(R) Capitolo 9: L'Athi traditore
Artigern
Com'era stato deciso, la mattina del quarto giorno Nonna Nube ci riportò nella radura dove Delia ci aveva condotti. Aspettammo a lungo, senza che la Athi si facesse vedere e, più tempo passava, più un brutto presentimento si concretizzava nel nostro animo.
- E se le fosse successo qualcosa? - mormorai, accostando le ginocchia al petto, mentre fissavo con angoscia il sentiero vuoto di fronte a noi.
Sparviero emise un ringhio basso e minaccioso, fulminandomi con i suoi occhi rossi, mentre stringeva le ali contro il dorso per darsi un po' di conforto.
"Non dirlo neanche"
Io trassi un profondo sospiro e poggiai la testa sul tronco di un pino, incurante della resina con cui mi ero sporcato la guancia.
Il cucciolo di drago, rannicchiato sulle mie cosce, mi stringeva la vita con la coda - un vizio che poi gli sarebbe sempre rimasto - e non accennava ad allentare la presa. Avvertivo la tensione nei suoi muscoli, ma, per quanto gli accarezzassi il collo e la schiena, restava insensibile alle mie attenzioni.
Presto arrivò l'ora di pranzo e Nonna Nube, che aveva cucinato una zuppa su un focolare improvvisato, mi disse di andare a mangiare.
- Tu non vieni? - chiesi a Sparviero.
Non diede cenno di avermi sentito.
Dopo aver pranzato, raccolsi alcuni pezzi di carne cruda dall'interno della borsa di Nonna Nube, che era un'ottima cacciatrice e il giorno precedente era riuscita a catturare un cinghiale. Porsi il cibo al cucciolo, cercando di invogliarlo a mangiare, ma lui volse il capo dall'altra parte.
- Andiamo, mangia qualcosa - lo incitai, grattandogli la pelle morbida sotto la mandibola.
In cambio ricevetti un ringhio d'avvertimento e capii che a nulla sarebbero serviti i miei tentativi di distoglierlo dalla sua preoccupazione. Mi sarei anche potuto guadagnare un morso. Con un sospiro, tornai a sedermi accanto a Nonna Nube.
- Delia tornerà, non è vero? - le chiesi, sottovoce, per non farmi udire da Sparviero.
Nonna Nube esitò, poggiando il mestolo con cui stava rimescolando la zuppa all'interno del piccolo calderone. Mi guardò coi suoi occhi lattiginosi, e raccolse una delle mie mani fra le sue.
- Nonna?
- Hai una via della vita piuttosto complessa - mormorò lei, sviando il discorso. - Sei nato sotto delle buone stelle, ma c'è qualcosa di sfuggente.
Percorse i reticoli sul palmo della mia mano sinistra con un indice affilato e rugoso, le sopracciglia aggrottate per la concentrazione.
- Cosa?
- Non saprei - sospirò lei, lasciandomi andare. - Il futuro è sempre molto nebuloso. Tutto ciò che vedo è che incontrerai una persona molto triste e sola, a tal punto da aver smarrito la strada giusta.
Io osservai la mia mano, cercando di capire dove avesse scorto quelle cose, ma tutto ciò che mi ritrovai davanti era pelle morbida, dall'aspetto infantile.
- Una persona malvagia? - sussurrai, con occhi sgranati.
- Ormai sì - sospirò lei, accarezzandomi una guancia, mentre la puliva dalla resina. - Sai, Arty, è vero che esistono persone pazze e crudeli sin dall'infanzia, che hanno il male iscritto nel sangue, ma per gli altri ci vuole impegno, per diventare malvagi. Non è una cosa semplice, ci vuole costanza, per educare il proprio animo a commettere crudeltà. E poi non si può più tornare indietro.
Nonna Nube si incupì, come se stesse rimuginando su alcuni brutti ricordi. Sollevò lo sguardo, con una smorfia, e scosse la testa.
- Sai, Oberon aveva ragione - mormorò.
- Su cosa?
