Capitolo 10

Io e Giulia riusciamo a far pace con Enrico la settimana seguente al litigio.
Mi sorprende il fatto che Nadia non abbia spiattellato a tutta la classe della discussione. Neanche Luca e Guo ne hanno fatto parola e, non so perché, ma ho la sensazione che proprio lei abbia ordinato a quei due di tacere.

Il lunedì mattina a scuola sono tutti agitati. Eppure non ci sono interrogazioni programmate né verifiche...
Scopro invece che stanno discutendo riguardo le elezioni del nuovo Presidente degli Stati Uniti, che avverranno domani.
Non m'intendo di politica, preferisco non intervenire e farmi i fatti miei, ma non posso fare a meno di ascoltare i loro discorsi e rimuginarci su.
In ogni caso a me sembrano tutti un po' troppo saccenti per avere solo sedici anni. Senza dubbio ripetono quello che hanno sentito dire dai genitori, magari senza neanche sapere cosa significhi veramente, ecco quanto. Credono di saperne più di un adulto...

«Tutto quello che so è che, non appena il nuovo Presidente verrà eletto, partiranno una marea di meme» commenta Liberio all'uscita di scuola, dopo avergli esposto le mie oponioni.
A me, sinceramente, non interessa. Già di politica non capisco nulla, non è mia aspirazione entrare nel settore, e siccome non mi piace parlare a vanvera, preferisco non pensarci e occuparmi di altri problemi.
Se appaio ignorante agli occhi degli altri, non m'importa: almeno io ho il buonsenso di non discutere di cose che non conosco, senza preoccuparmi di sembrare più matura là dove in realtà non sono.

Ciononostante, una volta a casa chiedo a nonna Rosalba: «Tu cosa ne pensi?»
Lei sbuffa roteando gli occhi. «A noi angeli la politica interessa solo perché le decisioni di chi è al comando si ripercuotono su chi amiamo. E se i capi sbagliano, è un grosso problema. Tuttavia è sempre stato così, anche tra i barbari. Ah, ma non dar retta a me! L'ho sempre detto: religione e politica devono rimanere separate.»

«Eppure durante il corso della storia, religione e politica si sono spesso intrecciate» commenta Michele, dimostrandosi più ferrato in storia di quanto io ricordassi.
Nonno Gigi però scuote la testa. «Non la religione, ma la Chiesa. Il Signore non desidera che la Chiesa approfitti delle questioni politiche per accumulare ricchezze, poiché il suo reale compito è riferire la Parola del Padre e seguire i Suoi precetti.»
«Però la Chiesa potrebbe pensare ad altro» dico. «Se mi baso sul passato...»
«La Chiesa è guidata da esseri umani, ovvero creature peccatrici. Molti Papi purtroppo hanno avuto cattive aspirazioni. E anche coloro che ne avevano delle buone, possono aver attuato scelte sbagliate. L'essere umano è fatto così, dopotutto. La Fede consiste anche nel lottare contro i propri istinti da peccatori e contro le tentazioni, per Lodare il Padre.»

Scatto in piedi. « La chiesa...» mormoro, quasi senza fiato. «È ovvio! Ma perché non ci ho pensato subito?!» mi urlo contro.
Michele mi guarda stranito. «E ora che ti prende?»
«Don Teo!» spiego, correndo a indossare la giacca. «Devo parlare con don Teo riguardo a voi!»
«Ehi ehi!» Michele si mette tra me e la porta di camera, ma io gli passo attraverso senza preoccuparmene. «Cosa devi chiedergli? Ti abbiamo già spiegato tutto noi. Non...»
«Michele» lo chiama nonno Gigi, pacato. «Lasciala andare. È giusto che desideri parlarne con qualcuno.»
«E chi meglio di un parroco?» mi sostiene la nonna.

Sorrido grata, prima però di tornare alle mie usuali paranoie. «Ehm... s-se ne parlo con qualcuno, voi sparirete? Cioè, non potrò più vedervi?»
Michele sbuffa divertito. « Siamo angeli, mica Fantagenitori!»
«Perfetto!»
Non devo neanche preoccuparmi per Saul, dato che è a casa del suo amico Giorgio. Controllo più volte di aver chiuso, prima di uscire diretta alla chiesa, con gli angeli al seguito.
La loro presenza è importantissima: devono aiutarmi a provare di non essere pazza.

