Capitolo 16

«Non lo so...»
Tutti gli occhi sono puntati su di me, mi sento pesantemente a disagio. E quello scemo di Liberio mi fissa a sua volta, a occhi più spalancati del normale, per farmi dispetto...
«Ehm, che ne dite di una pizza in Corso Italia? Laggiù c'è una pizzeria rinomata...»
«Uh uh!» Luca si lecca i baffi. «Ho capito quale dici! Mi piace!»
Alberto mi strizza l'occhio e segna sulla lavagna il nome del ristorante che gli nomino. Marzia, seduta sulla cattedra vicino a lui, mi lancia un'occhiata di fuoco.

«Io appoggio la scelta di Irene!» continua a sostenermi Luca.
«Io ho assaggiato la pizza di cui parla, mi piace parecchio!» salta su Binah, lasciandomi di stucco.
Binah Asante mi sta dando ragione?!
Quando però si accorge dello sguardo assassino di Marzia, torna in sé e borbotta: «P-però ha i suoi difetti... Ehm, meglio provare vicino Borgo Stretto, come ha detto Marzia...»

«Io voto la pizzeria vicino a Piazza Guerrazzi» interviene Paolo al suo turno, appoggiando ovviamente il ristorante proposto da Alberto.
Liberio mi lancia un colpetto alla spalla. «Scusa, amica mia, ma stavolta rinuncio alla pizza e scelgo una cena a suon di hamburger. Che ne dite voi altri?»
Nadia schiocca la lingua roteando gli occhi. «Scusa, Ferrez, ma noi siamo italiani al cento per cento, e abbiamo voglia di pizza. Tu, Guo e Binah dovete adattarvi. Voto il ristorante scelto da Alby, solo per non votare quello che ha proposto Gherardi» aggiunge, scoccandomi un largo sorriso.
«Tanto la figura da bimbetta la fai tu, idiota» le faccio notare in tono pacato.
Alberto scoppia in una risatina, mentre Roberta saltella a rubargli il gessetto e ad aggiungere un segnetto alla pizzeria che ho scelto io.

«Nessuno vuole andale a mangiale cinese?» interviene Guo, imbronciato. Il ristorante cinese che ha citato non ha neanche un punto a favore.
«In Italia si mangia italiano!» lo prende in giro Luca. «Dai, scherzo! Ma almeno per questa volta, amico, evitiamo! Mangio sempre il cinese con te, stavolta ho voglia di pizza!»
«Io invece voto l'hambulgelia, pel non dalti soddisfazione.»

Frattanto che Giulia vota la pizzeria di Alberto, mentre Enrico sceglie l'hamburgeria, Claudio rientra dal bagno lanciando un'occhiataccia alla lavagna.
Alberto posa lo sguardo su di lui, incupendosi tutto d'un tratto.
Non appena dà un colpetto a Marzia, questa comincia a balbettare come se si stesse rivolgendo a uno spettro: «Ehm, C-C-Claudio, dove v-vorresti andare a ce-cena?»
Lui le rifila uno sguardo tale da poterla ridurre in cenere con un semplice battito di ciglia. Marzia incassa la testa tra le spalle e guarda altrove, incredibilmente ammutolita.
Forse Claudio non vuole neanche venire a cena con noi. Alla fine che cosa verrebbe a fare? Io sono asociale, ma almeno sono parte integrante di questa classe, a differenza sua, che ci disprezza e finge di essere l'unica persona al mondo.

Siccome Bianca deve sempre essere imparziale e non sa che decisione prendere – più timorosa di deludere qualcuno – non la facciamo votare, e alla fine vince la pizzeria di Alberto – con tutta la soddisfazione di Nadia e Marzia contro di me.
Il nostro adorato capoclasse posa il gessetto e rilascia un sospiro sollevato. «Finalmente un'assemblea di classe come si deve.»
Giulia scoppia a ridere. «Bella quest'assemblea, eh? Parlare di dove andare a cena fuori!»

La porta si spalanca all'improvviso e la professoressa Mazzini si affaccia, gli occhi spalancati come quelli di un gufo. «Tutto bene, ragazzi?»
Alberto e Marzia allargano le braccia in una posa tanto innaturale e tanto comica che a stento riusciamo a trattenere le risate. Stanno cercando di nascondere i nomi dei ristoranti scritti alla lavagna, ma a fare così attirano soltanto l'attenzione.
La professoressa li guarda dubbiosa. «Cosa state facendo?»
«Niente!» rispondono loro, senza smuovere un muscolo.
Liberio dà in un forte colpo di tosse per celare una risata, allora gli spiaccico la testa sul banco e affondo il viso tra i suoi capelli.

