Capitolo 24
«Ire? Ci sei?» Tommaso mi sventola una mano di fronte al viso.
Quando mi riscuoto, lo trovo con la stessa espressione cupa e arcigna.
«È terribile...» balbetto, adesso del tutto seria e sincera. «Non voglio che Roberta continui a uscire con quella gente...»
«Troveremo una soluzione» mormora Saul. Inizialmente non appare molto convinto di ciò che dice, ma non appena lo guardiamo scettici e spaventati, il suo sguardo cambia: si fa più deciso, determinato, sicuro... e più maturo. «Dobbiamo impedire a tutti i costi che Roberta continui a frequentare gente del genere. Adesso possono anche essere cambiati, ma la cosa mi puzza. Dite pure che ho pregiudizi, ma preferisco non rischiare.»
«Meglio prevenire che curare» rispondo, ed entrambi annuiscono d'accordo.
Quando il campanello torna a suonare, non grido contro Saul. E lui si allontana in silenzio, muovendosi meccanicamente in un'azione a cui è abituato.
Mi siedo per terra, alla ricerca delle attenzioni di Kiara. È sgusciata fuori dal suo nascondiglio e sta zampettando timidamente verso di me. La corsa e il batticuore devono averla non solo turbata, ma anche sfiancata, perché trascina le ossa anchilosate in movimenti ondeggianti, più simile a una foca che a un coniglio. Non riesce neanche a raggiungermi che si accascia a terra distendendo le zampe, il corpicino si alza e si abbassa assiduamente, tanto da spaventarmi...
«È tutto apposto» le dico a bassa voce, raccogliendola con dolcezza per posarla sulle ginocchia. «Scusami, Kiara...» Le accarezzo il muso con il dorso delle dita, dal naso alle orecchie, come le piace tanto.
Devo fare più attenzione con lei. Adesso è vecchia, si impressiona più facilmente del normale.
In camera entra Liberio, e mi affretto a posare Kiara sul tappeto per rialzarmi e raggiungerlo. «Allora? Com'è andata? Sei stato veloce...»
Lui scrolla le spalle con strafottenza. «Mica sono andato per fare pace. Volevo solo chiedergli una cosa.»
Lo guardo allibita. «Sei andato da tuo padre per cosa allora? Non avete parlato di...»
«Sì, alla fine ha voluto parlarne, ma io l'ho ascoltato poco.»
Rimango in silenzio. Non so neanche se rimproverarlo o dargli ragione. Sono divisa tra fare entrambe le cose, ma non sarebbe d'aiuto.
Liberio lo capisce, perché cerca di cambiare discorso dicendo: «Gli ho chiesto se sapeva qualcosa del Circolo Rosa e del Circolo Azzurro».
Lentamente, torno a guardarlo negli occhi. Non può averlo fatto davvero...
Il suo sguardo si fa turbato e impensierito di fronte alla mia smorfia dura. « Ire...»
«Secondo il tuo cervello bacato,» comincio, la gola riverbera in un ringhio, «tuo padre faceva parte di uno dei Circoli?»
«N-non che ne faceva parte» tenta di giustificarsi. «Ma m-magari sapeva qualcosa...»
«Che cazzo ne deve sapere, Libe?! Ma sei scemo? Come cazzo avrebbe fatto tuo padre a entrare in un circolo di drogati che è esistito pochi anni fa?! Tuo padre ha fatto un solo errore, ed è stato prima che noi nascessimo!»
Liberio risponde acido: «Cioè? Guarda che non c'è bisogno che me lo ricordi.»
«Cioè cosa? Non sto mica dicendo che sei tu l'errore, cretino! Sai di cosa parlo! Tuo padre non c'entra nulla col Circolo Azzurro, né col Circolo Rosa! Sei andato a spifferare i nostri segreti...»
Vorrei tanto strozzarlo. Non me ne frega nulla se è un periodo tremendo per lui! Mi ha fatta uscire dai gangheri come non c'era mai riuscito prima! Non voglio neanche vederlo, altrimenti non mi tratterrei dal ficcare le unghie nella sua pelle...
