Capitolo 18
Non me la sento di recarmi in tribunale e rivedere la faccia di Hira Bath...
Tuttavia, se voglio assicurarmi che venga segregato in prigione, l'unica maniera è questa.
In ogni caso, la polizia ha raccolto le testimonianze dei miei compagni. Hira Bath è colpevole, non esistono prove che possano confutare quanto accaduto.
Seppur le parole dei miei amici siano in realtà false – solamente perché non hanno visto con i loro occhi e hanno semplicemente ripetuto quanto riportato da me e Nadia – la polizia non lo sa, e il segreto permane silenzioso nella classe.
E Marzia, così vigia alle regole, farebbe meglio a rimanere zitta, perché altrimenti sa che la rovineremmo.
In ogni caso, la testimonianza di Binah rimane comunque reale.
«Devi parlare con Nadia» mi dice Michele, due giorni dopo il terrificante evento. Mio cugino mi stringe forte la mano. «C'era sua nonna con lei. Mi ha accennato qualcosa riguardo Nadia, una cosa che le ha detto Hira in quel... momento... Ma meglio che ne parli tu con lei. Saprà spiegarti. Credo che sia importante che tu lo sappia: riguarda una sorta di circolo.»
Vorrei porgergli qualche domanda, ma in questo momento mi trovo alla fermata dell'autobus, in compagnia di Liberio e Roberta, e ho tutt'altro che voglia di passare per stramba.
Tuttavia a scuola, durante l'intervallo, mi approccio a Nadia, rimasta stranamente seduta al banco.
È stata una brutta mattinata: i professori hanno saputo cosa ci è successo, dunque tutti e tre ci hanno domandato come stiamo e hanno chiesto il racconto dettagliato di quanto accaduto... dubito che i due insegnanti successivi si periteranno a rivolgerci le stesse scomode domande...
Almeno una cosa buona c'è: Claudio è assente. Rivederlo sapendo che è amico di Hira Bath mi farebbe stare davvero male...
Allo stesso tempo però ho come l'impressione che la sua assenza dopo tale accaduto non sia soltanto un caso...
«Nadia» chiamo.
Lei alza lo sguardo su di me. Per la prima volta, a eccezione di due sere fa, mi guarda priva di scherno. Finalmente sembra vedermi come un essere umano coi suoi eguali diritti.
«Ti va di parlare?» le chiedo.
Nadia scuote piano la testa, strizzando forte gli occhi scuri. «No, Irene. Non ci riesco...»
Mi ha chiamata per nome...
Vorrei sapere qualcosa, ma non posso biasimarla se adesso non vuole parlarne.
Confido almeno che verrà da me quando sarà pronta. Dopotutto, io posso capirla come nessun altro in questa classe può fare.
*
Lattuga struscia il naso contro il mio ginocchio, mugugnando piano mentre mi asciugo gli occhi.
Ho raccontato alla mia amica tartaruga dell'accaduto. Non so perché l'ho fatto. Parlarne è sempre un peso enorme, però alla fine è liberatorio...
Sento bussare alla porta al mio fianco. Deve essere mio padre venuto a chiamarmi per andare via.
Sto per rispondere, quando una voce femminile chiama a bassa voce: «Irene, sei qui?»
Mi alzo piano e, con altrettanta lentezza, apro la porta, ritrovandomi di fronte a Nadia.
Lei mi guarda basita prima di posare lo sguardo su Lattuga, la quale a sua volta la fissa interessata.
«Allora è vero...» mi saluta Nadia, con un riconosciuto tono annoiato. «Sai parlare con le tartarughe.»
«C-come sapevi che ero qui?»
«Ho incontrato Ferrez, me lo ha detto lui. So che passi ogni sabato pomeriggio allo zoo, perciò sono venuta per parlarti... Cioè, renditi conto che ho speso soldi per te, eh.»
«Va bene.» Mi accuccio sulla tartaruga per accarezzarle il muso. «Devo andare, piccola. Ci vediamo.» Poso la fronte contro il suo naso. «Grazie di tutto, Lattuga, come sempre.»
Lei mugola, spingendo il muso contro la mia spalla.
«Lattuga?» Nadia rotea gli occhi. «Hai una gigantesca tartaruga delle Galapagos a portata di mano, e tu la chiami Lattuga?»
«È una tartaruga di Andora» la correggo.
«E il suo amichetto? Lattughino?»
«Cavolfiore» sibilo.
Lancio un'ultima occhiata a Lattuga, che mi fissa finché non chiudo la porta.
Vado ad affacciarmi al vetro e sventolo la mano per salutarla ancora, poi mi avvio lungo il percorso dello zoo, affiancata da Nadia.