- Sul fatto che è giusto tu sappia qualcosa in più riguardo Polonius. Mi disgusta parlare di quell'Athi, è un insulto per tutta la nostra specie, ma bisogna conoscere le nostre macchie, in modo da non ripetere gli stessi errori - disse la vecchia, passandosi le dita fra i lunghi capelli candidi. Alcune perline di giada che aveva posto al termine delle treccine tintinnarono. - Quando Polonius nacque, io avevo all'incirca duecento anni. Era un bambino brillante, un grande studioso. Io lavoravo come insegnante, al centro della biblioteca di Folis, il principale villaggio degli Athi. Non è molto lontano da qui, sai? Sono meno di dieci miglia. Comunque, tornando al nostro discorso, Polonius era uno dei miei allievi, diligente e sempre entusiasta di scoprire nuove cose. Tutti noi Athi avevamo una predilezione per i draghi, dato che le nostre specie si completavano a vicenda, ma nessuno gli era mai stato vicino quanto Polonius.
Nonna fece una pausa, scoccando un'occhiata a Sparviero, che stava frustando il terreno con la coda per il nervosismo. Sembrava a disagio, come se la infastidisse parlare di quell'argomento in sua presenza.
- In effetti, Polonius era più vicino a loro che a noi - disse, quasi sussurrando. - Si affezionò in modo particolare a un drago dalle squame verdi di nome Elwyn. Facevano tutto assieme. Però Elwyn non era delle compagnie migliori. Era un membro di quell'ala, nella società dei draghi, che era convinta di dover tornare agli antichi sfarzi. Credevano che noi Athi li avessimo "addomesticati" e avessimo placato la ferocia di cui andavano tanto fieri. Non erano in pochi a sostenere questa idea, fra l'altro. Com'era inevitabile, quel gruppo si ingrandì sempre di più.
- Ma perché? - chiesi, sconvolto da quelle rivelazioni. - Se eravamo amici, perché avrebbero dovuto pensare una cosa del genere?
- I draghi hanno molte buone qualità, Arty, ma non brillano per gratitudine. Credimi, io lo so - sibilò Nonna Nube, fulminando di nuovo Sparviero con lo sguardo. - Non affezionarti troppo a loro. Finiscono sempre per darti il ben servito, e questo può essere fatale per noi Athi, che viviamo di legami. Come se non bastasse, all'ingratitudine dei draghi si somma il loro orgoglio smisurato. Sono perfettamente consapevoli della loro forza e magnificenza, e pensano di farci l'elemosina, concedendoci un minimo della loro attenzione. Quindi, facendo leva sul loro amor proprio, Elwyn e i draghi più estremisti decisero di spingersi in una guerra, in modo da ravvivare il loro sangue focoso. Cercarono di convincerci a partecipare, ma noi Athi rifiutammo. Non eravamo un popolo violento, e fummo molto delusi dal loro comportamento. Credevamo di avergli fatto capire quanto la violenza fosse inutile, ma nessuno di loro sembrava ricordare quanto avessimo vissuto bene assieme. Gli dicemmo che, se volevano combattere, l'avrebbero fatto da soli.
- E poi? - domandai, col cuore in gola. Una parte di me voleva sapere cos'era successo in seguito, un'altra, invece, avrebbe voluto scappare via. Non doveva essere nulla di bello, a giudicare dall'espressione addolorata di Nonna Nube.
- E' qui che entrò in gioco Polonius. Il traditore. Rivelò ai draghi i segreti più profondi della nostra civiltà e, essendo un buon anatomista, gli disse come fare per indurci a servirli.
La vecchia mi guardò, con una smorfia di disgusto e dolore.
- No, questo non ho intenzione di dirtelo - rantolò, stringendomi in un improvviso abbraccio. - E' troppo orribile. So che Oberon è nel giusto, ma non ho intenzione di terrorizzarti. Sei ancora un cucciolo, dopotutto. Aspetterò un po', non ho intenzione di rovinare la tua opinione dei draghi sin da subito.
- Hai già detto che sono ingrati e orgogliosi.
- E' vero, ma quell'orrore non fu del tutto colpa loro. Furono convinti da Elwyn. Il senso di colpa, una volta che la guerra fu cessata, quasi li uccise. E' anche per questo che ora la maggior parte di loro è ridotta a bestie da soma. Sentivano di dover pagare per ciò che avevano fatto e hanno smesso di lottare contro gli umani, lasciando che gli infliggessero quell'orrenda schiavitù.
Aprii la bocca per chiederle ulteriori informazioni, ma lei mi zittì, posandomi un indice sulle labbra. Subito dopo arrivò Sparviero, che si acciambellò al mio fianco, senza emettere fiato. Io guardai Nonna, incerto sul da farsi, e lei mi incitò con un cenno del capo. Posai una mano sul dorso del cucciolo, accarezzando le punte ossee che fuoriuscivano dalla sua schiena. Per un po' lui restò indifferente, poi alzò il capo e mi guardò con quei grandi occhi rossi, che all'inizio mi erano parsi inquietanti, ma ora erano talmente colmi di tristezza da sembrarmi quelli di un bassotto abbandonato.
