Capitolo 13
Finalmente riusciti a calmarci, Liberio insiste affinché io apra subito il suo regalo... che ha riportato a casa...
Quando glielo faccio notare, risponde vago: «Era solo una tattica per farti venire fin qui».
«Sì, infatti sono venuta solo per il regalo.»
Mentre lui ride, io apro il piccolo pacchetto, rivelando un bracciale di Swarovski gialli, il mio colore preferito.
«È anche da parte di papa, Roberta e Tommaso. Ci eravamo messi d'accordo per consegnartelo insieme. Per favore, rimetti tutto dentro e stasera fingiti sorpresa.»
Scoppio a ridere. « Prima ho parlato con Tommy. So che volevate preparare uno striscione, e che ci sono stati dei problemi. Stava litigando con Roo, e poi lei se n'è...»
«Striscione?»
Mi azzittisco, ricambiando la sua espressione confusa. «Me lo ha detto Tommy.»
Lui scrolla le spalle, ancora perplesso. «Ehm, non sapevo niente. Non mi hanno coinvolto, quei buffoni...» frigna in tono offeso, come un bambino. «Che cattivi...»
«Uhm, strano...» Tommaso e Roberta non sono i tipi da escludere gli amici...
Mio cugino mi ha raccontato la verità, o una frottola?
«Sai cosa ti dico?» dichiara Liberio, con stizza. «A questo punto non me ne frega nulla se ho infranto il patto del regalo! To', metti subito il bracciale!» mi impone, per poi aiutarmi ad agganciarlo attorno al polso, accanto ai ciondoli di Pandora. «Ti sta benissimo, è uno spreco non indossarlo subito. Risplende proprio come te.»
Sorrido deliziata. «Grazie, Libe.» Poi lo abbraccio forte, tanto da sentirlo mugugnare nella mia stretta.
Adoro abbracciarlo. È così caldo, forte, saldo. Mi piace un sacco, lo strapazzerei di coccole senza sosta!
Cosa?! Ma che diamine sto pensando?!
Mi stacco bruscamente e fingo di essere estremamente interessata al bracciale.
Tuttavia lui mi dice: «Perché sei così rossa?»
«Nulla! Ehm... s-sto...»
Mi accorgo che anche lui ha le guance scarlatte, e che sta sorridendo in maniera stranissima.
«E tu perché sei rosso?»
«Io?» Comincia a ridere fuori controllo. «Non lo so!»
«Beh, neanch'io lo so!» brontolo, prima di venire trascinata dalla sua risata contagiosa.
Cerco di interrompermi soltanto per poterlo ascoltare, perché adoro sentirlo ride. Se potessi, lo farei ridere per tutto il giorno.
«Vieni qui!» Lo attacco per fargli il solletico alla pancia, gettandolo sul letto e facendolo contorcere fino a farlo scoppiare di nuovo in lacrime, stavolta però per le risate.
*
Più allegri, passiamo la serata insieme alla mia famiglia. Babbo è sempre stato un ottimo cuoco, la cena è molto piacevole e rido un sacco assieme a mio fratello, mio cugino e ai miei migliori amici. E a rendere il tutto ancor più perfetto sono i tre angeli, che vedo scherzare vicino a me e ridere alle nostre battute... come ai vecchi tempi, adesso pure con nonna Rosalba.
Anche mamma è qui, sebbene io non riesca a vederla...
Liberio e suo padre se ne vanno per ultimi.
Il mio amico mi fa il baciamano, strizzandomi l'occhio. «Buenas noches, princesa.»
Scoppio a ridere, sentendo il sangue affluirmi alle guance. «Buenas noches, muchacho.»
Ride anche lui, poi si sporge a darmi un bacio sulla guancia.
Mentre si allontana lungo la strada, continuiamo a scuotere la mano per salutarci con sciocchi sorrisi, fin che non scompare dietro l'angolo assieme a suo padre.
Decidiamo di lasciare le pulizie a domani, così saliamo al piano di sopra e ci prepariamo per andare a dormire.
Nostro padre ci ha già dato la buonanotte, e sta già russando beatamente nella sua stanza.
Sono contenta che lui e Liberio abbiano risolto il loro litigio: quando siamo tornati a casa, si sono diretti l'uno verso l'altro e si sono abbracciati come padre e figlio, incapaci di mantenersi il broncio a vicenda.