Una volta di fronte ai portali della chiesa, traggo un respiro profondo, ora più indecisa che mai. Don Teo mi ascolterà? Mi riderà in faccia? Mi crederà? Chiamerà l'ambulanza? No, non può farlo... se si tratta di una Confessione.
Mi decido a entrare, immergo le dita nella bacinella d'Acqua Santa per farmi il Segno della Croce e avanzo lungo la navata, guardando Gesù Cristo sulla Croce. Ti prego, fa' che mi creda...
Supero l'altare e mi avvicino alla sacrestia. «Don Teo?»
Manca mezz'ora alla Messa. Come mi sono aspettata, lui è già a preparare le Letture e la Predica.

Si affaccia da dietro il leggio, sorpreso di vedermi. «Irene. Prego, entra.»
Lo seguo in sacrestia e, prima che possa chiedere qualcosa, dico subito: «Ho bisogno di una Confessione».
Lui continua a fissarmi meravigliato, ma annuisce. «Certo. Nel nome del Padre, del Figlio, e dello Spirito Santo.» Ci facciamo il Segno della Croce. «Allora, parla pure, Irene.»
«Io...» mi concedo un lungo sospiro.
La perpetua sarà da qualche parte? Prima non l'ho vista. Dubito che tenderebbe l'orecchio a spiare una Confessione, ma qualche parola potrebbe anche giungerle...

«Voglio chiedere scusa per aver urlato contro il Padre, e... ora so che lui c'è.»
Don Teo mi guarda adesso con curiosità. «Ne sono felice.»
«Quel che voglio dire...» comincio, lanciando occhiate a nonno Gigi, al mio fianco, «è che ne sono certa. Mi ha inviato un segno. D-dico davvero.»
Il prete non pare sconvolto, piuttosto sempre più curioso. «Quale tipo di segno, Irene?»

Ormai ci sono, non posso tirarmi indietro. È una Confessione, non può andare a spifferarlo in città. «Io vedo tre angeli. Mio nonno Luigi, mia nonna Rosalba e mio cugino Michele.»
Don Teo rimane in silenzio, a sbattere le palpebre. Adesso un po' preoccupato, si porta le dita giunte alle labbra.
«Non sono pazza» mi affretto a dire – tipica frase di una pazza. «Posso dimostrarglielo. Mio nonno è proprio qui», lo indico.
Il parroco posa lo sguardo su di lui, sebbene i suoi occhi siano vacui, incapaci di vederlo. Dopo poco sospira titubante: «Irene, non pensi che tu desideri tanto vederli, che la tua mente...»
«No!» insisto, cominciando a spazientirmi. Se non mi crede un prete, allora significherà che sono pazza per davvero? «Loro sono qui

«Eravamo amici» dice nonno Gigi. «Abbiamo frequentato le stesse scuole medie. Alle volte pensa a me, e io vengo qua per lui. Digli che, prima di ogni Messa, controlla almeno tre volte che le Letture preparate siano quelle giuste.»
Annuisco, eccitata di poter dar prova del dono che ho ricevuto. «È vero che, prima di ogni Messa, lei controlla sempre tre volte le Letture preparate?»
Don Teo strabuzza gli occhi, finalmente colto di sorpresa. Sembra anche un po' sconvolto, come biasimarlo. Fa un passo indietro lanciandomi occhiate diffidenti. «E tu come...»
«E digli che prima di ogni Messa conversa con suo fratello Valeriano» rincara il nonno.
«E, sempre prima di ogni Messa, lei parla con suo fratello Valeriano.»
Don Teo si fa sempre più indietro, finché non rischia di capitombolare disteso sulla sua scrivania. Vi si appoggia portandosi una mano al cuore. «E tu come... lo sai?»

«È mio nonno a riferirmelo, proprio in questo momento. Dice che eravate amici, e ogni tanto lei pensa a lui, e lui viene qui per lei.»
Nonno Gigi si avvicina al parroco, ma posa le mani sull'aria lì vicino, su qualcuno che io non posso vedere. «Suo fratello è proprio qui.»
Mi approccio piano per non spaventare il prete, come se stessi avendo a che fare con un coniglietto. Alla fine indico là dove capisco che si trova Valeriano. «Suo fratello è qui.»
Don Teo segue il mio dito, che indica uno spazio apparentemente vuoto al suo fianco. Dunque allunga la mano molto lentamente, le dita tremano fuori controllo e le agita con delicatezza, come a voler procurare una carezza...

