Capitolo 17

«NO!» strillo prima di tirargli un pugno in faccia.
Hira Bath resiste al colpo nonostante gli schizzi di sangue dal naso. Mi afferra il polso e me lo tiene premuto sul ruvido marciapiede, mentre con l'altra mano continua a sbottonarmi la giacca...
«NO! AIUTO! AIUTO!»
Lui interrompe l'operazione per premermi la mano sulla bocca e sul naso, quasi a lasciarmi soffocare.
Devo restare sveglia... Devo restare sveglia! DEVO-RESTARE-SVEGLIA!
Provo a morderlo, ma lui riesce a tenermi le labbra serrate.

Con la testa che gira e le orecchie che rimbombano per il sangue pulsante, riesco a scorgere il suo ghigno folle e perverso alla tenue luce del lampione lontano...
Il suo respiro, pesante come quello di un animale, puzza di erba...
Sento Michele urlare invano aiuto, disperato quanto me... sento le voci di mio nonno e mia nonna unirsi alla sua...
Hira sta per fare qualcosa... sta per calare la sua mano, direzionata al mio petto... vuole toccarmi...

Le mie orecchie vengono ferite da un potente rumore di vetro infranto.
Hira cade al mio fianco.
Piccoli pezzi di vetro mi si infilzano sul viso e con tutta la forza di volontà mi costringo a non urlare, per impedire che mi sguscino in gola. Le lenti degli occhiali mi hanno protetto gli occhi.
Mi tiro in piedi tenendo il viso basso e scuotendo la testa per lasciar cadere il vetro rimasto incastrato tra i miei capelli.
Sento afferrarmi di nuovo e mi giro di scatto col pugno sollevato.
«Sono io!» riconosco la voce femminile: è Nadia.

Allpra scoppio in un singhiozzo e la spingo via brutalmente.
In una mano regge il collo di una bottiglia spaccata. Ai suoi piedi, Hira Bath si sta contorcendo in preda ai dolori, le mani premute sul viso.
Allungo il braccio ad afferrare ciò che è rimasto integro della bottiglia, che calo con un colpo secco sulla sua nuca. Il collo di vetro s'infrange ferendomi le dita, e Hira smette di dibattersi, cadendo nell'incoscienza.
Ma continuo a colpirlo. Ancora. E ancora... e ancora... e ancora...
Gli tiro calci alla schiena, alla pancia, e sopratutto alle parti basse, costringendolo a svegliarsi per soffrire...
«FIGLIO DI PUTTANA!» butto fuori tutta l'aria. «FIGLIO-DI-PUTTANA!»
Scoppio a piangere e torno a indietreggiare.
No! Ancora! Voglio colpirlo ancora!
Sto per farlo, ma qualcuno mi blocca da dietro.
«Basta!» grida Nadia. «Per lui è finita! Adesso chiamiamo la polizia...»

Mi giro a guardarla. Anche lei sta piangendo.
Mi struscio le guance insanguinate, in preda ai singhiozzi. «Ti ha fatto qualcosa?»
«Non c'è riuscito...» la voce è a sua volta rotta. «Mi sono liberata. Marzia era con me, ma quella bastarda se n'è andata, perché aveva paura che succedesse anche a lei...»
«Non me lo ha detto... quell'infame non me lo ha detto...»

Alle sue spalle, vedo gli angeli fissarmi terrorizzati.
«Sto bene...» dico loro.
Sto bene. Ho paura, sono scossa, ma sto bene... alla fine non mi è stato fatto niente...
La cosa più importante è che sia io che Nadia siamo illese. Scioccate, ma salve.

Nadia si asciuga il naso. «Fortuna che ho trovato questa bottiglia posata all'entrata. Ringraziamo il cameriere distratto...»
«Ringraziamo Dio...» sussurro, facendo un cenno agli angeli.
Non so cosa sia successo, so semplicemente che qualcuno ha protetto me e Nadia.
Perché non siamo sole, il Signore ha fatto sì che ci salvassimo...

