(R) Capitolo 5: Un amico scorbutico

Sparviero

E' stato Artigern a darmi il nome "Sparviero".

Nel momento del nostro incontro non ne avevo ancora uno. Ero solo un cucciolo di a malapena due mesi. Sul mio dorso si potevano ancora scorgere dei frammenti dell'uovo dal quale ero uscito, e la mia pelle era morbida e fragile.

Ora come ora sono un adulto. Un adulto ben fatto. Nemmeno una lancia potrebbe scalfire il mio ventre, le mie squame sono dure quanto l'acciaio. Però allora sarebbe bastato un nonnulla per uccidermi. I draghi si fortificano rapidamente, raggiungendo notevoli dimensioni, ma nei nostri primi tre mesi di vita siamo molto vulnerabili. Non possiamo nemmeno sputare fuoco, come piace dire a voi. Abbiamo una ghiandola molto ampia, all'interno del nostro addome, che contiene un liquido particolare: noi lo chiamiamo "fonte del fuoco". Richiede almeno quattro mesi per svilupparsi. E' quella che, una volta a contatto con l'ossigeno, grazie ad una scintilla generata da un organo nella nostra gola, trasforma il liquido in fiamme.

Quando Delia tornò da me in compagnia di Arty non ne fui molto felice.

Avevo un carattere difficile e ce l'ho tuttora, lo ammetto.

Arty, smettila di ridere. No, non è divertente.

Tornando al discorso di prima, se Arty la smettesse di interrompere, mi riusciva molto difficile affezionarmi a qualunque forma di vita che non appartenesse alla mia specie.

Ero un drago selvatico. L'ultimo di una specie forte e bellicosa, che non si inchinava di fronte a nessuno, ora ridotta in ginocchio. Resa schiava, trasformata in una stirpe di animali da soma, instupiditi dalle comodità e dal falso affetto degli uomini, che ci consideravano alla stregua di galline. Solo perché non potevano comprendere il nostro linguaggio, ci credevano stupidi. Un tempo eravamo stati spietati, facevamo il bagno nel sangue dei nostri nemici e di chiunque osasse mancarci di rispetto, mentre ora... ora non eravamo niente.

E ci piaceva.

O, almeno, piaceva alla maggior parte di noi.

Io ero troppo intelligente per lasciarmi manipolare in quel modo, sebbene fossi tanto giovane. Sentivo di essere molto di più che un animale da allevamento. Lo stesso aveva pensato Delia, sottraendomi, appena nato, a uno dei tanti allevamenti nei quali mi avrebbero tarpato le ali e smussato gli artigli.

La Athi mi aveva salvato e portato al sicuro, creandomi un rifugio nella foresta. Tuttavia, dato che la tenevano d'occhio, era rischioso restare nei paraggi, e si era allontanata per trovare qualcuno in grado di prendersi cura di me, mentre lei cercava un posto migliore da trasformare nella mia casa, del buon cibo e tutto il necessario per sistemare un cucciolo.

Già non mi piaceva l'idea di passare il tempo con qualcuno di diverso da Delia, come quel gigante di nome Stinn o Sgnign. Ma non avrei mai immaginato che mi avrebbe affidato ad un nanerottolo di dieci anni.

Stavo sonnecchiando beatamente all'interno della mia tana, un buco all'interno di un'enorme roccia porosa, attraverso le cui fessure penetrava la luce del sole, quando avvertii delle voci avvicinarsi.

Mi misi subito all'erta e sbirciai fuori.

Quando vidi Delia, emisi un gridolino di gioia e le andai incontro, inciampando nelle mie stesse zampe e la coda, che era fastidiosamente grande e non sapevo ancora come usare, mentre le mie ali cadevano un po' da una parte e un po' dall'altra. La mia gioia si affievolì, quando scorsi Smith, per poi spegnersi del tutto, quando vidi il tappetto che si portava sulle spalle. Smaif lo depositò a terra come se fosse stato un pacchetto pericoloso e il bambino - ho già detto che era di statura particolarmente bassa? - mi guardò con occhi sgranati, un sorriso idiota impresso sulle labbra.

- Ma quello è un drago! - esclamò, annaspando sulle gambette corte per raggiungermi.

