CAPITOLO III
Serata assieme, qualche giorno dopo.
Stesso locale nel quale ormai avevamo messe le radici.
Io, il mio amico, una schiera di fantocci che si vantavano, limonavano, raccontavano storie piccanti e LEI.
Avvicinarmi e parlarle ormai era facile, considerato che mi avvicinava LEI per prima per farmi tenere la borsa, per prestarle qualche spicciolo per gli Spritz, per fare l'amico frocio della situazione...
Un classico.
Però stavolta gli occhi mi erano puntati contro.
Come sospettavo, dovevo mantenermi in costante allerta: era trasparito potessi essere un mentitore seriale (sennò nessuno mi avrebbe edotto sulla questione dello "status")?
Mi ero scavato la fossa, ma... il profilattico poteva salvarmi (?)
...
Come?
Per farle intuire le mie intenzioni e convincerla che stava per ficcare con un maschio alfa, non con un perdente, dovevo giocarmela da Dio.
Ma appunto: come?
...
Imbarazzo: con quale angolazione disporre il Durex dimodoché si realizzasse il miracolo?
Merda!
Penuria di particolari!
Il cuore mi pulsava come mai aveva fatto.
Tremai!
Perché non riuscivo a mantenere un battito normale? Sì, lo so, erano gli effetti secondari della tensione, ma io volevo essere intrepido, alla stregua di quando sostenevo un orale ad ingegneria! Lì bastava aver studiato bene e con dedizione per passare la prova finale, qui invece ero costretto ad improvvisare davanti ad un pubblico che pretendeva l'esibizione del secolo e non erano affatto contemplati tracolli o seconde occasioni! Io, pragmatico e con la testa sulle spalle, immerso fino al collo in un'avventura dagli imprevedibili pericoli e risvolti; se non mantenevo una parvenza di controllo su quella miscela maledettissima di pensieri non l'avrei mai abbordata!
Ad ogni sua parola, rivolta a me o qualcun altro, diventavo sempre più rosso in viso, similmente ad un peperone maturo.
Lo notò!
...
Che dire?
Che fare?
Che dire?!
Che fare?!
CHE DIRE?!
CHE FARE?!
Nessun aiuto da nessuna parte?! Un suggerimento?!
ERO NEL PANICO!
Mi limitai a balbettare robe fortunatamente coperte dal frastuono della musica che niente avevano a che fare con la sacra arte del rimorchio.
In pratica, feci pavidamente marcia indietro e rincasammo appena in tempo, che stavo per svenire dal dolore: il petto... oh, se faceva atrocemente male; come avessi retto la pressione rimane tuttora un mistero.
...
Smettila.
SMETTILA!
Dovevo fare sesso con lei, dovevo concentrarmi e centrare l'obiettivo, non perdermi in sciocchezze, frenesie o sentimenti a me avversi!
"Solo così finirà!".
Che rabbia!
Che situazione: sperai il mio rubicondo colorito non fosse trapelato; ma non dimenticherò con facilità la faccia severa che mi fu riservata dagli astanti durante i saluti.
...
Le serate successive ebbero poco da invidiare alla precedente: arrivavo al suo cospetto, mi ritiravo.
Bisbigli alle mie spalle risuonavano amplificati di giorno in giorno.
La terza notte, sbronzo come non mai, mi chiusi a chiave nel cesso della birreria e m'inchiodai davanti uno specchio.
Riflettei.
Perché mi fermavo ogni volta?
...
Dio... come non batteva il mio cuore quando pensavo a lei o mi trovavo al suo cospetto.
"Perché mi fai questo?!" pensai. "Datti una calmata, no?! Ho un Diavolo per capello, non ti ci mettere anche te a remarmi contro! O devo aspettarmi un epilogo tipo la facoltà d'ingegneria?!
Sei tu che comandi in questo momento, no?! Quindi è colpa tua se sbaglio!
Insomma: voglio solo fare colpo e liberarmi del mio vergognoso fardello!
Sei contrario alla mia scelta?!
Vuoi punirmi?!
Stroncami con un infarto adesso o molla le redini e lascia che affronti la questione razionalmente!".
...
Ovviamente non rispose.
Se ne infischiò bellamente.
"L'hai voluto tu!".
Benché assolutamente non convinto da ciò che stavo per fare, mi diressi a passo spedito, obnubilato dai fumi dell'alcol, da lei. Avevo il preservativo in tasca come programmato"; sfregandolo alla stregua d'un porta fortuna, feci in modo che un pezzettino fuoriuscisse appena, dimodoché la tattica si rivelasse vincente.
Quale tattica?
...
Eh, bella domanda: come aveva fatto l'altro tizio era un segreto, magari non era nemmeno andato a colpo sicuro. Ero in gioco, non sapevo giocare e mi avvicinavo ad una preda, che non mi considerava predatore, circondata da mille sguardi vigili accompagnati da altrettante lingue biforcute.
Non mi importò stesse discutendo con altre persone: la chiamai per nome urlando (grosso errore), mi ersi statuario, in una discutibile posa mussoliniana, e provai a dar fiato alla bocca.
Volevo usare il cervello; purtroppo lo spensi.
Altro che "affrontare la questione razionalmente": ero in balia di un uragano di emozioni.
...
Quanta incompetenza in un solo uomo: la musica era bella potente, ma in quell'istante parve affievolirsi di punto in bianco; tutti interruppero le loro disquisizioni e mi fissarono attoniti, lei più degli altri. Sapevo che era una situazione (per usare un eufemismo) molto delicata, forse la peggiore; eppure ne sarei potuto uscire da gigante, sennonché... mi pisciai addosso.
...
Sì, mi pisciai addosso: ero talmente su di giri, col battito a palla, da non aver lasciato defluire 3 Negroni nei 15 minuti che avevo passati in bagno.
Se questo ero quello che doveva sapere provavo, c'ero riuscito benissimo: terrore.
...
Come mi trassi in salvo?
Non mi trassi in salvo: quella era una smentita ufficiale, la firma che vidimava il mio status di verginello alle prime armi e cassava le cazzate fino ad allora spacciate per vere.
La sua risposta mi uccise:
"Lui è una VERGINE!".
La musica si arrestò davvero.
Non aspettai partisse il coro: girai i tacchi e fuggii via!
...
Che umiliazione...
Come diceva il mio "amico"?
<Sai, fosse stato omosessuale, o... magari... le sue dimensioni non fossero state all'altezza, bene o male poteva superarlo. Ma se fosse stato un pedofilo?>
Un pedofilo...
Il mio appartamento sarebbe stato preso d'assalto nel giro di qualche mese se non settimana non avessi rimediato, e ormai in quella località non era ulteriormente possibile.
...
Un pedofilo...
Piansi.
...
Perché non potevano accettarmi per quello che ero?!
Corsi per i piccoli viali giungendo infine alla meta.
Chiusi la porta a chiave.
..
Non potevo più rimanere lì.
Mi sarei dovuto trasferire lontano, in un'altra città, a chilometri di distanza e... perdere tutto ciò che avevo ottenuto leccando culi schifosi!
Davanti allo specchio del soggiorno, mi guardai all'altezza del cuore e strepitai:
"È SOLO COLPA TUA!".
Poi mille schegge di vetro si sparpagliarono per terra.
Il mio pugno sanguinava.
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