«E mio nonno è qui.» Poi mi volto verso gli altri angeli. «Qui c'è Michele, e lì c'è nonna Rosalba.»
Don Teo, le cui braccia stanno attraversando inconsapevolmente il corpo del nonno, si volta di scatto come un cerbiatto in allerta, gli occhi altrettanto spalancati e lucidi. «Rosalba? Michele? Oh, caro ragazzo...» Barcolla fino a fermarsi vicino a mio cugino, ma rivolgendosi un po' sopra la sua spalla destra. «Mi ricordo che giovane birbante che eri. Ma eri anche così divertente, ben amato...»
«Sì, però, ora è un po' più a destra» lo correggo spostandolo, mentre Michele se la ride sotto i baffi. Don Teo allunga bruscamente le mani, tanto da trapassargli il viso, dunque lo richiamo: «Così lo attraversa! Ritragga un poco le braccia».

«Oh, Irene...» balbetta lui, esitando prima di volgersi a guardarmi. «Li vedi davvero! Che segno meraviglioso ti ha dato il Signore! Che dono premuroso...»
Mi stringo nelle spalle. «Sì, però vorrei sapere perché proprio a me. Loro dicono che è perché ne ho bisogno. Però non sono certo l'unica a necessitare di rivedere i propri cari morti.»
«Oh, infatti. Ma io proprio non so come risponderti, Irene, proprio non lo so. L'unica spiegazione che mi viene in mente, è che tu eri un caso... particolare...»

Tutto d'un tratto sento il bisogno di mettermi sulla difensiva, chiedendomi a cosa stia pensando.
La sua espressione è indecifrabile, ma d'improvviso mi pare di cogliervi tristezza, amarezza ed enorme preoccupazione.
«Irene, tu hai riflettuto sul suicidio?»
Apro la bocca per negare... ma la richiudo di scatto, tanto da mordermi la lingua fino a farla sanguinare.
Non posso mentire durante una Confessione...
«I primi mesi. Ora non ha più importanza» rispondo asciutta, seppur con la lingua impiastricciata. «Il passato è passato, e non ci ho mai pensato per davvero
«Irene, ma se tu puoi vedere questi angeli...»
«E allora?» Tiro su la testa con tanta veemenza da farmi male al collo. «Tante persone pensano al suicidio, e non credo che a tutte loro siano apparsi angeli in soccorso! E ora non voglio più parlare di questo argomento!» lo fermo, vedendolo intestardito.
Per un istante sembra non volermi dare ascolto, ma per fortuna finisce per chiudere gli occhi e annuire impercettibilmente.

Prendo un sospiro profondo. Mi sembra quasi di aver corso per chilometri e chilometri. «Non lo dirà a nessuno, vero?»
«C'è il segreto della Confessione, ma non lo avrei comunque raccontato senza il tuo permesso.»
Non so se stia parlando del mio dono o della questione del suicidio, ma non importa, tanto non può parlare di nessuna delle due cose.

È tornato a guardare nel punto in cui si trova suo fratello, gli occhi inteneriti, più gioiosi come poc'anzi. Sembra quasi che riesca a vederlo.
È bello ritrovare felicità nel suo volto anziano solitamente pensieroso.
Vorrei poter fare lo stesso con le altre persone, ma come potrei convincerle? Mi spedirebbero in un centro di recupero...

«Oh, Irene, tua madre?» domanda poi il prete, in tono gaio «Puoi vederla?»
A questo punto non riesco a trattenere uno sbuffo di arroganza. «Macché! Ha preferito che non le rompessi le scatole!»
«IRENE!»
Non riesco a trattenere un urletto a sentire la nonna tuonare con tanta furia.
Non l'ho mai vista così arrabbiata. Sembra sul punto di esplodere, il suo corpo crepita di quella luce angelica che torna a sconvolgermi, stavolta però in maniera terrificante...
«TI PROIBISCO DI PARLARE COSÌ RIGUARDO TUA MADRE!»
Ciononostante la rabbia, l'orgoglio e la delusione prendono il sopravvento sul rispetto e sulla paura. «Non m'interessa!»
Lei non replica. La sua luce si attenua, ma dallo sguardo intendo quanto sia furibonda.
A me comunque non importa. Ho ragione io, mica loro.

