CAPITOLO I
Era una sera di inizio Settembre; fuori imperversava la bufera perfetta.
All'epoca, grazie al lavoro di mio padre, frequentavo una facoltà particolarmente prestigiosa di ingegneria, una delle migliori; il fatto che fosse abbastanza lontana da casa all'inizio mi lasciò perplesso, pertanto i miei giustificarono quella scelta adducendo una motivazione piuttosto elusiva che verteva sul "crescere e diventare uomo"; non era la prima volta che ripetevano quel loro strano mantra, eppure, nonostante gli avessi dimostrato che con lo studio non scherzavo, davano sempre più l'idea di non essere convinti.
Non li avrei delusi, per quanto non avrei seguito le orme del mio casato: non era nei miei piani, per quanto da bambino ci avessero provato a instradarmi, dunque basta.
Ad ogni modo, dato che quel giorno non era praticamente possibile andare fuori a divertirsi, cosa che di per sé non mi avrebbe allettato neanche in piena estate, rimasi come da prassi all'interno dell'istituto. Pianificai o di andare a letto a sfogliare qualche libro o di stare un po' a chiacchiera - anche se speravo nella prima eventualità.
Ero già in procinto di entrare nella mia stanza quando mi sentii chiamare alle spalle: il mio compagno di stanza mi invitò euforico ad unirsi ad alcuni studenti di un anno più grandi di noi per festeggiare qualcosa di non ben precisato (una sorpresa in realtà mi stesse tirando in ballo: non ci scambiavamo moltissime parole).
Fu molto vago nello spiegarmi cosa esattamente volessero celebrare.
Accennò ad una "conquista".
Nient'altro.
...
Non dimenticherò mai quella serata.
Terribile!
Per la prima volta in vita mia mi sono sentito schiacciato da un imbarazzo tale che mi parve di essere squartato, rivoltato e messo a nudo alla pubblica gogna, castrato e gettato in pasto ai cani! Credetti di morire in quel preciso istante, calpestato con ferocia inusitata dal loro scherno letale e tagliente! Avrei dovuto rifiutare quel capzioso invito... e invece ho accettato solo perché erano stati comprati degli alcolici!
Fossero almeno serviti a risolvere il problema...
Nemmeno rimpinzarmi con quelli mi ha aiutato.
...
La festa era di un'esagerazione inusitata.
Eccolo lì: l'artefice della fantomatica "conquista" – si riconosceva dal suo bicchiere che gli astanti si prodigavano nel fargli trovare sempre pieno - stava ringraziando tutti stringendo mani, abbracciando gente ed intervallando alla sua gioia spropositata delle belle sorsate di qualsiasi cosa gli proponessero.
Quasi tutti erano alticci, dentro quella camera faceva un caldo insopportabile.
Dato non ero abituato ad essere circondato da tante persone sconosciute, decisi di stare inizialmente sulle mie e di farmi qualche bevuta per sciogliermi.
Mi sarei potuto anche divertire - pensai.
Così almeno fino a mezzanotte.
Nessuno mi aveva ancora spiegato il perché di quella cerimonia in grande stile – d'altronde i presenti erano amici intimi, sapevano fin troppo bene e non c'era bisogno di ulteriori spiegazioni. Io mi sarei volentieri limitato a sbronzarmi e a battere massimo qualche pacca sulla schiena se costretto, ma...
...
Questione di secondi: mi salì l'alcol al cervello, mi sedetti su un letto, contemporaneamente un tizio si alzò con fierezza dal posto accanto al mio, raggiunse barcollando il "festeggiato", gli alzò la mano al cielo e incitò all'ovazione:
"Questo è un mito! Applaudite, bestie!".
E lo acclamammo:
"Grande, sei il numero uno!".
"Campione del mondo!".
"BIS, BIS, BIS!!!".
Partirono strepiti, smancerie inopportune; ma non ci feci caso: mi resi conto nonostante l'ebbrezza che quelle erano davvero reazioni esasperate... giocoforza, stetti al loro gioco.