Vedendomelo venire incontro, lo schivai, andando a rifugiarmi sotto la gonna di Delia, che scoppiò a ridere. Emisi un verso di disgusto e disappunto, che la fece ridere ancor di più. Non me la cavavo ancora molto bene con le parole, ma lei riusciva a capirmi comunque.

- Piccolo, non preoccuparti - mi disse, cercando di rassicurarmi. - Quello non è un mostro. Si chiama Arty, ed è un cucciolo di Athi. Niente di meglio per occuparsi di un altro cucciolo.

Sì, certo.

Niente di meglio.

Emisi un lungo grugnito, che si trasformò in un ringhio quando il moccioso mi afferrò la coda, ridendo di gusto. Scattai in sua direzione, mordendo l'aria a pochi centimetri dalla sua mano destra. Stavano già cominciando a spuntarmi i denti, quindi avrei potuto fargli male. Lui non sembrò comprendere la minaccia e mi strinse in un abbraccio soffocante, incurante del mio dibattermi, che avrebbe dovuto essere un chiaro segnale del mancato apprezzamento.

- Che bello! - ripeté Arty, lasciandomi andare. - E così è lui il tuo amico scorbutico? E' fantastico. Non avevo mai visto un drago selvatico prima d'ora.

Ma davvero? , avrei voluto dirgli, mentre mi leccavo la coda dolorante, guardandolo in cagnesco.

In effetti, il marmocchio sembrava un Athi. Aveva gli stessi capelli rossi di Delia, sebbene fossero di una tonalità più scura, tendente al rame. I suoi occhi erano di un verde innaturale, argenteo, proprio come quelli di lei. La pelle color caffelatte, tuttavia, era più chiara rispetto quella di un Athi, e i suoi lineamenti rozzi, quasi umani. Nel suo naso a patata e gli zigomi pronunciati potevo intravedere il volto che avrebbe avuto una volta adulto.

Se fosse diventato adulto, visto come continuava a provocarmi.

- Sì, è solo mezzo Athi - confermò Delia, che aveva interpretato correttamente i miei sguardi. - Ma andrà comunque bene. Non è vero, Arty?

- Certo!

Mi venne da piangere e scossi la testa, in un vano tentativo di disapprovazione. Delia non mi badò, ovviamente, permettendo al moccioso di stritolarmi in un altro, appiccicosissimo abbraccio. Era incredibile risultare tanto fastidiosi in meno di dieci minuti. Congratulazioni.

Dopo che ebbe sciolto gentilmente la sua presa, la donna istruì il bambino su come prendersi cura di me: avrebbe dovuto grattarmi il dorso, pulendomi nel torrente poco lontano, finché anche gli ultimi pezzi d'uovo fossero scomparsi, insegnarmi a parlare, cacciare e volare.

- Ma io non so come si fanno queste cose - balbettò Arty, pallido.

Delia si frugò in tasca e gli porse un libricino di cuoio che l'avevo vista consultare molte volte.

- Dovrai solo leggere le istruzioni contenute qui - lo rassicurò, dandogli una carezza consolatoria sul capo.

Depositò a terra uno zaino, contenente diverse borracce, cibo per me e per lui, dei lacci per cacciare i conigli e i pesci, e un coltello.

Arty osservò la lama con occhi sgranati e fece istintivamente un passo indietro, spaventato.

Io, invece, la osservai affascinato. Era come un'enorme zanna. Speravo di avere dei denti così, una volta adulto.

- So che la violenza non è nelle corde di un Athi - mormorò Delia, anche lei a disagio. - E che un bambino non dovrebbe mai essere costretto ad usare un'arma... tuttavia, ci sono delle persone che mi danno la caccia e degli animali feroci che bazzicano la foresta. Se mai dovessi trovarti in una situazione critica, dovrai difendere te stesso e il cucciolo di drago.

Sebbene Arty fosse riluttante, gli mostrò come usare il coltello, anche grazie all'aiuto di Finn, che sembrava saperne molto di più sulle armi. A giudicare dalla sua faccia truce, non mi sarei sorpreso se avesse condotto una vita da mercenario, prima di conoscere Delia.

