CAPITOLO V
Passò una settimana dalla mia metamorfosi.
Riacquistai la fiducia dei miei genitori, ma non tornai a vivere da loro né proseguii con gli studi alla facoltà d'ingegneria (tanto i miei obiettivi li avevo conseguiti): mi trasferii nuovamente nella vecchia casa di mio nonno; tempo qualche giorno ero già rientrato in confidenza col gruppo di uscita nel quale militavano "il mio amico" conosciuto al supermercato e la troia con la quale era andata malissimo.
Stavolta però non sarei stato lo zerbino di nessuno.
Come feci ad essere riammesso?
Dimostrai di essermi "redento": la mia prima volta l'avevo filmata di nascosto.
Le prove dell'atto non mancarono; niente di complicato alla fine, solo nascosi il cellulare ad arte dietro un po' di cianfrusaglie, dimodoché la videocamera cogliesse le parti salienti della scena (con tanto di saluti finali).
Tecnicamente, avendo in precedenza mentito, avrebbero potuto scacciarmi: ma a quanto pare la mia "esibizione" era così piaciuta alla famosa tizia (e forse non solo a lei) che scorsi un guizzo di apprezzamento nei suoi occhi.
Insistette per reintegrarmi adducendo assurde motivazioni, scusandosi di essere stata una stronza.
In seguito le detti un assaggio bello sostanzioso per "ringraziarla": la rimorchiai il fine settimana successivo e la umiliai sbattendola contro la parete fintanto ebbi fiato in corpo; lei ovviamente tentò di ottenere una seconda dose, si diede a scenate fuori luogo di gelosia ogni qualvolta mi approcciavo ad altre; eppure la trattai con gelido sussiego, di fatto rendendola sempre più schiava di un desiderio al quale non avrebbe sopperito.
Primo obiettivo raggiunto.
Dopodiché mi occupai dello "spacciatore di preservativi": l'impressione fu che quel giorno, quando si adoperò nell'incoraggiarmi a buttarmi, mi avesse raccontato solo cazzate: non era possibile che io avessi dovuto dimostrare la perdita della mia verginità mentre l'altro tale al quale aveva regalato il profilattico a scuola (persona tra l'altro mai vista, dai tratti avvolti nell'ombra) non aveva necessitato di alcun "documento" di coito avvenuto.
Così lo misi alle strette: bevemmo, entrammo in argomento sesso e lo tempestai di quesiti dalla spiccata puntigliosità.
Come previsto, si vantò di aver aiutato una vergine perché lui, avendo scorte di Durex che gli uscivano pure dalle orecchie, non aveva problemi a elargirli.
Ce li mostrò pure.
Fu in quel momento che entrai maggiormente nel dettaglio e lì appurai la sua difficoltà: aveva scritto un racconto carino, seppur con troppi buchi di trama, e per questo dovette destreggiarsi alla bell'e meglio: il ragazzo in questione non aveva Facebook, non aveva Instagram, niente di niente, ergo foto zero; non si erano tenuti in contatto dopo la maturità, nonostante fossero amici; ci fornì una descrizione generale, un profilo che poteva corrispondere a milioni di individui ma che nessuno riconobbe; fu vago sulla questione Tinder; a quanto pare, agli altri risultò una vicenda inedita, benché a ciascuno, per determinate sfumature, ricordava aneddoti simili, tutti ambientati nello stesso periodo.
Poi uno gli domandò:
"Ma li regali e basta?".
Oramai l'avevo/avevamo colto in flagranza di reato, non c'era bisogno di proseguire con l'interrogatorio.
Lui intuì si era legato un capestro al collo: non sarebbe stato sufficiente descrivere ogni sua singola trombata, qualora ce ne fosse stata almeno una.
"Ho anch'io dei video!" ribatté.
Il giorno dopo era partito.
...