«Che cosa fate voi due insieme?» mi domanda, ancora col tono da presa in giro. «Le canti qualcosa? Credi che ti risponda? Fai finta di essere in un film Disney? Ogni principessa che si rispetti ha il suo animaletto speciale».
«Nadia...» la richiamo esasperata.
Lei alza gli occhi al cielo e sbuffa. «OK, senti, io non so fare discorsi profondi. Se hai voglia di parlare, dimmi. Non ti aspettare che cominci io.»
Mi fermo di fronte al recinto delle giraffe e sollevo la mano ad accarezzare il muso della prima, che curva il collo verso di me. «Hi-Hira mi diceva delle cose», comincio a mentire, «riguardo un circolo. Volevo sapere se ne ha parlato anche con te.»
Come mi aspettavo, Nadia si fa sugli attenti e comincia a tremare piano, come me. Osserva i bambini dare da mangiare all'altra giraffa, prima di rispondere: «Sì, ha parlato di un Circolo Rosa».
Circolo Rosa? «A me lo ha solo nominato» continuo a mentire. « A te invece ha detto qualcos'altro?»
«Diceva che dovevo entrare nel suo Circolo Rosa...» Nadia si abbraccia da sola. Sembra quasi che abbia freddo, nonostante il sole batta cocente. «Diceva che dovevo entrare nel Circolo Rosa, ai suoi ordini.»
«I suoi ordini?»
«Poi non ha detto altro. A dire la verità, pure io l'ho trovato strano. Ma credo che l'infame ne sappia più di noi.»
«Ehm, credo di sì, visto che ne parlava...»
«Non Hi-Hira!» fatica a pronunciare il suo nome, proprio come succede a me. «Sto parlando di Marzia.»
La giraffa ha cominciato a leccarmi la mano con la sua lingua blu. Ignorando i versi di disgusto di Nadia, chiedo: «Marzia? Perché dovrebbe saperlo?»
Lei sospira affranta. «L'ho lasciata da sola con lui per solo un minuto. Quando ho deciso di mettere fine allo scherzo, sono tornata a chiamarla e... e Marzia era con le spalle al muro. Hira non la toccava, ma le era vicino col viso, teneva le mani sulla parete... Prima che io intervenissi, l'ho sentito nominare quello stesso Circolo. E poi, quando ho tirato Marzia per portarla via, Hi-Hira mi ha afferrata e fermata mettendomi un braccio attorno al collo... mi sentivo soffocare...» ricorda, il respiro è affaticato, quasi abbia di nuovo la gola ristretta da quel braccio. «E Hi-Hira ha detto a Marzia che poteva andare se avesse promesso di non chiamare aiuto, altrimenti... altrimenti lui avrebbe saputo come fargliela pagare. Ha detto che lei ci avrebbe rimesso. Ma non "lei" nel senso Marzia: intendeva qualcun altro, ma non so chi.»
Mi allontano dalla giraffa per posare la mano pulita sulla spalla di Nadia. So come si sente a rivivere quell'angosciante serata...
«Questa storia del Circolo non mi piace...» ammetto.
«Perché no?»
Beh, lei è stata onesta con me, adesso devo ricambiare. «Senti, so che sono strana e paranoica, però... circa due mesi fa, Claudio è sembrato come se mi stesse minacciando, non lo so... ha detto una cosa strana. E poi ha insistito per venire alla cena di classe con il suo amico. Ha persino minacciato Paolo! E quando glielo abbiamo negato, lui è venuto al nostro stesso ristorante, portando Hi-Hira. So che Claudio non c'era quando l'altra sera è successo quel che è successo. Però è tutta la settimana che non si fa vivo a scuola.»
Nadia strabuzza appena gli occhi, nel suo tono sempre controllato. «Dici che Claudio c'entra qualcosa?»
«Non so se è coinvolto con quel che ha provato a fare Hi-Hira, ma credo che sappia qualcosa riguardo a questo Circolo Rosa. Inoltre...» le racconto di quando ho visto Claudio al Carnevale di Viareggio comportarsi in maniera tanto strana con tutte quelle ragazze.
Alla fine Nadia fa una brutta smorfia di ribrezzo. «L'unica che potrebbe dirci qualcosa di più è Udini.»
La fisso incredula. «Mi credi?»
«E perché dovresti mentirmi?» ribatte lei. «Lunedì prendiamo da parte l'infame e le estorciamo informazioni, con le buone o con le cattive.»
L'idea di interrogare Marzia mi rende curiosa, tuttavia temo di dover tenere a freno Nadia. Non rinnego il desiderio di prendere a pugni quell'idiota vigliacca, ma è meglio non attirare ulteriormente l'attenzione.
