Capitolo 35: La biblioteca di Folis
Mi piace troppo com'è venuto questo disegno... Patatosissimo.
Okay, vi lascio alla lettura!
Sparviero
La mattina seguente ci avviammo verso Folis, abbandonando definitivamente la foresta. La grande strada che portava alla città, un tempo ordinata e pulita, si trovava in un grande stato di incuria. Fili d'erba crescevano ovunque attraverso i sassi, e la natura aveva cominciato a riprendersi ciò che le era stato sottratto dalla civilizzazione.
Melina proseguiva in testa al gruppo con passo sicuro, Arty la seguiva ciondolando leggermente, e io li osservavo da una decina di passi più indietro, ancora furibondo per gli avvenimenti della notte precedente.
Arty si voltava spesso verso di me, combattuto. Voleva fare pace, ma io ero troppo arrabbiato per rivolgergli un cenno amichevole.
Così, poco dopo raggiungemmo Folis, circondata da un sottile strato di nebbia rossa. Qua ce n'era di meno, ma era comunque pericolosa. Sembrava una barca sospesa su un mare cremisi, di cui si riuscivano a stento a scorgere i contorni. Da essa emanava un silenzio di morte.
Quella feccia che avevamo incontrato la sera precedente dovevano essere gli unici umani sopravvissuti al massacro della malattia.
Poco prima di entrare, Arty si fermò, prendendo Melina per mano.
- Che c'è? - sbottò lei, col solito tono rude.
- Siamo del tutto certi che questo posto sia sicuro? Forse la biblioteca non è nemmeno sopravvissuta - mormorò lui, abbassando lo sguardo.
- Hai paura?
Arty non rispose.
- Non preoccuparti - sogghignò Melina, scoccandomi un'occhiataccia. - Abbiamo un feroce e potente drago a proteggerci. Non ci accadrà nulla. Se degli umani superstiti osassero attaccarci, li sbranerà senza pensarci due volte, non è vero, signor morte?
Emisi un basso e prolungato ringhio, che la fece ridere di gusto, prima di sciogliere la presa di Arty e addentrarsi nella nebbia rossa. Lui esitò ancora un istante, poi trasse un'ultima boccata di aria relativamente pulita e la seguì. Io non potei fare altro che imitarlo, nonostante, in quel momento, stessi fantasticando sul modo più creativo in cui eliminare Melina.
*
Folis si era trasformata in una città fantasma. Non un'anima ci accolse, nel momento in cui varcammo la soglia della nebbia. Arty cercava di star dietro a Melina, temendo di perderla nel muro rosso che ci circondava. Soffocava dei colpi di tosse con l'orlo del mantello, e mi ricordai che c'era qualcosa di umano in lui. Non era del tutto immune all'effetto venefico della quercia, sebbene non a tal punto da ammalarsi.
Le case nella nebbia sembravano tutte uguali, come mostri dormienti. Erano vuote, e ci osservavano con occhi attenti e minacciosi.
Quel posto non mi piaceva per niente, sebbene non avessi rilevato alcune presenza di umani o draghi, e preferii avvicinarmi ad Arty e Melina per proteggerli. L'Athi fu confortato dalla mia presenza e mi accarezzò un fianco, ignorando i miei brontolii.
- Della città Athi è rimasto poco o nulla - sospirò, malinconico. - Folis assomiglia molto a Kurna, e a qualsiasi altra città umana. E se non fosse rimasta traccia dei documenti di cui ti ha parlato Oberon?
- Non ne ho idea - sospirai, stringendo gli occhi per cercare la sagoma di una biblioteca, sebbene non avessi la minima idea di come fosse fatta.
- Nei Compendi di Nimrod e le mappe che ho è ancora presente! - sbottò Melina, ordinandoci di girare a destra. - Nonostante Folis sia diventata una città umana, con gli anni, è stato conservato un piccolo quartiere Athi, come museo. Lì sono raccolte alcune tra le più importanti testimonianze riguardanti la vita degli Athi. Quel quartierino è un'attrazione turistica, praticamente. Gli umani si divertivano un sacco ad andarci per vedere i residui di una civiltà ormai decaduta, senza considerarla propria pari, sebbene gli Athi avessero fatto significative scoperte nel campo della scienza e dell'area umanistica anche prima del loro arrivo. Pfft. I soliti arroganti.