Ma avevo sgamato anche gli altri: tutti loro, come me, avevano accettato il racconto propinato da quel ciarlatano senza porsi domande e altrettanto avevano fatto gli uni con gli altri. Quanti, realmente, non erano vergini?
Non li sbugiardai (non tutti insieme), ma dovevano capire che un nuovo maschio alfa era nato e chi non era in regola non avrebbe usufruito di sconto alcuno!
Difatti, coi mesi che trascorrevano, pretesi le prove di ogni conquista: chi le possedeva bene, sennò..!
...
Rimanemmo pochi, ma buoni.
Via i presunti pedofili e via discorrendo!
Trovai un lavoro migliore e, coi soldi guadagnati, potemmo permetterci di uscire tutte le sere insieme.
Dio, come tenevo banco e cazzo se ero diventato uno sciupa femmine incontrollabile di prima categoria, una bestia assatanata che non si tirava indietro (indipendentemente dalla sfida) solo per il gusto di superare in destrezza e numero di vittime i miei coetanei.
Ero così freddo e spavaldo che niente mi spaventava, nemmeno la ragazza più difficile.
Se la volevo era mia, di nessun altro, amici inclusi.
Guai a rubarmi la preda!
Fortunatamente nessuno osò mai provocarmi: il mio approccio, più automatico che naturale, spaventava qualsiasi altro pretendente si mettesse sulla mia strada.
Io ero il più forte!
Avevo acciaio che scorreva nelle mie vene, un motore provvisto di energia inestinguibile che si nutriva delle mie emozioni e in cambio mi dava la potenza.
Era sufficiente schiacciare uno stupidissimo capezzolo!
...
Purtroppo... le cose non rimasero tali e quali molto a lungo.
Mi sentivo indistruttibile, inarrivabile, sempre sul podio con la medaglia d'oro e ben presto i miei "amici" si accorsero che erano "indietro" e vivere all'ombra dell'uomo solo al comando li collocava in posizione prona: sorsero le prime invidie, i primi tafferugli, le ragazze del gruppo (che mi ero fatte e rifatte) si stancarono di essere trattate come pezze da piedi, furono creati gruppi paralleli su Whatsapp, nei quali non ero inserito, che organizzavano gite fuori porta lontano dalla città.
...
In realtà non me ne andai per questo: semplicemente mi annoiavo.
Le femmine interessanti stavano diminuendo, ero affamato di novità, di carne fresca, di "posti" nei quali non ero ancora passato e la gente, che ormai mi conosceva, tendeva a non voler entrare troppo in confidenza con me per paura tentassi ammiccamenti compromettenti: gli anni erano passati, nessuno era più di primo pelo, molti si erano sposati, avevano figli, e io, scapolone senza pelo sullo stomaco, all'inizio mi creai una fama di rovina famiglie (o quanto meno, ero spesso adocchiato come potenziale responsabile del troncamento di relazioni solide, cosa che si sarebbe rivelata sempre vera avessero seriamente indagato a fondo), poi, appena mi accorsi la cosa poteva diventare pericolosa, cominciai pure a infischiarmi degli ampi divari d'età.
...
Era rischiosissimo, ma resistere era impossibile: erano una droga, soprattutto quelle... sì, quelle per le quali io fui il primo.
Il primo in tutto.
Il primo appuntamento.
Il primo bacio.
Il primo a infrangere la barriera.
Le facce di certi padri (e non solo), le loro smorfie, ogni qualvolta mi incrociavano per strada, avevano assunte corrugazioni poco amichevoli.
...
Ogni giorno perdevo sempre più il contatto con la realtà: il mio istinto sessuale si era trasformato in un impulso artificiale che non controllavo e che tutto sommato non mi interessava granché controllare.
Quando il bisogno si ripresentava... eccomi nuovamente in gioco.
Un ciclo senza fine.
Solo dopo essermi risvegliato dal "coma meccanico" mi accorsi d'aver commesso un errore imperdonabile.
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