"Allora, fra'..." riprese biascicando "... narraci un po' della tua ultima prestazione e... non tralasciare nessun particolare, eh? Volete che tralasci qualche particolare?!".
"FORZAAAA!" lo incitarono.
"Si vuole sapere tutto!".
"Vabbene, vabbene!" rispose quello pavoneggiandosi. "Vi racconterò com'è andata per filo e per segno!
Eh eh eh...
E tu che credevi che non ci sarei riuscito! Ah ah ah, stronzo!" redarguì l'amico tirandogli un sonoro buffetto. "Comunque... camminavo tranquillo per il cortile leggendo quel libro schifoso che ci ha dato il professore di algebra ed inveendo per la pessima scelta fatta ad inizio anno sui corsi da frequentare quando... alzando giusto un po' gli occhi... me la ritrovo a circa 50 metri di distanza a spettegolare con le sue amiche!".
...
Tutti noi stavamo ridendo nel vederlo bofonchiare parole solenni dopo aver ingurgitato tutti quei litri di nettare ad alta gradazione - anche perché un rodomonte del genere, ad un tomo di algebra in mano, non l'avrei associato neppure con un fotomontaggio - ma, appena arrivò alla fine della frase, non so per quale motivo, il mio ardore cominciò progressivamente a diminuire: "me la ritrovavo", "con le amiche"... una ragazza.
...
Da una bella risata passai ad un sorriso appena accennato alla serietà più cupa, come se il mio subconscio avesse captato qualche sorta di pericolo insidioso.
Aggrottai la fronte.
Gli altri erano prossimi al delirio tipico dei tarantolati.
"La vedo, sotto l'albero più grosso, con la cartella tra le gambe." proseguì dopo aver ripreso fiato. "Capelli neri come il petrolio ed occhi azzurri come dei lapisf... lasfilpal...".
"'Briaconeeeee!".
Io non risi.
"Ascolta, ascolta pezzente, poi non scherzi più!" lo sfidò prendendolo in giro. "Insomma... avreste dovuto vedere com'era vestita: jeans attillati di pelle, camicetta a quadri sopra l'ombelico, anfibi...
Acquolina in bocca, eh?".
"Dicci com'è andata!" lo esortarono.
"E lì mi sono detto:
<Questa è mia!>
Le sono andato accanto mentre mi guardava arrivare, mi sono tolto i ray ban con disinvoltura, l'ho fissata intensamente e...".
E ciò che seguì rimarrà per me totalmente ignoto; ricordo solo i gesti sconci e le risate di quella banda di infervorati; nessuna frase di senso compiuto pervenne successivamente alle mie orecchie.
...
"Conquista"...
Parlavano del loro amico che, con la sua faccia tosta ed il suo fascino da spavaldo, aveva incantato una totale sconosciuta; aveva "esposto l'addominale" e se l'era portata a letto.
...
Sicuramente una storia inventata a tavolino che puzzava di puttanata da lontano.
FORSE la fantomatica mora dalle pupille lapislazzuli esisteva. Il resto
...
<Jeans attillati di pelle, camicetta a quadri sopra l'ombelico>
<Anfibi>
<Acquolina in bocca>
Chissà che c'era di vero...
...
Frastornato, annuivo se volgevano lo sguardo verso di me, ridacchiavo, mi lasciavo scappare qualche complimentino abbozzato... continuando ad avvertire uno sgradevole sentore, un fastidio interiore che non sapevo spiegare. Avevo cominciato a sudare freddo e ad avere le palpitazioni, seppure ad occhio non c'era niente in quella stanza che avrebbe potuto scatenare una reazione così insolita.
Ero impaurito non avendone ragione.
Rimasi fermo immobile ad aspettare che passasse osservando un punto non specificato del pavimento. Speravo che quella sofferenza terminasse il prima possibile.
Mi sbagliavo.
Ad un tratto mi arrivò una gomitata nelle costole che mi fece uscire di prepotenza dal mio stato di ipnosi; quell'improvviso sussulto dalla dubbia origine mi ridestò e ricominciai a modo mio - cioè solo ascoltando - a far parte della conversazione.
