Capitolo 21

Il padre di Liberio ha rinunciato alle ferie. Per tutto luglio, lui e il figlio hanno lavorato sodo allo zoo, salvo il fine settimana, in cui io e Liberio abbiamo potuto svagarci insieme.
Per il suo compleanno, io e la mia famiglia, assieme a Tommaso e agli zii, gli abbiamo comprato la moto a due posti da lui tanto agoniata.
Non appena l'ha vista, Liberio ha guardato dritto negli occhi mio padre, il quale gli ha subito detto: «Niente storie! Accetta la moto senza brontolare! È un regalo, e se non lo vuoi...»
«Grazie», lui gli si è avvicinato e lo ha stretto in un lunghissimo abbraccio, subito ricambiato con altrettanto affetto.

Ora che può guidare la moto, possiamo sfruttarla per andare al mare.
E siccome anche Tommaso ha dato il massimo agli esami ed è riuscito a ottenere la patente dell'auto – e dato che ha il permesso di usare la macchina della zia, alle volte andiamo al mare anche con lui – e Roberta ci accompagna.

La mia famiglia ha una casa a Tirrenia, perciò la sfruttiamo per posare le borse, cambiarci e mangiare. A volte ci dormiamo tutti insieme.
In altre occasioni, la usiamo soltanto io e Liberio. Il babbo non me lo lascerebbe mai fare se sapesse che siamo da soli, ma Tommaso ci copre assicurandolo che resterà con noi per tutta la notte, quando invece si reca a dormire da Edoardo.

Non che io e Liberio facciamo chissà cosa, alla fine. Non me la sento ancora, a dire il vero, e lui appare timido quanto me...
Inizialmente c'è stato un bel po' di imbarazzo, ma non erano le prime volte che dormivo con lui. Da piccoli dormivamo spesso insieme: Liberio rimaneva a casa da me e portava un sacco a pelo, e siccome volevo parlargli tutta la notte, distendevo un lenzuolo accanto a lui e finivamo per dormire vicini.
Stavolta è diverso, ma è ancora più bello.

Anche se all'inizio i miei nonni mi hanno fatto la ramanzina...
«È rischioso!» mi diceva nonna Rosalba.
«Avete appena compiuto sedici anni!» faceva nonno Gigi.
Una volta ho risposto: «Guardate che non facciamo niente di male. Dormiamo semplicemente insieme, non facciamo altro...»
«E sarà meglio così! È una cosa da fare solo dopo il matrimonio!»
«Nonna...»
Ho guardato Michele per cercare aiuto, ma lui ha scosso la testa come a dar ragione ai nonni. Certo, d'altronde stavo cercando di giustificare il sesso prematrimoniale parlando con degli angeli...
Poi però, stufa di quelle inutili ramanzine, ho detto: «E voi a che età lo avete fatto la prima volta? Avete aspettato il matrimonio?»
Entrambi i nonni hanno taciuto, e Michele è rimasto ancora in silenzio.
Adesso sono angeli, ma in vita hanno peccato come chiunque altro.
Comunque davvero ancora non me la sento. E ogni volta che Roo fa la civetta, io le tiro un infradito in testa o minaccio di appiccicarle una gomma da masticare tra i capelli, allora si ammutolisce.

Finalmente arriva agosto, il mese in cui Liberio è completamente libero dal lavoro.
«Ti sei impegnato così tanto» gli dico, distendendomi accanto a lui sul letto della casa a Tirrenia. «Meriti una bella pausa!»
Si gira su un fianco verso di me e sorride. «Immagino di sì. E poi, le cose ora vanno meglio del previsto! Certo, altrimenti non sarei neanche potuto venire al mare.» Avvicina le dita ad accarezzarmi la guancia, provocandomi un meraviglioso brivido di piacere. «È anche merito tuo.»
«Beh, non ho fatto granché. A parte essere la tua migliore amica...»
Liberio scoppia a ridere. «Vabbè, sì, a parte questo. Intendo che l'idea di poter divertirmi con te, di stare con te, mi ha aiutato a sopportare le giornate al caldo dello zoo... e anche la puzza degli elefanti.»
«Non ti scorderai mai l'odore della cacca, vero?»
«Sono marchiato a vita...»
Anch'io rido. «Sono contenta che vada meglio, Libe.»
Lui continua ad accarezzarmi il viso, fin che non scende lungo la nuca, aumentando i miei brividi. Mi stringo contro di lui per baciarlo sul collo, mentre mi abbraccia tanto forte da mozzarmi il respiro.

