Capitolo 17: Parassiti


Sparviero

Le scuderie erano un luogo caldo e accogliente, quasi completamente buio, fatta eccezione per gli sporadici raggi di sole che entravano attraverso le fessure fra le pietre, e le fiammate emesse dai draghi.

Non avevo mai visto un drago femmina e, trovandomi di fronte ad una di loro, restai incantato.

Erano più piccole rispetto ai maschi, con una pelle più coriacea e ricoperta di punte. I loro occhi erano più grandi e avevano un che di elegante, nelle loro forme meno marcate.

Quella che avevo visto se ne stava distesa su un morbido ammasso di paglia. Poggiati contro la sua pancia c'erano una serie di cuccioli minuscoli, talmente piccoli da essere ancora mezzi ciechi. Si avvicinavano alla madre in cerca di calore e si rannicchiavano sul suo fianco destro, emettendo dei flebili richiami.

La madre li leccava e li puliva, osservandoli con orgoglio.

Quando notò che la stavo fissando, ricambiò il mio sguardo, e io mi affrettai a distoglierlo.

Corsi dietro a Reod, che si trovava già più avanti, e mi affiancai a lui.

- Guarda - disse, indicando con un cenno del capo la grande stanza di fronte a noi.

Io riuscivo a vedere anche al buio e ciò che mi trovai davanti mi lasciò piuttosto confuso.

C'erano una serie di draghi adulti, sia maschi che femmine, appoggiati contro i lati della stanza. Ai loro fianchi, stavolta, non erano accoccolati cuccioli di drago, ma Athi di varia età e genere.

Sembrava che stessero dormendo tutti.

Quella scena mi fece venire in mente ogni momento in cui Artigern si era appoggiato contro il mio addome in cerca di calore.

Era questo che cercavano tanto disperatamente?

- Lo vedi? - mormorò Reod, con un sospiro. - Credimi, anche io una volta pensavo di potermi fidare di un Athi. Ma finiscono per tradirti alla prima occasione. Non che lo facciano per cattiveria. E' nella loro natura.

- Artigern diceva che, invece, era nella nostra essere orgogliosi e ingrati - sussurrai, deglutendo a fatica.

Non so perché lo dissi ad alta voce, e proprio a lui, poi.

- Divertente, detto da loro - sogghignò Reod, scuotendo il capo. - Vieni, ti faccio vedere un'altra cosa.

Lo seguii di malavoglia.

Prima di uscire, guardai di nuovo verso la madre di poco fa e scoprii che lei mi stava fissando. Un'altra volta, abbassai lo sguardo.

***

Quando uscimmo dalle scuderie, una folata di vento gelido mi investì. Cominciava a fare freddo, malgrado fossimo solo in autunno. O, forse, dentro le scuderie faceva talmente caldo che percepivo un eccessivo sbalzo di temperatura.

Camminai nella scia di Reod, che si stava dirigendo verso l'interno della montagna.

Se possibile, lì faceva ancora più freddo.

Man mano che avanzavamo fra le pareti rocciose, con centinaia e centinaia di Athi indaffarati nei loro compiti che camminavano lungo i nostri fianchi, mi ritrovai a osservarli.

Erano tutti uguali.

Non avevo mai notato questo particolare, prima d'ora.

Oltre a differenziarsi davvero poco nel loro aspetto fisico, anche per quanto riguardava la voce si assomigliavano. Tutte acute e dolci. Spesso cantavano o saltellavano qua e là, come faceva Arty.

Passandomi in parte, mi accarezzavano la zampa o la coda e sorridevano, raggianti, per avergli permesso di toccarmi.

Ogni volta in cui uno di loro mi sfiorava, mi sentivo strano, come se cercassero di portare via qualcosa da me, seppur in minima parte. Come se volessero il mio calore.

Scossi la testa, cercando di non pensare a quelle cose, e proseguii per la mia strada il più velocemente possibile.

Ad un certo punto il corridoio che stavamo percorrendo si allargò a imbuto, aprendosi su un'enorme stanza circolare. All'interno di essa vi era un'immensa collezione di pergamene e libri.

Non ne avevo mai visti tanti in un solo posto.

L'unico su cui avessi mai posato lo sguardo era il manuale che Delia aveva regalato ad Arty o le carte ammonticchiate all'interno del carro che lei usava per spostarsi da un villaggio all'altro.

Quella doveva essere la biblioteca del nido dei draghi.

Era stupenda. Mi sarebbe piaciuto tanto poterne sfogliare qualche volume.