In poche parole, io sarò il poliziotto buono, e Nadia quello cattivo.
La sento sospirare un'altra volta. Una giraffa si è piegata su di lei per ricevere le sue coccole. Nadia raccoglie delle noccioline e gliele passa, improvvisamente non più disgustata dalla lunga lingua blu. «Sai, un po' non la biasimo per essere scappata...»
Mi ci vuole un attimo per capire che non sta parlando con la giraffa, ma con me. Sussurra tanto impercettibilmente che devo avvicinarmi per capirla bene.
«Intendo Marzia. Dopotutto sono stata io a metterla nei casini, era vicina a subire... e sarebbe stata colpa mia...»
Scuoto la testa. «Tu non potevi saperlo, Nadia. So che non l'avresti mai messa in un pericolo simile. E comunque sei intervenuta, hai salvato anche lei appena in tempo, e ci hai quasi rimesso. Non si è comportata bene.»
«Grazie, Irene» mormora, continuando a nutrire la giraffa. Non sorride, ma il suo sguardo è comunque addolcito, come non gliel'ho mai visto prima.
*
Come stabilito, lunedì, a scuola, io e Nadia attendiamo l'intervallo per poter parlare con Marzia.
Oggi comunque c'è anche Claudio... Non rivolge la parola a nessuno, neanche a me e a Nadia, e sembra alquanto infastidito e scocciato.
«Ti prego, lascia perdere» sussurro nell'orecchio di Liberio, il quale ha stretto i pugni talmente forte da farsi scricchiolare le nocche.
Anche Alberto, più vicino a Claudio, sembra indeciso se voltarsi per lanciargli contro qualcosa.
Mi alzo per andare verso di lui e mi siedo sul suo banco. Quando alza la testa per guardarmi, gli faccio un cenno della testa per indicargli di star calmo.
Lui stringe i denti fino a farli stridere, e china il capo come se avesse perduto un'estenuante battaglia.
Torno al mio posto non appena il professore entra. Liberio è improvvisamente più cupo di prima.
All'intervallo, Nadia si alza prima di me, raggiunge Marzia, l'afferra brutalmente per il braccio e la trascina fuori dall'aula.
L'altra non fa nulla per tentare di liberarsi. Da quando siamo tornati a scuola, dopo l'accaduto, nessuno la considera più, tranne Binah. Quest'ultima, ciononostante, si comporta meno del solito come un cagnolino, e a sua volta Marzia sembra rivolgerlesi con più gentilezza – anche perché è l'unica amica che le sia rimasta in classe e l'unica persona disposta a parlarle.
Mi affretto ad alzarmi per seguire Nadia e Marzia, ma Alberto mi sta precedendo, preoccupato.
«Lascia stare» gli dico prima che Nadia, voltatasi di scatto, gli risponda male. «Non facciamo nulla di sbagliato.»
Lui non sembra convinto. «Che cos'avete in mente?»
«Nulla di grave, te lo assicuro.»
«T-ti preoccupi per me?» Marzia pare improvvisamente più brillante e sorridente nei confronti del ragazzo.
Il capoclasse però distoglie lo sguardo con una smorfia. «Mi preoccupo che Irene e Nadia si caccino nei guai coi prof.»
«Ti è andata male, stronza» sussurra Nadia nell'orecchio di Marzia, trascinandola via incurante del suo sguardo disperato.
Io le seguo fino alla zona principale del corridoio del primo piano, gremita di studenti allegri.
Ci avviciniamo a una colonna e voltiamo Marzia affinché ci guardi negli occhi.
Allora le chiedo: «Hi-Hira Bath ti ha parlato di un Circolo Rosa?»
Non appena la vedo sussultare nell'udire il nome del delinquente, tutta la mia pazienza scema in un ribollire di emozioni pericolose e spietate. Il sangue si surriscalda, tanto che non riesco a trattenermi dal poggiare il pugno sulla colonna, precisamente a un centimetro dalla guancia di Marzia.
«Ti fa paura, eh?» sibilo, piena di ostilità. «Ti ha fatto qualcosa?»
«N-no... S-stavamo parlando e basta, poi è arrivata Nadia...»
Sbatto il pugno contro la colonna, con una velocità tale da farle quasi scappare un urlo. «Allora sappi che quel nome spaventa più noi che te» ringhio. «Cosa sai del Circolo Rosa?»
«Hi-Hira ha detto che se tu avessi chiamato aiuto, lei ci avrebbe rimesso» le ricorda Nadia, altrettanto aspramente. «Lei chi?»