Frattanto che Saul sta indossando la cannottiera per la notte, mi avvicino e allungo la mano per afferrare le sue dita.
Guardo Michele, il quale non sembra tanto entusiasta di quel che sto per fare, ma a un mio cenno si avvicina, mi posa una mano sulla spalla e indica accanto a me.
Mi giro molto lentamente, alla mia destra, sollevando appena la testa...
È qui! Mamma è qui, proprio al mio fianco!
Scoppio in una risatina tremula, lottando contro le lacrime che spingono dietro agli occhi...
«Ire?» mi chiama Saul, impensierito.
Avvicino la sua mano qui dove si trova la mamma, al che sento un piacevole pizzicore all'orecchio destro. La immagino mentre mi accarezza i capelli...
Le lacrime mi colano sul viso.
«Ire, ma cosa ti prende?»
«La mamma è qui.»
Saul sbatte le palpebre, inebetito, guardando vacuo il punto in cui si trova lei.
«C'è mamma» ripeto. «So che c'è. È proprio qui. La senti?»
Improvvisamente lo sguardo di Saul si addolcisce. Lascia andare la mia mano per accarezzarmi la testa, e dice con un sorrisino triste: « Ho capito che cos'hai ultimamente. Tu parli con lei...»
Sorpresa che sia giunto così vicino alla verità, quasi non riesco a rispondere. È davvero tanto perspicace? Mi ha sentita fare il nome degli angeli?
«Capisco, Irene» continua lui, interrompendo i miei pensieri e lasciandomi sempre più confusa. A un certo punto fa qualche passo indietro, sempre più amareggiato. «Però io... Scusami, Ire. Tu puoi Credere a tutto ciò che vuoi, non ti giudicherò. Ma io ho smesso di Credere...»
Gli afferro la mano di scatto. «C-che cosa dici?»
«Io non Credo più in Dio» afferma, il tono sempre più fosco e pietoso: «Mi dispiace. Ma puoi biasimarmi? Dopo quello che è successo a Michele, e adesso a mamma... Quale Dio permetterebbe morti simili?»
Gli stringo la mano con più forza, mentre con l'altra lui afferra l'inalatore per inspirare.
Al mio fianco, Michele appare affranto.
E la mamma? Cosa starà pensando?
«Saul, Dio esiste. Io lo so.»
«Ire, io non Ci Credo, mi dispiace. Mi hanno sempre raccontato che è un Dio giusto, ma allora perché sono successe queste cose a mamma e a Michele? Non hanno fatto niente di male, non meritavano nulla del genere!»
Lui ha ragione. Saul ha ragione, ha assolutamente ragione... ma non posso permettere che perda la Fede, non adesso che so per certo che Dio esiste. «Saul, hai ragione a pensarla così. Io mi pongo le stesse domande...»
«Non ti giudico a Credere» mi interrompe frettoloso. « Forse ti serve un capro espiatorio, qualcuno da incolpare...»
«NO!» sbotto offesa. «Non dire così! Non è vero! Ero arrabbiata con il Signore... sono ancora arrabbiata, ma... ma non Credo in Lui solo perché ho bisogno di dare la colpa a qualcuno. E comunque io so che esiste! Lo so! Ho le prove!»
«Le prove?» Il suo sguardo brilla incuriosito. Assomiglia a un disperato a cui viene donata una speranza che ha già lasciato morire dentro di sé. Come un poveraccio che non mangia da giorni e al quale viene offerto un pezzo di pane...
«Vedo Michele» confesso. «Riesco a vederlo e a parlargli. È proprio qui vicino a me, proprio ora. E-e adesso sono arrivati pure nonno Gigi e nonna Rosalba!» annuncio, indicando i nonni appena entrati.
«Nonna Rosalba?» ripete lui, scettico. Aggrotta la fronte in un bieco cipiglio. «E mamma?»
«No, mamma... mamma è qui! Me lo hanno detto! Lei non si vuole far vedere perché...»
«Irene!» mi richiama lui. Non sembra spaventato, né pare prendermi per folle. È semplicemente triste, scettico, sperduto... non più Fedele. «Credo soltanto che tu ti stia immaginando tutto per riempire il dolore della perdita...»
«Quindi tu credi che... che mamma...»
«Credo che mamma, Michele e i nonni non ci siano più, né da vivi né da morti» dice, con una tale amarezza che mi piange il cuore. «Non ci sono più... Siamo soli, Irene. Non c'è nessun Dio, ecco quel che credo. E saperlo non mi fa sentire meglio, ma col tempo mi abituerò...»