Il povero Don Teo è parecchio confuso. «I-Irene?»
«Non è nulla, solo una discussione con nonna Rosalba.»
Facciamo il Segno della Croce, mettendo termine alla Confessione.
Ma lui insiste gentilmente: «Cos'è successo con tua madre?»
«Non vuole farsi vedere perché dice che in futuro non sopporterei una nuova separazione» mentre parlo cerco di dimostrarmi del tutto insensibile alla faccenda.
Don Teo sembra comprendere. Mi afferra delicatamente le mani e le stringe con solidarietà. «Tua madre è sempre stata una donna intelligente, fin da bambina. Una donna che non esiterebbe neanche un istante a sacrificare se stessa per chi ama. Non essere dura con lei. Non ti ferirebbe mai.»

Ma lo sta facendo. Lo ha già fatto. Mi ha ferita...
Ringraziato don Teo, mi allontano tanto in fretta quanto sto asciugandomi gli occhi.
Michele mi cammina a fianco, nonno Gigi rimane poco dietro di me. Nonna Rosalba non se n'è andata, ma ha la faccia scurissima dalla rabbia.

                                     *

«Psst!»
Liberio mi fischia talmente forte nell'orecchio da farmi sussultare.
Quando mi giro per scoccargli un'occhiata di avvertimento, lui insiste a sorridere radioso. «Ho sentito parlare di un chiosco che dà le birre anche ai minorenni!» urla.
Con la mano gli faccio cenno di avvicinarsi, allora tocca a me gridargli: «Non ho intenzione di farmi beccare dai carabinieri con una birra in mano!»
Liberio si ficca l'indice nell'orecchio, e sbuffa deluso.

Prova a dirmi qualcos'altro, ma sta passando uno dei carri della sfilata, con la musica talmente ad alto volume da farci vibrare fino allo scheletro.
Mi giro ad ammirare il carro: è il mio preferito! Rappresenta una grossa orsa polare che spunta dal ghiaccio in cartapesta, con le zanne sguainate in un'espressione feroce e protettiva.
Il carro rappresenta lo scioglimento dei ghiacciai: l'orsa è la forza che tenta di proteggere il suo ecosistema, vuole proteggerlo da noi esseri umani, che guarda imbelvita.

Ho sempre amato il carnevale di Viareggio. Nonostante ci sia sempre un enorme assembramento di gente e un gran spintonarsi, e sebbene i significati dei carri siano assai seri e severi, la musica, i balli e le grandi risate riescono a trascinarmi nella gioia e nella spensieratezza di questa festa tanto felice e meravigliosa. Inoltre adoro ammirare le varie maschere.
Non mancano Shrek e Fiona, i Power Rangers, i Teletubbies, le principesse Disney, Stitch, Super Mario, Luigi e la principessa Peach...
Io invece mi sono vestita da Marceline, la vampira di Adventure Time, con tanto di parrucca scura, una speciale cipria grigiastra sulla pelle, le braccia e le gambe nude infreddolite, canini finti e segni rossi di morso sul collo.
Liberio invece si è vestito da Finn l'Avventuriero, con il tipico copricapo bianco, la maglietta azzurra e lo zainetto verde.

Michele è venuto con noi, sta correndo tutto contento qua e là attraverso la gente per salire sui carri e ballare come uno scemo.
Credevo che carnevale fosse una festa un po'... libertina per i canoni Cattolici. Michele invece ha detto che non c'è niente di troppo sbagliato, basta sapersi controllare e non strafare. E mentre lo diceva ha guardato storto dei tizi vestiti da Papa e da suore.

«Adoro quel carro!» urlo a Liberio quando l'orsa si è allontanata, e così anche la musica. «A te quale piace?»
«Quello con la donna nuda!»
Gli calo il pugno sulla testa. Immagino non gli interessi del significato satirico del carro in questione.
Infatti, seppur dolorante, scoppia a ridere fragorosamente, tanto che finisce seduto sul marciapiede, incapace di tenere sollevato il capo.
Mi siedo accanto a lui e continuo a colpirlo. «Ma quanto sei scemo!»
«Non posso mai dire la mia!» si lamenta, pur continuando a ridere e cercando di sfuggire ai miei colpi. «La prossima volta suggeriscimi la risposta! Passami un bigliettino, eh!»

