CAPITOLO 27

️⚠️IMPORTANTE⚠️

Prima della lettura

In questo capitolo è contenuto un discorso di Stalin. Il comunismo sovietico non riflette PER NULLA le mie idee politiche, inoltre non sostengo e disprezzo il fascismo/nazismo. Il discorso in questo capitolo ( così come tutta l'opera ) serve a imparare dal passato, riconoscerlo e non negarlo. Segnalare quest'opera non porterebbe a nulla, censurare non servirà a nulla. Capisco che alcune persone potrebbero sentirsi a disagio a vedere/leggere di soldati della seconda guerra mondiale, ma questa è la storia, e va imparata.

Scusate per la premessa, buona lettura!

CAPITOLO 27

PIAZZA ROSSA, MOSCA, RUSSIA

7 NOVEMBRE 1941

Il giorno sembrava essere arrivato grazie a Lucifero. Nessuno credeva che la guerra si sarebbe spinta nel cuore del paese, verso la capitale.

La guerra si sta dirigendo verso casa mia.

La Wermacht era a poche decine di chilometri da dove si trovava Dmitry. Stavano avanzando verso la città. Con il cuore che batteva forte, cercava di fare dei respiri regolari.

Colonne interminabili di soldati a cui era stato ordinato di difendere il proprio paese erano schierate in sezioni. I soldati erano stati chiamati a partecipare a una parata che si teneva ogni anno per celebrare la Rivoluzione d'Ottobre. A causa della guerra, questa era molto più patriottica degli anni precedenti.

Un soffio di neve sfiorò il suo viso e spruzzi bianchi caddero sul suo berretto e sul suo cappotto lungo fino alle caviglie.

Le lampadine scintillanti della Cattedrale di San Basilio brillavano serene sotto il candore della nevicata, riportandolo ai ricordi della sua vita da civile. La facciata del Museo storico statale era decorata dai fiocchi di neve. Dietro di lui c'era il GUM; il grande magazzino di stato.

La banda militare suonava una melodia in sottofondo mentre la città era in preda al terrore dei tedeschi ma orgogliosi per l'Unione Sovietica. Si trattava di uno strano miscuglio di emozioni. Chiuse gli occhi per rilassarsi sperando che quando li avrebbe riaperti si fosse svegliato da civile.

Voglio svegliarmi da me stesso.

Ma quando rialzò le palpebre, la vista era uguale.

Un soldato accanto gli fece un mezzo sorriso come un saluto. Dmitry restituì il gesto e girò la testa di lato. Il soldato alla sua sinistra era fermo, con la testa leggermente inclinata verso l'alto.

Attorno a loro vi era una folla di civili. I bambini piccoli salutavano i loro fratelli o padri e le donne piangevano per i figli e i mariti. Tutti erano nervosi.

I suoi occhi brillavano e il cuore sussultava mentre catturava quello che era diventato un valore anomalo nella folla di persone.

Tra la gente c'erano sua madre e suo fratello.

Avrebbe voluto lasciare la posizione e abbracciarli per un'ultima volta, ma non poteva. Tutto quello che sperava era che lo trovassero e che lo sapessero in ottime condizioni. I suoi occhi si riempirono di lacrime mentre pensava che quella sarebbe potuta essere l'ultima volta che avrebbe percepito la loro presenza.

... e che non riuscirò mai a dire addio.

E se morirò sarà per sacrificio e onore? Oppure con tristezza e disprezzo della mia famiglia per non essere riuscito a respingere i tedeschi?

Intanto le voci nella folla iniziavano a diminuire. La banda cessò di suonare e dagli altoparlanti risuonarono i crepitii del microfono.

Iosif Stalin si fermò sul podio della piattaforma del Cremlino vicino al Mausoleo di Lenin e tutti si prepararono ad ascoltarlo attentamente. I soldati avevano i calci del fucile a terra e i loro sguardi erano fissi sul presidente. Egli allora iniziò a parlare.

"Compagni soldati rossi e marinai rossi, comandanti e dirigenti politi operai e operaie, colcosiani e colcosiane, lavoratori intellettuali, fratelli e sorelle nelle retrovie del nostro nemico, temporaneamente caduti sotto il giogo dei briganti tedeschi, nostri valorosi partigiani che distruggete le retrovie degli invasori tedeschi!

A nome del Governo sovietico e del nostro partito bolscevico vi saluto e mi felicito con voi per il ventiquattresimo anniversario della Grande rivoluzione socialista d'Ottobre.

