. Lei...»
Nadia scocca una seconda occhiata maliziosa a Roberta. «Beh, devi averla combinata grossa, Irene.»
«A dire il vero stavolta non ho fatto niente. O almeno non volontariamente...»
Nadia si siede accanto a me sopra il banco, e si gira bellamente a fissare Marzia, senza curarsi di parlare a bassa voce: «Che mi dici dell'infame?»
«Non mi ha rivolto parola. Almeno Binah è stata educata.»
«E il Righini? Manco so se ha superato l'esame.»
«Non ne ho idea» rispondo, voltandomi istintivamente verso la soglia.
Claudio verrà? O ce ne siamo sbarazzati per sempre?
E invece, dopo pochi minuti, eccolo entrare.
I cicalecci che echeggiano nell'aula scemano un poco, mentre tutti gli sguardi si rivolgono su di lui.
Claudio appare più grosso che mai, e molto più spaventoso...
Durante l'estate si è tenuto parecchio in forma, ha perso il grasso e ha acquisito muscoli, ma adesso i suoi occhi sono enormi e acquosi come quelli di un topo, e arrossati...
Non fa caso a nessuno di noi mentre va a sedersi all'ultimo banco.
«Stagli alla larga.»
Inclino la testa verso nonno Gigi, attenta che gli altri non mi notino. Il suo sguardo è fermo, teso...
Non posso parlargli, ma sarebbe comunque inutile. È ovvio che ormai neanche lui ha più scuse: non si fida di Claudio. Nonostante non abbiamo prove per andargli contro, lui non si fida.
*
All'uscita di scuola, Alberto e Paolo rimangono vicini a me e a Liberio, il quale sta spiegando: «Da quando mio padre ha cominciato a lavorare allo zoo, io posso andare soltanto il pomeriggio di sabato, e tutto il giorno della domenica. Almeno per il resto della settimana posso studiare».
«Com'è che tu riesci ad avere i giorni di lavoro che vuoi?» borbotta Alberto.
Per un attimo ho paura che Liberio se l'abbia a male e gli risponda bruscamente, invece si gira a esibirsi in un sorriso gongolante. «Magia dell'amicizia.»
Sospiro alzando gli occhi al cielo, divertita.
Quando Alberto e Paolo se ne vanno, Liberio mi propone: «Senti un po', e se per oggi andiamo a svagarci in giro per Pisa?»
Scrollo le spalle. «Per la prima settimana non avremo da fare granché. E va bene. Ma che si mangia?»
«Ci prendiamo qualche panino con la cotoletta al bar della scuola?»
«Va bene. Ma vai tu, piccolo. Non ho voglia di tornare nel bel mezzo degli studenti.»
Lui sorride esasperato. «Agli ordini, principessa delle fate.»
«Ti aspetto al parco.»
«Non mi piace quel posto...»
«È pieno di studenti, non ci sarà nessun brutto individuo.»
Attraverso la strada ed entro nel parco, oltre le siepi presso la fermata della navetta.
Mi guardo attorno alla ricerca di una panchina libera, ma poi trovo Nadia seduta da una parte a fumare, e mi avvicino per sistemarmi accanto a lei.
«Sei proprio ovunque» borbotta in accoglienza, soffiandomi addosso un po' di fumo.
«Che stai facendo?»
«Aspetto che papi venga a prendermi. Ma sono felice che tu sia qui, almeno posso estrapolarti qualche informazione: raccontami un po' cos'è successo tra te e Cavalli.»
Scuoto la testa, decisa a mantenere il segreto.
È Nadia. Anche se adesso siamo amiche, rimane pur sempre la mia vecchia nemesi, mentre Roberta è la mia...
Beh, non so che cosa sia, ma non posso tradirla.
Nadia insiste, adesso con più serietà: «Irene, ci credi se dico che voglio aiutarti?»
Nadia e io siamo diventate amiche in seguito a una sventura... e Roberta potrebbe arrivare a subire ciò a cui noi siamo sfuggite per un soffio...
«Segui il tuo cuore, Irene» mi dice il nonno. «Se pensi che Nadia sia affidabile, allora non c'è motivo di tenerle un segreto. Siete diventate come socie, no?»
Socie, sì, è vero.
