CAPITOLO 11
21 GIUGNO 1941
CAMPAGNE DELLA PRUSSIA ORIENTALE
Oggi è il giorno in cui affronterò veramente la morte.
Mancava solo da attraversare un fiume e sarebbero entrati in Unione Sovietica.
Era l' 01:00. La divisione si era preparata per l'attacco già da quando le reclute stavano per essere spostate a Wuppertal. Il cielo era nero, l'unico elemento a illuminarlo era la luna che faceva risplendere i caschi degli uomini. Il freddo non era intenso poiché con il loro costante movimento, i soldati fornivano da sé il calore. Il cuore di Friedrich batteva all'impazzata per l'adrenalina. Guardò a sinistra, vicino a lui c'era Christof che fissava le punte dei suoi stivali mentre camminava.
Le nuvole iniziarono a coprire la luna, l'oscurità inghiottì i campo e gli uomini.
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Il treno stridette sui binari e si fermò in stazione. "Wuppertal!" urlò il capostazione. Friedrich prese la valigia e uscì dalla carrozza. Uscì dalla stazione si diresse verso la guarnigione. La mattina stava crescendo lentamente mentre la città iniziava a svegliarsi dalla notte.
Attraversò i cancelli della guarnigione dopo uno scrupoloso controllo da parte di due soldati della Wermacht.
Nel cortile c'erano centinaia di carri armati parcheggiati accanto a dei camion. Vicino a loro si ergeva il quartier generale attorniato da cinque bandiere con la svastica nazista. Una guardia gli indicò di entrare proprio lì per registrarsi.
Nell'atrio c'erano degli agenti che andavano da una parte all'altra, tutti con le mani infossate di carte e fascicoli.
"Posso aiutarla?" chiese un uomo
"Sono qui per arruolarmi nella Wermacht"
Qualche minuto dopo Friedrich completò il controllo sanitario e venne mandato fuori, in cortile, ad aspettare che venisse chiamato.
Si appoggiò a una pila di casse e osservò il resto degli uomini che scherzavano e ridevano tra di loro. Nel mare di uomini, spiccava uno in particolare, alto e muscoloso che torreggiava sopra tutti. Proprio quell'uomo alla fine uscì dalla compagnia per avvicinarsi a Friedrich. Per evitarlo, Friedrich fissò le sue scarpe. Ma l'uomo si posizionò proprio di fronte a lui.
"Benvenuto nella Wermacht" disse tendendo la mano destra. Friedrich la prese.
"Grazie" rispose.
"Come ti chiami?" chiese. I suoi occhi azzurri brillarono alla luce del sole.
"Friedrich Müller" rispose. Anche l'uomo stava per dire il suo nome, ma venne richiamato dalla folla.
"Ci vediamo più tardi, Friedrich"
Dopo un paio d'ore, uscirono da una porta quelli che sarebbero dovuti essere sottoufficiali e ufficiali. le chiacchiere cessarono e uno degli uomini, con una divisa sommersa da medaglie, salì su un piccolo palchetto, gli venne dato un megafono e parlò.
"Benvenuti nella guarnigione della 6° Divisione Panzer situata qui a Wuppertal. Sono l'Hauptmann , ossia il vostro Capitano, Benno Huber. Ognuno di voi vivrà solo una cosa in comune: la guerra. Abbiamo conquistato molti paesi negli ultimi due anni e il sogno del nostro Fuhrer è quello di espandersi nel mondo. L'uomo che avete accanto a voi in questo momento sarà in combattimento affianco a voi. Accanto a me ci sono i capisquadra, gli uomini che guideranno i gruppi più piccoli nelle battaglie. Seguite i loro ordini, portate rispetto e vi promettiamo che sarete degli ottimi soldati. Prima che i capisquadra chiamino i loro uomini, vorrei dirvi che siete qui solo per un motivo. Siete qui per la vostra famiglia, siete qui per i vostri amici, siete qui per il vostro paese. Ma la cosa che è più importante è che siete qui per il nostro Fuhrer. E vi promettiamo che da uomini normali voi diventerete uomini di valore. Heil Hitler!" fece il saluto con il braccio destro scattante verso l'altro. E cosi fecero tutti gli altri uomini salutando in coro Hitler.
Ben presto i capisquadra cominciarono ad elencare i nomi degli uomini.
Si guardò intorno e vide un uomo che gli si stava avvicinando.