«E io invece devo chiederti scusa.»
Mi scosto per guardarlo negli occhi, all'improvviso più seri.
«Durante questo mese non ti ho neanche chiesto qualcosa riguardo il Circolo Azzurro...»
«Ma va'...» Gli stringo la mano per tranquillizzarlo. «Che chiedi scusa?» Veramente, non è che io abbia raggiunto una conclusione. Michele ricorda solo di Valentino che ha nominato il Circolo Azzurro, ma non sa di cosa si tratti.
Liberio si alza a sedere e mi abbraccia da dietro. Il suo torace nudo è così caldo, le sue braccia sono talmente tanto salde.

Mi libero dalla sua stretta per poterlo guardare in faccia. «Senti, il Circolo Azzurro è per forza collegato al Circolo Rosa. È ovvio. E se Hi-Hira Bath faceva parte del Circolo Rosa... m-magari c'entrava anche col Circolo Azzurro... In tribunale siamo venuti a sapere che Hi-Hira aveva la fedina penale già sporca: spacciava...»
Liberio abbassa la testa, pensieroso. Mi sembra quasi di vedere le rotelle del suo cervello girare freneticamente. «Ire, non starai mica pensando di andarlo a trovare in galera per chiedergli...»
«No no, assolutamente no...» mormoro, seppur... forse dovrei farlo?
Ma come? Come posso guardarlo negli occhi?

Butto giù una gran quantità di saliva. «Libe, ho paura che anche Claudio c'entri qualcosa...»
«Eh?»
«Sì, ho paura che abbia a che fare con il Circolo Rosa, di qualunque cosa si tratti. Ha le mani macchiate tanto quanto Hi-Hira Bath, e... e da piccolo è stato costretto a drogarsi...»
Liberio mi afferra per le spalle. «Non puoi lanciare accuse del genere per una cosa così seria!»
«È amico di Hi-Hira.»
«Ma Claudio se n'era già andato quella sera.»
«Che ne sai che non abbia impartito un ordine a Hi-Hira?» ribatto ostinata.
«Ma Claudio e Hira Bath sono stati vittime di droga, n-non c'entra niente con...»

Le unghie mi si conficcano nel lenzuolo. Devo rimanere aggrappata, per non cedere... «Ricordi a Viareggio?»
Lui tira un lungo sospiro prima di passarsi una mano tra i capelli. Anche lui è spaventato. «Cazzo, è vero. Tutte quelle ragazze... Se ci ricolleghiamo allo... a-a quel che Hira ha provato a fare a te e a Nadia...»
«E Claudio è voluto venire a tutti i costi al ristorante dove eravamo noi.»
Liberio si getta nuovamente sulla schiena, a braccia e gambe spalancate, fissando il soffitto con aria tetra. «Accidenti, se è davvero così...»
«Vorrei soltanto avere delle prove» mormoro. «Io sono sicura che sia così... Lo sai, io non sono mai sicura. Ma su questo . Claudio c'entra col Circolo Rosa...»
«Io ti credo, bella. Ma alla polizia servono le prove.»

Mi sdraio sopra di lui affinché mi stringa di nuovo. Sapevo che mi avrebbe creduto, ma ero già consapevole del fatto che là fuori nessuno mi ascolterà se non possiedo prove...
E pensare che Claudio è in classe con noi, lo abbiamo visto tutti i giorni per nove mesi... e lo dovremo vedere di nuovo a settembre...
Il solo pensiero mi fa venir voglia di vomitare.
Spero che non superi gli esami di recupero. Non voglio rivederlo, non voglio stargli vicino...

Prendo un profondo sospiro e mi accoccolo ancor di più su Liberio. Queste cose le abbiamo sempre viste e sentite nei film. Anche ai telegiornali, ma... ma non ci si aspetterebbe mai che possano succedere proprio a noi, si crede sempre che accadano solo agli altri...
Quando mamma è morta, ero sorpresa allo stesso modo. Sto provando paura proprio come in quel periodo, quando lei stava giungendo alla fine della sua vita...

                                   *

«Compiti delle vacanze?» Saul mi guarda come se avessi perso il lume della ragione. «Ehm...»
Continuo a fissarlo, insistente.
«Ehm...»
Socchiudo gli occhi, intimidatoria.
«Ehm...» Lui abbozza un sorriso. «Ah, sì. Tu hai i compiti delle vacanze.» Si avvicina alla scrivania e mi accarezza i capelli come si potrebbe fare a un cagnolino. «Brava, Tata, brava così. Fai tutti i compiti. Scusa, avevo dimenticato che li avessi. Sai, io non ce li ho. D'altronde ho superato gli esami con un 8, e credo di meritarmi un bel po' di riposo, e...»
«TE NE VUOI ANDARE?! E NESSUNO SA DA DOVE SIA USCITO QUELL'8!»
«MI SONO IMPEGNATO COME SI DEVE!»
«MA SE AVEVI TUTTO IL CORPO IMPENNELLATO DI PAROLE DA COPIARE!»