"Ragazzi, voi non avete idea di come sia stato!" proruppe il festeggiato calando l'asso. "Come posso farvelo capire? Tipo... tipo come averlo fatto per la prima volta!"
"Ah, va be', allora è stata un'esperienza traumatica! Ah ah ah ah ah!!!".
"Ah ah, divertente." controbatté sardonico. "Guarda che io la prima volta che ho fatto sesso l'ho fatta impazzire! Non come te, pivellino!".
"Pivellino?! Sì, certo, ti piacerebbe! Io e la mia ragazza l'abbiamo fatto per la prima volta nella Tesla di mio padre ed è stato indimenticabile! Quindi è inutile che vieni qui a impartirmi la lezione, sono più esperto di te! Chi ti ha dato i consigli su come rimorchiare una donna, eh?! Se non era per me eri pure frocio!".
"Ma state zitti!" esclamò un terzo in vena di alzare la posta in gioco. "Io la prima volta l'ho fatto per due ore di fila senza sosta! Lei mi avrebbe fatto un monumento equestre per la mia prestazione!".
"Io l'ho fatto con due ragazze!" interruppe un quarto. "Vi sfido a trovare qualcosa di meglio!".
"Seeeeeeeeeeeeee, cala cala!".
E cominciò una goliardica conversazione su chi aveva scoperto nel modo migliore e più fantasioso la propria virilità. Se ne dissero di tutti i colori nel modo più rozzo possibile, ridendo come sguaiati, simulando finti amplessi con esasperanti movimenti di bacino, trattando il sesso come pura necessità di svuotarsi lo scroto. Ubriachi fradici, stavano degenerando e cadendo nella banalità più disgustosa in una serie di dialoghi uno più infimo dell'altro su sveltine in luoghi d'alta classe che apparivano alle mie orecchie come sudici lupanari.
Quantunque sbronzi, erano talmente convinti dalle cazzate che sparavano che la cosa mi sconvolse.
Li osservai esterrefatto, intontito, con la testa che mi pesava e ciondolava dal sonno.
Volevo andarmene di lì: chi me lo faceva fare di stare ad ascoltare quei fanfaroni un minuto di più?
Ma perché me li avevano fatti conoscere?!
Detestavo il loro squallore, quindi cercai con una mano di far perno sul letto, alzarmi e dirigermi verso la porta.
...
Qualcuno mi afferrò il braccio!
Mi voltai lentamente e vidi che quel maledetto che mi aveva convinto a partecipare a quella comitiva di beoni, mi tratteneva senza guardarmi e blaterava:
"Io la prima volta l'ho fatto sul panfilo dei miei genitori, 32 metri di lunghezza, e non specifico a cosa mi sto riferendo!".
"Ah ah ah, simpatico, sì!".
Sì, simpaticissimo...
"E tu invece?" fece poi rivolgendosi a me.
...
Fu un attimo.
Successe tutto così in fretta.
Se non fossi stato ubriaco credo avrei trovato qualche cazzatina di circostanza per sgattaiolare furtivo da quello scomodo ginepraio o quantomeno inventarmi una balla palesemente falsa; tanto per come erano ridotti sarebbe andato bene l'impensabile, la sagra della minchiata era ben lungi dal terminare.
Potevo dire che l'avevo fatto in un sarcofago, in un igloo, a 10 km di altezza con l'aereo privato di mio padre – che l'opulenza praticamente di respirava - e avrei fatto la mia porca figura; oppure sarei potuto svenire e togliermi da quell'impaccio con manovra d'emergenza.
Sennonché balbettati ingenuamente la verità:
"Io non l'ho ancora fatto.".
...
Gelo.
Nel breve lasso di tempo di un secondo calò il silenzio.
Coi bicchieri in mano, mi squadrarono dalla testa ai piedi come se dubitassero della mia presenza. I loro occhi erano sbarrati, la loro espressione attonita.
Non avrei mai dovuto "confessare".
Anche il mio amico non credeva alle bestemmie appena proferite.
