CAPITOLO 17

CAPITOLO 17

DINTORNI DI KAUNAS , LITUANIA

27 GIUGNO 1941

Waldemar non aveva ancora ringraziato Friedrich di averlo salvato da morte certa. Si isolava sempre di più e l'unico contatto che aveva con la sua squadra era quando dava ordini. Da quel momento iniziò ad esprimersi con più amarezza. Si stavano riposando lungo il ciglio di una strada mentre aspettavano che arrivassero le riserve e rimpiazzassero le pesanti perdite subite dalla battaglia. Il cielo era nuvoloso. Gustav era seduto e russava accanto a Friedrich.

"Qualcuno lo zittirà mai?" chiese infastidito Oskar. Christof si alzò sorridendo, si mise davanti al più grosso e gli diede un piccolo calcio.

"Cos'era?" chiese mentre si risvegliava dal sonno.

"Sono arrivati!" esclamò a gran voce Bachmann rivolgendo lo sguardo di tutti verso la strada.

Colonne di riserva della Wermacht si stavano dirigendo verso di loro. Marciavano con passo costante con i loro stivali che risuonavano contro il sentiero. Alcuni veterani balzarono in piedi e osservarono il plotone avanzare. Molti li salutarono, ma alcuni presero a schernirli.

"Voi ragazzi non durerete nemmeno un giorno. Consideratevi fortunati perché il lavoro sporco lo abbiamo fatto noi"

"Esatto! Aspettate solo di vedere la vostra prima battaglia e vorrete subito ritornare tra le braccia di mamma!" urlò un altro che afferrò uno dei soldati di riserva per il bavero tirandolo fuori dalla formazione. "Svenirai al minimo accenno di sangue, bastardo! Vi disprezzo perché pensate di essere tutti dei duri!"

La recluta trascinata fuori dalla formazione sembrava calma. Si tolse il casco rivelando dei capelli biondi. Aveva degli occhi marroni.

"Stai attento a ciò che dici" replicò a tutte le ingiurie subìte "non mettere più le tue mani su di me, porco" disse schifato.

"Cos'hai detto ragazzino?" ribattè il soldato aggressore preparando a fare a pugni "dimmelo se hai il coraggio, avanti"

"Stai attento" rispose.

"Figlio di puttana" il soldato gli lanciò un pugno verso il viso che venne prontamente schivato dalla recluta.

Il biondo afferrò l'avambraccio dell'uomo quindi lo trascinò a sé per fargli perdere l'equilibrio. La recluta alla fine lo intrappolò con un braccio al collo.

"Potrei romperti il collo davanti a tutti, che dici?" sogghignò la recluta.

"Bastardo! Lasciami stare!"

"Come hai detto?"

"Coglione!"

Il giovane lasciò la presa e afferrò il braccio dell'uomo che dopo un secondo urlò di dolore. Allora il biondo lo lasciò andare spingendolo a terra.

"Non scherzare con le persone senza prima conoscerle. Spesso appaiono in modo diverso da quello che sembrano di essere" quindi, con stupore di tutti, lo sollevò da terra e gli afferrò il braccio che gli aveva slogato. Quindi glielo scrocchiò nuovamente e lo lasciò andare "ora puoi andare"

"Sappi che la pagherai. E cara!" urlò il veterano mentre si allontanava.

Nel frattempo il nuovo arrivato divenne oggetto di interesse per i molti che avevano assistito.

"Aspetta, come ti chiami?" chiese Bachmann.

"Mi chiamo Paul Vogel. Sono stato assegnato all' unterroffizer Bachmann.

"Io sono colui che cerchi" rispose il caposquadra orgoglioso "che fortuna avere uno come te in squadra"

Dietro il giovane Keller comparve un'altra recluta che chiese del caposquadra Bachmann. Nuovamente l'uomo rispose affermativamente.

"Sono Heinrich Adler, è un piacere averti come caposquadra" disse.

Adler? Quel cognome lo già sentito. Klaus ... Klaus Adler. Per il momento meglio occuparsi di Waldemar.

Nonostante tutto, il caposquadra era ancora solo seduto contro le casse delle provviste, in mano aveva il suo taccuino.

"Waldemar ..." sussurrò. Non si mosse. Lo guardò e la visiera nera del suo berretto gli impedì di incontrare gli occhi del più giovane. "Waldemar, ascoltami" voltò il viso verso l'alto "dimentica ciò che è successo. Non prenderti la colpa per tutto. Mio padre è in cielo insieme a mia madre ... e pure Joachim, sarà lì sopra con i suoi cari"

"Chi si prenderà cura di tua sorella? Entrambi i tuoi genitori sono morti"

Friedrich si sedette contro le casse e mise le braccia sulle ginocchia.