Le racconto cosa è accaduto, ma non parlo dell'omosessualità di Roberta, non so se lei voglia ancora rivelarlo. Dico semplicemente che si è fatta un'amica che potrebbe portarla a una compagnia legata al Circolo Azzurro. E già che ci sono, le racconto anche del Circolo Azzurro e di quel che ho imparato a riguardo.
Mentre parlo, gli occhi di Nadia si infiammano dalla rabbia. «Mi stai dicendo che tu sei venuta a conoscenza di questo nome, e non mi hai detto niente?»
«I-io...»
«Non mi è mai venuto da pensare che potesse esistere un contrapposto del Circolo Rosa!»
«Abbassa la voce... E comunque, il Circolo Azzurro non esiste più. Ma il Circolo Rosa, a mio parere, nasce proprio dai bambini che hanno subito quelle ingiustizie, e che vogliono vendicarsi. Hi-Hira faceva parte del Circolo Azzurro, è per forza così. Hai sentito in tribunale, no? Da ragazzino è stato si faceva di droghe.»
«Ah, ottimo. Quindi tu hai paura che Cavalli stia venendo trascinata inconsapevolmente nel Circolo Rosa?»
«Sì...»
«Denis Landi, hai detto? Mi documenterò.»
«Eh? M‐ma che c'entri tu?»
«Quell'imbecille di Ba‐Bath ha provato a stuprarmi, Irene. E io la farò pagare a tutti i suoi complici. Non voglio che delle ragazze, vengano trattate male e costrette a drogarsi.»
Annuisco, percependo il suo stesso desiderio, mentre cerco di scacciare i flash rossi di quella serata...
«Grazie, Nadia.»
«Non ringraziarmi.» Nadia si stiracchia, appoggiando il viso alla schienale della panchina, proprio vicino alla mia spalla. «Mi brucia ammetterlo, ma sei proprio una bella persona, Gherardi.»
È impazzita...
Deve essere uscita di testa, oppure un angelo la sta possedendo.
Mi fa comunque paura...
«Sei intelligente, carina e premurosa» continua, in tono bisbetico. «Tutto quello che io non potrò mai essere.»
«N‐non dire così. Tu sei molto più bella di me, e hai un grandissimo carisma. Gli uomini cadono ai tuoi piedi, hai il fisico da modella, e...»
«E tutto questo a che mi serve? Tu non hai il mio carisma né il mio fisico, eppure hai un ragazzo. E anche se hai solo due persone che cadono ai tuoi piedi, sono tutti coloro che ti conoscono bene e che ti apprezzano anche per il tuo carattere.»
«Nadia, ma che ti prende?» sussurro preoccupata. «È successo qualcosa?»
«No no. Semplicemente ti sto raccontando perché mi stai così tanto sulle palle. Sì, anche se adesso sei mia amica, mi stai sulle palle: perché tu sei una persona fantastica. Scusami, eh.»
«Oh, nessun problema. Anche tu mi stai ancora sulle palle. Ehm, in ogni caso, Nadia, essere brava a scuola non significa essere un genio per tutto. Ci sono tante cose in cui la mia intelligenza pecca: per esempio, mi prende il nervoso soltanto all'idea di mettere il naso fuori casa e respirare la stessa aria di altri. Alle volte a camminare per strada in mezzo alla gente, ho bisogno di immaginarli come elfi, fate o gnomi, altrimenti non riesco a sentirmi a mio agio.»
Nadia mi fissa, tutt'altro che basita. «Sì, Irene, chiunque conosce i tuoi problemi interpersonali. Ma a me non interessano quelli. Ogni cosa che hai è cio che servirebbe a me: un bel carattere, e una propensione per lo studio.»
«Nadia, lo studio non è tutto. Certo il diploma è importantissimo, ma non siamo mica in America che se non vai al college allora sei un "disonore" per la famiglia.»
«Invece per me è così.»
La guardo con attenzione. Nadia ha un problema, e vuole confidarlo a me!
Mi tiro un pizzicotto, per essere sicura di non essere in un sogno. Forse sono nel Paese delle Meraviglie.
Nadia non si accorge della mia espressione, e continua a parlare senza che io le faccia domande: «Mia sorella è perfetta: ha sempre avuto ottimi voti, pagelle eccellenti, ed è partita a studiare in un college americano per divenire insegnante di matematica. I miei, un dottore e una professoressa universitaria, sono così orgogliosi di lei. E guarda me, invece: passo l'anno sempre con il rotto della cuffia, sono una vagabonda, rispondo sempre a culo e... e non ho obbiettivi».