Provo a dire altro, ma quando intercetta il mio sguardo, scorgo le lacrime fare capolino dagli orli degli occhi...
Come faccio a convincerlo? Neanche confessargli che riesco a parlare con tre angeli è servito...
Saul mi passa il dorso delle dita sulla guancia, un gesto che non ha mai fatto prima...
Infine mi dà la buonanotte, e s'infila molto lentamente sotto le lenzuola.
Michele e i nonni mi guardano in silenzio. Nonna Rosalba è seduta accanto a Saul, ad accarezzargli la testa.
Come può lui non riuscire a percepirla? Saul non crede che lei sia qui. Lui crede che lei sia nulla...
Struscio i piedi fino al mio letto e mi rintano sotto le coperte. Ho tantissime domande da porre, ma adesso non posso. Saul mi sentirebbe e mi prenderebbe per una matta angustiata.
Devo Salvare mio fratello. Devo fargli tornare la Fede. Altrimenti... altrimenti non potremo stare insieme per l'eternità...
«Irene» sento Michele chiamarmi a bassa voce. «I bisnonni non erano con Tommaso al momento del litigio, però stasera ho parlato con Walter. Tommaso ti ha mentito, è vero: lui e Roberta hanno litigato perché lei ha cominciato a frequentare una ragazza che una volta faceva parte dello stesso giro di droga di Tommy... e lui ha cercato di metterla in guardia.»
Scosto le lenzuola per guardare mio cugino.
«Secondo Roberta, questa ragazza adesso si è depurata. Ma Tommaso non si sente sicuro.»
Non posso rispondere. Però non riesco a trattenermi dal gemere...
Devo aiutare mio fratello, mio cugino e i miei migliori amici. Devo prendermi cura di loro, non posso lasciarli da soli. Non posso abbandonarli.
*
Il mattino seguente, a scuola, la professoressa Delfi, di francese, ci dà una splendida notizia.
«Gita di cinque giorni a Parigi!»
«SÌ CAZZO!» sbraita Luca, scattando in piedi e gettando la sedia all'indietro.
Scoppiamo a ridere, specialmente per la scandalizzata faccia cavallina della Delfi. Marzia e Binah sono le uniche a non trovarvi il divertimento.
Dopo che la professoressa ha rimproverato Luca, mi accorgo dell'espressione di Liberio, il quale non ha neanche lanciato un'occhiata al foglio dell'autorizzazione.
Ma per potergli parlare senza interruzioni devo attendere il cambio dell'ora.
Mentre aspetto che torni dal bagno, Alberto mi si avvicina, come sempre affiancato da Paolo. Si siede sul mio banco e mi sventola il foglio d'autorizzazione sotto il naso. «Parigi, eh? La città dell'amore! Scommetto che le ragazze saranno tutte eccitate!»
Gli scocco un'occhiata scettica.
Allora lui scoppia a ridere arrossendo. «S-sto scherzando, Ire. Ehm... dicevo "le ragazze", perché tu non sei come loro. N-nel senso che...» deglutisce, «che tu non sei civettuola come loro. I-intendo che non sei stupida. N-non che tutte le donne siano stupide, a-assolutamente no, eh. Anzi, io adoro voi donne. C-cioè, il sesso femminile è grandioso, solo che alcune sono un po' troppo...»
«Non ti pisciare addosso, Alby» lo prende in giro Nadia passandogli accanto.
Le guance di Alberto divengono tanto scarlatte da poter brillare al buio, e Paolo, alle sue spalle, appare altrettanto imbarazzato.
Roberta, che si era allontanata per un istante, lo fissa da dietro come se avesse perduto il senno.
E io cerco di non replicare la sua espressione.
Che cosa succede ad Alberto? Di solito è molto più composto.
Il mio compagno si passa una mano tra i lunghi capelli castani e sbuffa una risata strana. «Parigi...» bofonchia a caso.
«Sinceramente preferirei andare a Disneyland» dico per scherzo.
«Anche io!» s'intromette svelto Paolo.
«E anche io!» sbotta Alberto. Mi guarda sforzando un sorriso. «Ma anche Parigi sarà bella. Insomma, la città in sé e per sé...»
«Certo! Spero di visitare il Louvre! Speriamo ci sia la Monnalisa!»