Compagni, oggi dobbiamo celebrare il ventiquattresimo anniversario della Rivoluzione d'Ottobre in condizioni difficili. La perfida aggressione dei briganti tedeschi e la guerra impostaci hanno creato una minaccia per il nostro paese. Abbiamo temporaneamente perduto una serie di regioni; il nemico si trova alle porte di Leningrado e di Mosca. Il nemico calcolava che sin dal primo urto il nostro esercito sarebbe stato disperso e il nostro paese sarebbe stato messo in ginocchio. Ma il nemico ha grossolanamente sbagliato i suoi calcoli. Malgrado gli insuccessi temporanei, il nostro esercito e la nostra marina respingono eroicamente gli attacchi del nemico su tutto il fronte e gli infliggono gravi perdite; e il nostro paese, tutto il nostro paese, si è organizzato in un unico campo di combattimento, per sconfiggere, assieme al nostro esercito ed alla nostra marina, gli invasori tedeschi.

Vi furono giorni in cui il nostro paese si trovò in una situazione ancor più grave. Ricordate il 1918, anno in cui celebrammo il primo anniversario della Rivoluzione d'Ottobre. I tre quarti del nostro paese si trovavano allora nelle mani degli invasori stranieri. L'Ucraina, il Caucaso, l'Asia Centrale, gli Urali, la Siberia, l'Estremo oriente furono temporaneamente persi. Non avevamo alleati, non avevamo l'Esercito rosso, - se ne iniziava appena la formazione, - mancava il grano, mancavano gli armamenti, mancavano gli equipaggiamenti. 14 Stati assalirono allora il nostro paese. Ma non cademmo nel pessimismo, non ci perdemmo d'animo. Nel fuoco della guerra formammo allora l'Esercito rosso e trasformammo il nostro paese in un campo trincerato. Lo spirito del grande Lenin ci animava allora alla guerra contro gli invasori. Ebbene? Infliggemmo una disfatta agli invasori, ci facemmo restituire tutti i territori perduti e riportammo la vittoria.

La situazione attuale del nostro paese è incomparabilmente migliore di 23 anni fa. Il nostro paese ora è molto più di ricco di industrie, di derrate alimentari e di materie prime di 23 anni fa. Abbiamo ora degli alleati che formano, insieme a noi, un fronte unico contro i conquistatori tedeschi. Abbiamo ora la simpatia e l'appoggio di tutti i popoli d'Europa caduti sotto il giogo della tirannide hitleriana. Ora disponiamo di un magnifico esercito e di una magnifica marina che difendono col loro petto la libertà e l'indipendenza della nostra Patria. Ora non abbiamo una mancanza seria né di prodotti alimentari, né di armamenti, né di equipaggiamenti. Tutto il nostro paese, tutti i popoli del nostro paese, appoggiano il nostro esercito, la nostra flotta e li aiutano a sconfiggere le orde conquistatrici dei fascisti tedeschi. Le nostre riserve umane sono inesauribili. Lo spirito del grande Lenin e la sua vittoriosa bandiera ci animano oggi, come 23 anni fa, alla guerra per la difesa della Patria.

Si può forse dubitare che possiamo e dobbiamo vincere gli invasori tedeschi?

Il nemico non è così forte come lo dipingono alcuni intellettualucci spaventati. Il diavolo non è così terribile come lo si dipinge. Chi può negare che il nostro Esercito rosso ha più volte messo in fuga disordinata le vantate truppe tedesche in preda al panico? Se si giudica non dalle fanfaronate dei propagandisti tedeschi, ma dalla vera situazione della Germania, sarà facile comprendere che gli invasori fascisti tedeschi sono davanti ad una catastrofe. In Germania oggi regnano la fame e la miseria. In quattro mesi di guerra la Germania ha perduto 4 milioni e mezzo di soldati. La Germania si dissangua, le sue riserve umane si esauriscono. Lo spirito di indignazione invade non solo i popoli d'Europa, caduti sotto il giogo degli invasori tedeschi, ma lo stesso popolo tedesco che non vede la fine della guerra. Gli invasori tedeschi tendono le ultime forze. Non vi è dubbio che la Germania non può sostenere a lungo una tale tensione. Alcuni ancora mesi, ancora mezz'anno, forse un annetto e la Germania hitleriana dovrà crollare sotto il peso dei suoi misfatti.