"Christof Bach" disse passandogli accanto e toccandogli una spalla.
"Christof Bach!" gridò un caposquadra biondo vicino a loro che si avvicino ai due mentre continuava a leggere i nomi sul foglio. Friedrich si allontano un po' per ridacchiare da solo per la bassa statura di Christof.
Del resto lo stanno prendendo per il culo tutti.
"Gustav Scholz!"
"Oskar Maier!"
"Friedrich Müller!" sobbalzò e afferrò il bagaglio per avvicinarsi al giovane caposquadra biondo.
"Bene, siamo tutti" sospiro il biondo vedendo che la sua squadra era al completo "Sono Waldemar Ehrlichamnn, il vostro caposquadra. Questa squadra fa parte del 114° reggimento della 6° divisone Panzer. Adesso seguitemi nella caserma che condividerete. Disimballate le vostre cose e riposatevi" ordinò.
Waldemar tenne aperta la porta della stanza e a uno ad uno entrarono. Era una stanza piccola con due finestre da cui penetravano i raggi del sole. La stanza aveva due letti a castello. Friedrich poggiò la borsa sul letto basso. L'uomo muscoloso prese quello sopra.
"Io sono Gustav" disse affacciandosi dalla sua cuccetta.
"Sono Christof" disse l'ometto mentre sistemava le sue cose. Sembrava un bambino il primo giorno di scuola, desideroso di fare amicizia con tutti.
"Io sono Oskar" disse l'altro uomo agitando il suo diario.
Finalmente sono un soldato della Wermacht.
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La notte silenziosa era accompagnata da un ritmo non sincronizzato di tamburi e fragorosi ruggiti. Erano sulle rive di un fiume, accanto ad un ponte.
"Ci stanno sparando con la loro artiglieria?" domando sussurrando Christof, guardandosi attorno.
"No, siamo noi a sparare" rispose Friedrich.
Le unità di artiglieria attraversarono per prime il fiume, in modo da potersi posizionare e sparare come previsto. Le onde morbide e increspate del fiume risplendevano grazie alla luce debole che la luna proiettava e ,al contempo, andavano ad infrangersi sulla terra.
Quando attraversò il fiume, le assi di legno iniziarono a scricchiolare e il ponte iniziò a traballare leggermente
" ... Siete qui per la vostra famiglia, siete qui per i vostri amici, siete qui per il vostro paese. Ma la cosa che è più importante è che siete qui per il nostro Fuhrer. E vi promettiamo che da uomini normali voi diventerete uomini di valore."
D'un tratto il fruscio degli stivali sull'erba si fermò e tutti iniziarono a preparare le armi.
L'ambiente notturno della campagna cadde in un silenzio surreale. L'artiglieria aveva cessato di bombardare le truppe russe che li precedevano.
Le urla stridule dei fischi riempirono l'aria e il crepitio degli spari cominciò a unirsi a loro.
" Los! Los! Los! Andate! Andate! Andate!"
La squadra si sparpagliò lungo il campo. Friedrich premette il grilletto un paio di volte ma si fermò quando avvertì che qualcosa non stava andando per il verso giusto. In lontananza Joachim era fermo. Stava guardando i campi. La sua squadra smise di sparare.
"Che succede?" iniziarono a domandarsi.
"Ho sprecato i miei proiettili per nulla!" si lamentò Oskar mentre ricaricava il fucile.
L'ambiente cadde in un silenzio inquietante, ma immediatamente si senti uno sparo e tutti rivolsero lo sguardo ai campi. Un caposquadra cadde, seguito da un paio di soldati mentre i colpi d'artiglieria echeggiavano nel campo.
Bang!
"Joachim!" urlò Waldemar mentre la sua figura si muoveva veloce tra l'erba alta. Gli altri capisquadra ordinarono di avanzare nella foresta che si ergeva al di là dei campi.
"Waldemar, aspetta!"
La battaglia offuscò la supplica di Friedrich e Waldemar sprofondò nell'ombra.
"Oskar! Christof! Gustav! Entriamo nella foresta!" ordinò Friedrich.
