CAPITOLO 15
CAPITOLO 15
SIULIAI, LITUANIA
NOTTE DEL 24 GIUGNO 1941
La pioggia batteva contro i vetri. Ho mosso la mano e ho sentito un morbido cuscino. Aprii gli occhi e mi ritrovai nel mio letto. Ero ritornato a Duisburg?
Mi alzai in piedi. Tutto era come l'avevo lasciato.
Uscii dalla stanza, scesi le scale per dirigermi in cucina, era vuota. Sul tavolo da pranzo, in soggiorno, c'era una pentola. Mi avvicinai per sollevare il coperchio. Un fetore putrido circondò l'aria e le mosche all'interno uscirono tutte fuori, libere di volare. Nel brodo c'erano dei vermi.
Salii di corsa le scale e mi diressi in camera di Nina.
Anche quella stanza era vuota, delle lunghe e grandi ragnatele circondavano la camera.
Corsi in bagno e mi guardai allo specchio. Non riuscivo a vedermi. Poi apparve una sagoma, seguita da un'altra.
"Friedrich!"
Le due sagome diventarono più chiare rivelandosi mio padre e Waldemar senza volto.
"Mi dispiace Friedrich"
L'immagine di Waldemar scomparve.
"Sono un medico per l'umanità, non per servire il demonio. Proteggo tutti dall'ingiustizia, gli ebrei meritano di vivere proprio come noi. Sterminarli non risolve nulla"
"Perché mi hai lasciato? Mi sento solo!" dissi in preda alle lacrime.
Lancia un potente pugno verso lo specchio che si frantumò. Le pareti del bagno iniziarono come a dissolversi, così come il pavimento.
Il mio corpo cadde liberamente nel vuoto.
"Friedrich!"
Rimase senza fiato e si alzò. Accanto aveva la bambola della sorella e sul cuscino c'era la sua bava.
Fuori pioveva ancora. I tedeschi sembrava che stessero per andarsene. Prese il casco. Inciampò qualche volta nelle scale per scendere. Infilò la bambola nel sacchetto del pane e si unì ad altri soldati.
"Friedrich ti cerco da un bel po'" dichiarò Gustav mentre dava una pacca sulla spalla dell'amico "dovremmo incontrarci con quella squadra"
Ma lui non prestò particolare attenzione a ciò che gli disse il compagno, l'unico suo pensiero fisso era ciò che aveva visto poche ore prima.
Papà ...
Un'ora dopo che Friedrich abbandonò il luogo di morte del padre, passarono un gruppo di poliziotti tedeschi che dichiararono a Friedrich, verso le dieci di sera, che suo padre si era suicidato. Cosa che non venne ingoiata dal malcapitato. Dopodiché, il caso venne archiviato, appunto, come probabile suicidio.
Non ci credo, non aveva motivo per togliersi la vita. Si vede che hanno fatto le indagini con i piedi. E se avesse voluto togliersi la vita non l'avrebbe fatto a pochi metri da me, l'avrebbe fatto a casa sua, in Germania, a Duisburg. Balle.
Insieme raggiunsero il resto della squadra. Waldemar dava le spalle a Friedrich e, appena si voltò e lo vide, gli fece un sorriso di compassione, come per tristezza. Attraversarono una parte della città danneggiata dalla Luftwaffe. Le abitazioni erano tenute in piedi dai loro stessi scheletri.
Hai davvero lasciato questo mondo? È tutto ciò a qui riesco a pensare. È difficile da credere, papà. È veramente difficile da credere ...
Un bambino piangeva accanto al corpo di una donna. Mormorava mamma. Le macerie degli edifici ricoprivano grandi porzioni di strade. Superarono un gruppo di lituani che al loro passo applaudirono e alzarono i pugni mentre un uomo parlava. Non si capiva nulla di ciò che stessero dicendo ma essi inizarono a marciare nella stessa direzione della squadra.
"Dove stanno andando?" chiese Chirstof.
"A te che importa. Dovrebbe importarti dove stiamo andando noi" rispose Oskar.