«Non ho tradito il nostro segreto!»
«Ah no? Quindi tuo padre non ti ha chiesto il perché di questa domanda? Non vorrà saperne di più, eh?»
Liberio è già tutto rosso, il suo sguardo pienamente colpevole.
«Liberio, io CREDEVO DI POTERMI FIDARE DI TE!» gli tiro uno spintone. «E questa è una cosa importantissima! Se tuo padre andasse a dirlo a mio padre, ci metteremmo nei casini e io non potrei più indagare, TE NE RENDI CONTO?!»
«Irene!» Tommaso si fa avanti per allontanarmi da Libero. «Di cosa state parlando? Circolo Azzurro? Credevo che in tribunale Nadia avesse parlato di un Circolo Rosa.»
Continuo a guardare male Liberio. Le vene mi ribollono di una fiele che non provo da tantissimo tempo... «Vattene» gli ordino con calma glaciale.
Saul mi si avvicina. «Dai, Ire, non puoi farlo...»
«Mica lo sto cacciando da casa» rispondo spiccia, quasi sputando, tanto è il disgusto che provo in questo momento. «Voglio solo che Liberio si levi di culo per qualche ora. Soprattutto mentre noi tre parliamo di Roberta.»
Liberio ritrova la forza di sollevare il capo. «Roberta? Perché? Cos'è successo?»
«Non ho intenzione di parlartene. Non meriti la mia fiducia. E ora fuori da casa mia!»
Gli occhi di Liberio sono gonfi di lacrime e senso di colpa. Sembra sul punto di dire qualcosa, ma il mio sguardo gelido gli fa intendere che è meglio per lui tenere la bocca chiusa.
Alla fine se ne va, strusciando i piedi per tutto il tempo. In corridoio, lungo le scale...
Non pronuncio parola fin che non lo sento sbattere la porta.
Il suo dolore è come una spina d'acciaio conficcata nel mio cuore, a mia volta ho voglia di piangere...
Non ho però intenzione di sentirmi in colpa per come l'ho trattato: lui ha tradito la mia fiducia, è andato a divulgare un nostro segreto. Non lo aveva mai fatto prima riguardo alle sciocchezze, e lo fa adesso, su qualcosa di importante e pericoloso...
«Ora voglio sapere tutto.»
«Va bene.»
Mi giro verso Tommaso, e comincio a raccontargli quanto so. Il come lo sia venuta a sapere non ha importanza, ogni volta che prova a chiedermelo svio la domanda o non lo lascio parlare.
Il suo sguardo trabocca di delusione. Si era aspettato che lo avvisassi subito su scoperte del genere...
Ma come potevo, se lui stesso probabilmente è ancora implicato in qualche girone infernale di drogati?
Ignorando sia la sua espressione che quella di Saul, torno a parlare: «E se questo Denis Landi fosse collegato al Circolo Azzurro?»
«E dai, Ire, non essere tragica...» prova a dire Saul, ma io gli lancio un'occhiata eloquente.
Capirà che in realtà so che è così, infatti si azzittisce per farsi da parte, sempre più agitato.
«E io non voglio che Roberta frequenti gente simile» continuo a dire. «Anche se non fosse vero, non voglio rischiare...»
Dobbiamo tenere Roberta lontana da quel Landi... Non so dire che tipo sia Grazia, ma dovremmo cercare di salvare anche lei.
Tommaso annuisce. «Sì, hai ragione...»
«Fermi un attimo!» Saul alza le mani per far cenno di calmarci. «E se il Landi si fosse allontanato del tutto dalla droga? Magari adesso non ha più nulla a che vedere con...»
Tommaso alza gli occhi al cielo. «Saul, fidati di un esperto: uscire da situazioni del genere è molto difficile, specialmente se si è subìto da tanto giovani.»
«Da come ne parli, allora anche tu potresti non esserne mai uscito...»
