Capitolo 39: Luna rosso sangue - Parte II
Artigern
Io e Mulkin procedevamo il più velocemente possibile verso il cuore della battaglia. Cominciavo a sentire il clangore delle armi che si scontravano le une con le altre, le grida degli umani, i ruggiti dei draghi. Più ci avvicinavamo, più faceva caldo. Un caldo asfissiante. O forse ero io ad avere la febbre, ormai non lo sapevo più.
Le gambe mi tremavano e facevo sempre più fatica a respirare, tuttavia mi sentivo del tutto lucido. L'urgenza di vedere Sparviero mi aveva messo le ali ai piedi. Volevo abbracciarlo, prima di non essere più io. E volevo stringere fra le mie braccia anche Melina, un'ultima volta.
Eravamo giunti in vista dei fuochi della carneficina, quando provai la sensazione che mi stessero schiacciando il petto in una pressa, e tutto si spense.
Rinvenni poco dopo, accasciato nell'erba soffice del bosco. Mulkin mi stava sorreggendo la testa e mi guardava con occhi sgranati.
- Artigern, cosa ti sta succedendo? - mormorò, aiutando a rimettermi in piedi.
- Non lo so - rantolai, aggrappandomi a lui. - Conosco gli effetti della pozione, ma ignoro i sintomi che potrebbe comportare assumerla. E' strano. Non dovrebbe uccidermi. Dovrebbe solo...
Un momento.
Ma io non ero del tutto un Athi, nonostante condividessi la maggior parte delle loro caratteristiche mentali e anatomiche. In me c'era qualcosa di umano, e poteva essere che la pozione stesse agendo in modo diverso, per questo.
- Solo? - mi incitò Mulkin, sorreggendomi.
- Andiamo, non c'è tempo - tagliai corto io.
Avevo una paura folle, mi tremavano le ginocchia a tal punto che faticavo a reggermi sulle gambe. Mulkin ebbe l'ottima idea di prendermi in braccio, sollevandomi da terra, e corse verso la battaglia con ampie falcate.
- Non serve che mi porti - farfugliai. - Ce la faccio.
- Sta zitto - sbottò lui.
Gli fui grato per non avermi dato retta e mi abbandonai fra le sue braccia, cercando di respirare in modo normale. Faceva davvero troppo caldo. L'aria ribolliva lungo i miei bronchi, togliendomi il respiro. Cercavo di incamerarne il più possibile, ma il mio petto si contraeva in spasmi irregolari, come se avessi il singhiozzo.
Mentre ero steso, con la testa piegata all'indietro, guardai il cielo, in cui le stelle lontane sfrigolavano silenziose. A un tratto, vidi un'ombra rossa calare sulla luna. Strizzai gli occhi e li riaprii, convinto di essere in preda alle allucinazioni, ma il colore sanguigno che si stava impadronendo di quel cerchio luminoso era più che reale.
- Mulkin - gorgogliai, cercando di attirare la sua attenzione, fra un respiro mozzo e l'altro.
- Shh, risparmia il fiato - mi intimò lui, mentre si abbassava per evitare un ramo.
- La luna - riuscii a sussurrare, deglutendo a fatica.
Lui si fermò, perplesso, e alzò lo sguardo. Le sue pupille si dilatarono per lo stupore e la paura, mentre la osservava, e le sue labbra screpolate si schiusero leggermente.
- Per tutti gli dei... una luna di sangue...
- Cosa significa?
- Che sta succedendo qualcosa che non dovrebbe succedere - rantolò lui, aumentando il passo.
Ormai eravamo arrivati.
Potevo sentire chiaramente il caos della guerra, sebbene tutto ciò che riuscissi a vedere, in quella bolgia infernale circondata dalla nebbia rossa, fosse una massa inconsistente di braccia, gambe, armi, code e fiammate.
Mulkin si rannicchiò fra i cespugli nei pressi del conflitto, e mi sorresse la schiena, in modo che potessi guardarmi attorno.
- Riesci a vedere Sparviero?
- No - gemetti, con le lacrime agli occhi. - C'è troppo rumore, troppa gente.
Mi feci prendere dal panico.
- Non lo rivedrò mai più...
- Ma no, certo che lo rivedrai - mi interruppe Mulkin, secco. - Ti porterò io da lui, devi solo dirmi com'è fatto.
- E' un drago albino. Ha la pelle bianca e gli occhi rossi come due tizzoni - spiegai, la testa appoggiata sulla sua spalla. Volevo dormire, ma non potevo.
- Un drago? - fece il soldato, con un moto di repulsione.
- Ma non è come gli altri. E' un drago buono, credimi.
Mulkin mi guardò dubbioso, incerto se stessi delirando o meno, e infine decise di credermi, quando mi abbandonai a un patetico ascesso di tosse.