«Speriamo!» Alberto sembra tornare un po' in sé. «E magari ci fanno salire sulla Torre Eiffel!»
«Speriamo!» gli faccio eco.
Quando Liberio torna è già arrivato il professore successivo, perciò non posso parlargli.
Alberto si allontana tirandomi una leggera pacca alla spalla, e Liberio si siede accanto a me guardandolo in maniera strana.
Pure Roberta appare confusa, ma fa anche un sorrisetto che non mi piace affatto.
Forse sono tutti impazziti...
*
A fine mattinata, mentre usciamo dai cancelli scolastici, è Liberio a entrare nel discorso che volevo proporre: «Mi spiace non poter venire, mi sarebbe piaciuto vedere la Torre Eiffel».
«Se ti fa star meglio, a me non entusiasma per niente...» brontola Roberta. «Sai che soffro di vertigini! Se ci fanno salire lassù mi sentirò malissimo... Uh, potresti andare all'ultimo momento in aereoporto al posto mio!»
«E i documenti?» Per fortuna Liberio la prende sul ridere.
A dire il vero non sono affatto entusiasta che lui non venga. Posso divertirmi molto con Roo, ma non sarà affatto lo stesso senza Liberio. Fin dalla nascita ho sempre fatto tutto con lui...
Roberta sospira delusa e ci fa un cenno. «Ragazzi, io mi fermo a fare shopping a Pisa.» Alza le mani per salutarci. «Ci si vede!» e si allontana in tutta fretta.
Dove starà andando? Forse con quella ragazza?
Scambio un'occhiata con nonna Rosalba, la quale annuisce in complicità...
«Che c'è?» Liberio mi si mette davanti e mi strizza le guance per farmi venire la bocca a pesce. «Che cos'hai, piccola fatina dai capelli platinati? Dai, non sarai triste perché non vengo a Parigi!»
«Sai che è così!»
Mi cinge il collo e mi passa le nocche sulla testa, però quando riesco a liberarmi torna serio e dice: «Non è solo per questo, vero? Che succede? Non sarai gelosa perché Roberta ha altri amici, vero?»
«Non sono gelosa!»
Forse dovrei parlargli di Roberta. Beh, non c'è niente di male, no?
Gli racconto cosa sono venuta a sapere, asserendo però che è stato Tommaso a comunicarmelo. Nonna mi lancia un'occhiata scettica a causa della bugia, ma cerco d'ignorarla. Mi dispiace, ma non posso raccontare tutta la verità, o avrei da dare parecchie spiegazioni.
Liberio si fa pensieroso. «Beh, effettivamente non c'è molto da fidarsi. Dobbiamo fare un bel discorsetto a Roberta, non credi?»
«Sì. Però vorrei che ci fosse anche Tommaso.»
«Va bene. Mettiamoci d'accordo, così prendiamo Roberta a otto occhi... anzi, dodici» fa, indicando i miei occhiali. «E le facciamo la ramanzina.»
*
Una volta a casa, nonno Gigi e Michele raggiungono me e nonna Rosalba.
Mentre aspetto che Saul raccolga i suoi libri per andarsene a studiare al piano terra, ne approfitto per inviare un messaggio a Tommaso:
Devi dirmi perché tu e Roo avete litigato ieri. Non ti credo quando mi dici che era per una sorpresa. Voglio le tue spiegazioni, SUBITO!
D'altronde mica posso dirgli di sapere già tutto, o dovrei confessare di essere capace di parlare con mio cugino morto. E se mentissi dicendo che me ne ha accennato Roo, probabilmente non ci crederebbe nessuno. È la mia migliore amica, ma riguardo questo tipo di problemi è molto ingenua, come appunto sta dimostrando. Preferisce pensare di testa sua anziché chiedere prima l'opinione del prossimo...
Perché devo sempre fare da "mammina"? Perché non mi sono capitati amici più responsabili?
«Tata?» mi chiama Saul. Ha i libri tra le mani, un piede sulla soglia di camera, ma esita a uscire. Il suo sguardo nei miei confronti è timoroso. «Hai raccontato a babbo quel che ho detto ieri sera?»
«No.»
«Non dirglielo, per favore. Non credo che la prenderebbe bene.»
Mi avvicino per accarezzargli il braccio. «Mica ti caccia di casa. Ci rimarrà un po' male, ma non sarà deluso da te. Non ti forzerà. E neanche io sono delusa.»