La prof sospira esasperata. «Volete un abbraccio, per caso?»
Tra i nostri sghignazzi, Alberto risponde goffo: «No, ehm, ci stiamo stiracchiando...»
«Vi state... stiracchiando?» ripete lentamente la Mazzini, in un tono che mi ricorda molto il professor Piton.
Fortunatamente preferisce chiudere un occhio, ed esce dalla classe sbattendo la porta con impeto.

Mentre gli altri prendono in giro Alberto e Marzia, Liberio si libera di me soltanto per attaccarmi strusciandomi il pugno tra i capelli.
«Smettetela subito!» strilla Marzia, ignorando Claudio che sta uscendo di nuovo, attento a non farsi beccare dalla professoressa. «Potevo rimetterci! Ho rischiato una nota, o peggio ancora, un rapporto!»
«Ha rischiato di morire!» strilla Liberio, fingendo la voce da femminuccia.
«O peggio, di essere espulsa!» gli faccio eco, e scoppiamo nuovamente a ridere.
«SMETTETELA SUBITO!»
Guo alza gli occhi al cielo. «E lasciati andale qualche volta, Malzia! Non c'è niente di male a lischiale!»

Per una volta incurante dei litigi, Alberto controlla sul cellulare gli orari del ristorante, e lo scopre già aperto per pranzo. «Potremmo prenotare anche subito. Ma quando andiamo?»
Liberio alza la mano. «Io ho un problemino: il sabato e la domenica lavoro tutto il giorno, perciò non so se in quei giorni riesco a venire per cena. Questione di orari.»
«Andiamoci lunedì sera» propone Bianca. «Martedì è il 25 aprile, la Festa della Liberazione, quindi c'è ponte, e lunedì e martedì non andiamo a scuola.»
Appoggiamo tutti la sua idea, così Alberto si avvicina a Paolo e gli stringe la mano con aria importante. «Segretario,» lo appella, sforzando un tono pomposo da presidente, «prenota per lunedì sera alle 20:30, per quindici persone.»
Solitamente Paolo è molto più timido se si tratta di parlare con gli estranei, ma se a chiederglielo è Alberto, non si tira mai indietro. E dato che il suo amico è molto più affettuoso con lui in questi ultimi giorni, Paolo non se la sente proprio di deluderlo. Si alza col cellulare tra le mani ed esce per chiamare.
«Occhio alla prof, svitato!» gli urla dietro Luca, ricevendo subito un colpetto al collo da parte di Alberto.
«E il porcellone simpaticone non viene?» dice Nadia, con un lungo sbadiglio che sottolinea quanto in realtà le importi poco della questione.
«Claudio?» Alberto borbotta arcigno. «Mi pare di aver capito di no.» Si avvicina al mio banco e si inginocchia per appoggiare le braccia sul ripiano. «Uff! Mi ci voleva una pausa!»

«Non è che in classe tu faccia molto. Neanche studi, e sembra che ad ascoltare i prof tu ti diverta molto. Quindi non dovresti lamentarti.»
«Fare da baby-sitter a quattordici coetanei è snervante, sai.»
«Però nessuno te lo ha chiesto...» sento borbottare Liberio a bassa voce.
Per fortuna Alberto, che sta ridendo, non lo sente.
Quando si alza e torna alla cattedra, mi volto verso il mio amico a tirargli un colpetto. «Che cosa ti prende? Sembra che tu ce l'abbia con lui!»
«Chi? Io? Non è vero.» Liberio cerca di apparire innocente, ma io so che non sta scherzando: sta davvero cercando di nascondere qualcosa, e quando fa così mi dà veramente sui nervi...

In questi ultimi giorni, ogni volta che Alberto rispondeva a un insegnante, Liberio roteava gli occhi e cominciava a battere la matita sul banco a imitare un batterista, quasi con l'intento di disturbare; le occasioni in cui Alberto si avvicinava per scherzare con me, Liberio ci dava le spalle e si allontanava veloce e in silenzio; a fine di ogni mattinata, quando Alberto ci salutava, Liberio non ricambiava mai...
«Qual è il problema?» gli chiedo, più gentile. Non mi piace vederlo giù di morale...
Da quando ha ripreso a lavorare, è tornato un po' più pimpante e sicuro di sé; però sembra avere questo astio nei confronti di Alberto, un sentimento che io non riesco a comprendere...

