4. Mi fideró
Il mio risveglio è stranamente rilassante. Dopo tempo ho finalmente dormito tutta la notte. Allungo una mano sul materasso, ma lo trovo vuoto. Apro gli occhi giusto in tempo per godere della vista di Leonardo appena uscito dal bagno, un asciugamano legato attorno alla vita, il corpo ancora percorso da goccioline d'acqua. Le osservo scivolare sugli addominali scolpiti, piano, fino a raggiungere il telo ed essere assorbite.
Sollevò gli occhi sul suo viso sorridente-Ben svegliato.-dice.
Gli sorrido anche io-Buon giorno.
-Il bagno è tutto tuo. Devi lavorare?
Scuoto la testa-Pomeriggio. Tu?
Annuisce-Devo essere in studio tra un'ora.
Allungo una mano, lui si avvicina-Facciamo un'ora e mezza.
Mi tiro su a sedere, lui si siede accanto a me, poi mi bacia. -Ciao.
-Ciao.
Mi guarda un momento, sta pensando a cosa dire. -Come ti senti?
Alzo le spalle-Felice di vederti.
-E basta? Puoi parlare con me.
-Sto bene, Leo. Dopo tanto tempo.
-Sicuro?
-Sicurissimo.
-Visto che hai tempo vuoi un buon giorno come si deve?-dice con un sopracciglio sollevato.
Ridacchio-Perché hai fatto la doccia da solo?
-Non sapevo quale sarebbe stato il tuo umore, volevo portarmi avanti.
-Mmh. Il mio umore, dici.
Prendo la sua mano e me la porto tra le gambe, lui ride-Allegria mattutina?
-Allegria di vedere te appena uscito dalla doccia.
-Direi che è positivo.
-Molto positivo.
-Se ci fosse qualcosa che non va me lo diresti?
Lo guardo negli occhi-Si. Te lo direi.
Annuisce, poi mi bacia ancora. Un po' più di un'ora e mezza dopo esco di casa sua. Nell'eventualità in cui ci siano paparazzi vado avanti da solo e lui uscirà dopo. Salgo in auto e i pensieri ritornano puntuali. E adesso? Voglio parlare con Amelia, questo è certo. Ma con chi altri? Mia madre, mio padre, mio fratello?
Voglio godermi questo momento di felicità ancora per un po', senza dover fare i conti col mondo. Ma nel contempo vorrei non dover temere i paparazzi come rivelatori del mio segreto. Che poi, voglio sia un segreto? E quale sarebbe il segreto? Sono andato a letto con un ragazzo. E probabilmente lo farò ancora. E ancora e ancora. Perché solo pensare ai suoi occhi mi fa sorridere. Faccio partire una chiamata ad Amelia. Lei risponde al terzo squillo.
-Buondí. -dice.
-Buon giorno. Che fai?
-Sto scegliendo i centrotavola.
-Ignazio?
-È a provare il vestito. I vostri amici Dolce&Gabbana glielo hanno mandato qui a Bologna per la penultima prova.
-E tu quando?
-Domani. Tu che fai?
-Niente. Volevo vedere se eri libera per pranzo.
-Yes. Perché non vieni ad aiutarmi e poi andiamo? Ignazio deve andare dal barbiere.
-Mi mandi la posizione?
-Si. Ti aspetto all'ingresso.
-Devo passare un momento da casa a cambiarmi, ti scrivo quando sto arrivando.
Momento di silenzio.-A cambiarti? Notte fuori?
-Ti dico dopo.
-Okay.
Poco dopo parcheggio davanti ad un fioraio, lei è lì davanti, pantaloni chiari e blazer turchese. La mia Amelia che presto si sposa. Non mi sembra vero. Mi sorride quando scendo e mi abbraccia quando la raggiungo. Mi studia un momento. Poi scosta il colletto della mia camicia. Non ti sfugge niente, cara mia.
-Non Rebecca di nuovo. -dice piano.
Rido, non sai quanto sei fuori strada.-No. Mai più nella vita.
Tira un sospiro di sollievo.-Sia lodato il cielo.
-Andiamo a scegliere questi centrotavola, ne parliamo dopo.
-Okay.
Considerata l'organizzazione di Amelia, i centrotavola sono sostanzialmente già scelti, si tratta di stabilire piccoli dettagli come il colore dei vasi o dei nastri. E in mezz'ora siamo fuori.
-Non sei in macchina?
Scuote la testa-Revisione. Mi ha lasciata Ignazio. Avrei chiamato un taxi.