Corsero avanti seguendo gli altri soldati nella foresta, fiducioso che la squadra non sarebbe rimasta indietro. Respirò profondamente mentre attraversavano la folta vegetazione. Si sedettero. Ancora non c'era nessuna traccia di Waldemar o di Joachim. Molti altri soldati, frattanto, alla fine raggiunsero la foresta e si rifugiarono tra i massi, o in mezzo all'erba. Prima che Friedrich avesse potuto riprendere fiato, in lontananza si sentivano delle urla in russo, ma la foresta e il buio non permettevano loro di vederli, i russi. Ma le imprecazioni crebbero sempre di più. Gustav iniziò a preparare il suo MG – 34.
Le mani di Christof stavano tremando. Il suo fucile stava vibrando. E anche Friedrich tremava.
Le foglie si mossero, e non erano sospinte dal vento. Preoccupato che potesse essere un russo, Friedrich puntò la pistola e si preparò a premere il grilletto. Ma non ve ne fu bisogno.
"Waldemar?"
"Friedrich?" si udì la voce debole e lontana.
"Waldemar! Sono qui!" lo chiamò. "sbrigati"
La sagoma del caposquadra crebbe sempre di più. Dietro di lui c'erano i russi pronti a sparargli alla schiena.
"Waldemar! Vieni qui!" Christof agitò le braccia e lo chiamò. La luce della luna colpì i russi rendendo visibile le loro uniformi. Le baionette brillavano, mostravano la loro sete di sangue. Un segnale, e poi si udì una scarica di proiettili diretta ai russi. Waldemar si abbassò e strisciò verso la squadra più vicina.
"Preparate le baionette!"
Molti soldati si precipitarono verso i nemici che vennero immediatamente abbattuti. Quelli che sopravvissero ai colpi continuarono lo scontro.
La terra piangeva sangue.
Quelli che non volevano caricare rimasero nelle loro posizioni difensive, balzando in piedi per sbirciare e poi per buttare giù un colpo.
Poi, il panico. Una granata colpì l'albero dietro Friedrich. Per non farsi schiacciare dalla pesantezza di quella forza della natura, scivolò di sua spontanea volontà giù per la collina. Alzò lo sguardo, una volta arrivato alla fine della discesa, e vide il corpo di un uomo. Si alzò e corse verso gli alberi, raggiungendo la squadra in cui si era rifugiato Waldemar.
"Stai bene?" chiese al caposquadra. Lui annuì, ma il suo volto assunse un'espressione di malinconia.
"Joachim ..." disse con la voce tremante " ... è morto" i suoi occhi erano spenti mentre fissava la vegetazione.
"Come?" domandò l'altro caposquadra. Si alzò barcollando e sparò a un soldato russo che si stava avvicinando. Il suo corpo si piegò all'indietro, cadendo sul terreno.
"Mamma!" fu questa l'ultima parola che disse l'uomo.
"Dovevo porre fine alla sua vita" balbettò il caposquadra. sospirò e si rivolse nuovamente a Waldemar.
"Cos'è successo a Joachim?"
" È morto" dichiarò con tono amaro. Poi sparò contro un gruppo di russi che caddero uno dopo l'altro.
L'aurora tingeva il cielo. Gli ultimi scoppiettii dei fucili vennero rilasciati e la foresta cadde in pausa. Tutti ansimavano esausti mentre si portavano appresso il ricordo della morte. Uomini in uniforme marrone giacevano senza vita sul terreno. Waldemar soffocò un pianto mentre si copriva la bocca e perdeva la presa dell'arma, il caposquadra che gli stava accanto gli mise una mano sulla spalla.
"Mi spiace tanto ..." disse "ha significato molto per me. Non meritava una fine come questa. A proposito, sono Erich Bachmann"
Anche altri soldati manifestarono la loro tristezza nell'apprendere della morte di Joachim.
"Dobbiamo prendere il suo corpo, l'ho visto cadere e so dov'è" disse Waldemar guardando Bachmann. I due si inoltrarono per il bosco.
Gustav, Christof e Oskar si sedettero per terra. Tra i tre, il più basso stava tremando. Una ventina di minuti dopo, i due capisquadra ritornarono con il corpo del defunto. Waldemar depose la salma di Joachim accanto il tronco di una quercia. Bachmann sistemò l'attrezzatura del morto. Il biondo tastò l'uniforme e frugò nelle tasche da cui ne estrasse un foglietto. Joachim venne leggermente adagiato contro il tronco. Sul suo volto senza vita c'era uno strano sorriso, come un buon auspicio per il futuro.
