Capitolo quarto
Capitolo quarto
Scappare...
Ho voglia solo di andare...
Il tempo di pensare...
tanto ritorno perché il mio posto è qua.
Un giorno per scappare,
tutto mi torna e mi nascondo
fino a domani.
Scappare – Zero Assoluto
Il trenino da Ostia a San Paolo pareva un carro bestiame.
Masse di uomini, donne e bambini sudati ed arrossati dopo una giornata di mare erano stipati nei vagoni privi di aria condizionata.
Ivano aveva avuto la fortuna di trovare un posto a sedere, ma il caldo e gli odori poco piacevoli gli facevano ugualmente compagnia.
E pensare che aveva deciso di tornare a casa più tardi proprio per evitare tutto quel casino, ma era bastato il rompersi del convoglio precedente per mandare alle ortiche tutti i suoi piani.
Sentì vibrare il cellulare nella tasca dei pantaloni.
Manuel, uno dei suoi pochi veri amici, gli chiedeva a che punto fosse.
Pensò di rispondergli male o di non farlo affatto, visto che sarebbero dovuto andare al mare insieme con la sua moto e invece gli aveva tirato pacco all'ultimo, ma poi cedette al bene che gli voleva. In fondo era stato per una buona causa, doveva finire di preparare l'esame di ripetizione di matematica, non poteva permettersi di venire bocciato una terza volta.
- Quasi all'EUR, scendo a S. Paolo-
- Xfect. Sono in uni da Vito. Vengo alla metro e prendiamo un gelato.-
- Okk-
Ivano rise chiedendosi se fosse il suo modo di farsi perdonare.
Negli anni precedenti ne avevano vissute fin troppe, inglobati anche in questioni più grandi di loro, e quando era finito tutto si erano trovati soli e troppo cresciuti. Stanchi.
Era arrivato il momento giusto per riprendersi la loro età, se lo erano promessi all'inizio dell'estate, e con la scuola che ricominciava sarebbe stato sicuramente più facile.
Si alzò poco prima che il treno entrasse in stazione, facendosi strada verso le uscite a suon di "scusi, scende?" e fu tra i primi a scendere dal vagone quando le porte si aprirono.
Fuori si respirava decisamente meglio, e l'aria della sera era fresca, tutta un'altra cosa rispetto al caldo di quella giornata di fine estate.
Manuel lo aspettava vicino alla stazione, dal lato di via Gozzi.
- Sei un bastardo.- Lo salutò Ivano.
- Un bastardo che tra quindici giorni va in quinta e tra un anno sarà pronto a ricominciare da zero.-
- Troppo ce speri, Manu.-
Il più grande alzò le spalle.
Iniziarono a camminare parlando di scuola.
- Sai che Martorana va via? Sempre i migliori.-
- Sticazzi.- Commentò Ivano. – Ha fatto più di quel che gli era richiesto, è giusto vada da qualche altra parte, magari più tranquilla.-
- Secondo me lo sbattono a Tor Bella o Roma est, quello è un prof da frontiera. Magari farà del bene ad altri.-
- Fortunati quegli altri, allora.-
La gelateria era piena, soprattutto ragazzetti vicini al primo superiore che si godevano gli ultimi giorni di libertà e le prime uscite fino a tarda sera.
Presero i soliti due coni e andarono a sedersi vicino alla sede di Economia, lontano dagli schiamazzi di quelle immense comitive.
Un tempo erano stati così.
Un paio di anni prima, ma forse era un'altra vita.
Si alzò il vento e gli alberi sopra di loro lasciarono cadere alcune foglie, in parte già secche e scure. A Roma faceva caldo fino ad ottobre, ma alla vegetazione pareva non importare.
Né agli alberi che scrollavano in anticipo il fogliame, né alle palme nane che sembravano non risentire neanche di quei due o tre giorni rigidi che faceva ogni inverno.
- Ho sentito Cinzia.- Sospirò Manuel mentre finivano i gelati.
- Davvero?! E quando?-
- A inizio estate.-
Ivano lo guardò male. – E me lo dici ora?-
- Me lo ha fatto venire in mente il gelato. Sai, dice che a Genova costano decisamente di più. Non le andava che te lo dicessi, non le va che Flavia sappia che ci sentiamo ancora.-
- Ma non ci ha perdonati? Insomma, noi...-
Manuel alzò le spalle. – Sì, no, forse. Lo abbiamo deciso, è un'altra vita. Ma non per loro, evidentemente. Comunque mi ha raccontato che ha passato l'anno senza debiti e che ad agosto Flavia e Paolo si sarebbero sposati, quindi penso ora siano tutti e tre in vacanza.-
- Ti ha detto se torna per i suoi diciotto anni?-
- Non ne abbiamo parlato, ma non credo. Penso voglia tenersi buona la sorella. È passato troppo poco tempo, per loro.-
Loro, noi.
I mondi diversi, i casini che erano successi, i sogni sbagliati di un gruppo di adolescenti cresciuti a pane e De Cataldo.
Un'altra banda, un insieme di errori, le scelte errate, gli ormoni, la voglia di sballo e di soldi.
Un'altra vita, un qualcosa che volevano dimenticare.
Qualcuno era fuggito, loro due erano rimasti.
Stesse strade, stesse vie, stessa scuola.
Fuggire senza cambiare nulla, lasciare che ruotasse il mondo e gli capitasse una vita migliore.
Risuonarono in lontananza le campane della Regina Apostolorum.
- Sono davvero già le dieci Mà?-
- Già, e domani mi aspettano altre sei ore di equazioni. Che culo. Andiamo verso la Colombo, vieni, facciamo un pezzo di strada insieme.-
Ivano annuì e si alzò per andare a buttare i fazzoletti della gelateria prima di seguire l'amico.
Rivoltò lo sguardo verso la gelateria, ancora invasa da gruppi e gruppetti di ragazzini felici.
Chissà se sarebbe successo ancora, in quell'altra vita.
E mentre i giorni passano
e le opinioni cambiano
restiamo ancora qui fermi al sicuro
che poi domani magari davvero arriverà
un'altra vita
per migliorare
ricominciare
un'altra vita
però dov'è
un'altra vita
insieme a te
Un'altra vita – Fabrizio Moro
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