Capitolo quinto
Capitolo quinto
Siamo andati all'Ipercoop, Leo, per comprare le cose di scuola. E poi alla Decathlon, per i leggins e i top di allenamento. Come tutti gli anni.
In fine papà mi ha accompagnato al Municipio, ho fatto il cambio di residenza e rifatto la carta di identità. Ora c'è scritto che sono nata a Roma e risiedo a Roma.
Secondo i miei documenti non è successo nulla, è tutto in ordine.
Ma se non fosse successo nulla non sarei di nuovo qui, non trovi?
Tua S.
quando la notte piano piano finirà
chissà chi è il primo di noi due che parlerà.
Settembre poi ci prenderà,
coi suoi venti di pioggia vincerà.
Settembre – Antonello Venditti
Cesare era rimasto a Roma molto poco, giusto qualche giorno, poi era dovuto tornare a Padova per la sessione autunnale degli esami, lasciando Sabina e il padre nuovamente soli.
Per lei abituarsi a quel cambiamento sembrava fin troppo facile, forse perché nei mesi precedenti non aveva sognato altro, ma il Maresciallo faticava ad accettare l'avvicinarsi della ripartenza. La figlia gli sembrava così piccola, indifesa, non riusciva a immaginarla sola. Aveva accettato la sua volontà perché sapeva quanto ne avesse bisogno, ma in quei giorni era convinto di aver fatto un terribile sbaglio. O forse era solo l'egoismo di un padre impreparato.
Sabina si concentrava sull'inizio della scuola, un po' anche eccitata per il nuovo anno e la nuova classe, ma acquistati libri e quaderni qualcosa mancava ancora; una spiegazione minima, falsa ma plausibile, da dare a chi le avesse chiesto il perché del suo ritorno.
- Dunque, vediamo.- Aveva iniziato a ipotizzare durante la colazione dell'ultimo giorno di vacanze. - Potrei dire che mio padre mi ha abbandonata da piccola, ho vissuto in montagna con mia madre fino a qualche mese fa, poi lei è morta e io sono venuta giù. Sono maggiorenne, quindi posso star da sola, ma per quello che può servirmi faccio riferimento a mia zia.-
- Quindi mi elimini dalla tua esistenza e regali dieci anni di vita in più a tua madre? Eticamente molto discutibile, Sabina. Ma se zia Lucia si occupasse del tuo mantenimento io ne uscirei decisamente bene. Però no, non tiene.- Commentò il padre versandosi una seconda tazzina di caffè.
- È che non mi va di dire come siano andate le cose, papà.-
- Le bugie non sono mai la soluzione, e poi ciò che è successo è di dominio pubblico, prima o poi verrà fuori.-
- Tu dici? Non penso che qualcuno andrà a recuperare i numeri dell'Eco del Chisone di gennaio per capire qualcosa.-
- Forse no, ma non si sa mai. Ascolta, io capisco perché non vuoi parlarne, okay? Però non inventarti una storia completamente diversa per nascondere ciò che è successo, tutto qui.- Le disse il maresciallo tenendole le mani.
- Papà io scherzavo sulla storia di mamma, non direi mai bugie così grosse, mi conosci. Dirò semplicemente che mi ero stufata del freddo, della sveglia alle sei e di tutto il resto, e che avendo la possibilità sono venuta giù. Lo avrei fatto comunque tra due anni per l'università, posso dire che ho preferito farlo prima.-
- Ecco, questa è già una versione più plausibile, mi piace. Però non devi vergognarti di quello che è successo, Sabina. Questo lo sai, vero?-
- La gente pensa sia colpa mia, papà. Colpa mia.-
- La gente ha bisogno di un colpevole, è ciò che serve a molti per accettare cose simili.-
La ragazza sospirò.
Era il problema principale della sua fuga, non poteva davvero lasciarsi tutto alle spalle. Non quello che era successo, non le opinioni della gente.
Poteva non sentirle più dal vivo, ma le avrebbe riascoltate ogni notte negli incubi.
