CAPITOLO 23
CAPITOLO 23
PORECHYE, RUSSIA, UNIONE SOVIETICA
8 AGOSTO 1941
Le familiari mura di terra lo circondavano e gli ricordarono i giorni passati quando si sedeva in una trincea, pregando e pensando a cosa sarebbe successo. Friedrich rivolse lo sguardo al cielo che si era trasformato in una tonalità grigio chiara. Le nuvole cariche di pioggia riempivano i vuoti dell'atmosfera del tardo pomeriggio. Gli altri uomini parlavano di un temporale imminente. Il comandante aveva avuto una riunione con gli ufficiali e i capisquadra su ordine del maggiore Franz Landgraf. Era stato stabilito di abbattere la testa di ponte di Luga e continuare il viaggio verso Leningrado. Friedrich rimase seduto da solo, aggrappato alla sua nuova arma. Fissò con sguardo assente il muro di terra battuta, perso nella realtà. Uno squadrone di caccia della forza aerea tedesca si era trasferito a Porechye e lì Sebastian era stato in grado di riunirsi con un aereo da combattimento. Prima di andarsene, strinse la mano all'amico e l'abbracciò. Le ultime parole che Friedrich gli aveva sentito dire era che quando avrebbe preso l'aereo nuovo, vi avrebbe dipinto un alce, così Friedrich avrebbe potuto riconoscerlo in caso si fosse replicato il loro incontro.
"Se siamo sopravvissuti ai russi, allora sono sicuro che sopravviveremo alla guerra" aveva detto.
La seconda cosa a cui pensava era Oskar. Non aveva più sue notizie. Ogni volte che provava a chiedere a Waldemar, egli rispondeva dicendo che stava bene a casa sua o a volte non rispondeva affatto.
Lontano si sentivano i borbottii delle voci che ridevano e parlavano.
Improvvisamente i cieli rimbombarono e gli uomini ansimarono sbirciando fuori dalle trincee. Il cielo ora era diventato di una tonalità più scura,quasi nera. Una scia di fulmini colpì il cielo. Seguì un tuono piuttosto forte che fece tremare il terreno, come se il cielo stesse sparando proiettili di artiglieria.
"Friedrich"
Fu Gustav a chiamarlo.
"Sta per piovere?" interrogò. Il giovane rispose con un'alzata di spalla.
Sentì una goccia d'acqua cadergli sul naso, poi una sulla mano. Mentre esaminava il cielo, un carico di pioggia si abbatté sulla terra secca e sul suo viso. Batté contro gli elmetti e schizzò contro il pavimento di terra delle trincee. Le precipitazioni iniziarono ad accumularsi, formando chiazze di fango.
La voce di Bachmann crebbe nelle vicinanze.
"Non piove da giorni! Finalmente in Russia piove!"
Waldemar, seguito da Rudi, si avvicinò a Friedrich.
"Domani partiremo. Preparati" gli diede una pacca sulla spalla. Rudi annuì e si riparò il volto con una mano dalla pioggia. I due se ne andarono.
La pioggia portò Friedrich a quel giorno a Raseinai, quando perse la persona a lui più cara.
Ero seduto su una stanza a me familiare. Al centro della stanza c'era un tavolino di legno con quattro sedie e una serie di letti a castello allineati contro il muro.
"Sei tornato a Wuppertal, Friedrich" risuonò una voce. Guardai intorno, cercando la persona che parlava.
"Chi sei?"
All'improvviso la porta della stanza della guarnigione si spalancò. Un filo di brezza gelida mi sfiorò violentemente il viso facendomi venire la pelle d'oca lungo le braccia.
"Non ti ricordi di me?"
Strinsi gli occhi.
"C- chi sei?"
Una figura oscura e nebbiosa avanzò avanti.
"Dimmi chi sei!"
La figura poi prese dei contorni vividi e allora la riconobbi.
"Oskar?"
"Friedrich, s- salvami ..." sussurrò la figura. Gli occhi azzurri di Oskar si spalancarono e il sangue iniziò a colargli dagli angoli della bocca. Fece un sorriso malefico.