- E va bene, cercheremo questo Sparviero. Tu però cerca di restare calmo. Respira a fondo - mi ordinò, piazzandomi sulla sua schiena. - Tieniti aggrappato a me. Devo avere entrambe le mani libere per farmi largo là dentro.
Estrasse un'ampia spada a due mani dalla cintura, e fece per avanzare.
Udii le strida di alcuni draghi colpiti a morte, seguiti dai tonfi pesanti dei loro corpi che cadevano a terra.
Gli umani gridarono di gioia, quindi, come un solo corpo, si avventarono contro la quercia.
- Dobbiamo distruggerla! - gridò uno di loro, reggendosi un braccio insanguinato, che ricadeva molle lungo il suo fianco destro. - Colpitela con tutte le vostre forze!
- No - balbettai, allarmato. - Mulkin, non devono colpirla.
- Non abbiamo tempo per questo - disse lui, che si stava allontanando dal campo della quercia approfittando della distrazione degli umani. - Dobbiamo cercare il tuo amico, prima che... insomma, dobbiamo cercare Sparviero. E' quello che vuoi, non è vero?
Sì, era quello che volevo.
Guardai la quercia argentea, il cui tronco cominciò a tremare sotto i colpi furibondi degli umani, che la aggredivano da ogni lato, con le loro spade, le asce, le mazze chiodate e le torce di fuoco. Alcuni di essi, più lontani, utilizzavano delle catapulte sopravvissute alle fiammate dei draghi per lanciarvi contro ampi massi.
Tutto ciò non poteva fare nulla a quel gigante nato grazie a una magia storpia, che restò saldo, immobile, resistendo ai colpi. Tuttavia, quel caos fu sufficiente a risvegliare il dio che dormiva al suo interno.
La voce tuonante di Oberon risuonò in tutto il bosco, e la terra cominciò a tremare violentemente. La natura si risvegliava, in tutta la sua potenza.
- Come osate colpire un gigante della foresta? - tuonò la sua voce, distorta, profonda, ultraterrena. - Piccoli insetti...
I rami della quercia si animarono di vita propria e cominciarono a colpire gli umani. Alcuni di essi furono trapassati dai rami puntuti, altri ingoiati dagli enormi fiori, grandi quanto la bocca di un drago. Stille di sangue colarono da essi, riversandosi come pioggia sul terreno sottostante.
Mulkin, nonostante avesse visto molte battaglie e ogni genere di ferite e morti, restò a bocca aperta, paralizzato, a osservare quello spettacolo terribile e affascinante allo stesso tempo, proprio come lo era la natura scatenata al massimo della sua potenza.
La natura poteva essere una madre gentile e dolce, ma anche una forza terrificante. Gli umani e i draghi l'aveva stuprata troppo a lungo, e ora la sua furia si era risvegliata.
Potevo scorgere il volto di Oberon, ingrandito a dismisura, all'interno del tronco della quercia. I suoi occhi verdi erano rossi, proprio come la luna, proprio come le cascate di sangue che scivolavano lungo il suo tronco.
Aveva un'espressione bestiale, irriconoscibile, e i suoi denti erano lame. Il suo viso si stava deformando, trasformandosi sempre più rapidamente in quello di un orso dalle lunghe zanne e gli occhi iniettati di rabbia primordiale.
Io tremavo, di fronte a tutta quella potenza, e mi sentivo piccolo e insignificante.
- Dobbiamo fuggire - rantolò Mulkin.
- No, non possiamo - farfugliai, nonostante quelle parole mi costassero care, e gli occhi mi si colmassero di lacrime, che scivolarono silenziose lungo le mie guance. Non avrei più rivisto né Sparviero, né Melina, lo sapevo. - Devo andare da Oberon. Devo calmarlo, prima che diventi del tutto un mostro.
- Sei impazzito? - gridò Mulkin, esterrefatto. - Ti ucciderà!
- Ormai non fa molta differenza, per me.
- Tu sei matto.
- Beh, non sei costretto a seguirmi - dissi, cercando di mostrarmi spavaldo, mentre mi liberavo dalla sua presa.
Barcollai, rischiando di cadere a terra, e avanzai a fatica verso la quercia.
Superai cadaveri di draghi, bellissimi anche nella morte, e resti di umani, trafitti dalle loro code, maciullati dai loro artigli e zanne.
Non potevo guardarli, stavo soffrendo già a sufficienza.
Ero a metà strada, quando le ginocchia mi cedettero. Mi misi a quattro zampe, reggendomi sulle braccia.
Piansi, perché non avevo la forza di continuare. Non ero mai stato forte.