Io avrei anche potuto evitare di rischiare, se avessi dato retta a Michele, però... «Quindi Marzia non ha detto niente a nessuno?»
Nadia si gira a guardare la soglia del ristorante. All'interno tutto prosegue come se nulla fosse accaduto... «No. E nessuno deve avermi vista scappare con la bottiglia. Sono entrata e... subito fuori. Nessuno deve aver sentito le urla, con tutto il chiacchiericcio che c'è dentro... Chiamo io la polizia» decide poi, tirando fuori il cellulare.
Io intanto lancio un ennesimo sguardo disgustato a Hira Bath, accasciato a terra.
Gli sputo addosso.
Una volta nella stretta dei miei angeli, scoppio in lacrime ancor più copiose, e mi rintano tra le loro braccia.
Nadia interrompe la chiamata alla polizia. «Forse Marzia alla fine ha avvisato: la polizia sta già arrivando.»

Mi guarda tristemente. Non avrei mai pensato di vedere questa ragazza, sempre insolente e cinica, sconvolta in tal maniera...
«Conoscevo Hira, ma non è mai stato... questo. Volevo presentarlo a Marzia per farle dispetto... perché lei prima faceva la cretina per far ingelosire Alberto, e io ho...» si porta le mani al viso, cominciando a singhiozzare violentemente, «ho ficcato il naso come mio solito... e ci ho rimesso...»
Mi avvicino per stringerla, venendo ricambiata nell'abbraccio. «È tutto OK...» la consolo, cercando così di portare conforto anche a me stessa. «Non ci è successo niente. Niente... Niente, vero?»
«Niente...»
«Dov'è Claudio?»
«Se n'era già andato quando siamo venute a parlare con Hira qui fuori.»
Le struscio la schiena e la stringo ancor più forte. «Mi hai salvata, Nadia. Grazie.»
Guardo gli angeli. Grazie a loro. Grazie al Signore, e grazie alla mamma.

«Irene?! Irene! Ire!»
Mi sciolgo da Nadia non appena vedo Liberio avvicinarsi a corsa, più agitato che mai, la classe al seguito.
«Cos'è successo?» Si accorge che sto perdendo sangue e mi struscia il viso, prima di lanciare un'occhiata al corpo di Hira Bath. «Che cazzo è successo, Irene?!»
Mi lascio andare a singhiozzi ulteriormente dolorosi.
Ma adesso mi sento meglio. Perché Liberio è qui con me. È qui, e va tutto bene. Ora non accadrà più niente di brutto.
Mi appoggio al suo petto, lasciandomi stringere tanto forte da rimanere senz'aria.

                                    *

Mio padre non vuole lasciarmi andare. Ovunque si giri, mi trascina con sé tenendomi sotto il suo braccio. Stranamente riesco a vedere il lato comico della scena, anche se sono l'unica, considerando che nessun altro qui sta ridendo: né Liberio, né Saul, né gli angeli, né mia zia Emma, che ha insisto a venire non appena saputo da mio padre quanto successo.
La polizia ha portato via Hira Bath prima che i nostri parenti arrivassero. Ed è stato un bene, perché sono sicura che, alla sola vista, mio padre e i genitori di Nadia lo avrebbero ammazzato, finendo così in galera al suo posto.

«Non c'è nient'altro da dire, vero?» sibila suo padre all'agente di polizia rimasto. «Quel bastardo finisce in prigione e punto, giusto?»
Il poliziotto tira un sospiro stanco. «Se affermasse che le accuse sono false...»
«Non sono false!» sbraito. «Sono stata sbattuta a terra e ha tentato di stuprarmi!»
A questa parola zia Emma lancia uno squittio e torna a piangere, mentre mio padre mi stringe ancor più forte.
Nadia annuisce sprezzante. «Ed è successo lo stesso con me. Ve lo abbiamo detto un milione di volte.»