- Domani ti accompagno a scuola. In macchina.-
- Sul serio? Non l'hai fatto per anni da Sestriere a Oulx e lo fai dalla Garbatella all'Eur?- Chiese sarcastica. Le avrebbe fatto immensamente piacere, in realtà, ma non voleva mostrarlo senza prima cogliere la palla al balzo per ricordargli quanto fosse cambiato.
- Beh, è un giorno importante.-
- Sì. Per me o per te?-
- Tra una settimana torno a casa, vorrei non sprecare questo tempo.-
- Lo so. Solo che fa ridere, ti ho chiesto per anni uno strappo e avresti preferito morire, invece domani... ma va bene, papà, domani portami a scuola.- Lo accontentò alla fine.
La giornata trascorse veloce, fecero un giro a Villa Borghese e cenarono con un aperitivo dopo aver visto il tramonto dal Pincio. Il cameriere li scambiò per una coppia, e Sabina continuò a riderne sino a casa, quando al momento della buonanotte si fece abbracciare dal padre e si ricordò perché era meglio averlo come genitore che non come amante.
La sveglia, una di quelle di default della Samsung, suonò per dieci minuti la mattina seguente, dalle sette alle sette e dieci, quando decise di spegnerla e alzarsi.
Roma si era già svegliata, in lontananza udiva i clacson e il rumore delle auto.
Era molto diverso dalla montagna, ma ci si sarebbe abituata.
Suo padre aveva già preparato il tavolo della colazione ed era pronto, a differenza sua gli bastava il suono della sveglia per essere attivo e scattante, forse perché era un militare.
Prese latte e biscotti in silenzio guardando passivamente il canale dei notiziari.
Non parlavano mai di prima mattina, nei giorni feriali, e non avrebbero certamente iniziato in quell'occasione.
Di qualcosa discussero durante il viaggio in macchina, con in sottofondo il traffico e la radio, ma nulla di serio.
Fu una volta fermatosi davanti al liceo che il maresciallo si mise a parlare di quello che stava succedendo nelle loro vite.
- Dunque ci siamo. – Sospirò guardando la figlia.
- Sì, ci siamo.-
- Sai, Sabina, possiamo ripensarci...-
- No pà, non possiamo tornare indietro, e lo sai.- Quella discussione la metteva a disagio. Aveva sperato fino all'ultimo che lui non
- Vero, ma possiamo andare avanti.
- E dove?
- Che ne so... Sicilia?
- In Sicilia?
- Beh, ho vissuto al centro, al nord... ora potrei andare in Sicilia.
- Palermo? Messina?
- Pensavo qualche paesino sulla costa.
- Ah, giusto. Tu sei quello che sopra i cento abitanti non può prendere residenza. E che ci andiamo a fare in Sicilia, io e te?
- Quello che abbiamo sempre fatto: io il carabiniere e tu la studentessa. E la ginnasta.
- Papà...
- Okay, tentativo a vuoto. Ci vediamo a pranzo?
- Ci vediamo a pranzo. Ti voglio bene.-
Sabina uscì dalla macchina del padre e si avviò verso l'ingresso della scuola, dove la aspettavano le uniche due persone che conosceva; sua cugina Anna e Veronica, una vecchia amica dei tempi delle elementari.
Prima della morte di sua madre, prima di tutto il resto.
- Ehi, montanara, pronta per tornare tra i comuni mortali a zero metri sul livello del mare? – Chiese Anna ridendo.
Sabina annuì controvoglia. – Onestamente non mi aspettavo sarebbe finita così. Non mi aspettavo di tornare ora, in questo modo, per questo. – Sospirò.
La cugina le avvolse un braccio intorno alle spalle. – Non lo aspettava nessuno, ma sei qui. Ed è giusto che tu ti riprenda la vita che meriti.-
Perché non torna più?
Quella libertà
Le risate a scuola fino a stare male
Perché non torna più?
Chi mi ha preso voi?
Perché mi ha preso voi?
Perché non torna più – L. Pausini
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