Reod oltrepassò i primi scaffali, sbozzati nel legno di quercia, e si avvicinò a una parete interamente ricoperta di arazzi.

- Su questa stoffa è impressa la storia dei draghi - mormorò, abbozzando un sorriso. - E' da un sacco di tempo che non vengo qui.

Io li osservai in silenzio.

Nel primo arazzo erano ritratti dei draghi intenti in una battaglia contro delle creature dalle orecchie a punta che mi ricordavano vagamente Oberon.

Nell'arazzo dopo, erano raffigurate scene di vita quotidiana, come maschi che lottavano, femmine che costruivano nidi per i cuccioli e andavano a caccia.

- Andava tutto splendidamente, eravamo un popolo fiero e forte, finché non abbiamo incontrato loro - mormorò Reod, accennando col muso a uno degli ultimi arazzi.

Mi avvicinai e lo fissai, aggrottando le sopracciglia.

Su di esso erano stati ricamati dei draghi che si avvicinavano a delle piccole figurine antropomorfe che riconobbi come gli Athi, a giudicare dai loro capelli rossi.

Loro porgevano in dono libri, medicine e altro, mentre noi mostravamo loro il nostro fuoco.

Ne sembravano affascinati.

Negli arazzi seguenti, non c'erano più immagini di guerra, ma draghi rinchiusi in recinti o portati in giro come animali domestici.

Draghi che vivevano in diverse case, con Athi sdraiati sull'addome; draghi che svolgevano le mansioni più pesanti mentre gli Athi guardavano; draghi che spazzavano via ogni pericolo che potesse minacciare la civiltà dei piccoletti.

Fra tutti questi arazzi ne spiccava uno in particolare. Su di esso vi era impresso un drago dalle squame color smeraldo, dalle cui fauci emergeva una fiammata rosso sangue.

Era circondato da altri draghi che gli davano manforte.

Gli Athi gli si inchinavano, come se stessero supplicando, chiedendo scusa.

Lui ebbe pietà di loro e gli offrì la possibilità di riscattarsi, di servirlo come pagamento per aver indebolito la nostra specie e cercato di trattarci come animali da soma.

Nel penultimo arazzo, era raffigurata la nuova società di Athi e draghi, solo che, stavolta, i ruoli erano stati invertiti.

Una parte di me non poté fare a meno di pensare che fosse giusto, dopo che ci avevano trattati a quel modo.

Dopo tutto quello che avevamo fatto per loro, ci avevano ripagato trattandoci come delle capre o mucche.

Gli Athi non erano poi così diversi dagli uomini, in fondo.

E, a proposito di umani, erano proprio loro ad essere ritratti nell'ultimo arazzo.

Questi stati molto più cattivi degli Athi. Avevano ridotto in ginocchio la nostra specie, non si erano limitati ad indebolirci.

- Non temere - sospirò Reod, notando la mia espressione affranta. - Elwyn non permetterà che tutto ciò duri ancora per molto. Non saranno di certo gli uomini a distruggerci. Abbiamo sconfitto gli spiriti della foresta, tempo fa, che erano molto più intelligenti e bravi nel combattimento. Abbiamo dimostrato di saper dominare la natura stessa. Questa specie non ha una sola possibilità contro la nostra. Presto, gli mostreremo ciò di cui noi draghi siamo davvero capaci, e libereremo i nostri fratelli, che si sono lasciati incantare dalle moine degli umani, proprio come tempo fa si erano fatti ingannare da quelle degli Athi.

In fondo al mio cuore, avevo sempre sperato che qualcuno facesse qualcosa al riguardo. Se c'era qualcosa che odiavo più di scappare - e, da quando ero nato, non avevo fatto altro - era dover osservare i miei simili instupidirsi a causa delle cure degli uomini, del loro falso affetto.

Ma Arty non è così, disse una vocina nella mia testa. Non ha mai voluto incatenarti.

Forse no. Forse non lo intendeva.

Però l'aveva fatto, anche se senza cattiveria, senza rendersene conto.

In ogni caso, se davvero mi voleva bene, mi avrebbe permesso di essere libero assieme al resto dei miei simili.

Mi avrebbe aiutato a vendicarmi degli uomini.

Ecco cos'avrebbe fatto un vero amico.

- Posso parlare con Arty, adesso? - mormorai, cupo.

Reod mi fissò, poi annuì.

- Sì. Penso tu sia pronto, ora, e abbia le idee molto più chiare. Come si addice a un vero drago.

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