«Ma non è così che funziona, vero?» Babbo lancia un inviperito sguardo di sfida al poliziotto. «Servono testimoni oculari, giusto? Altrimenti questa storia non finirà mai, eh? Perché è questa la giustizia italiana. Serve un filmino per confermare... VERO?!» urla.
Il poliziotto non si ribella, né ribatte...
«E la videosorveglianza?» la madre di Nadia soffia come una gatta feroce.
«Quelle esterne del ristorante non arrivano fino a quel marciapiede, non avrebbero filmato l'aggressione... Sicuramente si può vedere uscire Hira Bath con le ragazze, e la signorina Bensi che afferra la bottiglia lasciata incustodita» borbotta il poliziotto.
Sgomenta, la madre di Nadia stringe tanto forte le spalle della figlia da farla contorcere per il dolore.
Mi accorgo che la mia compagna, una volta libera, lancia sguardi imbelviti a Marzia. Tutta la classe è attorno a noi, chi affiancato da un genitore e chi da solo. E Marzia, l'unica testimone del tentato stupro, rimane in silenzio...

«Io sono testimone.»
Mi giro di scatto verso Liberio. Ha uno sguardo talmente sincero e scioccato che faccio fatica a credere che stia mentendo.
Rimango in silenzio, così come Nadia, entrambe cercando di non far notare la nostra sorpresa.
«Ho visto tutto. Ho visto Nadia entrare a prendere la bottiglia e uscire subito. L'ho seguita, e ho visto.»
«Anch'io sono testimone!» urla Roberta, la voce strozzata dai singhiozzi aggressivi. «Abbiamo visto con i nostri occhi!»
«Non abbiamo visto Nadia, ma Irene sì» dice Alberto, il pomo d'Adamo gli trema violentemente.
Giulia annuisce. «Anche noi abbiamo seguito Nadia subito dopo Liberio...»
«Hira teneva bloccata Irene...» mugola Bianca.
«Quando siamo usciti, è stato il momento in cui Nadia lo stordiva» balbetta Luca, distogliendo lo sguardo.
«È stato tutto così veloce...» sussurra Guo. «Sul momento elavamo impietliti...»
«Nadia e Irene cercavano di tenerlo lontano, continuando a percuoterlo col collo della bottiglia...» Enrico prosegue il racconto. «È ovvio che fossero terrorizzate...»

Il poliziotto guarda tutti i miei compagni con occhi scrutatori, seppur scintillanti. «Il colpevole dice di essere stato colpito al busto.»
«È stata Irene, i-infatti» afferma Paolo, riprendendo le mie parole di poco fa. «Aveva paura! E-era fuori di sé anche per la rabbia! C-cos'altro po-poteva fare? Era scioccata!»

«Qualcuno è stato testimone quando Hira Bath ha attaccato la signorina Bensi?»
Nadia chiude gli occhi e stringe i pugni talmente forte che, quando li riapre, ha dei segni rossi sui palmi.
E Marzia continua a rimanere in silenzio...
Che idiota! Se ci sono comunque delle telecamere di videosorveglianza fuori dal ristorante, nei filmati si vedrà Marzia che rientra nel locale un attimo dopo che io sono uscita.

«Io l'ho vista.»
Ci giriamo verso Binah.
Si è appena fatta avanti, e sta sostenendo coraggiosamente lo sguardo del poliziotto. «Vivo proprio qui vicino. A cena conclusa, sono andata a casa a togliermi i tacchi per indossare scarpe più comode. Dovevamo andare in giro tutti insieme, perciò stavo tornando al ristorante. È stato allora che ho udito rumori strani, e ho visto una grossa figura tenere ferma un'altra più piccola, proprio laggiù», indica oltre l'angolo in cui Nadia è stata assaltata. «Erano fuori dalla luce dei lampioni, ma ho riconosciuto la voce di Nadia. S-s-sono scappata per andare a c-chiamare mia madre, ma avevo già avvertito la polizia. Ero nel panico, a-avevo troppa paura...» si giustifica debolmente.
È la verità? Se è così, allora è stata lei a chiamare la polizia prima di Nadia, non Marzia.
Ricordo che Binah si è allontanata prima di noi, e di non averla vista nell'altra sala del ristorante prima di uscire.