Il viso di Tommaso si fa tutto rosso, sembra quasi sul punto di prendere Saul a ceffoni. Mio fratello invece gli tiene testa con spavalderia.
Io rimango in silenzio. Saul ha appena espresso a voce alta i timori che mi corrodono da mesi.
Alla fine, Tommaso risponde: «Non mi drogo più, ma sappi che è difficile che io riesca a smettere per almeno due minuti di pensare a quei momenti. Fa male» ammette, con una smorfia addolorata. «Fa tantissimo male. E non nego che a volte abbia voglia di fare uso di qualche sostanza, sia per calmarmi, sia per dimenticare Michele. Ma non lo faccio, perché so che è stupido. Sono riuscito a capirlo.» Tommaso ci fissa qualche istante con amarezza, poi se ne va dicendo: «Tenetemi aggiornato, magari».
Michele si alza, e prima di corrergli dietro mi guarda. «Devo andare.»
«Lo so, ma torna il prima possibile» rispondo.
Non appena i cugini se ne vanno, mi rendo conto che anche Saul sembra avercela con me.
Io lo afferro per il colletto della maglietta. «Se dici una sola parola a babbo...»
«Non gli dico niente» promette, senza scomporsi né spaventarsi. Una volta libero, dice: «Da dove sei venuta a sapere del Circolo Azzurro? I giornali?»
«No. Me ne ha parlato Michele. Lo sentì nominare dal suo amico Valentino.»
«Ma quando Nadia ha nominato il Circolo Rosa in tribunale, il giudice avrà fatto due più due, no? Avrà ricollegato il Circolo Azzurro. Stai certa che la polizia sta già indagando.»
«Questo non significa che io non debba provare a proteggere la mia amica.»
«Tu sapevi che stava vedendo Grazia, vero?»
«Sì. Le ho pizzicate a Pisa due mesi fa. Sono innamorate. Ma gli angeli hanno parlato tra loro, e Michele mi ha assicurato che Grazia è una brava ragazza.»
Saul ha un sinistro spasmo alle labbra. «Allora va bene!»
«No! Ora c'è questo Landi! Hai sentito cos'ha detto Tommaso. E Michele dice che quel tizio è stato legato al Circolo Azzurro...»
Mio fratello lancia un basso mugolio. «Merda, m-ma perché? Da quando è morto Michele, è tutto un casino!»
Ha ragione. Da quando è morto Michele, Tommaso ha conosciuto la droga... poi la mamma è morta; io, Saul e il babbo ne stiamo ancora soffrendo; Liberio e suo padre sono passati da problemi economici a problemi familiari, e ora c'è il rischio che Roberta finisca in un giro di gente maligna...
Saul aveva solo dieci anni quando è cominciato tutto...
Gli passo una mano sulla testa. «Risolverò la questione.»
«Ho paura, Irene...» pigola, come un pulcino indifeso. «Non mi piace per niente...»
«Neanche a me. Ma mi farò venire in mente qualcosa. Ora scusami, ma devo parlare con Michele.»
*
Nel salotto del piano terra, non posso fare a meno di fissare i sacchi a pelo ai miei piedi. Avrei tanto voglia di arrotolarli e riporli...
Michele appare al mio fianco, interrompendo i miei pensieri cupi.
«Come va?» mi chiede con dolcezza.
«Non ho voglia di parlare del mio ragazzo idiota, Miche. Non adesso.» Mi appoggio contro la sua spalla. «Allora? Cos'hai ricordato?»
«Non molto... Soltanto che Denis Landi è legato al Circolo Azzurro. Edoardo deve sapere qualcosa, perché Valentino nominò quel ragazzo lo stesso giorno in cui gli scappò il nome del Circolo... Dovresti domandare a loro, o almeno soltanto a Edoardo.»
«Non posso mica andare a fargli domande di punto in bianco. Mi servirebbe una scusa.»
«Perché non proviamo a parlare anche a Valentino?»
«Valentino?»
