Capitolo 23: La caduta




Artigern

"Farò io da esca"

Era stato questo che ci aveva detto Firtorn, poco prima di spiccare il volo, per lasciarci il tempo di scappare.

Sapeva che Reod e gli altri draghi, Sparviero compreso, non dovevano essere andati molto lontano, e che non avremmo avuto nessuna possibilità di uscirne vivi, qualora ci avessero catturati. In effetti, la morte sarebbe stata di gran lunga preferibile a ciò che ci avrebbe riservato Elwyn se avesse messo le mani su di noi. Non conosceva Melina, ma sapeva di me, e doveva bruciargli parecchio il fatto che ero sfuggito al suo controllo.

Avrei voluto trovare un'altra soluzione, ma ero stanco, ferito e non sapevo cosa fare. Dopotutto, ero poco più che un bambino. Avevo paura, e vedevo Firtorn come una montagna che nemmeno i venti più forti avrebbero potuto abbattere. Un luogo sicuro, dove rifugiarmi in attesa che passasse la tempesta.

Proprio così: lui sarebbe stato il catalizzatore dell'uragano, in modo che io e Melina non ne venissimo colpiti.

Tuttavia, non avevo mai immaginato che le cose sarebbero potute finire davvero male.

Dopo che Sparviero e gli altri si furono allontanati dalla caverna, io e Melina avevamo atteso il buio per ritornarvici. Eravamo piccoli e silenziosi, e non avevamo avuto difficoltà a strisciare fino al nido di Firtorn senza farci vedere.

Il drago scarlatto ci aveva spiegato il suo piano, dicendoci di come avrebbe distratto Reod, mentre noi fuggivamo verso la parte sud della foresta. L'idea era di tornare da Nonna Nube, in modo da avere un rifugio sicuro. Firtorn ci avrebbe raggiunti dopo aver seminato Reod... in realtà, era stato molto vago su quel punto, e questo avrebbe dovuto insospettirmi, ma non ci feci caso. Volevo solo stare al sicuro e non dover pensare più a questo genere di cose. Ne avevo passate troppe in quei giorni, non ne potevo più. La ferita, Sparviero che mi aveva voltato le spalle, e ora questo.

Avevo accolto con gioia la possibilità di rifugiarmi sotto la sottana di qualcuno.

- E Albio? - aveva chiesto Melina, proprio mentre stavamo per andarcene.

Il muso di Firtorn si era contratto in una smorfia di sofferenza e tristezza.

- Avevamo pensato che sarebbe successo qualcosa del genere, prima o poi. Elwyn non ci avrebbe lasciati in disparte per sempre. Prima o poi sarebbe arrivato a reclamarci... e, qualora avesse preso solo uno di noi, l'altro avrebbe dovuto andarsene senza di lui.

- Lo vuoi abbandonare? - farfugliò l'Athi, sgranando gli occhi.

Firtorn trasse un profondo sospiro e scosse il capo.

- Non è che voglio. Devo - sussurrò. - Per quanto disprezzi quest'eventualità, non ho altra scelta. Se fossi da solo, forse cercherei di liberarlo... ma ci siete voi, con me. Siete una mia responsabilità. E' soprattutto colpa nostra se gli Athi sono diventati l'ombra di se stessi. Io c'ero quando Elwyn è diventato popolare fra i draghi. Ho visto quando ha cominciato a bruciare i villaggi degli Athi, e ha usato la magia di Oberon per avvelenare la vostra acqua. Allora, non ho fatto niente. Sono rimasto in disparte a guardare, come uno spettatore. E' da centinaia di anni che mi porto dietro questo peso. Finalmente, oggi pagherò il mio pegno.

Io non avevo capito tutto quello che disse, ma mi ero sentito molto triste, e mi era venuto spontaneo abbracciare una delle zampe del drago per confortarlo. Firtorn aveva emesso un basso verso gorgogliante, ridendo, e mi aveva scompigliato i capelli con uno sbuffo caldo.

- Dove dobbiamo aspettarti? - aveva chiesto Melina, sempre più agitata.

- C'è una radura abbastanza larga vicino al fiume che nasce dal Monte Zanna, a circa due chilometri da qui. Aspettatemi là.

Io avevo annuito. Conoscevo quel posto. Era dove avevo incontrato Reod per la prima volta; non c'erano molti fiumi che scorrevano in questa parte della foresta, e quello era l'unico di cui avessi memoria.

*

Dopo quella chiacchierata ci dividemmo. Io e Melina raccogliemmo in due zaini tutto ciò che potemmo, e ci dirigemmo verso la radura indicataci da Firtorn.

Tuttavia eravamo a malapena a metà strada, quando udimmo il primo grido.

- Firtorn! - gridò lei, che era stata in fibrillazione per tutto il viaggio, proseguendo lentamente di proposito, per poter tenere d'occhio la situazione il più a lungo possibile.

Io cercai di trattenerla, ma ero ancora debole e si liberò facilmente dalla mia presa, dandomi un leggero spintone che mi fece finire col sedere a terra.

Mi rialzai a fatica e le andai dietro, chiamandola più volte, implorandola di tornare indietro. Avevo una brutta, bruttissima sensazione. Provavo un senso strisciante di angoscia, che mi faceva mancare il respiro più di quanto già non facesse il mio stato di convalescenza.

La ferita non bruciava, grazie ai continui impacchi e cataplasmi che vi aveva applicato Melina, ma risentivo ancora della guarigione, e ci sarebbe voluto diverso tempo prima che recuperassi del tutto le forze. Avevo anche la febbre, per quanto bassa, e, più proseguivo, più mi girava la testa.