"Oskar!" gridai.
"Salvami, salvami ora!" gridò, tendendo le braccia mentre veniva trascinato indietro da una forza invisibile.
Di colpo, la figura di Oskar scomparve in una nube e al suo posto un demone scatenò una sadica risata.
"Oskar! Oskar! Oskar dove sei andato?!"
Di nuovo quella risata malefica. Apparteneva a un'altra figura, questa volta coperta da un grande cappuccio e un lungo abito nero. Il volto era un teschio e in mano teneva una lunga ascia: capii. Quello era il demone della morte.
La pioggia cadde sul viso. La trincea era diventata un bagno di fango i cui stivali affondavano nella sporcizia. L'uniforme era fradicia di umidità.
"Forza Friedrich, dobbiamo partire" fu la voce calma di Waldemar a richiamarlo dall'alto della trincea. Si inginocchiò e allungo una mano verso il diciannovenne per tirarlo su. Raggiunta la cima lo ringraziò con un piccolo sorriso.
"Bel tempo per attaccare, eh?" sorrise Bachmann.
"Stiamo andando nel bosco, sarà tutto fangoso. Ti sembra bello?" replicò Waldemar.
L'intera divisone era partita per una missione di evasione. Entrarono nel bosco, i loro passi si infransero contro quelli del fango, producendo rumori di risucchio a ogni punto che veniva calpestato. Gli alberi gocciolavano grandi ciuffi di pioggia e tutti gemevano.
"Te l'ho detto" disse Waldemar rivolto a Bachmann.
Tutti tennero gli occhi aperti per qualsiasi movimento. La vista era però ostruita dai troppi rami. Il sottobosco, infatti, era più fitto dei precedenti che avessero attraversato. In lontananza, dietro gli alberi, si scorse il tetto di un edificio. Friedrich lo guardò e aumentò il passo.
"Friedrich ritorna da me" ordinò il caposquadra. l'interpellato si fermò e si girò.
"C'è un edificio lassù, vado a vedere di che si tratta"
"Lo raggiungeremo presto, resta qui"
Scosse la testa e corse via.
"Ehi! Torna qui!"
Friedrich superò la squadra di Rudi e di qualcun altro.
Le vivaci assi di legno rosso dell'edificio si distingueva dal bosco. Era un fienile e le provviste agricole erano appoggiate alle pareti. L'ingresso era socchiuso. Puntò la pistola e usò la canna per aprire la porta. Entrò sentendo il fruscio del pagliaio. A ogni passo il pavimento scricchiolava. Il sangue scorreva nelle vene di Friedrich e le sue mani tremavano. Ci fu un movimento da sotto il pagliaio. Si fermò.
"Friedrich, sei tu?" domandò la voce dal pagliaio, seguito dal tubare di un piccione. Uscì fuori una figura con un tipico casco tedesco.
"Paul! Sei vivo!" abbassò la pistola e la mise in spalla. Tese una mano per tirare su il compagno. Egli scosse la testa e fece un gesto con quest'ultima verso il pennuto che stava appollaiato sul suo braccio.
"Perché hai un piccione?"
"Oh, li adoro. L'ho trovato qui e ho deciso di tenerlo come compagno. Il mio cognome è Vogel, che vuol dire uccello!" iniziò ad accarezzare il piccione e a piangere.
"Cosa c'è che non va?"
Paul alzò lo sguardo verso Friedrich e poi sul mucchio di pagliaio dall'altra parte del fienile.
"Quando sono entrato, ho visto delle persone morte. Persone! Sono una decina, due sono stati impiccati" accarezzò le piume del piccione come per darsi forza.
Appena si mosse verso il punto indicato da Paul, Friedrich venne fermato da quest'ultimo.
"Non andare a guardarli. È uno spettacolo orribile, è raccapricciante"
Improvvisamente un raggio di luce colpì il muro del fienile. Si udì lo scalpiccio degli stivali e il raggio di luce, mano a mano, si attenuò.
"Questa è la seconda volta che ti trovo"
Friedrich e Paul si diressero verso l'uscita. Rudi porse una torcia a uno dei suoi uomini e afferrò i due per le braccia.