«Irene! Saul!»
Ci azzittiamo all'improvviso, guardando il babbo che si affaccia in camera, corrucciato.
«Che avete da urlare come scemi?! Nessuno sta suonando alla porta!»
«Saul m'infastidisce!»»
«Irene è permalosa!»
«Smettetela tutti e due! Adesso ho soltanto voglia di farmi una doccia e di riposare, senza ascoltare gli strilli di due scimmie fuori di testa! Ne sopporto già per tutto il giorno!»

Non appena se ne va, Saul borbotta a bassa voce: «Fa bene a lavarsi. Puzza un sacco».
Rilascio una risatina, prima di ricordarmi di avercela lui, dunque gonfio le guance e metto di nuovo il broncio.
Mio fratello però mi ha beccata, e comincia a girarmi attorno cantilenando: «Ti ho fatta ridere! Dai! Non fare la bisbetica!»

Gli tiro un colpetto per allontanarlo, ma vengo distratta dall'improvvisa comparsa di nonno Gigi. La sua espressione agitata e terrorizzata mi mette in allarme, non l'ho mai visto così...
«Ire! Guillelmo è in pericolo!»
Il cuore perde un battito e il respiro mi si blocca in gola. «I-il papà di Liberio!»
«Oggi non è andato a lavoro! Tuo padre lo ha incontrato poco fa per strada, si è fermato a salutarlo, così la madre di Guillelmo mi ha parlato, e mi ha detto...»
«Ire? Cosa stai facendo?» mi chiama Saul.
–«Sssh!» lo sgrido, altrimenti non riesco a sentire cosa dice il nonno. «Cosa ti ha detto?»
«Guillelmo vuole suicidarsi!»
«Eh?!»

Suicidarsi? Il padre di Liberio vuole suicidarsi? M-ma perché? E se lui muore, allora Liberio... Chi si prenderà cura di Liberio?
«Ire?»
«Irene!» il tono angosciato del nonno mi riscuote. «Devi fermarlo! Chiama Liberio!»
«S-sì.» Mi affretto a sbloccare il cellulare e ad aprire la rubrica.
«Ire, mi spieghi che cazzo stai facendo?» insiste Saul, adesso arrabbiato e preccupato.
«Guillelmo vuole suicidarsi.»
Lui mi guarda sgomento, e più che mai confuso. Non riesce a proferire parola, né a togliermi gli occhi di dosso...

«Pronto?»
«Libe!» Prendo un respiro di sollievo nell'udire la sua voce. «Dov'è tuo padre?»
«Ehm, a casa, perché?»
«A casa? E‐e tu dove sei?»
«Mi sono fermato al McDonald's a prendere da mangiare. Né io né papa avevamo voglia di cucinare stasera, così...»
«Sei a Fornacette...» sussurro, tutte le mie speranze andate in fumo mentre mi allaccio di corsa le scarpe.
«Sì. Qual è il problema, Ire?»
«Devi tornare a casa subito! SUBITO!»
«Cosa sta succedendo?»
«A CASA! TUO PADRE SI VUOLE AMMAZZARE!»
Per un attimo sento solo silenzio, fin che non risponde a fil di voce: «O‐OK...» e riattacca.
Deve credermi. Mi deve credere...
«Irene!» mi urla Saul mentre esco di camera.
«Avvisa il babbo!» gli grido mentre scendo le scale. «Io vado a casa di Liberio! Ci vediamo laggiù!»

Esco di casa e comincio a correre lungo la strada. La velocità è tutto... il tempo è contro di me...
Le persone sono contro di me!
Una volta sui marciapiedi più trafficati mi faccio largo a spintoni e conto sulla mia taglia ridotta per sgusciare in mezzo alla gente, ignorando le lamentele e i richiami di protesta, le offese e le sfide...
Casa di Liberio... devo raggiungere casa di Liberio...
Mio nonno corre al mio fianco, agile come non l'ho mai conosciuto in vita. C'è anche nonna Rosalba, che pesta leggiadramente il suolo.

«Dov'è... Liberio?» ansimo senza fermarmi.
Michele appare al mio fianco. «Sta arrivando. È in moto, sta facendo più veloce che può.» Poi scompare un'altra volta.

Il mio cuore sussulta come se fossi sulle montagne russe. I sudori freddi mi si appiccicano al petto, la milza mi punge sotto la pancia facendomi un gran male, le gambe tremano così tanto che a malapena mi reggo in piedi...
Inciampo cadendo e sbucciandomi le ginocchia, la pelle lacerata e la carne ora scoperta frizzano terribilmente, un dolore che non provavo da anni, dall'infanzia, quando il male era quasi trascurabile...
Mi raddrizzo incespicando ancora e rischiando di cadere a ruota, ma stavolta ritrovo l'equilibrio e mi sforzo a procedere.
La gola è fredda quanto il mio petto, mi costringo a inghiottire la saliva e a inspirare dal naso ed espirare dalla bocca... come mi ha insegnato Liberio...