Non so cosa rispondere. Posso comprendere la pressione che Nadia porta sulle spalle. Non l'ho mai provata, ma da come parla riesco a capire quanto ne stia soffrendo.
Si gira a guardarmi, inquisitrice. «E tu? Tu avrai numerose ambizioni.»
Io ambiziosa... sì, eccome se lo sono, ma ho soltanto un obbiettivo prefissato. «Io vorrei diventare una scrittrice famosa» confesso.
Nadia non risponde.
Quando mi giro a guardarla la trovo basita, le lunghe ciglia sbattono dalla sorpresa. Le labbra rosse si storcono in un sogghigno. «Una scrittrice? Uuh, ora si capisce perché te ne stai sempre con la testa tra le nuvole. E pensi che sia cosa facile diventare famosa con dei libri?»
Provo così tanta stizza che mi sembra quasi di sentire i capelli rizzarsi come il pelo di un gatto. «Perché tua sorella dovrebbe avere successo? Perché studia? È davvero questo il segreto del successo?»
«È questo che mi hanno insegnato.»
«Beh, io non ci credo.»
«Uuh, allora perché ti impegni così tanto nello studio?»
«Nadia, forse a te sembra che io perda la testa nello studio, ma io faccio soltanto il mio dovere. E ammetto che materie come la storia e la letteratura mi affascinano davvero tanto. Ma non sono mica ai livelli di Marzia! Senti, io non dubito che il diploma e la laurea possano aiutarti col futuro, però vorrei farti presente che ci sono numerosi geni conosciuti in tutto il mondo che non hanno terminato la scuola. Neanche Albert Einstein finì gli studi, anzi, come molti geni, disprezzava il metodo di insegnamento scolastico. E non è che tutti fossero delle cime a scuola: Rita Levi Montalcini per esempio...»
«Chi?»
Sospiro stizzita.
Nadia sventola la mano. «In ogni caso, loro hanno del talento.»
«Chiunque ha del talento.»
«E tu credi di averne così tanto da arrivare a essere conosciuta in tutto il mondo?»
«Sì!» rispondo, ed è così bello dirlo ad alta voce! «Sì, la penso proprio così.»
Nadia scuote la testa. «OK, non voglio dubitare della tua scrittura, né della tua fantasia. Ma non è vero che tutti hanno un talento. Io non ce l'ho.»
«Ce l'hai, ma non ti sei mai applicata per trovarlo o coltivarlo.»
«Lo saprei se fossi brava in qualcosa, no?»
«Non è detto. Io amo scrivere, ma sono anche molto brava a cantare. Lo so perché canticchio in qualsiasi circostanza, ma se non l'avessi mai fatto non conoscerei questo mio talento.»
«Uh uh, scrittrice e cantante. Sei proprio fantastica, Gherardi» borbotta, alzando gli occhi al cielo con disprezzo.
La scuoto. «Tu sei sicuramente brava in qualcosa. Vesti così bene, sei tanto curata, magari...»
«Estetista e parrucchiera? Ho provato a curarmi da sola, ma non ne sono in grado» risponde spiccia. «Non so cantare, odio i libri, e... Beh, sai che ti dico? Tutto quello in cui spero è che un giorno il mio carattere orribile possa essere d'aiuto a qualcuno.»
Turbata, appoggio la schiena e mi prendo qualche istante per riflettere. Nadia, così sicura di sé e indifferente a tutto, in realtà sta soffrendo molto... Cavolo, proprio come quei personaggi edgy negli anime e nelle serie TV!
Nadia torna a guardarmi male, come se fossi la rovina di tutto ciò in cui ha sempre creduto. «Tu davvero vuoi dirmi che non ti piacerebbe diventare... pff, che so? Professoressa o traduttrice?»
«Uhm, tradurre i libri stranieri non sarebbe affatto male come lavoro.»
«Gherardi, dimentica i libri per un attimo!»
«No, Nadia, non è quello che voglio! Se proprio non riuscirò a coronare il mio sogno, mi accontenterò volentieri di lavorare in una libreria. È la verità, punto.»
Nadia mi fissa come se fossi fuori di testa. È lo stesso sguardo che mi riservava quando non eravamo ancora amiche...
Ma perché cavolo mi sto confidando con lei?
Pensa che io sia una svitata, prende in giro il mio sogno, ed è una cosa che davvero, davvero non riesco a sopportare...
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