"Voi due andate fuori. Io e i miei uomini indagheremo qui" informò il caposquadra trascinandoli via. Paul li avvertì delle persone morte all'interno ma Rudi sembrò ignorarlo.
"E non andare più in giro da solo, ok?" lo redarguì.
Friedrich annuì ed entrambi lasciarono la stalla.
I fanti erano sparpagliati. Crollarono di nuovo le loro armi e conversarono tra di loro mentre aspettavano un segnale. La pioggia continuava a scrosciare dal cielo e deboli tuoni ruggivano in lontananza come se stesse rimproverando la terra per la guerra.
"Paul ..." lo chiamò Bachmann "sei ancora vivo! Credevo che i russi ti avessero fatto fuori" egli notò il piccione e gli domandò perché lo aveva.
Paul ridacchiò "è un amichetto che ho trovato. Lo lascerò in modo tale che possa ritornare alla sua casa naturale"
Friedrich ritornò dalla sua squadra e vide Waldemar discutere con Gustav e Christof. Lo guardarono portando la loro attenzione su di lui.
"Friedrich, ascoltami" iniziò Waldemar con tono dolce, le palpebre abbassate e gli occhi che non lo guardavano. Gustav e Christof si fissavano gli stivali. Waldemar chiuse gli occhi e sospirò pesantemente "Oskar ..."
Christof si mise la mano a coppa sulla bocca e iniziò a piangere. Gustav cercò di confortarlo.
"Lo stavano riportando in Germania ..." i suoi occhi divennero inespressivi " ... ma a Stettino il suo treno ha deragliato. Ci sono molti feriti ... e morti. E non sappiamo se Oskar sia tra loro"
La mascella di Friedrich si spalancò, Gustav prese a sé Christof cercando di calmarlo mentre piangeva in maniera incontrollabile, il che spinse Friedrich a fare lo stesso. Grosse gocce di pioggia cadevano dai bordi del casco, e il ricordo di quel giorno ritornò. Pianse e affondò la faccia nei palmi delle mani. Gli altri uomini osservavano, guardandosi alle spalle. Dovevano anche loro aver provato quella sensazione, ovvero di perdere i loro compagni di guerra. Waldemar si avvicinò a Christof, seguito da Friedrich per cercare di calmare il giovane. Quando ci riuscirono arrivò Rudi.
"Abbiamo trovato dieci civili uccisi. Abbiamo anche trovato questo" Rudi sollevò una baionetta e la agitò in mano. Un piccione volò sopra le teste di tutti per sparire nel cielo. Paul emerse dalla folla.
"Oh, è mia, devo averla lasciata cadere" Paul strappò la baionetta di mano al caposquadra e se la mise alla cintura.
Continuarono ad avanzare spostandosi più in profondità nel fitto bosco e nella grande pozza di palude che arrivava a circa metà degli stivali. A un certo punto Friedrich si voltò per chiedere qualcosa a colui che non sapeva più se esisteva. Waldemar stava con le proprie emozioni congelate e Gustav si era schierato con Christof, che di tutti era il più sensibile, e gli sussurrava parole di incoraggiamento.
BOOM!
Rimasero tutti senza fiato e Christof lasciò cadere il fucile a terra. Una grande nuvola di terra, fango e acqua si era gettata nell'aria.
"Mine!" urlò il tenente della compagnia.
Gli uomini iniziarono a farsi prendere dal panico e all'improvviso crepitò l'eco di un fucile. Seguì un urlo. Soldati frenetici iniziarono a correre in giro, in cerca di riparo. Non c'era un posto dove nascondersi visto che gli alberi erano pochi e le paludi non coprivano abbastanza. Risuonò un altro fuoco di fucile e uno degli uomini si bloccò e cadde all'indietro affondando nella palude con il sangue che gli uscì dalla gola. Le teste di tutti giravano a destra e a manca in cerca di eventuali movimenti nemici. La palude esplose nel caos, con le pistole che sparavano a un bersaglio vuoto. Waldemar concentrò lo sguardo nella foresta, alla ricerca dei russi. Scosse la testa.