Prima che lui possa rispondermi, tuttavia, Paolo torna in classe sbattendo forte la porta. Appare assai agitato, tutto scarlatto in volto e sudato come se avesse corso il Giro d'Italia.
«Cosa succede?» lo richiama Alberto, impensierito. «Pao, che è successo?»
Tutti gli occhi sono puntati sul ragazzino brufoloso, il quale ci dà le spalle e ansima mugolando, come se fosse sull'orlo del pianto...
Alberto gli afferra la spalla per provare a confortarlo, allora Paolo si gira di scatto e lo guarda spaventato e implorante, quasi tema che l'amico voglia picchiarlo. «Claudio mi ha...»
Solo a sentir pronunciare questo nome, Alberto si inalbera: «Che cosa vuole?! Che ti ha fatto?!»
«Ti ha minacciato, schizzo?» domanda Nadia, col suo tono strafottente contrapposto allo sguardo solidale.
Paolo annuisce piano. «Ha detto che mi avrebbe picchiato, se... se...»
«Se cosa?!» sbraita Alberto. «Dov'era la prof?!»
«So-sono sceso in cortile per n-non farmi vedere m-mentre chi-chiamavo...»
«Ma qual era l'ultimatum di Claudio?»
«Dovevo pre-prenotare un posto anche p-per lui e per il suo amico...»

Alberto lo guarda stralunato. «Ehm, un suo amico? È questo che ti ha chiesto?»
«Ho p-provato a dire di n-no, perché è una cena della c-classe, ma...» Paolo si abbraccia da solo e trema violentemente, prima di scoppiare in un singhiozzo.
Luca si passa una mano sulla fronte. «Brutto figlio di puttana...»
«Potevamo tlanquillamente plenotale anche pel lui» mugugna Guo, fissandoci con gli occhi a mandorla sgranati. «Bastava che ce lo dicesse. Comunque è velo, è una cena della nostla classe, che c'entla il suo amico?»
Binah si allunga all'indietro per strizzare il braccio di Paolo, con una dolcezza tale da lasciarmi perplessa.
Marzia invece, sottolineando la sua usuale idiozia e insensibilità, alza gli occhi al cielo e commenta: «Non si può proprio fare affidamento su di te, Paolo».

Binah si allontana all'istante dal ragazzino, e mentre Nadia si alza per correre a strozzare Marzia, Alberto tira una pacca confortante all'amico. «È tutto OK, Pao. Non ti farà del male, fin che ci siamo noi».
«M-ma ormai ho prenotato...»
«Va bene. Non è importante.»
Io però mi giro verso Liberio e Roberta per sussurrare solo a loro: «Cos'avrà in mente Claudio? Perché ci tiene tanto a venire a cena con noi? Pensavo ci odiasse».
Lei fa spallucce. «Forse è solamente un incompreso.»
«Possibile che tu sia così ingenua?» ribatte Liberio. «Ha appena minacciato Paolo. Dovremmo buttarlo fuori, impedirgli di venire.»
Scuoto la testa. «Secondo me è inutile, attireremmo ancor più la sua ira...»
«Ira? Ira di cosa?» ride Roberta. «Effy, questa è la realtà! Non stiamo combattendo contro uno stregone o un troll!»
No, perché Claudio non ha poteri magici. Ma ho come la brutta sensazione che, se non siamo cauti, potremmo portarlo a scatenare una guerra contro di noi...

                                    *

Io, Liberio e Roberta scendiamo dall'autobus in Piazza Guerrazzi e percorriamo un breve tratto a piedi per raggiungere la pizzeria.
Camminare con le zeppe è una tortura, detesto essere più alta di quel che sono, questi trampoli mi mettono bene in vista alla gente...
E allo stesso tempo odio il fatto che Roberta rimanga comunque più alta di me, e che nonostante tutto abbia deciso di indossare i tacchi.
Anche Liberio è scontento, poiché non gli va giù che, con quelle scarpe, Roberta stia per superarlo in altezza.
«Ricordati», le dice, «che moltissimi ragazzi preferiscono essere più alti delle ragazze. Ecco perché», ci fermiamo di fronte alla pizzeria e le fa cenno di entrare, «tu ti discosti da me, e io passo tutta la serata con Irene.»
«Wow, è riuscito a colpirci entrambe con una sola battuta» brontolo, facendoli scoppiare a ridere.

