CAPITOLO 37
CAPITOLO 37 ( PRIMA PARTE )
FUORI MOROSOVSKAYA, RUSSIA, UNIONE SOVIETICA
27 DICEMBRE 1942
Le travi di legno crepitarono quando Friedrich entrò. Consegnò il fucile a Rudi.
L'interno della casa di tronchi era illuminato dalla luce del sole invernale al tramonto. Il calore si riempì dentro di sé quando vide gli altri conversare allegramente come se la guerra fosse finita. Pezzi di razioni di cibo venivano distribuiti assieme ad altri regali avanzati dal Natale.
"Starai lì a fissarmi?" sbuffò Rudi rivolto A Friedrich. "Sai che puoi partecipare."
Nel gruppo c'era pure l'Oberleutnante Eichel che raccontava alcuni aneddoti della sua vita e di quanto gli mancasse casa.
"Spero che andremo in licenza una volta terminato questo obiettivo!" proclamò Gustav. "Voglio assaggiare tutto il cibo di Colonia piuttosto che questi!" disse agitando un pacchetto di cracker.
"Lo spero pure io," disse Waldemar. "Non vedo i miei genitori da qualche anno."
"Basta con questi discorsi tristi," disse Rudi. "Salviamo tutti i nostri sogni finché non saremo sul treno diretti a casa!" Rudi tracannò un'altra bottiglia.
"Sembra che non sia avvenuta alcuna azione ultimamente," dichiarò Torsten, "forse i russi sanno che siamo qui e sono già fuggiti." L'occhio buono di Torsten scrutò Waldemar.
"Anche se non sta succedendo nulla, questa è la nostra seconda notte qui ed è meglio essere preparati." Disse Bachmann.
Paul entrò nella casa con la legna tagliata tra le braccia.
"Cosa ne farai di quelli?" chiese Rudi. "Non abbiamo un caminetto."
"Ne possiamo allestire uno fuori, forse," rispose Paul "non siamo pesantemente circondati, quindi non dovrebbero esserci aerei che volano qui." Paul ritornò fuori. Rudi guardò l'Obeleutnant e questi alzò le spalle.
Waldemar si appoggiò al muro controllando il suo MP40. Friedrich si avvicinò a lui e si sedette.
"E se Torsten avesse ragione?" chiese.
Waldemar smise di sistemare l'arma e guardò il soldato con disapprovazione.
"Credi che abbia ragione?" scosse la testa. "È solo un ragazzo fresco dalla Hitlerjugend, sta esprimendo le opinioni che gli hanno insegnato."
Erano caduti in un buco molto profondo. La prima volta che avevano subìto un attacco era stato in Polonia da parte della resistenza e avevano vinto, assieme agli altri successi che avevano collezionato e che stavano svanendo. I sogni di distruggere l'Unione Sovietica erano svaniti ora che Stalingrado, la loro ultima possibilità di vittoria, era andata persa. Erano lasciati ai margini di battaglie non li avrebbero più influenzati tanto se avessero continuato a prosperare o a vacillare.
Il cielo aveva una tinta nero- violacea. Friedrich salì lentamente le scale. Raggiunto il piano superiore, tirò un sospiro di sollievo ed entrò nella stanza riservata al suo gruppo. Gustav stava dormendo profondamente.
Tutte le stanze erano composte da un tavolo e qualche letto di legno. Friedrich si diresse al suo letto.
Si sentiva a disagio per l'immobilità che lo circondava. Un anno trascorso sul fronte orientale lo aveva tenuto in piedi ... ma per quanto quella situazione sarebbe durata? Probabilmente, pensò, i russi si erano ubriacati di vodka per quel Natale.
Gustav si mosse nel sonno, la porta si aprì di scatto.
"Gustav," disse Rudi sulla soglia, "è il tuo turno."
Gustav borbottò, si alzò e se ne andò. Anche Friedrich decise di abbandonare la stanza, non riusciva a dormire. La gente era immobile sul pavimento. Uscì per prendere una boccata d'aria.
La neve scintillava come un riflesso del cielo notturno. Si sdraiò contro la porta, il paesaggio era noioso. C'erano un gruppetto di piccioni su un ramo, a Paul sarebbero piaciuti, li adorava.
Chissà se Nina vede le stesse stelle che sto vedendo io. E chissà cosa staranno facendo mamma, papà e Felcia.
Sospirò e fissò Gustav. Sembrava che stesse dormendo assieme al suo mitragliatore, nonostante dovesse fare la guardia.
Friedrich fece una palla di neve e la lanciò contro l'amico che gridò. A un certo punto apparvero delle luci che stavano uscendo dal bosco; sembravano delle torce. Le fissò per un po', ipnotizzato. Apparve una figura solitaria ...
"Gustav, scendi!" disse.
Gustav lo guardò scioccato; non capiva. Friedrich nel frattempo decise di rientrare nella capanna.
Quando aprì la porta, venne addosso l'odore del fetore di morte che aveva sempre sentito. I corpi erano sparsi sul pavimento. Quasi tutti avevano le gole tagliate. Paul era in cima alle scale e stava lottando con Bachmann.
"Paul ... tu ... tu sei la progenie infernale di Stalin!" Bachmann sussultò quando Paul tentò di soffocarlo.
Il tedesco provò a far uscire un grido disperato e i suoi occhi guardarono spaventati Friedrich; non poteva fare nulla, era impotente. A un certo punto Paul spinse via Bachmann lanciandolo verso il corridoio. Pulì la lama insanguinata contro l'uniforme e scese le scale verso Fredrich.
"P –Paul ..." mormorò, " c- che stai facendo?"
"Gli ordini sono ordini, Friedrich," disse Paul. "Mi chiamo Demyan Bogdanov. Noi russi vi mandiamo tanti saluti."
Il nemico appoggiò Friedrich con le spalle al muro.
"Li hai uccisi tutti, Paul ... li hai uccisi tutti!"
"Non tutti. Ho risparmiato gli ufficiali e la tua squadra, soprattutto Gustav. Il ciccione dorme e mangia tanto ma ha una mira incredibilmente precisa, dannazione."
Paul, o Demyan, appoggiò la punta della lama fredda sul collo di Friedrich.
"N – non farlo, Paul!" il metallo freddo aleggiava sul suo collo.
"Perché no?"
"Siamo in squadra insieme, combattiamo affianco da tanto."
"È stato tutta una bugia. Non fidarti di nessuno in questa guerra, crucco!"
Friedrich non riusciva ne a piangere né a implorarlo ulteriormente. Non aveva energie avendo visto i corpi dei suoi fratelli di guerra sul pavimento. Gli occhi della persona di cui credeva di potersi fidare ciecamente, adesso lo stavano guardando con sete di violenza.
Era tutto finito.
Chiuse gli occhi.
CONTINUA ...
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top