«Esatto! Dal trasferimento, Edoardo passa le giornate praticamente fisso in casa sua, stanno sempre insieme. Potresti andare da Valentino con una scusa, e da lì puoi provare a giocare un discorso con Edoardo.»
«E quale scusa trovo per parlare con il tuo amico?»
Lo sguardo di Michele si fa malinconico. Sembra quasi in difficoltà, come se volesse parlarmi di qualcosa di cui però si vergogna. Credevo che gli angeli non potessero provare imbarazzo... inoltre, è trepidante...
«Che ti prende?» lo pungolo. «Sembra quasi che tu... sembra quasi che tu stia per esibirti.»
Quando si gira a guardarmi, i suoi occhi risplendono incantati, e la bocca gli si allarga in un sorriso tutto denti. «Lo ricordi bene, eh?» esclama tra le risate. «Lo ricordo anch'io! Lo ricordo come se fossi ancora vivo! Ricordo quella sensazione! Mi veniva sempre voglia di vomitare!» Mi afferra le mani con tanta forza da trapassarmele. «Era meraviglioso! Mi sembrava di stare...»
«Sulle montagne russe?» indovino, ricordando l'unica volta in cui mi sono esibita di fronte a tanta gente.
«Sì! Era fantastico!»
«Miche, a te manca esibirti!» mi rendo conto. «Credevo che gli angeli non sentissero la mancanza dei beni terreni.»
«Non mi mancano le ragazze, ma non facevo niente di male a cantare e suonare con i miei amici. Le nostre canzoni erano rock, ma mai blasfeme! Sì, ammetto che mi manca un sacco. E a dire il vero, vorrei chiederti un favore...» il suo tono si è fatto molto serio, senza sorriso. Sembra in guerra con se stesso, ma gli occhi continuano a brillargli di gioia e speranza.
Sorrido, cercando di rassicurarlo e farlo sentire a suo agio. «Una missione per un angelo? Figo!»
Lui torna a ridere, più rilassato. «OK allora, ehm... vedi, il mio sogno era di far conoscere le mie canzoni. Quelle scritte da me!»
«Tu scrivevi canzoni per conto tuo? Dicevi che le creavi con i ragazzi!»
«Le scrivevo anche da solo, però non le ho mai cantate in pubblico. Ne ero abbastanza geloso. Vedi, ehm... Valentino è tornato a cantare, da solo, e si sta dando un sacco da fare! Però ultimamente sta avendo una crisi da cantautore, e... ecco, mi stavo chiedendo se tu potessi portargli i miei testi, così che possa usarli. Non so fin dove arriverà, ma mi piacerebbe aiutarlo, e basterà anche che solo Pisa conosca le mie canzoni. E... Ire, stai piangendo?»
«No...» mugolo, affrettata ad asciugarmi gli occhi lucidi. «È che è una cosa tanto triste, ma allo stesso tempo tanto bella! Sì, farò di tutto perché il tuo sogno si avveri! Come trovo Valentino?»
«Conosco il suo numero di telefono. Lo so che è violazione della privacy, ma è a fin di bene.» Mi fa l'occhiolino. «Prima però servono i testi.»
«Li ha Tommaso?»
Michele ride di gusto. «Nah! Sono rimasti nascosti! Liberio non è l'unico ad avere angolini mimetizzati nella stanza.»
A sentir nominare il mio ragazzo, mi torna a battere il cuore nelle orecchie. Faccio finta di nulla e sorrido per tornare concentrata sul desiderio di mio cugino: «Va bene! Domani sgattaioliamo in camera tua, e prendiamo i tuoi testi!»
*
«Che ti dicevo? Una missione!»
Spiaccico la mano sulla bocca di mio fratello. «Sì, ma ora taci. Hai capito cosa devi fare?»
«Yes, sorellina, lascia fare al grande Saul!»
Alzo gli occhi al cielo. Ho dovuto chiedergli aiuto. Non ho ancora intenzione di rivolgere la parola a Liberio, perciò Saul è l'unico col quale posso giustificare le mie azioni e al quale posso chiedere una mano.