Chiuse i compendi con uno schiocco e li rimise nello zaino, assieme alle mappe.
- Seguitemi, siamo quasi arrivati. La biblioteca è da questa parte.
All'inizio dubitavo che avesse davvero idea di dove stessimo andando, ma, all'improvviso, ci trovammo di fronte a un edificio immenso, la cui cima si perdeva nella nebbia rossa. Era assai arzigogolato e slanciato verso l'alto, percorso da una serie di motivi geometrici che si ripetevano come all'interno di un caleidoscopio. La costruzione si trovava in un generico stato di incuria, così come la strada che portava a Folis, e alcune finestre erano state sfondate a suon di sassate.
All'ingresso c'era un enorme portone, alto almeno dieci metri e largo cinque, all'interno del quale erano state ritagliate due porte a taglia di umano e altre due, più piccole, a taglia di Athi.
Melina aprì una di quest'ultime e si infilò all'interno della biblioteca, seguita da Arty.
- C'è nessuno? - chiamò, e la sua voce risuonò fra gli alti scaffali ricolmi di papiri e libri di varia dimensione ed età.
Era tutto buio. Sui soffitti c'era una complessa serie di lampade ad olio, spente. Alcune di esse erano ancora colme di liquido, ma i due Athi non avevano idea di come raggiungerle.
Io infilai il muso all'interno della piccola porta attraverso la quale erano passati e gridai per richiamare la loro attenzione.
- Ehi! E io? Non mi fate entrare? - mi lamentai.
- Oh, giusto - farfugliò Arty, con un sorriso imbarazzato. - Tu non puoi passare di lì.
Alzai gli occhi al cielo, mentre l'Athi si avvicinava a me. Mi accarezzò il naso, mentre contemplava il portone alla ricerca di un modo per aprirlo.
- Melina, guarda, c'è una leva! - esclamò, indicandola.
- Che fortuna - brontolò lei, senza dar cenno di volerlo aiutare. Piccola strega.
Arty salì su un alto sgabello fino a raggiungere la grande leva sul lato destro della porta e saltò, aggrappandovisi con entrambe le mani. Agitò le gambette nel vuoto, cercando invano di tirarla giù.
- Aiuto! - piagnucolò. - Non sono abbastanza pesante per smuoverla. Melina, aggrappati alle mie gambe!
Lei, esasperata, abbandonò lo zaino su un tavolo polveroso e fece come le era stato detto, malgrado fosse visibilmente scocciata.
Si aggrappò ad Arty e, assieme, riuscirono a tirare giù la leva.
Il grande portone si aprì con un sonoro cigolio, che echeggiò sinistro nei corridoi vuoti e silenziosi. Rannicchiandomi, riuscii ad attraversare lo spiraglio che i due Athi erano riusciti ad aprire, prima che Arty mollasse la presa sulla leva e ruzzolasse addosso a Melina, mentre il portone si richiudeva con un tonfo sonoro.
- Artigern! - si lamentò lei, cercando di alzarsi in piedi.
- Oops - fece lui, con una risatina. - Le mie braccia hanno ceduto.
- Secondo me l'hai fatto apposta - brontolò Melina, usando un suo ginocchio come leva per rialzarsi.
- Sai com'è, il mio braccio malato... - mormorò Arty, simulando dolore atroce. - Quello che tu hai colpito...
- Mpf, nessuno ti crede - sospirò lei, sebbene gli stesse tendendo una mano per aiutarlo.
Lo rimise in piedi e lui ne approfittò per abbracciarla.
- Basta coccole! - ringhiò Melina, scacciandolo come una gatta imbestialita.
Io risi sotto i baffi, osservando il sorriso innamorato di Arty, e la Athi emise un brontolio, fulminandomi con lo sguardo.