Saul mi rivolge un sorrisino, ma un attimo dopo torna a tentennare. «Tu però vuoi forzarmi, vero?»
«No. Io voglio convincerti. Perché io so cos'è reale.»
Mi guarda di nuovo tristemente.
Alla fine lancia un sospiro ed esce.
Non appena lo sento scendere le scale, mi appello agli angeli: «Cosa devo fare?»
«Saul sta attraversando una fase molto particolare» mormora la nonna, con afflizione. «Siete entrambi giovani e confusi...»
«Ma io devo convincerlo della vostra esistenza! Se non Credesse mai più in Dio... Se morisse, dove andrebbe?» Mi appoggio alla scrivania e mi struscio le palpebre. Mi fa male la testa nel punto del sopracciglio destro, e mi fischia un orecchio. «Davvero chi è ateo va all'Inferno?» domando agghiacciata. «Anche chi non Crede in Dio ma si è comportato bene per tutta la vita?»
Nonno Gigi si appoggia accanto a me. «Come credi che sia l'Inferno?»
«Il posto più orripilante che esista! Colmo di fuoco, in cui le anime soffrono per l'eternità, bruciate e martoriate dai d-diavoli...»
Mi stringo contro il nonno mentre dice: «Secondo te cosa succede a chi non Crede nel Signore?»
«Non lo so! Mi viene in mente l'Inferno di Dante Alighieri. Lì c'è un limbo in cui le anime non battezzate o atee riposano. Non sono torturate, semplicemente soffrono per non poter mai vedere il Dio Nel Quale non hanno mai Creduto... Ma è un'invenzione di Dante. Quello che sto cercando di dire è che se qualcuno si comporta bene per tutta la vita, perché deve passare l'eternità nella sofferenza per il fatto di non aver Creduto in Dio? Lui è il Padre, lo so benissimo, però... non è giusto...»
Michele si stringe nelle spalle. «Tu non puoi comprendere la Giustizia del Signore. Nessuno di noi può.»
«Andiamo!» sbotto acida, sentendo montare la rabbia che per qualche settimana ho archiviato. «Sei morto a vent'anni, Miche, e spezzato da un'auto in corsa! Ti sembra giusto?»
Lui non risponde, ma mi sorprende il fatto che non si sia minimamente incupito a ripensare alla sua morte prematura, per giunta violenta...
È un angelo, forse è più tollerante.
Non possiamo capire la Giustizia del Signore...
Anche Dante pone le mie stesse domande nel Paradiso. Lo ricordo bene, si tratta del Canto XVIII: gli angeli formano la gigantesca sagoma di un'aquila, l'Aquila della Giustizia, che risponde proprio come Michele ha risposto a me: in quanto mortali, non possiamo comprendere la Giustizia divina. Dobbiamo accettarla così com'è, senza metterla in dubbio...
Ma come si fa?
«Tu credi nel Signore?» mi prende alla sprovvista nonna Rosalba.
Strabuzzo gli occhi. «Are you kidding me, ma'am?»
«Irene, sii seria. Hai avuto i tuoi dubbi.»
«B-beh, certo! Chi non li ha?!»
«Eppure continui a Credere» conferma nonno Gigi. «È questa la vera Fede. Dubitare, ma non smettere di Credere: accettare il dubbio senza però allontanarsi dal Signore. Sei arrabbiata con Lui, ma Gli Credi ancora. Ecco perché puoi vederci. Nonostante i tuoi sbraiti, la tua ira e la tua diffidenza, tu hai sempre continuato a CrederGli.»
«Però vorrei che anche Saul torni a Credere» ripeto flebilmente. «Perché non voglio pensare che passi l'eternità nella sofferenza...»
«Devi darti da fare. Troverai la maniera per convincerlo.»
Mi sarei aspettata un consiglio, però... la voce del nonno è tanto rassicurante...
Forse ha ragione, forse io posso far rinsanire mio fratello.
Potrei portare tutti sulla Retta Via.
Ma come fare? La gente non crede al Papa, figurarsi a me, che sono soltanto una ragazzina...
«Tu cosa Credi di preciso, Irene?» mi domanda poi la nonna.