Compagni soldati rossi e marinai rossi, comandanti e dirigenti politici, partigiani e partigiane! Tutto il mondo vi guarda come ad una forza capace di annientare le orde brigantesche degli invasori tedeschi. I popoli asserviti d'Europa, caduti sotto il giogo degli invasori tedeschi, vi guardano come loro liberatori. Una grande missione liberatrice spetta a voi. Siate, dunque, degni di questa missione! La guerra che voi conducete è una guerra di liberazione, una guerra giusta. Che le figure ardimentose dei nostri grandi antenati - Alexander Nevsky , Dimitry Donskoy , Kosim Minim , Dimitry Pogiarsky, Alexandr Suvorov , Mikhail Kutuzov - vi ispirino in questa guerra! Che la vittoriosa bandiera del grande Lenin sia il segno che vi guidi!

Per la completa disfatta dei conquistatori tedeschi! Morte agli invasori tedeschi! Evviva la nostra gloriosa Patria, la sua libertà, la sua indipendenza! Sotto la bandiera di Lenin, avanti, alla vittoria!"

Dopo che ebbe terminato il suo discorso, la folla urlò di gioia.

"Evviva Stalin! Evviva! Urrà! Urrà!"

La banda attaccò con le sue esecuzioni e le colonne iniziarono a marciare per la Piazza Rossa.

Dmitry permise di far penetrare le parole di Stalin dentro di sé. Disprezzava la politica, ma quello era il giorno i cui avrebbero ottenuto la vittoria sui tedeschi. Rilasciando un sospiro, cambiò posizione e iniziò a marciare assieme alla sua sezione. Ogni passo sembrava pesante, si stava avvicinando al fronte. Gli stivali battevano in sincronia contro il pavimento di mattoni della Piazza Rossa, si udivano deboli ruggiti di carri armati.

La folla piangeva e applaudiva, si sentivano cori come "Salvate Mosca!" oppure "Viva Stalin!"

Superarono la Cattedrale di San Basilio e iniziarono a marciare per le strade di Mosca. La gente guardava e urlava mentre passavano, agitavano le mani e li incoraggiavano.

I soldati ora si stavano riversando verso la periferia della città. Il gruppo di militari davanti si stava già disperdendo e attendevano ulteriori ordini. Tutti, dopo quel discorso, sembravano più valorosi e il loro orgoglio era stato rinnovato.

"È così" mormorò un soldato "questa battaglia deve essere vinta"

Entrarono nella pianura ricoperta di neve. Era tutta una distesa bianca con dei puntini del medesimo colore che danzavano per aria. L'ambiente era immerso in una calma inquietante, quando all'improvviso un comandante sparò in aria con la sua pistola.

"Caricate in avanti, compagni! Difendete Mosca dai nazisti! Fatelo per la Madre Russia ... fatelo per il popolo dell'Unione Sovietica!"

I soldati iniziarono a correre con i fucili puntati in avanti. Il nemico era ancora lontano ma li stava aspettando. Tutto era ancora irreale, gli unici rumori udibili erano i respiri dei soldati e gli stivali che schiacciavano la neve. Le truppe di sciatori che indossavano uniformi bianche si vedevano appena all'orizzonte mentre sfrecciavano davanti ai soldati a piedi. I loro stivali era tutto ciò che si poteva notare.

Un soldato davanti a Dmitry si voltò.

"Dmitry! Credevo che ti avrei perso! Pensavo fossi già molto più avanti" esultò Alexandr.

"Ti cercavo alla parata" rispose " dov'è Gektor?"

"Sarà da qualche parte. Lo troveremo presto, non preoccuparti. Ora abbiamo una missione da compiere" disse Alexandr dando una pacca sulla spalla all'amico. "dobbiamo difendere Mosca, Dmitry. Siamo cresciuti insieme e dobbiamo proteggere le nostre famiglie dai tedeschi. Pensa a come debbano stare i tuoi genitori, tuo fratello. Vivono nella paura dei raid aerei. È il momento di mostrare quanto siamo forti!" alzò il fucile in aria.

Quindi Alexandr corse via incoraggiando quelli davanti a lui.

Le cortine fumogene intonacate su un muro invisibile davanti annunciavano che stavano avvicinandosi alle forze nemiche.

"Sei pronto?" chiese Alexandr ritornando indietro. Aveva la baionetta puntata davanti, in attesa di traffigere la carne umana.

"Sono pronto"

Le grida di battaglia risuonavano intorno. Un crepitio di colpi di fucile si confondeva con le voci degli impavidi soldati dell'Armata Rossa. Dmitry premette il grilletto e il fucile sobbalzò.

Questo è per mio fratello, questo per mia madre, questo per mio padre. Questo è per tutti coloro che ho conosciuto.

Per Iari e Andrei. Spero che mi guarderete dall'alto.

I lampi delle pistole tedesche tremolavano in lontananza e le pallottole sfrecciavano da ogni parte. Premette ancora il grilletto del fucile. Ancora, ancora e ancora.

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