Mi sorse spontaneo abbracciarlo.
- No Delia - disse il cucciolo, con la sua vocetta infantile.
- Forse ha avuto un imprevisto - cercai di consolarlo, sebbene nemmeno io ci credessi. - Vero, Nonna?
Nonna Nube si affrettò ad annuire.
- Ma certo. Forse è solo in ritardo - lo rassicurò, dandogli un buffetto sulla punta del naso. - Volete che rimaniamo qui, questa notte? In caso si faccia viva.
- Possiamo? - chiesi, sorridendo. - Non sei stanca? Sai, con l'età.
Mi pentii di averlo detto subito dopo e balbettai delle cose incomprensibili nel tentativo di rimediare, ma Nonna non si era offesa.
- Sei molto dolce a preoccuparti per me, piccolo. Ma no, non temere. Per una notte, posso anche dormire all'aperto.
I due soli cominciarono a tramontare, cedendo il posto alle stelle. Ce n'era una particolarmente luminosa in lontananza, dall'intenso colore rossastro. Dicevano che fosse una "cometa", ma non sapevo cosa ciò comportasse di preciso. Ma ero certo che, se la si vedeva, bisognasse esprimere un desiderio, dato che appariva molto di rado, all'incirca tre volte all'anno.
Mentre eravamo distesi nell'erba, io col capo poggiato sullo zaino e Sparviero accoccolato sulla mia pancia, gli spiegai il significato della cometa. Lui la guardò con aria malinconica e chiuse gli occhi per un momento, per poi tornare a distendersi, la testa sulla mia spalla destra.
- Delia - mormorò, prima di addormentarsi. - Delia torna.
Io espressi lo stesso desiderio, come se la tristezza del piccolo drago fosse stata anche la mia, e pregai che anche Bonnie, Jamie e gli altri bambini stessero bene. Non volevo che succedesse qualcosa di brutto a nessuno, proprio non riuscivo a capire perché certe persone facessero del male alle altre. Per me era una cosa innaturale, la violenza. La sola idea del dolore altrui mi faceva soffrire.
Quei pensieri mi tennero sveglio fino a tarda notte e la mia unica consolazione fu il calore dell'addome di Sparviero contro il mio. Era come avere un gatto bello in carne acciambellato sulle ginocchia. Capitava che i bambini straccioni, spesso spinti da fame estrema, arrivassero a catturarli e mangiarli, ma io non ero mai riuscito a cibarmi di quelle creature. Vedere i loro occhi spiritati prima che le macellassero era sufficiente a farmi venire gli incubi per giorni.
A un tratto, una mano ruvida mi strappò da quel circolo di pensieri, che non facevano altro che peggiorare.
- A cosa pensi, Arty? - chiese Nonna Nube, sdraiata al nostro fianco. - Dovresti dormire o domani non starai in piedi.
- Sono triste - ammisi. - Per Delia, per Bonnie, per tutto. Vorrei solo che fosse tutto più... più...
- Lo vorremmo tutti, cucciolotto - mormorò la vecchia, con un sorriso malinconico. - Ma il mondo non è solo sofferenza e dolore. Ci sono anche cose belle, per cui vale la pena vivere.
- Del tipo? - le chiesi, sconfortato. In quel momento vedevo tutto nero.
- Hai il tuo drago, e lui ha te. A differenza di Elwyn, il tuo cucciolo è molto affettuoso e dolce, e tu non hai le idee contorte di Polonius. Non potresti mai averle.
- Quali idee? - chiesi, soffocando uno sbadiglio.
- Lascia stare - sussurrò la donna, con un sospiro. - Pensa solo a dormire.
Prima che potessi protestare, cominciò a massaggiarmi un fianco, stando attenta a non svegliare Sparviero, mentre sussurrava una ninna-nanna.
Éiníní, éiníní, codalaígí codalaígí
Éiníní, éiníní, codalaígí codalaígí*
Una sensazione di profondo rilassamento si propagò in tutto il mio corpo e, presto, anche io lo raggiunsi nel mondo dei sogni.
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NOTE
*Einìnì: ninna-nanna irlandese. Traduzione: "Piccoli uccellini, piccoli uccellini, dormite, dormite".
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