Cosa Credo? È un'ottima domanda... «Io credo nel Dio Cristiano, Cattolico... però stavo cominciando a pensare che non tutto quello che ci viene detto corrisponde al reale. Per esempio la questione dei non Fedeli: perché non può esistere come un Purgatorio per loro, se si sono sempre comportati bene? Possono rimediare, cominciare a Credere, può venire offerta loro un'altra possibilità... Però non lo so...» ammetto. «Credere è così difficile... Non è qualcosa che può venire imposto. I genitori possono indirizzare i bambini su una religione, ma poi è giusto che, crescendo, loro maturino il proprio pensiero. Credere non può essere una forzatura: intendo che non si può decidere di Credere a qualcosa. Non è che un giorno si Crede in Dio e il giorno dopo si cambia idea e si decide di credere in un'altra religione.»
Michele mi guarda confuso. «Cosa vorresti dire?»
«Voglio dire che io Credo in Dio, ma non so se riuscire a Credere a tutto ciò che riportano le Scritture. I Papi hanno detto molte cose durante il corso dei secoli, ma tanti si sono appoggiati alla politica, hanno parlato pensando a fattori del tutto discordanti con la religione. Uno dei Dieci Comandamenti dichiara di non uccidere, eppure i Crociati, pur agendo per il nome del Signore, uccidevano. Ma il Signore non chiede di uccidere!» Mi struscio di nuovo le palpebre. «Sto dicendo che la mia Fede Cattolica ha subito delle modifiche. Non riesco a credere che anche i non Cattolici corretti finiscano all'Inferno. Secondo me c'è una sorta di Purgatorio. È difficile, e sono del tutto confusa...»
Mi gira la testa, mi sembra quasi di svenire...
Sono costretta a sdraiarmi, coi piedi sul cuscino.
Se solo gli angeli fossero concreti, potrei chiedere a uno di loro di portarmi un biscotto al cioccolato...
Quella creatura inutile che è mio fratello si trova al piano di sotto, e non ho voglia di squarciarmi la gola per urlare il suo nome.
Michele mi sfiora i capelli. «Irene, è normale coltivare e far crescere la propria Fede anche in maniera diversa da quel che impongono le Scritture.»
«Ma è sbagliato...»
«Hai ancora tutta la vita davanti a te» dice nonna. «Potresti continuare a modificare la tua visione.»
Un nodo mi blocca la gola quasi impedendomi il respiro. «Non lo sai... Potrei morire giovane, come Michele...»
«Perché parli in questo modo?» ribatte lui con pacatezza, distendendosi al mio fianco. «Potresti o non potresti. Però, da angelo, il mio consiglio è pensare alla morte il minimo possibile.»
Giro la testa verso di lui, che mi sorride come suo solito.
«La vita è una. Sai, in Paradiso è uno sballo, però qui ci sono delle cose che mi mancano.»
«Per esempio?»
«Voi. Voi che siete vivi mi mancate. E non vi voglio di certo morti, eh. Però mi mancate, davvero tanto. E anche se so che un giorno potreste raggiungermi...» Il suo sorriso si storce in una leggera smorfia. «È doloroso vedervi soffrire a pensare a me.»
È doloroso. Lui dice che è doloroso... Essere vivi o essere angeli non cambia, alla fine? Si soffre allo stesso modo perché qualcuno è andato perduto e perché si vede chi si ama continuare a vivere nel dolore...
Poso una mano sulla sua guancia, godendomi il solletico che la sua radissima barbetta provoca sui miei polpastrelli.
Perché esistiamo? Perché esiste la vita? Non potremmo starcene tutti in Paradiso, felici?
No...
È vero, il Signore deve testare chi di noi merita di raggiungerLo. Siamo qui per essere messi alla prova.
Io non la sto superando bene...
Saul invece non la sta superando affatto.
È tutto così confuso...
Viviamo in un test che prima o poi finirà ma che sembra non terminare mai...
Perché?
Perché?
Perché?
...
Ho così tanto per la testa...
Ma la vita... è questa.
E a star male faccio soltanto soffrire chi non c'è più. Posso piangere, ma devo andare avanti: devo essere forte, e prendermi cura degli altri.
Devo aiutare Saul, stare vicina a Liberio, tenere Roberta lontana dai guai... e forse devo salvare Tommaso.
«Dovete aiutarmi.»
Michele annuisce senza fare domande. Mi giro verso i nonni, i quali a loro volta mi fanno cenni di conferma.
Ce li hanno eccome i poteri: il loro sostegno mi rafforza, mi fa sentire invulnerabile.
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