No, non lo ero, e non potevo salvare Oberon da se stesso, né i miei amici, qualora si fossero messi sulla sua strada. Io ero spacciato, non avevo nulla da perdere, ma loro potevano ancora vivere.
Arrancai a quattro zampe.
Alla fine non riuscii a proseguire nemmeno così, e cominciai a strisciare, trascinandomi a sola forza di braccia.
Quanto ero debole. I miei cuori si contraevano spasmodicamente, senza trovare requie, e la tachicardia mi faceva ansimare. La mia vista a tratti si sfocava, e sentivo di essere costantemente sul punto di cedere.
- Oh, dei - sibilò la voce di Mulkin, incredibilmente vicina.
Pensai me la fossi immaginata, ma poi due mani mi sorressero, trasportandomi velocemente verso la quercia, evitando i rami che cercavano di ghermirlo.
- Mulkin? - rantolai, stupito. - Non devi... vai via...
- Perché devi essere così? - gemette lui.
Non aggiunse altro, mentre mi trasportava verso l'albero.
Oberon emise un ringhio minaccioso, mentre ci avvicinavamo. Il suo muso da orso si increspò e scattò in avanti, cercando di divorarci. Mulkin si spostò a destra, evitandolo per un pelo, e alzò la spada, pronto a difendersi.
- No! - gridai, con voce strozzata. - Così lo aizzi!
- Mi spiace, ma non ho intenzione di permettergli di staccarmi la testa - ululò Mulkin, mulinando l'arma a destra e a manca.
Per quanto fosse bravo a schivare i colpi, non riuscì a impedire a un grosso ramo di avilupparsi attorno alla sua vita, estirpandolo dal terreno. Io caddi a terra e vidi il ramo trasportare Mulkin sempre più in alto, mentre il soldato urlava disperato.
- Voi... è colpa vostra... - disse Oberon orso, con quella voce tuonante e aliena. - Adesso... MUORI...
- Oberon, no! - strillai, allungando le mani verso il suo muso.
Lui stava per sbattere Mulkin a terra, riducendolo a un ammasso di carne e ossa bianche, ma si fermò, spostando la sua attenzione su di me.
L'odio con cui mi guardò mi strappò un singhiozzo, ma cercai di controllarmi.
- Un Athi? - ruggì, gli occhi rossi che sembravano leggere nella mia anima.
Le radici sotto di me si animarono e mi avvolsero in un bozzolo, infilandosi sotto i miei vestiti, graffiandomi crudelmente la pelle. Mi lasciarono libero solo il volto.
- Oberon, ti prego - balbettai, mentre lui mi attirava a sé come se volesse divorarmi.
- Conosci... il mio nome...? - ringhiò.
Mi annusò con il suo ampio tartufo di legno umido, e io non potei fare altro che restare immobile nella sua presa d'acciaio. Mi sentivo come un passerotto fra le mani di un gigante di ferro.
- Conosco... il tuo... odore... - disse Oberon orso, e mi parve che la sua rabbia si stesse placando.
- S-sì - gorgogliai, con un sorriso speranzoso. - Ti ricordi di me? S-sono Artigern. Siamo amici. Ti prego, spegni la tua furia. Uccidere non allevierà la tua sofferenza.
- COSA... NE PUO'... SAPERE... UN ATHI... COME TE? - urlò lui.
Le radici si strinsero, togliendomi il fiato, e pensai che fosse finita.
Sì, questa era la fine, e non sarei tornato indietro.
Pregai solo che mi uccidesse in fretta, e chiusi gli occhi, singhiozzando.
Aspettai il dolore, la sensazione di soffocamento, ma non avvenne nulla di tutto questo.
Non so dove trovai il coraggio di aprire gli occhi.
Oberon orso mi stava ancora guardando, ma non c'era più lo stesso odio di prima nei suoi occhi, che stavano prendendo una mite sfumatura color nocciola.
Le radici mi ritrassero gentilmente, depositandomi a terra, e l'orso mi leccò da cima a piedi, impiastricciandomi di linfa. Insistette in modo particolare sul mio viso, finché non finii per inghiottirne un po'. Sapeva di succo di more.
Deglutii a fatica, provando la sensazione che, dove la linfa passava, stesse spegnendo ogni traccia di dolore e calore. Il mio respiro si appianò e la tachicardia cessò, mentre i miei cuori riprendevano un ritmo normale.
Io, tutto invischiato in quella sostanza, cercai di mettermi seduto. Ero ancora piuttosto impacciato. Una serie di manine gentili mi aiutarono a rimettermi in piedi, mentre l'orso continuava a leccarmi.
- Basta, basta - farfugliai, cercando di scacciarlo gentilmente. Non riuscivo a mantenere l'equilibrio, con lui che mi spingeva a terra.