Due ore dopo erano ancora nel bel mezzo della campagna lituana.
"Uomini, ci accamperemo qui sulle rive del fiume Sesupé vicino al ponte. State attenti, i russi potrebbero attaccare da un momento all'altro" disse il comandante.
Diverse squadre, inclusa quella di Bachmann ,pattugliarono la zona intorno al ponte.
Friedrich si appoggiò contro le mura di terra della trincea. Waldemar in un primo momento stette accanto al giovane e poi si allontanò. Oskar e Christof si posero rispettivamente alla destra e alla sinistra del compagno che sospirò e uscì dalla fossa e vide Waldemar in piedi che leggeva un foglietto che subito dopo piegò, lo strappò e lo lanciò via. Dopodiché il caposquadra entrò in una trincea. Friedrich seguì la direzione in cui aveva visto i due pezzi di foglio cadere. Si fermò. C'era un piccolo cespuglio e tra i rami vi erano incastrati i due pezzi di carta. Li prese e la prima cosa che gli saltò all'occhio fu il nome di Joachim. Si spostò verso la luce della luna e lo lesse.
A volte condanniamo.
Noi stessi.
Con i nostri sensi di colpa.
Altri giorni sembra che
Soddisfiamo
Noi stessi con gioia.
Viviamo con emozioni.
È meglio vivere che morire
Privi di rimpianti
Piuttosto che appesantirci
Con dolore
Questo è ciò che ci rende
Umani.
Rilesse una seconda volta quelle parole.
Proprio non ne capisco il senso. Era tanto stupido quanto misterioso con queste parole.
Infilò in fretta i due foglietti nella tasca dell'uniforme. Tornò alla trincea. Sospirò e, tanto per impiegare il tempo, ispeziono il suo MP35 chiedendosi se l'avrebbe usato o meno quella notte. La quiete venne disturbata da dei rumori e in lontananza si videro delle sagome dirigersi verso le trincee. Waldemar bestemmiò; Bachmann ordinò la sua squadra di prepararsi.
"Sembrano russi" disse Bachmann in preda al panico.
"Uomini, preparate le armi e ad aprire il fuoco al mio segnale" ordinò il comandante.
Friedrich puntò l'arma verso il ponte, aspettando il segnale per dare fuoco. La stessa cosa fece Gustav, seguiti da Christof e Oskar. Waldemar non stava puntando la pistola, aveva le braccia sul terreno e vi appoggiò sopra la testa, come se fosse pronto per dormire. Le figure nere sembravano ben nascoste dalla fitta radura di alberi
"Eins ... zwei ... Uno ... due ..."
"Drei!" urlò il comandante "feur frei! Aprite il fuoco!"
I crepitii delle armi ruppero il silenzio della notte e i russi restituirono loro i proiettili.
"No, no, no!" piagnucolò Bardo mentre nell'oscurità trascinava qualcuno nella trincea.
I russi avanzarono a gran passo verso di loro mentre la luce della luna li illuminava. I mitraglieri tedeschi fecero sentire la loro forza e i nemici iniziarono a cadere per terra, morti. Alcuni dei russi ancora vivi cercarono di battere in ritirata ma vennero messi fuori dai fucilieri. Continuarono a rispondere al fuoco in segno di vittoria mentre le truppe russe si ritiravano, scomparendo nuovamente nella foresta.
"Si stanno ritirando!" urlò un uomo facendo il gesto dell'ombrello e successivamente il dito medio.
Friedrich andò da Bardo, chiedendogli cosa fosse successo.
" Ringo ..." fu tutto ciò che Bardo rispose. C'era una figura nera appoggiata sul suolo. Gli ritornò alla mente l'immagine del padre, e il cuore gli fece male. Le lacrime non tardarono ad arrivare.
"Friedrich? Tutto bene?"
"Sì. Sì Bachmann, va tutto bene.
"Abbiamo già perso metà della squadra. Prima Lutz, ora Ringo ..." mormorò Bardo.