I nostri compagni sono già tutti seduti al tavolo da quindici sedie.
Sostenuto da tutti noi, Alberto ha affrontato Claudio, e siamo riusciti a difendere Paolo e a costringere il bullo a rinunciare alla serata in nostra compagnia.
Tuttavia, lui è proprio in questo stesso ristorante, a un tavolo differente dal nostro, in un'altra sala!
Ci ha seguiti? Lo ha fatto apposta? Sapevo che non dovevamo scanzarlo, adesso ha sicuramente architettato qualcosa contro di noi!
È seduto insieme a un ragazzo dalla pelle olivastra, i suoi capelli scuri gli ricadono unticci fin sotto le ascelle, e gli occhi gonfi brillando di un rossore che mi fa venire i brividi.
Siedono in fondo alla sala, perciò non ho motivo di accorgermi di loro. Devo solo avanzare evitando di voltarmi in quella direzione... sento le loro occhiate penetranti bruciarmi la nuca...
Eccoci, ce l'ho fatta! Ho raggiunto il tavolo della classe senza mai voltarmi! Non è stato poi così difficile, non capisco perché per Orfeo sia stato un così grande problema.

«Avete visto?» ci chiama Giulia, una volta che ci siamo sistemati al tavolo. «È qui
Mi giro a guardare Alberto. È l'unico ad avere il posto capotavola, dal lato opposto rispetto a dove ci siamo seduti noi. Alla sua destra si trova Paolo, alla sua sinistra Marzia, a sua volta affiancata da Binah, la quale è accanto a Bianca – probabilmente l'unica ad aver accettato di occupare l'altro lato di Binah.
Io invece siedo tra Giulia e Liberio, Roberta è di fronte a lui, accanto a Enrico.
«Embè?» dice Alberto, cercando di non darla a pesare, nonostante il tono imbronciato. «È venuto a cena qui, ma è a un altro tavolo. Facciamo finta che non esista.»
Paolo annuisce, seppur turbato.

Nadia invece ribatte scontrosa: «Non mi aspettavo che il suo amico sarebbe stato Hira Bath. Lo conosco. Non avevo idea fosse pure amico di Claudio. Un po' mi dispiace averlo escluso».
«Se è per questo, adesso anche a me!» la voce di Marzia è di un'ottava più alta del normale, sta tubando in una maniera tanto sciocca che mi sorprendo.
Voglio dire, è un'idiota, ma non l'ho mai sentita parlare come una primadonna...
«Dopotutto è carino!» cinguetta ancora, sbattendo le lunghe ciglia.
Nadia comincia dunque a guardarla con gli occhi truccati spalancati. «Uh, davvero? Se vuoi, dopo te lo presento.»
Marzia arrossisce, il fare da civetta improvvisamente rimpiazzato dal rimorso e dalla vergogna. «Uhm, ehm...»
«OK, dopo te lo presento!» decide Nadia, battendo la forchetta sul tavolo come se tenesse il martelletto da giudice.

Io e Roberta ci scambiamo occhiatine maliziose, invece Liberio ci sussurra: «Cominciavo a pensare che Marzia avesse una cotta per Alberto».
Continuando a sorridere, rispondo altrettanto piano: «Dubito che Alberto avrebbe ricambiato».
«Perché? Che ne sai?»
«Marzia è insopportabile, lo pensa persino Alby.»
«Ah, te lo ha detto lui?»
«No, ma si vede. Ma perché sei così pettegolo stasera?»
Liberio però non sorride. Non mi guarda, anzi è più concentrato a giocherellare con l'angolo del suo tovagliolo. «Ultimamente parlate spesso, perciò credevo te lo avesse confidato...»

Lo guardo senza capire. Che cosa gli succede? Perché porta tutto questo livore nei confronti di Alberto? Per quanto io ne sappia, quest'ultimo non gli ha mai dato fastidio. Non so se possano definirsi amici, ma di certo non sono nemesi come lo siamo io e Nadia...
Dunque perché a Liberio sta così antipatico il nostro capoclasse?
«Walter è d'accordo con me.»
Alzo lo sguardo su Michele, appoggiato con le braccia alla mia sedia.
China la testa per guardarmi negli occhi e fa un sorrisino dolce. «Sei tarda di comprendonio.»
«Che c'entra?»
«Cosa?» Liberio mi guarda attentamente.
Mi riscuoto e distolgo lo sguardo, decisa a tenergli il broncio per un po'. «Niente.»
Se non decide di confidarsi con me, allora può pure tenersi i suoi problemi. Persino durante una cena con i compagni di classe vuole ribadire qualcosa che si ostina a tenere oscuro.
Non mi piace chi cerca di attirare l'attenzione su di sé come un bambino.