- Che hai tu da ridacchiare? Renditi utile, piuttosto, e accendi quelle lampade! Dovresti arrivarci, col tuo collo lungo da impiccione - mi liquidò, zampettando verso il tavolo e rimettendosi a consultare i compendi.
Arty si avvicinò a me e salì sul mio collo, dopo aver preso una candelina lunga e sottile adatta ad accendere le lampade.
- Dagli fuoco - mi disse, ancora in brodo di giuggiole per aver abbracciato Melina. - Ma piano... non vorrei mi incenerissi il braccio, mattacchione.
Io sorrisi e feci come chiedeva.
L'Athi si arrampicò con cautela sul mio collo, sedendosi sopra il mio capo, mentre io mi issavo sulla punta delle zampe per raggiungere le lampade. Lui aprì le porticine di vetro e metallo con le piccole dita e diede fuoco allo stoppino.
Ripetemmo quell'operazione finché non fu possibile orientarsi nei corridoi senza troppa difficoltà.
Quindi Arty scese dal mio collo e spense la candelina fra pollice e indice, dopo esserseli passati sulla lingua.
- Ecco fatto - disse, mettendosi in tasca quello che rimaneva della cera. - Adesso possiamo esaminare qualche libro assieme, se vuoi. Melina sta guardando nel registro della biblioteca per trovare qualcosa di interessante, ma ci vorrà del tempo.
Raccolse una lanterna e la usò per farsi luce mentre proseguivamo nella parte più bassa degli scaffali. Arty faceva scorrere le dita lungo le costole dei libri e annusava i papiri, starnutendo per la polvere.
- M... N... O... - mormorò, leggendo le iniziali dei nomi degli autori nella sezione scientifica. - Ci credi che coloro che hanno scritto questi libri erano tutti Athi? E' incredibile. Chissà quanti dovevamo essere, un tempo...
- Siete ancora in tanti.
Arty mi guardò con occhi tristi, le iridi argentee che luccicavano alla luce della lanterna.
- Davvero lo pensi, Sparviero? Credi che quelle creature deprivate di un cuore siano ancora Athi? - sospirò. Non era arrabbiato, ma c'era molto dolore nella sua voce. - Gli hanno tolto il libero arbitrio, trasformandoli in servi. Tu sai quanto sia preziosa la libertà. Mi sorprendo di udire queste parole sulle tue labbra.
Aprii la bocca per rispondere, ma mi resi conto di non sapere cosa dire. C'era una tale tristezza, mista a rassegnazione, in Artigern, che non ebbi coraggio di continuare. Finché erano sconosciuti, Athi cui non ero affezionato, era facile dire che Elwyn non aveva fatto una cosa tanto grave. Aveva liberato i draghi dal giogo degli Athi, o no? Eppure, se mi immaginavo Arty ridotto nello stesso stato di quelli che avevo visto al nido, mi veniva la pelle d'oca. Quei sorrisi ottusi, colmi di cieco affetto, erano inquietanti. Non avrei sopportato di vedere quell'espressione di ebete felicità sul volto di Arty.
- P - mormorò lui, fermandosi all'improvviso. - Oh, per tutti i draghi...
- Cos'hai trovato? - gli chiesi, riscotendomi dai miei pensieri. Appoggiai il muso sulla sua spalla sinistra, mentre Arty appoggiava la lanterna a terra ed estraeva un grande tomo dallo scaffale.
Con un gemito di sforzo, lo trasportò fino al tavolo da consultazione più vicino, sollevando un nugolo di polvere. Si massaggiò il braccio dolente con una smorfia e pulì il dorso del libro con le mani.
- "Anatomia Athi Elementare" - mormorò, con voce tremula. - Copiato da "Polonius Worthwell".
Giustamente, questo capitolo sarà seguito da una seconda parte. In effetti, qui non è successo molto, ma, sicuramente, resterete più soddisfatti col secondo. Anche se mi direte che sono brutta e cattiva :)
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