Marzia si porta le mani sulle orecchie, in preda agli ansimi.
Sta avendo un attacco di panico?
«Non posso...» piagnucola, scuotendo il piccolo corpo. «Non posso...»
«Ehi, voi tre ragazze! Che sta succedendo?!»
Marzia approfitta della nostra distrazione per correre via, ma io e Nadia rimaniamo ferme nel veder arrivare la custode, la quale ci fissa minaccevole.
«Stavate infastidendo quella ragazzina?»
Tacquo per lo sgomento. Ma questa donna sta scherzando? Come può pensare che io, con questo faccino, sia capace di applicare bullismo?!
Capisco che Nadia abbia l'aspetto da ochetta bulla e che Marzia, di apparenza minuta e infantile, possa sembrare una vittima perfetta.
Ma io? Io ho la faccia da ragazza tenera! Non lo sono, ma lo sembro! Cosa vuole la bidella da me?!
Nadia però è già pronta a rispondere a tono: «Ascolta un po', la nostra amica ha un problema e cercavamo di aiutarla. Non rompere le palle e facci andare da lei».
La custode le sbraita contro, ma Nadia mi afferra e mi trascina via a nasconderci nella marea di studenti.
«Potevi risponderle meglio?» boccheggio, liberandomi dalla sua stretta. «Ora finiremo nei guai.»
«Ma che cazzo me ne frega! Io e te saremo trattate col guanto di velluto per tutto il mese!»
«Nadia!» La faccio voltare con un gesto secco. «Non ho assolutamente intenzione di approfittarmi di...»
«Io sì, se serve a scoprire qualcosa su quel cazzo di Circolo Arcobaleno o come cazzo si chiama! Intanto non abbiamo scoperto una sega!»
Prendo un lungo sospiro per calmarmi. Ha ragione, non abbiamo ancora scoperto niente.
Ma possiamo aspettare. Ci riproveremo.
Mentre rientriamo, chiedo: «La bidella pensava che io potessi essere una bulla».
Nadia mi tira uno schiaffetto innocuo. «Tu non lo sai, ma hai la faccia perennemente arrabbiata. Ecco perché inizialmente si tende a starti alla larga. Pensavo fosse questo il tuo piano.»
Lo era, infatti... Ma a sentirlo dire dagli altri, suona decisamente male...
*
Terminato di mangiare, mi sistemo in camera per poter fare i compiti.
Prima che possa cominciare matematica, però, nonna Rosalba mi dice: «Ho parlato con la nonna di Marzia».
Mi volto a guardarla roteando sulla sedia. «Come?»
«Ho parlato con la nonna di Marzia» ripete. «Per sapere cosa turba sua nipote e cercare di comprendere di cosa tratta questo Circolo Rosa.»
Mi appuntello sulla sedia e la guardo incuriosita. «E lei te lo ha detto?»
«Solitamente un angelo non rivela a un altro le afflissioni del proprio protetto. Tuttavia le ho fatto capire che tu e Nadia avete un forte bisogno di saperne di più, e che forse può aiutarvi a risolvere questo mistero e, magari, può fornirvi una nozione in più da usare a vostro favore in tribunale.»
«E allora?» la incalzo. «Che cos'ha detto?»
Nonna Rosalba pare intristita. «Si tratta della zia di Marzia. Qualche anno fa questa giovane donna, di nome Barbara, ha avuto a che fare con la droga.»
«E faceva parte del Circolo Rosa?»
«No. Marzia non sa cosa sia questo Circolo, sembra che Hira lo abbia solo nominato per indurla a entrarvi, ma non ha spiegato di cosa si tratta.»
«Quindi cosa c'entra lui con questa Barbara?»
«Al tempo, Hira Bath faceva parte dello stesso giro di droga di Barbara. Adesso Hira ha minacciato Marzia di far del male a sua zia, ma non so il perché.»
«La nonna di Marzia non te lo ha spiegato? Non prende informazioni tramite la zia di Marzia? Non è sua figlia?»
«No, si tratta della sorella del padre di Marzia, mentre la nonna deceduta è quella materna. Ed è da molto tempo che Marzia non vede la sua giovane zia: si vogliono bene, ma si sentono soltanto tramite il cellulare. Barbara è partita pochi anni fa, e sembra essere una continua viaggiatrice...»
«Dunque come poteva Hi-Hira farle del male?»
Michele si porta una mano al viso. «Hai visto Tommaso, no? Se non regoli del tutto i conti che hai, i tuoi vecchi compari ti vengono a cercare, e suppongo che prima o poi riusciranno a trovarti, grazie a numerose alleanze...»