Peccato che sia così tanto entusiasta del fatto che io debba recuperare di soppiatto i testi di Michele. Probabilmente crede di essere finito in un film di spionaggio.
Sarà, ma io di spionaggio non trovo assolutamente niente...
Bussiamo alla porta e apre zia Emma, la quale ci lascia entrare.
«Il computer fa le bizze,» Saul comincia subito a bluffare, «quindi ho bisogno del vostro per comprare un videogioco online, posso?»
«Fai fai», zia gli fa cenno di andarsi a sedere al computer, posato sul puff del salotto. Mentre Saul si siede ad accenderlo, la zia mi chiede: «Tu, amore? Come stai?»
«Bene, solo....» Mi interrompo un istante quando mi accarezza la testa.
La sua mano è così simile a quella di mia madre, ha la sua medesima morbidezza...
«Ehm...» Devo rimanere concentrata... «Ehm, Tommaso c'è, zia?»
«No, è uscito.»
Questo lo so benissimo, ma devo cercare di apparire candida. «Uhm, l'altro giorno gli ho prestato lo smalto, e sono venuta a riprenderlo, OK?»
«Ah, hai deciso di sistemarti le unghie, eh?»
Arrossisco. Io non curo mai le mie unghie. Se le guardo, sono tutte spezzate.
Ho trovato una scusa pessima... e Saul lo ribadisce scoccandomi un'occhiata derisoria.
Per fortuna però che si affretta a dire, con tono quasi bambinesco: «Ziaaa! La password!»
«Saul, la conosci benissimo!
«L'ho dimenticataaaa!»
Lei si gira per aiutarlo, e io ne approfitto per sgattaiolare nel corridoio delle camere, sicura che Saul riuscirà a trattenerla il tempo necessario.
Anziché infilarmi nella stanza di Tommaso, sguscio in quella di Michele.
Nonostante in questo momento io riesca a vedere mio cugino al mio fianco, mi fa ancora un effetto strano e inquietante entrare qui: la sua stanza, ancora tappezzata dai poster di rock band anni '80 e '90, è innaturalmente ordinata, pulita e immobile... Ricordo benissimo che, quando Michele era vivo, questa camera non era mai in ordine, anzi era stata la definizione vera e propria di "disordine".
Lo sguardo mi si posa sul letto, dalle lenzuola stampate col logo dei Gunse'n Roses.
Era da tanto tempo che non entravo qui, la mente mi esplode di ricordi dolciamari...
Ricordo che quando provavo a spiare Michele mentre suonava la chitarra, lui mi scopriva, riusciva ad acchiapparmi, mi gettava sul suo letto e mi colpiva con il cuscino.
Mi ricordo che una volta che mi feci male giocando, da piccolina, lui arrivò con il pupazzo gigante di Snorlax, il Pokémon, e urlò: «Snorlax, usa Body-Slam!» e me lo gettò addosso.
Allora io, dimentica del dolore, afferrai il pupazzetto di Pikachu e gridai: «Pikachu, usa Fulmine!» e glielo lanciai contro.
A quel punto Michele cominciò a tremare, con la lingua in fuori, come se fosse stato veramente elettrizzato, e finì per accasciarsi fingendosi morto.
Ricordo che una volta mi fece sedere tra le sue ginocchia, e mi fece provare a suonare la sua chitarra, cantando una delle sue canzoni che più mi piacevano.
Eccola qui, la sua chitarra, poggiata in un angolo, a prendere la polvere...
«Ire.»
Mi giro a guardarlo: sta indicando il suo comodino, composto da due cassetti.
«Toglili entrambi» mi istruisce.
Gli do retta, attenta a non fare troppo rumore per non attirare l'attenzione della zia.
Non appena estraggo il cassetto superiore, sbircio nella cavità del mobile e mi accorgo che c'è qualcosa nascosto sul fondo, sporgente da dietro il cassetto inferiore.