"Lo so lo so" rispose il caposquadra mettendosi le mani sui fianchi fissando il vuoto. L'alba colorò il cielo di viola.
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Gli occhi di Friedrich erano stanchi per le ore di sonno perse. Sbadigliò e fissò il fiume, inclinò il casco in modo da coprire le luci del sole che stava sorgendo e le sue palpebre si abbassarono delicatamente.
Il cielo brillava e gli uccelli cinguettavano gioiosi. Oggi sono ritornato a studiare ed è il primo giorno di scuola di Nina. Ho attraversato le trafficate vie di Duisburg per prenderla all'uscita di scuola. Suonò una campanella e da una porta uscirono tanti bambini. Vidi Nina da sola, sembrava imbronciata.
"Nina!" la chimai. Lei se ne accorse e venne verso di me.
"Friedrich, oggi è stata una brutta giornata" disse mentre si abbracciavano.
"Ne parliamo mentre ritorniamo a casa, va bene?" suggerii.
"Mi mancava casa. Mi sono pure persa per scuola e una maestra mi ha rimproverata perché non ero a lezione e alcuni bambini mi hanno preso in giro" disse per poi lanciare un piccolo singhiozzo " e ho pure tirato una palla di carta a un bambino"
"Cosa?"
"Non volevo" disse.
"A volte ci sentiamo male, è stato un incidente. Hai almeno chiesto scusa?"
"No"
"Beh, vorrà dire che domani ti scuserai con il bambino, va bene?"
"Si"
"Ieri sera però sembravi entusiasta di andare a scuola"
"Si, ma non sapevo che sarebbe andata così"
"Non ti preoccupare"
Nina mi avvolse le braccia intorno alla vita e mi guardò con un sorrisino. La bacia su una guancia.
"Adesso andiamo a mangiare. Racconterai tutto a mamma e papà?"
"Si"
Il sole continuava a brillare nel cielo e gli alberi ondeggiavano nella fresca brezza. Sorrisi desiderando che una giornata come questa duri a lungo.
Si svegliò al suono di uomini che urlavano. Si alzò. I suoi occhi rimasero incollati a uno strano cielo arancione e grigio. Fumo e fuoco solcavano i cieli emettendo uno spaventoso rumore simile a un fischio. Si bloccò guardando i razzi che sfrecciavano nel cielo. Era come un fuoco d'artificio. Gli uomini correvano spaventati per il campo coprendosi le orecchie per non sentire i fischi assordanti e urlando come matti. Era un bombardamento da parte dei russi.
"Dobbiamo andarcene!" urlò Christof che iniziò a scappare seguito da molti.
Detriti e sporcizia piovvero dal cielo, grida di paura e morte esplosero dovunque. I carri armati sovietici avevano iniziato a prendere posizione. Il fuoco sembrò cessare per un attimo e rimasero solo le grida. Un carro russo si avviò verso quelli tedeschi che iniziarono a sparare contro il mezzo solitario ma esso non mostrò segni di indebolimento. Rispose al fuoco distruggendo un carro con un solo colpo. Dopodiché elimino il resto dei panzer a uno a uno. Poi iniziò a dirigersi verso la trincea di Friedrich. Accanto a lui, fino a quel momento, non se ne era reso conto, c'era Waldemar; seduto, confuso e immobile come una statua di cera. Dei razzi piovvero dal cielo portando ancora morte. Friedrich si alzò e corse verso il caposquadra afferrandolo per il bavero.
"Waldemar! Dobbiamo uscire!" gli urlò contro. "Waldemar! Sei pazzo?!" non si mosse di un centimetro.
"Non ho niente per cui vivere. Joachim è morto, Gretl mi ha lasciato. Ho ucciso tante persone. E tuo padre è pure morto" borbottò.
"Cazzo! Waldemar!"
Lo afferrò, se lo mise sulla schiena e si arrampicò dal buco. Corse pochissimi metri con il peso di Waldemar sulle spalle, un razzo atterrò nella trincea dove un secondo prima il biondo non voleva muoversi.
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