«Accidenti, sembra di stare in Gomorra...»
«Parliamo di un piccolo giro di droghe che non esiste più, ma spesso capita che a capo di queste gang ci siano tipi davvero malvagi...»
Nonno Gigi annuisce, impensierito. «Se Barbara ha ancora qualcosa in sospeso, allora Hira non sarà l'unico del vecchio gruppetto a starla perseguitando.»
«E Marzia si è spaventata per questo» mormora nonna Rosalba. «Ecco perché non ha provato a salvare né te né Nadia dopo che Hira l'ha minacciata. È rimasta in silenzio nella speranza di proteggere sua zia.»
Scuoto la testa, cercando di scacciare per l'ennesima volta i ricordi che importunano la mia mente. «Comunque non posso perdonarla.»
Loro però non sembrano infuriati con lei...
Un po' mi infastidisce, perché, che Marzia avesse o meno i suoi motivi, io ho rischiato grosso. Stavo per essere marchiata a vita...
Però loro sono angeli, sono puri, capaci di perdonare anche le colpe più tremende.
«Dio potrà anche perdonare Hi-Hira...» dico spiccia, «ma io non ci riesco. Non ci riuscirò mai...»
Io non posso perdonare.
Perché non sono un angelo, sono un'umana, mortale, non sono misericordiosa né caritatevole...
«Comunque, il Signore lo perdonerà solo se lui si pentirà, Irene.»
Pentirsi? Come può Hira Bath pentirsi? Era assai cosciente. E comunque non lo perdonerei neanche se non lo fosse stato.
L'alito puzzava d'erba, lo ricordo tanto bene che, se chiudo gli occhi, ho paura di essere ancora sotto di lui, con il suo viso spiaccicato contro il mio...
«Circolo Rosa» sta ripetendo Michele tra sé e sé.
Lo guardo, lieta di avere una scusa per scacciare l'orrida visione. «Che c'è?»
«È che... è un nome che... forse ho già sentito...» Si gira verso la nonna. «Ehm, in che contesto ne ha parlato Hira con Marzia?»
«Le stava dicendo che l'avrebbe fatta entrare nel Circolo, così da poter pagare per quel che ha commesso sua zia»risponde lei.
«E cos'ha commesso sua zia?» chiedo, allarmata. La cosa sembra farsi sempre più grossa. «Miche, non hai sentito parlare del Circolo da Tommaso, vero?»
Se mio cugino facesse parte di questa storia...
Tuttavia Michele fa un cenno di diniego, senza perdere l'aria assorta. Non pensavo che un angelo potesse apparire tanto confuso. Sembra quasi che stia cercando di aggrapparsi disperatamente a qualcosa di vitale importanza.
Nonno Gigi gli tira una pacca alla schiena. «Un ricordo sfuggente della tua vita passata, immagino. Succede.»
«In che senso?» indago.
«È esattamente come per i vivi, quando cercate di recuperare qualcosa che avete sulla punta della lingua ma che comunque non riuscite a ricordare bene. Si tratterà di un momento che è stato fugace nella vita di Michele, qualcosa che non lo ha influenzato più di tanto, ma che comunque gli è rimasto archiviato nell'anima. Gli serve solo del tempo per ricordare.»
«Voi angeli ricordate tutto del passato?»
«Ricordiamo bene anche la prima parola che abbiamo pronunciato. Ma questi ricordi devono mettere da parte altri più superficiali per noi, almeno per i primi tempi della nostra nuova vita. Ecco perché Michele fatica a ricordare dove abbia già sentito nominare il Circolo Rosa. Tuttavia, già il fatto che ne abbia un flebile ricordo è un inizio.»
Nonna Rosalba accarezza la testa a mio cugino. «Non sforzarti troppo, amore. Vedrai che riuscirai a ricordare.»
«Sì, mi serve solo del tempo» bubbola lui, sedendosi sul letto a prendersi la testa tra le mani.
È un gesto così vero. Per un attimo dimentico che sia un angelo, e lo guardo come se fosse ancora vivo...
Però è troppo giovane, a quest'ora dovrebbe avere quasi venticinque anni...
Meglio non pressarlo. Forse gli angeli sono più pazienti, però non voglio rischiare di rovinare tutto. Sottoposti alla pressione, i pensieri che si cercano disperatamente di trattenere, svaniscono...
La mente umana è strana, però la mente degli angeli è di sicuro più potente.
Proprio per questo decido di fidarmi di Michele e di concedergli il tempo che gli è necessario, confido sul fatti che ne impiegherà poco.
Spero davvero, comunque, che questa faccenda non riguardi anche Tommaso...
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