Capitolo 14: Il servo di Oberon


Artigern

Quando mi portarono via, semplicemente, crollai.

Un istante dopo ero sdraiato in un lettino a misura di Athi. Un lettino rotondo, talmente morbido che mi sembrava stesse per fagocitarmi fra le sue pieghe, ricoperto di cuscini. Ero stato imbozzolato dolcemente in una coperta.

Mi avevano lavato, profumato e dato dei nuovi vestiti. Persino la mia vescica era vuota, rilassata, e la mia gola reidratata. Il bernoccolo era quasi del tutto riassorbito, grazie ad un impiastro alle erbe che ci era stato spalmato sopra. A causa di esso il mio cuscino emanava un dolce profumo di radici ed erbe medicamentose.

Sparviero!, pensai, cercando di mettermi seduto.

Accanto a me, sbucò una Athi.

Doveva essere sempre stata lì, ma non l'avevo notata. Indossava un abitino da servetta, una divisa verde con un drago stilizzato cucito sul petto, e aveva lo stesso sguardo vuoto degli altri.

- Oh, ma guarda chi si è svegliato - mi disse. - Sei ferito, piccolino. Il Grande Mago ha detto che ti devi riposare. Bisogna che tu sia in piena forza per poterlo servire come si addice ad un bravo Athi.

- Ma io non voglio riposare! - protestai, cercando di scendere dal letto. - Dov'è il mio amico? Voglio Sparviero! Adesso!

- Non è possibile - sospirò lei, in tono gentile ma fermo. Mi posò le mani sulle braccia e mi costrinse a distendermi di nuovo. Nel mentre, cominciò ad accarezzarmi la pancia. Lo faceva così bene che non potei non rilassarmi, sebbene fossi ancora piuttosto alterato. - Anche il tuo amico sta riposando. Avete affrontato un viaggio molto lungo, dovete dormire e recuperare le energie.

- Non... voglio... - rantolai, con gli occhi già chiusi.

Mio malgrado, mi riaddormentai. Feci dei sogni strani, spaventosi, e mi svegliai di soprassalto dopo quelli che mi parvero cinque minuti.

Qualcuno mi stava scuotendo per un braccio.

Era di nuovo la servetta, affiancata da alcune amiche.

- Vieni, è ora - mi dissero, estraendomi dal mio morbido nido.

Io, ancora insonnolito, le seguii senza fare domande, sbadigliando e stropicciandomi gli occhi.

Prima che me ne rendessi conto, mi avevano spogliato e infilato in una tinozza piena di bolle di sapone. Mi strofinarono finché non gli sembrai ancor più pulito, quindi mi asciugarono e vestirono.

Mi fecero indossare una divisa simile alla loro, solo modellata sul corpo di un Athi maschio.

Mi stava larga sulle spalle e il rimborso in vita mi faceva sembrare un'allegra botte di vino. Mi pettinarono i capelli con la riga in parte, finché non sembrai uno di quegli orridi paggetti di corte che i miniaturisti ritraevano nei libri.

Mi vidi in un piccolo specchio ed emisi un verso di disgusto, mentre loro tubavano estasiate. Sembravo un animale selvatico tirato a lucido per un concorso.

- Il Grande Mago sarà contento - dissero, spingendomi verso la porta, attraverso lunghi corridoi.

- Ma chi è il Grande Mago?

- Non possiamo parlare di lui - mi rimbrottò una delle ragazze.

- Ma se siete state voi a...

- Shh! Smettila di chiacchierare! - mi intimò un'altra. - Adesso vai lì e fai il bravo. Vedrai, sono sicura che ti piacerà lavorare per lui.

- Cosa? Lavorare? Io...

E, senza tante cerimonie, mi infilarono nella fessura apertasi in un enorme portone di legno scuro e lucido, per poi chiuderlo alle mie spalle.

Mi ritrovai in un'immensa sala vuota, che pareva una sala del trono, tutto solo, di fronte a quel vuoto.

Trovai il coraggio di avanzare e i miei passi echeggiarono fra le volte della stanza.

Al centro di essa, un trono sbozzato nella pietra. Solo che non c'era nessuno, lì.

- C'è qualcuno? - osai chiedere, con voce tremula, tormentandomi l'orlo della divisa. - Sparviero?

Nessuna risposta.

Poi, avvertii una mano scorrermi sulle spalle, ed emisi un grido di terrore.

Mi voltai e, davanti a me, c'era Oberon.