"Dove cazzo si nascondono?" imprecò la voce di Rudi.
Iniziarono a spuntare cecchini invisibili. I singoli proiettili uscivano ogni pochi secondi, spuntavano da una posizione sconosciuta di un nemico sconosciuto. Tutti girarono la testa verso sinistra, osservando uno scroscio di fango e acqua sollevarsi in aria.
"Un'altra mina?" domandò Gustav nervosamente. I grandi occhi di Christof divennero ancora più grandi e le sue lebbra iniziarono a tremare di freddo e di paura. Tutti erano zuppi e intrisi di un blocco che gli chiudeva lo stomaco; l'ansia.
"Ora come faremo tenente? Stiamo combattendo in un esercito invisibile qui!" disse un caposquadra.
Il tenente si inginocchiò e tirò fuori una mappa. Dopo averla esaminata la ripose via.
"Dal momento che il Kampfgruppe Raus sta attaccando su una pista lungo le teste di ponte di Luga, questo Kampfgruppe attaccherà lungo una strada. Per raggiungerla, dobbiamo superare per forza questo esercito invisibile. Rudi, tu sei in testa. Vai!"
Rudi si chinò, guidando la sua squadra attraverso l'aperta palude e dall'altra parte. Davanti a lui si stanziava una linea di alberi sempreverdi che la squadra percorse senza essere colpita. Qualche fuoco di cecchino aveva perforato il fango , ma non la squadra. Anche il resto l'attraversò. Friedrich sussultava ogni volta che scoppiava uno sparo e distoglieva lo sguardo ogni qualvolta un soldato veniva colpito. Erano bersagli aperti per un esercito fantasma. Si udivano continui echi.
"E adesso, tenente?"
"Percorreremo una strada da Ivanovskoye. Questo sentiero porta a un villaggio chiamato Yurky. Preparatevi uomini"
Quando tutti furono rannicchiati, si riposarono per un paio di minuti fino a quando non ricevettero l'ordine dal tenente di proseguire. Si imbatterono in una strada a senso unico e tutti iniziarono ad applaudire poiché così non avrebbero più camminato attraverso le paludi. La strada sterrata costeggiava il bosco. Le due squadre guidatrici si fermarono di botto.
"Che succede?" il tenente percorse la linea.
In mezzo alla strada c'era un abete che ostruiva il passaggio.
"Forza uomini, rimboccatevi le maniche e spostiamo questo albero!"
Dopo pochi minuti, migliaia di forti braccia riuscirono a spostare il tronco. Ma il bello non era finito; qualcuno si era accorto che la strada era disseminata di mine. All'improvviso il fragore di una mitragliatrice sparò, spazzando via un'intera squadra e un paio di uomini della squadra di Rudi. Il resto della squadra si spostò verso le retrovie e si raggruppò con la squadra di Waldemar. Rudi cercò immediatamente il tenente per denunciare l'accaduto. I suoi membri tremavano, tutti pallidi per la perdita di mezza squadra. Friedrich, Gustav e Christof li guardarono con compassione.
"C'è una chiamata da parte del generale Landgraf!" l'operatore radio da campo si precipitò lungo la strada. Tutti si volsero a guardarlo.
"Sì signore" riattaccò il trasmettitore radio sul pacchetto e richiamò l'attenzione di tutti "il generale Landgraf ha ordinato di sospendere il nostro attacco per il momento, suggerisce di continuare il nostro attacco l'11 agosto"
Gli uomini applaudirono e provarono un'ondata di sollievo.
"Ma gli invisibili russi sono ancora un rischio. Tenete d'occhio eventuali movimenti e trovate un riparo ai lati di questa strada"
Partirono tra i cespugli e gli alberi ai bordi della strada a corsia unica. Friedrich si sedette.
"Che giornata" gracchiò Gustav, posando la pistola accanto a lui. Christof si sedette accanto a Friedrich e si tolse l'elmo. Waldemar si sedette di fronte a loro togliendosi l'elmo.
"Sì, che giornata" dichiarò tirando fuori il suo taccuino.
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