Lasciò la presa.
...
Intuii dovevo togliere le tende.
...
Quando realizzai, avvertii un imbarazzo di dimensioni macroscopiche cadermi addosso a peso morto. La sbornia cessò improvvisamente di offuscarmi la mente e fui consapevole di aver appena commesso una stupidaggine.
Ecco qual era il pericolo da cui mi sarei dovuto proteggere! Ma come avrei mai potuto aspettarmelo?!
Fuggii a gambe levate per i corridoi.
Lì per lì credetti avrebbero continuato a bere e basta, dimenticandosi della mia rivelazione.
Credevo...
Mi svegliai con un forte giramento di capo.
Dopo aver fatto mente locale ed essermi guardato attorno, mi accorsi che del mio compagno di stanza non c'era traccia: il letto era rifatto e, conoscendolo, ero sicuro che non fosse tornato per dormire.
La cosa mi insospettì, ma mi preparai e andai a lezione.
Non potevo prevedere cosa sarebbe successo una volta messo piede fuori.
...
Per i primi minuti non mi accorsi di nulla, ero troppo impegnato a ripassare e camminare a capo chino mi aiutava a concentrarmi maggiormente; poi notai uno con la faccia a pesce lesso che, con mio grande stupore, mi fissava. E non la smetteva di luciarmi, quel maleducato! Teneva costantemente il suo colloso contatto visivo su di me!
...
Leggevo una strana e agghiacciante espressione di commiserazione sul suo volto, come se provasse pena infinita.
Lo abbandonai ai suoi problemi mentali.
Peccato che non era solo lui ad averne: più mi affrettavo a raggiungere la classe e più mi accorgevo che una folta platea di iridi mi perseguitava scrupolosamente.
Era una cosa talmente improbabile e senza senso che non ci credevo.
...
Non poteva essere l'abbigliamento, ero vestito bene (almeno quel giorno); quindi non capivo perché attirassi la loro attenzione.
Accelerai e giunsi a destinazione piuttosto nervoso. Da dietro la porta si intuiva chiaramente che il professore aveva già iniziato a spiegare, quindi mi aggiustati il colletto, scossi la testa ridendo dello "strano" comportamento che avevano i miei colleghi e entrai.
...
La lezione si bloccò.
Completamente.
...
L'intera aula si voltò verso di me, docente incluso, e nel giro di un millisecondo ebbi una moltitudine di "pistole" puntate contro.
Ed erano cariche!
Inizialmente credetti che mi stessero rimproverando per aver interrotto in modo brusco e mi scusai.
Il mio amico, quello della sera prima, si alzò in piedi è proruppe:
"LA VERGINE!".
...
Che diavolo..?!
<La vergine?!>
...
Fui in grado solo di guardarmi attorno per capire se stessero davvero facendo sul serio o se ero vittima di un'allucinazione senza precedenti; perché poi, senza alcun preavviso, anche gli altri mi puntarono il dito contro!
"LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE!".
Caddi a terra spaventato.
Non era reale!
Mi misi le mani sulle orecchie.
Rosso dalla vergogna, inciampai non so quante volte per raggiungere l'uscita; sbattei la porta e fuggii; ma non finì lì: persino i ragazzi in attesa di entrare in aula cominciarono a sghignazzare ed inveirmi contro:
"LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE! LA VERGINE!".
Chiusomi in camera a chiave, riecheggiava insistenti nel mio cervello!
Mi scaraventai sul letto, misi la testa sotto il cuscino e tentai di soffocarle come meglio potei... invano.
Strinsi i denti.
Piansi.
...
Dopo una buona oretta mi detti una calmata e contemplai il soffitto in cerca di una risposta.
La sera prima ammettevo candidamente di essere vergine ed il giorno dopo chiunque, anche chi non conoscevo, mi insultava pesantemente?! Era l'apoteosi del ridicolo, non credevo a quello a cui avevo malauguratamente assistito!