"Uomini, prendete le vostre vanghe e scavate una buca" ordinò Waldemar. I suoi occhi erano vacui. Tutti presero le vanghe e scavarono, come il caposquadra aveva comandato. Dopo un po', Waldemar si fermò e lanciò via l'attrezzo a terra. Prese il corpo di Joachim, che nel frattempo era stato avvolto in una coperta, e lo depose nella buca. Afferrò la pala e coprì il corpo con la terra. Infine, ultimato il lavoro, il caposquadra si allontanò con un impeto di rabbia. Qualcuno formò con dei rami una croce per conficcarla nel punto prestabilito e appenderci l'elmo e deporre vicino il fucile. A turno, i soldati si inginocchiarono davanti la tomba per rivolgere una preghiera.
"Riposa in pace, hai combattuto valorosamente con una morte onorevole" borbottò Bachamann. Quando si rialzò, i suoi occhi stavano lacrimando.
Facciamo tutti dei sacrifici per la guerra
Passò circa un'ora di cammino in quella mattina leggermente gelida. I capisquadra passeggiavamo a testa alta mentre piangevano per qualcuno colpito dai cecchini russi; ma il dolore più grande era rivolto verso il caposquadra.
"come affronterò la guerra senza Joachim al mio fianco?" sussurrò Bachmann.
Waldemar lo sentì e gli rispose: " era come un padre per noi"
Ore dopo, la divisione si fermò per una breve pausa. Friedrich notò che le mani di Christof tremavano mentre puliva il calcio del fucile. Improvvisamente, esordì con un rumoroso singhiozzo e si asciugò le lacrime con le maniche della divisa. Sbatté il fucile a terra e si tolse l'elmo. Oskar cercò di calmare Christof che lo respinse duramente. Oskar lo afferrò per il bavero e lo scosse vigorosamente.
"Che hai? Pensi che avremmo tempo per prenderci cura di te?" disse con la faccia incandescente.
"Oskar ..." si intromise Friedrich.
"Che vuoi tu? Non vedi come si comporta? Sembra una bambina per come piange!"
"Così non lo aiuti affatto" rispose.
"Oskar"
Tutti si girarono verso il punto da cui proveniva la voce; Waldemar era in piedi con le braccia incrociate.
"Oskar!" Waldemar alzò la voce facendo sussultare tutti "lascialo andare! Vieni, parliamone insieme" Oskar lasciò Christof e si avvicinò al caposquadra.
"Va tutto bene, Christof" disse Friedrich mettendogli un braccio intorno alle spalle "ricordi cosa ci disse il capitano? Da uomo normale passerai a uno valoroso e onorevole"
Annuì, non sembrava tanto convinto, e si asciugò nuovamente le lacrime con la manica.
"Capisco la sensazione che provi, ci sono passato pure io"
A mezzogiorno il sole picchiava duramente.
"Adesso dove siamo?" chiese Gustav.
"Ci stiamo dirigendo verso una città ... ehm, si chiama ..."
"Mazonai" rispose Bachmann "stiamo per arrivare in Lituania"
Lituania? Siamo già così lontani? La distanza tra me e papà e lontana.
Oskar e Christof si evitavano, nessuno dei due era in vena di parlare e un atmosfera cupa riempiva l'aria, anche se era luminosa. Le squadre che li precedevano si fermarono. Waldemar, dopo qualche minuto, salì la collina accanto per ridiscenderla due minuti dopo.
"Accidenti! I russi sono sotto di noi. Dobbiamo rimandare la nostra avanzata a domani. Attaccheremo alle prime luci dell'alba, dobbiamo catturare Mazonai e attraversare il fiume Dubsya. Ci sono delle piccole trincee russe"
"Quindi ci riposiamo?" chiese Gustav.
"Sì, riposiamoci"
Gustav, alla riposta, si sedette per terra. Oskar andò a fare un giro e Friedrich e Christof si sedettero contro un masso. Waldemar si inginocchiò di fronte a loro mentre ricaricava il fucile.
"Hai sentito?" chiese.
"Sì" Friedrich si tolse il casco e sentì la leggera brezza scorrere tra i capelli, Christof dormiva e sorrise.
"Rilassati. Hai solo poco tempo per dormire" affermò Waldemar.
E in effetti i suoi occhi non riuscivano più a rimanere aperti.
Papà, miglia e miglia ci separano, ma so per certo che la tua anima è dentro il mio cuore, così come quella di Nina. Pensare alla mia famiglia placa la tempesta intorno a me.
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