Bene. Le nostre chiacchierate in auto sono il momento perfetto per comunicare notizie importanti e sentimenti. Ma adesso che è qui accanto a me, il coraggio e le parole vengono meno.
-Ti sei pentito di dirmelo?
-No. Voglio farlo. Ma non so da dove iniziare.
-Ti aiuto?
Annuisco, lei guarda di fronte a sé. -Allora. Indizi finora raccolti. Hai dormito fuori e stamattina hai fatto la doccia a casa di qualcun altro visto che sei passato da casa e ti sei cambiato in dieci minuti. Hai sul collo un morso. Non è stata Rebecca.
-Tutto giusto.
-Sei molto silenzioso. E da quando ci siamo incontrati stamattina continui a masticare la gomma. Cosa che fai solo quando sei molto nervoso. Le cose sono due. O aspetti un bambino. O ti sei innamorato.
La guardo un momento. Ha un lieve sorriso sul volto. Mi tornano in mente le parole di Piero qualche mese fa. "Il problema di tutte le ragazze è che non sono Amelia." Eh già. Ha alzato troppo l'asticella. E nessuna è più stata alla sua altezza. E pensare di poter amare ancora sembrava un miraggio. Ma adesso vedo gli occhi di Leo e mi dico che forse non era così impossibile.
Amelia mi posa una mano sul ginocchio e mi strappa ai miei pensieri come sempre. -Va tutto bene, Gian. Parlami. Lo sai che voglio solo tu sia felice.
-Lo so. È un po' difficile.
-Non ho fretta.
Arriviamo al parcheggio del nostro ristorante preferito, parcheggio.
-Hai ragione. Mi sto innamorando di una persona. E mi fa paura. Lo sai che non sono esattamente state un successo le mie storie.
Annuisce, in attesa. Io continuo-Ma questa volta è diverso. Molto. -di nuovo le parole si bloccano, lei continua per me.
-Non stiamo parlando di una ragazza.-dice piano.
Mi volto a guardarla di colpo. E capisco. Lei sa. Ha sempre saputo.
-Come fai a saperlo?
Stringe le labbra-Non lo so. Ma avevo capito qualcosa. A New York. E a Los Angeles. Eri diverso quando...
-Io non lo sapevo. Né a New York né a Los Angeles. Non ne avevo idea. L'ho capito solo qui. E ci ho messo un bel po'. Tu come fai a...
-Io ti conosco. Più di te stesso, probabilmente. Come tu conosci me meglio di quanto lo faccia io.
-Quindi non c'è niente da dire.
-Vorrei che tu lo dicessi.
-Bene. Mi sto innamorando di Leonardo. E siamo stati insieme questa notte. Sei la prima a cui ne parlo.
La guardo, ha gli occhi pieni di lacrime. Poi mi sorride e mi abbraccia.
Anche io mi rendo conto che sto piangendo.
-È strano?
Scuote la testa, mi posa una mano sul viso-É perfetto. E io sarò sempre dalla tua parte. Sempre.
-Tu...lo avevi mai immaginato? Prima di Leo?
Mi guarda un momento, poi alza le spalle.-Forse.
-Perché non me ne hai parlato?
-Perché non spettava a me. È una cosa personale. Ognuno ha i suoi tempi.
-E questo cosa vuol dire adesso? Che non sono più un don Giovanni?
-Si può essere don Giovanni anche con gli uomini.
-Ciò che intendo è...
-Se si verrà a sapere cosa diranno i tabloid dopo anni ad affibiarti la parte da maschione predatore.
-Già. E poi, che cosa sono? Come devo definirmi?
-Non devi farlo per forza.
-Lo so. Ma mi piace sapere le cose, lo sai. Vorrei averlo chiaro.
-Non credo tu fingessi con le donne.
-No. Mai finto.
-Il che ci toglie dai due estremi.
-Che vuol dire?
-Non sei gay. E neppure etero.
-Bisessuale?
-O pansessuale.
-Non l'ho mai capita la differenza.
-È complicata.
-Al momento resto con bi.
-Okay. -ridacchia. -E questa cosa come ti fa sentire?
-Stranamente leggero. Ho passato così tanto tempo a reprimere questa parte di me che adesso mi sembra di vivere un'utopia. Mi dispiace non avere mai avuto il coraggio di parlarne con te. Saresti stata l'unica capace di aiutarmi.
-Me ne stai parlando ora.
-Diciamo così. Sapevi già tutto.
Ride, poi scendiamo e pranziamo insieme e mi chiedo se sarà sempre così semplice.
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