Guardiamo sfilare qualche altro carro. Un secondo che mi piace particolarmente riporta un grosso casco da astronauta affiancato da alieni verdi. Ogni tanto il casco rivela all'interno una testa bestiale. Rappresenterebbe ancora il fatto che noi uomini roviniamo tutto: se popolassimo un nuovo pianeta, saremmo capaci di mandare in malora anche quello, a causa della nostra bestialità.

Dopo mezz'ora, io e Liberio ci alziamo e ci dirigiamo a comprare i frati zuccherati in un bar, con tanto di Nutella spalmata sopra.
Li mangiamo passeggiando, cercando di evitare i ballerini e soprattutto i bimbetti dispettosi che vogliono lanciarci addosso i coriandoli. Ci sono già quelli spruzzati dai carri: i pezzetti di carta colorata si appiccicano ai nostri frati, rendendoli immangiabili.
«Hai avuto proprio una bella idea, golosa dei miei stivali!»
«Sta' zitto, Libe!»

Michele ci viene dietro, anche se lo vedo sempre sul carro di turno a ballare e cantare a squarciagola.
Nonna Rosalba si scompiscerebbe dalle risate a vederlo. Rideremmo insieme, magari dimenticando definitivamente la nostra discussione avvenuta due settimane prima. Da allora siamo molto cordiali l'una verso l'altra... troppo cordiali, direi quasi formali...

«Ire, quello laggiù è Claudio?» mi chiama Liberio, dopo aver gettato il suo mezzo frate nel cestino della spazzatura.
Mi fermo a guardarmi attorno. «Claudio?»
«Sì, il Righini. È laggiù.» Indica un grosso tizio a petto nudo e con la pelle completamente pitturata di verde. «Vedi quell'Hulk? È Claudio.»
Cerco di aguzzare la mia pessima vista, ma non fatico a riconoscerlo: nonostante la tinta, il suo particolare grugno a mastino rende indubbio che si tratti di lui. Indossa persino le solite scarpe malconce di sempre – certo non poteva uscire a piedi nudi.

«Non sapevo gli piacesse il carnevale.»
«Che coraggio a venire così!» commenta Liberio. «Non ha freddo? Io con questa maglietta sto gelando. La testa però è caldissima, questo cappello è fantastico. Anzi, 'Finntastico'! Vabbè, comunque quello non è Hulk! Guarda quante chiazze rosa sono rimaste sulla pelle! La tintura è fatta malissimo!»
Quando vede un cosplay creato male, Liberio la prende molto sul personale. Lui è un cosplayer nato, ecco perché a carnevale mi tocca impegnarmi così tanto nel costume, altrimenti se la prende.
Mi sono vista bene dal fargli notare che Finn in realtà è molto più basso di Marceline, che la sua pelle non è ambrata, e che la famosa vampira che sto interpretando non indossa gli occhiali.
Beh, per il Lucca Comics andrà meglio.

Ci spostiamo a sedere su una panchina, certi che Claudio non possa riconoscerci. In caso contrario non farebbe differenza: non ci saluta mai, fa sempre finta che non esistiamo.
Mentre ammiriamo scorrere un carro con su riportato un grosso lupo, vediamo che Claudio viene raggiunto da una ragazza travestita da ballerina di danza classica. Lui si accuccia per bisbigliarle qualcosa nell'orecchio, a cui lei risponde annuendo freneticamente. Poi le afferra saldo le mani e l'attira a sé con trasporto per baciarla.
Il bacio dura a lungo, è molto appassionato, forse anche un po' violento... sembra che lui le stia divorando ogni connotato! La gente che passa loro accanto si volta scandalizzata, figurarsi. Persino una tipa mezza nuda in bikini leopardato ne rimane disgustata!
Una volta lasciata andare, la ballerina si allontana barcollando. Deve essere pazza di amore!
Liberio mi lancia un sorrisetto, che ricambio in silenzio.