I rami, da cui erano scaturite quelle minuscole mani, si ritrassero all'interno del tronco, mentre l'orso si leccava le labbra, guardandomi con aria mesta.
I suoi occhi castani erano lucidi e intelligenti.
- Oh, Oberon - sussurrai, avvicinandomi con cautela, una mano tesa.
Abbracciai il suo muso, e lui lasciò andare gli umani ancora vivi con gentilezza, Mulkin compreso. Lentamente, il suo volto cambiò forma, e mi ritrovai avvolto fra le sue braccia forti e accoglienti, il viso affondato nel suo vestito di muschio soffice e profumato.
- Mi dispiace - mormorò il Re delle Querce, e lo sentii singhiozzare sotto la mia presa. - Ero così... così arrabbiato...
- Va tutto bene - risposi, sciogliendo con dolcezza la stretta. - Adesso sistemeremo tutto.
Lo guardai e vidi che i suoi occhi castani erano colmi di lacrime argentee, che gli avevano rigato il viso color caffè.
Oberon si guardò alle spalle e vidi che era collegato alla quercia tramite una serie di dotti colmi di linfa verde, affondati nella carne della sua schiena.
Il Re delle Querce allungò una mano verso il terreno e da esso plasmò una sottile lama acuminata di legno metallico, l'elsa fatta di radici.
La osservò in silenzio, rigirandola fra le mani, quindi si inginocchiò di fronte a me. Raccolse una mia mano e la strinse attorno all'elsa.
- Sai cosa devi fare - mormorò, con un sorriso gentile.
Io deglutii.
- No - gorgogliai, nonostante fosse una bugia.
Il sorriso di Oberon non fece una piega, diventando anzi più accogliente e tranquillizzante.
- Sì che lo sai - sussurrò, accarezzandomi la testa. - Io e questa quercia siamo legati. L'unico modo per abbatterla e far cessare tutto questo è uccidere me.
- Ma io non voglio ucciderti - rantolai, abbassando lo sguardo. - Melina ha detto che dobbiamo, ma... ma... non posso. Che mostro sarei, se... noi Athi crediamo che l'anima non esista, ma... anche se non ne avessi una, Oberon... tu sei troppo...
Non riuscivo neanche a parlare. Pensavo che, quando sarebbe arrivato il momento di fare l'eroe, sarei stato all'altezza della situazione, e invece no. Non potevo nemmeno fare questo, pur sapendo che così avrei salvato tante vite. Ma come potevo uccidere questa creatura divina di fronte a me, che mi guardava così, rendendosi vulnerabile? Era impossibile. Non potevo. Oberon era troppo buono, era disposto a sacrificarsi, e per salvare quali vite? Quelle di chi aveva cercato di abbattere la quercia? Di chi aveva fatto strage dei membri della mia specie per sfogare la rabbia e l'odio? Io non sapevo più da che parte stessi. Non sapevo cosa fosse giusto o sbagliato. Ma sapevo che non volevo uccidere Oberon.
Lasciai cadere a terra il pugnale e lo abbracciai.
- Non voglio che tu muoia - gli dissi. - Vedrai, troveremo un altro modo.
- Non c'è altro modo - sospirò il dio della foresta, facendo un passo indietro.
Rapidamente, la sua figura si deformò, lievitando a dismisura, assumendo la forma di un orso dal manto rossiccio. Puntò gli occhi castani su di me e mi venne incontro alla massima velocità.
Io arretrai, inciampando nei miei piedi, finché non caddi sul sedere. Osservai Oberon orso superarmi con un ampio balzo, atterrando fra gli umani rimasti, che avevano osservato la scena di poco fa con aria indecisa.
Fece solo finta di colpirli, agitando a vuoto le grandi zampe artigliate e ruggendo per fare un po' di scena.
Loro, temendo che si sarebbe scatenato come poco prima, si avventarono su di lui con le lame e i coltelli e...
- No! - singhiozzai, correndo in loro direzione. - Non fategli del male! Lui è...
Due braccia salde mi sollevarono da terra, stringendomi forte, mentre una mano guantata mi tappava la bocca.
- Hmm! - gridai, divincolandomi.
- Stai buono - sussurrò Mulkin, con voce rauca.
Anche lui aveva le lacrime agli occhi.
Mi divincolai disperatamente, ma più mi muovevo, più lui mi teneva stretto. Alla fine, non potei fare altro che piangere impotente, mentre sangue argentato stillava dalle ferite di Oberon, che si era placidamente abbandonato fra le mani degli umani.
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Quanto amo questo capitolo!
Spero che vi dia altrettante emozioni quante ne ha trasmesse a me.
Scusate se vi lascio con questo finale, ma non posso metterli tutti adesso. Ci tenevo ad arrivare fin qua, però :)
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