Svolto un angolo e corro fino in fondo alla strada, verso la casa da quei toni grigi cupi che da sempre enfatizzano l'umore instabile del proprietario.
Vado a sbattere il naso contro la porta per l'impeto della corsa, l'osso scricchiola e il sangue mi macchia il viso. Mi accascio in ginocchio e sbatto debolmente il pugno per bussare.
Non serve, non possono sentirmi all'interno...
Mi levo sulle ginocchia traballanti nel tentativo di aggrapparmi al battacchio quadrato, e scuoto il braccio per batterlo rumorosamente sulla porta.
«GUILLELMO! APRI! APRI!»
Sento a malapena i vicini affacciarsi alla porta e chiamarmi esasperati. Il cuore mi palpita tanto violentemente nelle orecchie che tutto quello che riesco a udire è il suo rimbombo, come un tamburo tribale che batte incessantemente, sempre più svelto in una musica angosciante e macabra... annunciatrice di morte...

«I...» ansimo, afferrando il cellulare. Carabinieri... i carabinieri... L'ambulanza...
Nonna Rosalba posa la mano sulla mia  e la sua voce risuona cristallina nelle mie orecchie cocenti, come se fosse nella mia testa – Saul ha già chiamato i carabinieri. Lui e tuo padre sono appena saliti in macchina e stanno arrivando.
E i carabinieri? I carabinieri, quanto ci metteranno ad arrivare?
«GUILLELMO!» urlo ancora, sbattendo il battacchio.

Mi porto una mano al cuore e mi accascio con la schiena contro la porta, a prendere veloci respiri irregolari.
Dinnanzi a me vedo danzare lucine rosse e gialle che pian piano vanno a occultarmi la vista...
Acqua... mi serve acqua...
«Respiri profondi, Irene» mi sprona il nonno. La sua voce rimbomba nella mia testa, il suo tocco mi riscalda e sembra quasi che i sudori freddi scompaiano...
Respiri profondi... inspira... ed espira... inspira... ed espira...
Non c'è tempo di pensare a me...
Sbatto le palpebre costringendomi a scacciare le lucine fastidiose, e pian piano torno a mettere a fuoco il vicolo che si sta affollando di vicini...
Devo pensare a Guillelmo, io non posso cedere, devo aiutarlo. Non posso sentirmi male se qualcuno sta per morire...

Mi rialzo e torno a far rimbombare il battacchio, ma allora le mie orecchie vengono ferite da un ruggito agghiacciante.
Mi giro a guardare Liberio fermarsi bruscamente e scendere lasciando cadere incurante la moto nuova.
Aggredisce la porta ficcando la chiave nella toppa, e insieme entriamo guardandoci intorno e chiamando a squarciagola Guillelmo.
«GUILLELMO!»
«PAPA! RISPONDIMI! CHE CAZZO STAI FACENDO?! PAPA
«È in cucina?!»
«No!»
«Irene!» mi chiama il nonno indicando il corridoio delle camere.

Mi precipito da quella parte.
C'è una botola aperta sul soffitto, con una scala calata che mi affretto a salire.
Non appena mi affaccio in soffitta, mi ritrovo di fronte Guillelmo, con i piedi poggiati in bilico su una sedia, il collo avvolto da un cappio di corda legato a un robusto gancio del soffitto.
Mi sta dando le spalle, e proprio adesso scalcia via la sedia con un secco colpo di tallone.

Corro da lui e lo sento ansimare poco prima che io gli avvolga il busto e tenti di spingerlo verso l'alto.
Non ho le forze...
«LIBE!»
Non ce la faccio...
«UN COLTELLO! SI STA IMPICCANDO!»
Fai presto... Ti prego...
«Resisti» mormora il nonno, premendo le mani sulle mie spalle. «Ce la puoi fare, lui è ancora vivo...»
Non ci riesco...
Perdo le forze e per un attimo lo lascio andare, udendolo ansimare nel soffocamento. Lo sostengo con le spalle, urlando per farmi forza.

Liberio esce dalla botola con un coltello tra le mani. Raddrizza la sedia, ci sale sopra e si allunga per tagliare la corda che sta strozzando suo padre.
Guillelmo cade addosso a me.
Il mio cuore pulsa frenetico contro il pavimento, come quello di un uccellino terrorizzato...
Scoppio a piangere, mentre il peso di Guillelmo mi viene tolto di dosso.
«Ire...»
Mi tiro in ginocchio solo grazie a Liberio.
Di fronte a noi, disteso supino a terra a pancia in su, c'è suo padre, la bocca dischiusa e le spalle immobili, il collo attraversato dal segno rosso-violaceo che è stato impresso dalla corda...

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