Non passano neanche due minuti, che Claudio viene raggiunto da una nuova ragazza, vestita da Cenerentola. Si sussurrano qualcosa, poi lui la trae a sé e la bacia con ferocia.
«Wow...» borbotta Liberio, scettico. «Certo che ci sa fare con le donne. Credevo che voi ragazze preferiste il culo di Capitan America.»
«Non è neanche affascinante» dichiaro risoluta. «Secondo me è molto brutto.»
«Povero Capitan America!»
«Non lui! Intendo Claudio!»
Liberio sogghigna di nuovo. «Ah sì? Beh, comunque può fare quel che vuole, non m'interessa.»
A me invece sì... non perché abbia due amanti, ma...

Una volta che Cenerentola se n'è andata, Claudio si guarda attorno con fare sospetto, prima di allontanarsi a passo lungo.
Scatto in piedi e corro da quella parte, senza ascoltare Liberio, ma pensando che mi tornerebbe comodo l'aiuto di Michele...
«Che succede?»
Mi fermo in scivolata per la sorpresa.
Mio cugino mi è appena apparso accanto. È bastato pensare a lui, desiderare il suo aiuto, ed eccolo qui!
Gli sfioro la mano parlando urgentemente: «Claudio Righini ha in mente qualcosa! Dobbiamo capire!»

Mi guardo attorno alla ricerca di quell'Hulk dongiovanni, ma non vedo un accidente in mezzo a tutte queste maschere!
Michele mi tira un colpetto facendo cenno di seguirlo, così sguscio in mezzo alla gente tenendo una mano tesa a sfiorare la sua, per non perdermi.
Riusciti a tornare sul marciapiede, Michele mi indica un punto verso la strada opposta alla via della passeggiata.
Ecco lì Claudio, intento a baciarsi con una streghetta.

«Puoi avvicinarti?» chiedo a mio cugino.
Lui scuote la testa. «È molto distante.»
Vorrei farmi un po' più avanti, ma Claudio e la strega si stanno separando.
«Lui non è accompagnato da angeli. Lei?»
«Lei sì.»
«Allora proviamo ad avvicinarci così che tu possa parlare con loro.»

Non gli do il tempo di consigliarmi che già sfreccio lungo la strada, tenendo gli occhi puntati sul cappello a punta della ragazza. Lei però sparisce dietro a un carro, allora io devo provare a beccarla dalla parte opposta.
Corro tenendomi le mani sulle orecchie per non venire assordata dalla musica, e mi faccio strada a spintoni in mezzo alla gente.
Arrivo all'altro lato del carro, ma non la vedo...
«Miche?»
«Non la trovo... » brontola. Nonostante mi fischino le orecchie, la sua voce risuona forte e chiara. «È molto più difficile per me, con tutti questi vivi e angeli.»
Insisto a roteare, ma ormai ho perso la streghetta, e soprattutto ho perso di vista Claudio.

Mi allontano delusa.
Prima ancora di raggiungere il prato, Liberio mi si avvicina e mi afferra. «Ma che ti prende?» mi sgrida.
Io arrossisco profondamente. Odio quando si arrabbia con me... «Volevo spiare Claudio...»
«Allora possiamo farlo insieme!»
«Non importa, l'ho perso...»
Liberio si accorge della mia espressione amareggiata e si calma un poco. Prende un respiro profondo, prima di dire: «Possiamo cercarlo. So che c'è tanta gente, ma almeno proviamoci, che ne dici? Non ci sono tanti Hulk in giro».
Scuoto la testa. «Non importa. Lasciamolo perdere, va'. Voglio divertirmi con te.»
Mi accarezza la spalla per darmi un po' di conforto, così io gli stringo la mano. Dovevo aspettarlo, è vero. È un complice perfetto, leale, e dolce.

«Ti ho...» Liberio fa un sorrisetto, con un tono strano, « ti ho vista parlare da sola...»
Il cuore mi batte tanto forte da rischiare di scaraventarsi fuori dal petto.
Michele intanto mi guarda a occhi spalancati, ma pare vagamente divertito dal mio disagio.
Tiro un pugnetto a Liberio ridendo forte. «Parlare da sola? Ma che dici? Ti sono finiti i coriandoli sugli occhi?»
« Ehm...» Anche Liberio ride, prima di scuotere la testa e far cenno di lasciar perdere.

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