                                   *

Al termine della cena, Liberio è più allegro, così possiamo finalmente tornare a scherzare insieme.
Una volta che ciascuno ha consegnato la propria parte di denaro, i ragazzi si dirigono alla cassa per pagare, mentre Nadia si alza e afferra Marzia per trascinarla a conoscere quell'Hira Bath.
Incredibilmente Binah non la segue. Imbronciata, la ragazza si infila il giaccone e sistema la borsetta con molta calma, ogni tanto scoccandomi occhiatine che non mi piacciono affatto.
«Se hai qualche problema, dimmelo» l'appello alla fine, stufa del suo atteggiamento.
Lei tira ostinatamente su col naso ed esce impettita dalla sala.

Poco dopo anche noi altre ragazze indossiamo le giacche leggere per poter uscire.
Non vedendo Liberio in mezzo ai ragazzi, fermi tra i tavoli solo per chiacchierare e infastidire i camerieri in corsa, deduco che sia già fuori, perciò mi dirigo verso la porta d'ingresso dopo aver avvertito Roberta. Lei vuole trattenersi ancora un po' all'interno per poter spiare come se la cava Marzia con quell'Hira Bath.
Le auguro buona fortuna: le ci vorranno enormi abilità per passare inosservata all'occhio del Grande Fratello – cioè Binah – che sembra essersi però volatilizzata.

Esco dal ristorante e mi guardo attorno.
Fa abbastanza freschino, per fortuna ho optato per i jeans attillati anziché indossare il vestito. Liberio mi ha consigliato di mettere un top, uno di quelli che lascia la pancia parecchio scoperta, e per fortuna non gli ho dato retta. Non so neanche perché io abbia comprato un capo simile: avere la pancia a nudo, esposta agli estranei, non mi piace, mi fa sentire vulnerabile...
Inoltre, quell'idiota del mio amico ne avrebbe solo approfittato per farmi il solletico durante tutta la cena, sarebbe stato l'unico lato divertente di indossare una mezza maglietta.
Alla fine ho deciso per una camicia nera, anche se ciò lo ha solo spinto a cantare La camisa negra di Juanes. In un modo o nell'altro, trova sempre la maniera di prendermi per il culo...

La piazza è deserta, dato che non ci troviamo nella zona principale di Pisa, là dove di solito la gente trascorre la serata.
Mi sono sbagliata, Liberio non è qui, probabilmente è ancora dentro, magari si è ritirato in bagno.

Faccio per rientrare, quando mi sembra di udire dei rumori strani provenire da dietro l'angolo di un edificio, dall'altra parte della strada.
Michele, al mio fianco, mi afferra saldamente una spalla. «Ire...»
«Che succede? Puoi avvicinarti almeno un po'? Soltanto per affacciarti a vedere...»
Lui annuisce e cammina sulla strada per poter controllare cosa stia succedendo sull'altro marciapiede.
Intanto i suoni si fanno sempre più forti, sembra che qualcuno stia mugolando, come se stesse soffrendo...

Poi una figura scivola da dietro l'angolo, camminando molto lentamente, quasi a macchinetta, verso di me. Una volta alla luce del lampione, riconosco il viso di Marzia.
«Che succede?» le chiedo.
Lei scuote la testa con un flebile: «Niente», ma il suo sguardo non me la conta giusta.
Sembra terrorizzata...
«Va' a chiamare aiuto!» grida Michele, angosciato. «Irene! Va' a chiamare aiuto!»
Non faccio in tempo a voltarmi che sento due diversi strilli, uno da una voce maschile e uno da una voce femminile.
«Sta succedendo qualcosa, Marzia!» grido, afferrandola da dietro prima che rientri nel ristorante. «Chiama aiuto!»

Mi giro e attraverso la strada più a corsa che posso con le zeppe che mi rallentano.
«Ire...» tenta di chiamarmi Michele, allora mi fermo all'improvviso a guardarlo.
Però qualcun altro esce da dietro l'angolo, stavolta a corsa. Una figura snella e poco più alta di me, e una muscolosa e molto più grossa.
Faccio per voltarmi e fuggire, ma la figura magra mi supera in un lampo, allora sento afferrarmi da dietro.
Non appena vengo voltata mi ritrovo di fronte a un ragazzo più grande di me e con i capelli molto lunghi, gli occhi gonfi come se fossero infiammati.
È Hira Bath.

Sento urlare Michele, mentre Hira mi getta a terra.
L'impatto col cemento del marciapiede è tale da farmi finire senza fiato...
Sbatto le palpebre, ma le spalanco di nuovo quando vedo Hira Bath accucciarsi sopra di me.
Tenendomi inchiodata al suolo con tutto il suo peso, comincia a sbottonarmi la giacca...

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