Nessuno dice niente, salvo la madre di Marzia che sta sussurrando alla figlia: «Tu non hai visto nulla?»
Marzia scuote il capo senza alzare gli occhi: «Ero uscita a prendere una boccata d'aria, ma non mi sono spinta fino all'altro marciapiede».
Infame... bastarda...
Non so come io e Nadia riusciamo a trattenerci dal balzarle alla gola...

Il poliziotto ripone la penna in tasca e richiude il blocco notes. Allora annuncia, con una certa soddisfazione: «Molto bene. Signor Gherardi, signori Bensi, verrete presto contattati. Grazie, ragazzi, per le vostre testimonianze. Sono informazioni preziose». Ci fa un cenno di saluto, infine si allontana.
Che cosa significa? Le testimonianze dei miei compagni sono state accettate? Il caso è chiuso? Hira Bath rimarrà in prigione? Ma per quanto? Ci sarà o no un processo?

«Andiamo a casa.» Mio padre decide di lasciarmi solo per potersi avvicinare ai genitori di Nadia, assieme a mia zia.
Non ho neanche il tempo di tirare un sospiro, che Saul mi approccia per abbracciarmi forte, un gesto alquanto nuovo da parte sua.
Nonno Gigi si china su di me a dire: «Non male come classe, vero?»
Mi giro verso i miei compagni, i quali si sono radunati stretti attorno a me e a Nadia.

Binah, in lacrime, sta dicendo a quest'ultima: «Mi dispiace... ho avuto paura, temevo di rimetterci, e...»
Nadia distoglie lo sguardo, accigliata. «Comunque tu hai avuto le palle per ammetterlo.»
Ci voltiamo tutti a guardare Marzia, la quale è rimasta in disparte, rossa come un pomodoro e con le lacrime agli occhi, come se fosse lei la vittima di questa orribile serata.
Le diamo le spalle fingendo che non esista. Lei non merita alcun rispetto.

Guardo uno a uno tutti i miei compagni. Improvvisamente mi sembra che abbiano facce differenti, molto più belle. Decisamente meravigliose.
Hanno mentito, hanno deciso di coinvolgersi in questo triste e grave evento, per rendere giustizia a me e a Nadia.
«Lo avevate già pianificato?» domanda lei.
Alberto fa spallucce. «Appena Liberio ha parlato, abbiamo capito cosa dovevamo fare. Non sapete quanto sia difficile mentire su due piedi!»
«Beh, siamo usciti dal ristorante tutti insieme» sussurra Luca. «E nella storia abbiamo semplicemente allungato i tempi dell'attacco.»
«È velo.» Guo annuisce. «Dopotutto, le videocamele hanno lipleso solo noi, mica anche l'agglessione.»
Nadia si porta le mani alla bocca, guardando i due amici con commozione, come se i suoi due bambini avessero pronunciato le loro prime parole. «Chi se lo aspettava che foste così intelligenti? »
«Davvero una buona idea» mormoro.

Con Saul ancora avvinghiato alla schiena e una mano stretta a quella di Roberta, mi sporgo a baciare Liberio sulla guancia.
I suoi occhi sono inondati dalle lacrime. «Che stupida che sei...» Scoppia a piangere. «Mi hai fatto prendere un colpo, idiota...»
«Sto bene, Libe. Sono qui, sana e salva.»
Gli accarezzo la guancia nella speranza di calmarlo, invece lui piange ancora più forte
Con la testa poggiata contro la sua spalla, mi rivolgo a tutti i miei compagni, esclusa Marzia: «Grazie, ragazzi. E grazie a Nadia».
Rossa in viso, Nadia borbotta sbrigativa: «Sì, grazie. E prego, toh...»
Alla fine è vero: questa classe non ha niente di sbagliato.

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