Purtroppo non mi era sbagliato: volli convincermi d'essermi immaginato tutto, dunque mi affacciai all'uscio... ed ebbi un nuovo tonfo al cuore, questa volta molto più violento: appena mi videro far capolino, una schiera di facce si voltò verso di me!
Caddi di schiena.
Dormii tutto il giorno circondato dalle mie lacrime.
Il mio compagno di stanza non tornò.
Dovevo alzarmi.
Mi misi a sedere.
Più ripensavo alla mattinata precedente e meno venivo a capo di quel comportamento così bestiale e inumano che le persone avevano tenuto nei miei confronti.
Mi convinsi infine a riemergere dai miei alloggi.
Fu una passerella sgradevole, fissato da ragazzi, ragazze, professori, bidelli.
Intuivo dalla posizione delle loro scarpe che seguivano amari il mio orrendo calvario verso l'aula.
Qualcuno bisbigliava:
"La Vergine... La Vergine... La Vergine...".
Orribile.
Perché ero stato preso di mira per la mia verginità?! Era un problema?! Potevano benissimo infischiarsene e scopare come ricci su aerei, navi, dove cavolo gli fosse parso; non vedevo come io, che ancora non ne avevo avuto il piacere, dovessi rendergliene conto.
Accidenti a me! Potevo mentire?! Chissà quanti ancora non avevano fatto sesso in mezzo a quella masnada di stronzi! Sta' a vedere solo io mancavo all'appello!
...
Mi osservavano.
Parlavano sottovoce.
Dicevano poco, ma i loro silenzio disprezzanti erano più loquaci di mille bocche.
Come potevo abituarmi a quell'imbarazzante processione?!
...
Difatti non mi abituai: sopportai giusto un mese.
Poi mi arresi.
Le lezioni si svolgevano in perfetto silenzio: neppure i professori parevano interessati a proseguire col programma; io stavo lì, col mio quaderno aperto, la penna, e rimanevo anche per delle ore circondato da quel mutismo insopportabile. Non si sentivano nemmeno i rumori della strada, tutto era concentrato su di me.
Non era fattibile.
Passai le settimane chiuso in camera studiando.
Ma per gli esami?
Mi avrebbero fatto accedere agli appelli?
...
"La Vergine... La Vergine... La Vergine...".
Risposta: no.
Di appelli neanche l'ombra.
Tutto fermo.
Incredibile.
...
Non mangiavo, a stento dormivo.
O trovavo una soluzione o sarei impazzito.
O peggio...
"Quando?
Quando?
...
Quando finirà?".
Dovevo contattare i miei: gli avrei comunicato mi sarei iscritto alla medesima facoltà, ma da un'altra parte, lontano. Ne avremmo discusso a voce, magari glissando sui particolari della mia scelta.
E invece...
Prima che potessi prendere l'iniziativa, mio padre mi inoltrò un messaggio.
...
Crollò il mondo.
Si scusava di non essere stato un buon genitore, che sua era la colpa se non mi aveva insegnato ad approcciarmi alle ragazze (o ai ragazzi, in extremis), che con mia madre avevano già sentenziato di tagliarmi i fondi per troncare la mia permanenza in quell'ambiente di vipere, senza però specificare ne avrebbero spesi altrettanti per farmi formare altrove (dacché, per inciso, non era mai stato neanche il loro desiderio) e che a breve una busta con all'interno le chiavi di una casa avuta in eredità dal nonno, quasi finita di arredare, per le vacanze, mi sarebbe stata recapitata.
Sottotesto: non ti vogliamo sotto il nostro tetto fintanto non risolvi; "strane voci" circolano sul tuo conto, adesso più di prima.
Arrangiati.
...
<Strane voci>
Ma...
Cioè: piuttosto avrebbero preferito fossi stato omosessuale?!
...
In un attimo di pura isteria, ammisi la mia "colpa": scrissi mi sarei messo d'impegno per rimediare, promisi, scongiurai di non cacciarmi via in quel modo!
Spunta blu... e basta.
...
Come si permettevano?! Si vergognavano così tanto di me?!
BENE! E casa del nonno sia!
...
Per me erano morti.
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