Tolgo anche questo, e l'oggetto misterioso cade. Allungo il braccio per prenderlo e lo estraggo.
È un quaderno nero... con su riportato il titolo Death Note!
«Ecco, il mio quaderno di testi» sussurra Michele, quasi tema anche lui che sua madre possa sentirlo.
«Scrivevi i tuoi testi sul Death Note, Miche? È raccapricciante...»
«Nessuno è mai morto quando suonavo e canticchiavo queste canzoni. Non fare la guastafeste.»
Rimetto apposto i cassetti, poi nascondo il quaderno sotto ai pantaloni e alla maglietta, dietro alla schiena. Mi intrufolo nella camera disordinata di Tommaso e, in mezzo a tutte le sue cianfrusaglie, riesco a ritrovare il mio smalto.
Torno in salotto, e vedendomi arrivare, Saul si alza stiracchiandosi bellamente «Non importa, grazie lo stesso, zia. Proverò più tardi, quando il mio PC si sarà ripreso.»
Lei lo guarda con divertita esasperazione. «Di nulla, Saul. Anche se pensavo che fossi più bravo ai computer.»
«Al mio sono bravissimo, ma il tuo è tremendo! Non ci si capisce nulla!»
«Ho fatto!» mi affretto a dire, sventolando la boccetta di smalto. Attenta a non rivolgere la schiena alla zia, apro la porta ed esco indietreggiando, con Saul al seguito.
Non parliamo fin che non siamo di nuovo in casa nostra.
«Ce l'hai fatta?» mi chiede, eccitato dal "rischio" appena corso.
Annuisco, mostrandogli il quaderno di nostro cugino.
Saul sembra sul punto di toccarlo, ma ritrae di scatto le mani ricordando: «Tenevi il Death Note nelle mutande?!»
«Solo per metà! Ehi, guarda che io sono molto più pulita di te!» gli urlo dietro mentre si allontana.
«Irene, concentrati» mi richiama Michele con impazienza. Sta picchiettando le dita sul quaderno, desideroso di vederlo aperto.
Non appena spalanco le pagine ricoperte di scritte, mi sale un nodo alla gola a osservare la grafia di mio cugino. Aveva una bella scrittura. Sfioro con le dita l'inchiostro blu attecchito alla carta, sentendo come se Michele stia parlandomi in un'altra lingua, che io però riesco a comprendere bene.
Mio cugino sorride radioso. «Non sopportavo più di sapere i miei testi rinchiusi.»
«Possibile che nessuno abbia mai trovato questo quaderno?»
«A dire la verità, Tommaso l'ha trovato poco dopo la mia morte, ma ha preferito lasciarlo nascosto. Ha pensato che, se lo avevo messo lì, doveva rimanerci, perché era quello che volevo. Dovrai spiegarti, Ire, o si arrabbierà.»
Trattengo a sento una smorfia di stizza. A quanti ancora dovrò rivelare il mio segreto?
Comunque adesso cerco di non pensarci, e dico: «Dobbiamo chiamare Valentino, e anche Kevin. È giusto così».
«Hai ragionissima. Va bene, ma prima devi strappare alcune pagine. Sarà quelle che darai a loro.»
«E il resto del diario?»
«Lo terrai tu.»
Sbatto le palpebre, perplessa. «Eh?»
Michele sorride ancora. «Vorrei che alcune canzoni venissero cantate da te. Alcune si adattano alla perfezione alla tua voce soft.»
«Miche...» Le braccia mi si riempono di pelle d'oca, mentre il cuore batte forte dalla commozione.
«Potresti anche inserire i testi in alcuni tuoi libri. Richiedo però il copyright, signorina. E devi promettermi che non inserirai mai dei nomi nel Death Note!»
Rilascio un sospiro a metà tra un mugolio e una risata, e poso la testa contro il suo petto. Vorrei tanto strozzarlo di abbracci, ma finirei soltanto per attraversarlo e stritolare me stessa.
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