Il Re delle Querce mi osservava in silenzio, con un vago sorriso impresso sulle labbra scarne.

- Calmati, piccolo Athi - mi disse, porgendomi una mano. - Non intendevo spaventarti.

Io feci un passo indietro, scrutandola come se fosse stata ricoperta di spine.

- Cosa vuoi farmi? - chiesi, mentre cercavo una via di fuga con lo sguardo. - Dov'è Sparviero? Voglio vedere il mio amico!

Oberon mi guardò con aria addolorata, ritraendo la mano. Sembrava ferito dal mio comportamento.

- Mi dispiace di averti trattato in quel modo, quando sei arrivato qui - mormorò, incrociando le braccia sul petto esile. - Non ero in me, in quel momento. Comprendo la tua diffidenza.

Mi chiesi se fosse tutto un trucco. Un po' mi faceva pena, vederlo tanto triste.

Esitai, poi lo seguii fino alla finestra davanti alla quale si era fermato. Oberon sfiorò il bordo di pietra e, dove il suo dito era passato, crebbe uno strato di muschio, ricoperto da piccoli fiorellini azzurri dal profumo dolce come miele.

Osservai l'altra sua mano, che pendeva inerte lungo il fianco, e, sebbene avessi paura, la presi con la mia. Sembrava davvero piccola, in confronto alla sua, lunga e affusolata. La pelle del Re non dava più quella sensazione sgradevole al tatto. Era morbida, e calda.

Il volto severo di Oberon si distese in un sorriso e abbassò lo sguardo su di me.

- Sei talmente buono, Artigern - mormorò, accarezzandomi la testa. - Mi dispiace di averti messo in un pasticcio.

Io non capii il perché di quell'esternazione, ma ne fui comunque lusingato e mi arrischiai ad abbracciarlo. Avevo un disperato bisogno di contatto fisico, di essere coccolato. Tutto quello che stava succedendo era troppo spaventoso per me.

Oberon rise piano e mi posò una mano sul capo, lasciando che poggiassi la testa sulla sua coscia destra. Gli arrivavo a malapena alla cintola.

- Ho paura - dissi, senza troppi giri di parole. - Cosa succederà adesso?

- Non lo so, Artigern. Davvero, non lo so - sospirò Oberon, sciogliendo con dolcezza la stretta.

Si allontanò di qualche passo, tormentando uno dei bracciali che portava ai polsi.

- Li vedi questi? - chiese, indicando i lussuriosi gioielli.

- Come non vederli - sospirai, toccandone uno. Era proprio oro massiccio.

- Sopra vi sono impresse delle formule antiche, che un tempo venivano usate per imprigionare gli spiriti della foresta in un corpo materiale - sbottò Oberon, adombrandosi. - All'improvviso, mi sono ritrovato intrappolato in questa... questa specie di contenitore di carne, questo disgustoso feticcio. Avevo dimenticato chi fossi. E' stato il talismano che ti avevo regalato a farmi ricordare... ma a volte mi sento ancora confuso. Temo che finirò per dimenticare di nuovo, e tornare ad essere il Grande Mago.

- Chi è stato a farti questo?

- Elwyn - sibilò Oberon.

Dal modo in cui lo disse e dalla luce assetata di vendetta nei suoi occhi, pensai che avrei preferito non trovarmi nei panni di Elwyn, nonostante non avessi sentito belle cose sul suo conto.

- La pagherà per questo affronto. Mi ha costretto ad aiutarlo una volta, in passato, contro la mia volontà. E ora, ha raggiunto il gradino successivo. Non ne ha mai abbastanza. Voleva poter controllare la mia forza, e alla fine è riuscito a mettermi in catene.

- Ci dev'essere un modo per liberarti, no? - chiesi, afferrando una manica del suo abito per ricordargli che ero lì con lui. - Posso aiutarti io.

Oberon mi guardò con indulgenza.

- Forse è meglio di no - mormorò. - Sei coraggioso, ma questa faccenda è più grande di te e del tuo amico drago. Devo tenervi fuori dai guai, prima che...

In quel momento, il portone si aprì e un servo Athi entrò, reggendo una trombetta. La suonò, dandosi d'aria d'importanza. Poi, gonfiando orgogliosamente il petto, annunciò l'ingresso di una persona molto importante.

- Ecco a voi Elwyn, protettore del Nido del Drago, Salvatore di tutta la nostra specie. Inchinatevi di fronte al Sommo Sapiente!

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