"Perché non mi hai lasciato nella trincea?" chiese con voce tremante.

"Perché avrei dovuto farlo?
Perché la guerra è un mostro che incasina la mente, è l'unico modo per fermarla non è incolpare te stesso ma la guerra. Ti ho salvato perché ci tengo a te. Sei come un fratello per me"

Dopo quelle parole Waldemar rimase in silenzio per un po' finché non aprì bocca.

"Qualche giorno fa mio padre mi ha mandato una lettera. Nina e il gatto sono con loro" disse asciutto, senza emozioni. "è passato così tanto dall'ultima volta che li ho visti ..."

"Dici davvero?"

"Sì, ho ricevuto una lettera. Te l'ho detto. Mi spiace ancora per i tuoi genitori ..."

"Mia madre era una donna semplice, gioiosa e semplice. Mio padre viveva facendo tutto ciò che gli piaceva. Magari non saprò mai perché si trovasse in Lituania, ma entrambi mi mancano"

"Basta con questi piagnistei" esordì Waldemar alzandosi in piedi "voglio conoscere le nuove reclute"

I due si avvicinarono al resto del gruppo.

"C'è Waldemar!" esclamò Bachmann "dov'eri? Sono arrivate le nuove reclute"

I quattro si presentarono tra di loro.

"Io sono Paul Keller"

"Waldemar Ehrlichmann. Benvenuto nella 6° Divisione Panzer"

Heinrich venne da Friedrich e gli sorrise "mi chiamo Heinrich Adler, piacere di conoscerti"

"Piacere mio. Il tuo cognome mi è familiare. Sono Friedrich Müller. Per caso conosci un certo Klaus ..."

Il sorriso di Heinrich svanì "non nominare mai più quel nome, almeno non davanti a me" detto ciò se ne andò. Paul, Bachmann e Waldemar assistettero sbigottiti alla scena.

"Giuro che non gli ho fatto nulla"

"Non ne dubitiamo. Ci stiamo chiedendo solo perché sia scappato" rispose Bachmann.

Friedrich espirò pesantemente. Fissò il cielo, osservando le nuvole allontanarsi lentamente.

Nel pomeriggio i nuovi arrivati si organizzarono nelle squadre a cui erano state assegnate. Gustav e Christof stavano riposando sull'erba mentre Oskar discuteva con alcune delle nuove reclute. Friedrich si sedette lungo i bordi della strada, pulendo la sua pistola per assicurarsi che fosse pulita e pronta per essere per utilizzata. Davanti a lui si palesò Bachmann; stava sorridendo. si sedette vicino al giovane.

"Oh, è una fortuna non dover sudare sotto questo sole cocente" ridacchiò e appoggiò per terra la pistola e l'elmetto "da dove vieni di bello?" chiese.

"Duisburg"

"Duisburg, qualche anno fa lì avevo una ragazza. Io vengo da più a nord. Da Dusserdolf. Ti ricordi di Joachim?"

Friedrich annuì.

"Eravamo della stessa città, anzi le nostre abitazioni distavano poco l'uno dall'altra. Ci incontravamo sempre. Dio, quant'era simpatico. Come mi manca. Era l'anima delle feste, e quanto amava bere. Ed è rimasto un leader impeccabile. I miei nuovi ragazzi sembrano piuttosto giovani. Mi chiedo se abbiano la tua stessa età"

"Io di anni ne ho 19"

"Oh,bene, a quanto pare sei il soldato più piccolo che abbia incontrato fino ad oggi. Heinrich ha detto di avere 23 anni e Peter 21. Io ne ho 28, sono più grande di due anni di Waldemar.

Delle voci si avvicinarono verso di loro.

"Oskar! Christof! Venite a sedervi con noi!" suggerì il più giovane. I due si avvicinarono.

"Quel gigante ha bisogno di controllare il suo volume" si lamentò Oskar riferendosi al russare di Gustav.

"Andiamo a svegliarlo" suggerì sorridendo Christof.

"Vuoi simulare dei rumori?" chiese Oskar.

"Sì, forza"

Oskar annuì. Bachmann fece il conto alla rovescia "eins ... zwei ... drei!"

All'unisono tutti fischiarono per un paio di secondi. Gustav si svegliò di soprassalto e il casco gli rotolò dal petto. Scoppiarono tutti a ridere. Il più grosso si riprese subito.

Rise "che bastardi che siete"

Il resto della giornata venne impiegata a preparare e rifornire le provviste mentre le nuove reclute si sistemavano. Venne annunciato che da quel momento le partenze si sarebbero effettuate senza riposo e perciò era meglio godersi quei momenti che stavano vivendo.

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