Una volta che ebbero istruito Arty a dovere, Delia rivolse un'ultima carezza sia a me che a lui, mentre Finn emetteva un grugnito sprezzante, facendole cenno di rimontare sul carro. La donna esitò, guardandoci con le sopracciglia aggrottate. Non le piaceva lasciarci soli, era evidente, ma non aveva scelta. Se fosse rimasta, ci avrebbe messi entrambi in pericolo.

- Non abbiate paura - aggiunse, sporgendosi dal carro, poco prima di partire. - Andrà tutto bene. Tornerò fra tre giorni, al massimo.

- Tre giorni? - gorgogliò Arty, ancor più pallido di prima.

Delia sorrise, mandandoci un bacio, e lei e Ting partirono.

***

Avete presente quando vi dicono "andrà tutto bene" soltanto per non farvi angustiare, mentre in realtà pensano l'esatto contrario?

Ecco, l'espressione di Delia, in quel momento, mi aveva trasmesso una sensazione tutt'altro che piacevole. Diceva qualcosa di più simile a "non so se torneremo, ma, in caso, ci sarà Arty a prendersi cura di te".

E così fu.

Da quella volta, nessuno di noi la vide più.

Qualche anno fa, durante uno dei nostri peregrinaggi nelle montagne e nella piana di Lenodia, io e Arty ci siamo fermati in un paesucolo non molto lontano da Kurna. Mentre alloggiava in una locanda, parlando con l'oste, Arty è venuto a sapere della storia di una nana dai capelli rossi e un gigante delle montagne in fuga dalle guardie dell'allevamento Minston, sul fronte orientale. Il signor William Minston era uno dei più ricchi commercianti di draghi, centinaia di anni fa.

Era ovvio che si trattasse di Delia e Finn, ma, nonostante tutti quegli anni e la consapevolezza che non ci avrebbero mai abbandonati a noi stessi se non per cause di forza maggiore, avevamo sempre sperato che se la fossero cavata. Scoprimmo invece che erano stati catturati dalle guardie dell'allevamento Minston. Avendo opposto resistenza, Finn era stato ucciso, mentre Delia messa in prigione, prima di venire impiccata. La pena per aver rubato un drago era la più grave, ora che l'intera economia di Lenodia si basava sul nostro allevamento: i commercianti avevano acquisito un tale potere grazie ai draghi da essersi trasformati in crudeli despoti, che potevano fare il bello e il cattivo tempo. Avevano molti soldi a disposizione, abbastanza da far uccidere chiunque osasse opporsi alle loro idee o sostenesse che i draghi fossero creature intelligenti quanto gli uomini, se non di più.

Essendo gente istruita, sapevano anche quanto gli Athi fossero pericolosi, su quel versante. Erano i compagni dei draghi da secoli, e si prendevano cura di loro. Erano gli unici a riuscire a comprenderci, ad aver interpretato la nostra lingua. Non c'era nulla di cui stupirsi: erano stati loro ad aver portato la civiltà nel nostro popolo bellicoso, mitigandoci con la loro compassione e l'amore per la conoscenza.

In cambio, noi davamo loro ciò di cui più avevano bisogno: il calore.

I draghi erano le creature più emotive che esistessero. Ci scaldavamo facilmente, eravamo impetuosi in ogni nostro gesto e questo, per gli Athi, aveva un fascino irresistibile. Nutrendosi di emozioni, per loro eravamo come un faro. Dunque gli Athi ci erano molto fedeli e non potevano stare senza di noi, dopo averci conosciuti. Avrebbero fatto qualsiasi cosa pur di proteggerci, aiutarci a riacquistare lo splendore di un tempo. Era quello che voleva fare Delia. Quello che avrebbero voluto fare tutti gli Athi rimasti, giunti ormai al tramonto della loro civiltà. Ma ognuno di loro fu trovato e ucciso, per aver cercato di aiutarci o rendere gli umani più consapevoli della nostra vera natura, che non era di bestie da allevamento.

Tutti tranne uno.

Tuttavia all'epoca ero solo un cucciolo e degli Athi sapevo solo una cosa: che erano bravi a prendersi cura di me e conoscevano i miei bisogni ancor prima che li esprimessi.

Gli unici di cui mi potessi fidare, oltre ad altri draghi.

Per questo, sebbene Arty fosse solo un bambino - e per giunta fastidioso - non ebbi altra opzione che mettermi nelle sue mani.

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