Ormai non cercavo nemmeno di togliere le foglie che mi ostruivano la visuale. Mi sbattevano in faccia, graffiandomi le guance. Le scansavo come un ubriaco, senza riuscire a colpirle davvero, e quei deboli movimenti mettevano a rischio il mio già precario equilibrio.

Quando la raggiunsi, vedevo doppio, e il mio petto si alzava e si abbassava come un mantice nel tentativo di incamerare aria, che non era mai sufficiente.

Melina si trovava in piedi nascosta dietro un cespuglio e osservava gli avvenimenti con occhi sbarrati, il labbro inferiore che tremava. Io strizzai gli occhi, seguendo il suo sguardo. Sembrava che stesse guardando il cielo, ma, grazie alla luce della luna, intravidi una macchia blu e una rossa che si azzuffavano.

Capi che si trattava di Firtorn e Reod proprio nel momento in cui un terribile suono, alieno, agghiacciante, squarciò l'aria.

Per un attimo tutto parve sospeso, poi Firtorn precipitò.

Melina emise un singulto strozzato e, una seconda volta, sgusciò dalle mie braccia.

Il drago rosso compì una traiettoria a parabola, atterrando in mezzo agli alberi, a una distanza piuttosto notevole. Non avevo idea di quanto fosse lontano, perché dovetti correre subito dietro a Melina per non perderla di vista.

- Melina... Melina... - ansimai col poco fiato che mi restava, arrancando. Ormai procedevo a passo di lumaca.

Lei era scomparsa.

- No, no, no!

Ripeteva la sua voce, come se stesse recitando una preghiera.

La seguii finché non riuscii a trovarla, e collassai a terra, incapace di muovere un altro passo. Lasciai cadere la borsa e restai lì a riprendere fiato per un po'. Mi sembrava di galleggiare e, allo stesso tempo, risalire in un moto a spirale. Era nauseante.

Dopo che mi fui ripreso, mi trascinai verso la mia amica.

Solo allora capii che la montagna scura vicino a lei non era una roccia, ma Firtorn.

Il drago rosso era accasciato in modo scomposto fra detriti e alberi spezzati. Il suo atterraggio aveva creato una scia di distruzione.

Melina aveva raccolto il muso del drago in grembo e lo stava accarezzando.

Io mi inginocchiai accanto a lei, provando un'ancor più intensa sensazione di irrealtà. Mi sembrava di essere in un mondo parallelo, dove tutto stava andando per il verso sbagliato.

Tutto questo non poteva star succedendo davvero.

Lo squarcio sul collo di Firtorn e il tronco acuminato che gli aveva trapassato il fianco destro, luccicante di sangue... nulla, nulla di tutto questo era vero.

Il drago emise un fievole grugnito e aprì un occhio. Ci mise a fuoco, piccoli, terrorizzati, le mani sporche del suo sangue, che non avevamo idea di come affrontare la morte.

- Firtorn - balbettò Melina, abbracciando il suo muso, baciandolo sul naso, mentre le sue lacrime gocciolavano sulle squame scarlatte.

- Cosa... cosa facciamo? - gorgogliai, con voce strozzata, guardando il tronco. - Nonna... chiamerò Nonna. Lei ti farà stare bene.

Dissi quelle parole, avrei voluto alzarmi e correre per chiamarla davvero, ma non riuscii a muovermi da lì.

Mi sentivo come se avessi ripetutamente sbattuto la testa.

- No - gorgogliò Firtorn, accennando un lieve sorriso. - Sto già bene. Non preoccupatevi... andate via... prima che tornino...

- No - singhiozzò Melina. - Io non ti lascio qui, da solo. Resto con te.

Le sue parole mi fecero capire che era tutto troppo brutto per trovarsi in un sogno.

Stava succedendo.

Qui.

Adesso.

La mia faccia diventò bollente e due bolle mi si formarono agli angoli degli occhi. Si gonfiarono fino a scoppiare, scivolando lungo le mie guance. Io scivolai con loro, abbandonandomi a un pianto convulso, come quello di Melina. Abbracciai anche io il drago, poggiando la fronte sulle sue squame coriacee.

- Siete dei bravi cuccioli - rantolò Firtorn, con voce appena udibile. - Sono contento di avervi aiutati... Andate da Nube, ora... lei...

- Lei? - gorgogliò Melina, accarezzandogli il naso.

L'occhio del drago era diventato fisso e vuoto.

Melina lo fissò in silenzio, e cominciò a tremare in modo incontrollabile. Mi abbracciò di scatto, piangendo col viso nascosto nella mia maglia, inzuppandola di lacrime e moccio.

- Era il mio amico - farfugliò, fra le tante cose senza capo né coda che disse.

- Lo so - risposi, deglutendo a fatica, abbracciandola a mia volta.

Guardammo assieme il drago rosso, tirando su col naso.

- Non possiamo neanche seppellirlo - balbettò Melina. - Non è giusto.

Alle nostre spalle, poco lontano, udii dei ruggiti di gioia.

Reod.

- Quel maledetto si starà vantando - sibilò l'Athi, facendosi improvvisamente furibonda. - Io lo uccido. LO UCCIDO!

- No! - gemetti, attirandola a me.

Oppose poca resistenza, stavolta, e si lasciò abbracciare, i lineamenti contratti per la sofferenza.

- E' cattivo... cattivo... - la sentii farfugliare, mentre, col cuore pesante e senza la minima idea di cosa stessi facendo, mi alzavo in piedi e cercavo di portarci verso un luogo sicuro.

Qualsiasi luogo era meglio che lì.

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