Capitolo 35. Semantica
... Umana prole cara agli eterni! assai felice
se respirar ti liced'alcun dolor; beatase te d'ogni dolor morte risana.
La quiete dopo la tempesta, Giacomo Leopardi
Non voglio sapere cosa stia succedendo di là, assistere al dialogo tra Sonia e Sincero, né stare in compagnia di Caterina. Ho paura anche a immaginare come siano andate le cose per Manuel, Calma e l'altro Manuel, o che tipo sia Scarto. Questa agenda è il luogo in cui rifugiarmi, le parole che uso per raccontare la mia storia e prendere nota di ciò che ho fatto, detto e pensato fino a questo momento sono i rami e le pietre con cui creo il nascondiglio in cui infilarmi, mettermi al sicuro da tutto ciò che ancora sta accadendo e deve accadere.
L'aspettativa più rosea è la seguente: a breve sentirò le orecchie fischiarmi e vedrò la solita luce bianca, poi nello stesso modo Calma sparirà, dopo aver fatto a pezzi il retro del portale, mentre Scarto si occuperà di fare altrettanto dal lato che dà a casa mia. Il tutto senza che io mi alzi da questa sedia. La realtà, già lo so, sarà più complicata di così.
Mi sembra di vivere un momento di quiete prima della tempesta e allo stesso tempo sono nel mood leopardiano di La quiete dopo la tempesta: il peggio sembra essere passato, in attesa del prossimo problema gioisco di quest'attimo di pace, conscio che non durerà, così come non dura mai la felicità. Bentornato Strazio.
Sincero invece tarda a rientrare: ecco la prima discrepanza con la previsione ottimista di poco fa. Tanti saluti al restarmene qui ad aspettare che gli altri finiscano di mettere a posto i giocattoli che ho buttato fuori dalla scatola dei giochi: mi sa che ora tocca a me finire di ricomporre la matriosca.
«Non funziona? Cosa c'è non va?» Arrivo alle spalle di Sincero mentre parlotta con Sonia sulla soglia della mia camera. Non avrei mai creduto che l'avrei vista qui, che ci avrebbe addirittura schiacciato un pisolino. Potrei anche affermare, senza mentire, ma solo omettendo tutto il contesto, che Sonia ha passato del tempo nel mio letto con un'altra donna. Mi diverte e allo stesso tempo mi spaventa sempre la potenza con cui la semplice scelta delle parole da usare per dire qualcosa, possa stravolgere il significato di ciò che si voleva comunicare. È stata Caterina a insegnarmelo, attraverso una brutta lite avuta con Sonia anni fa: capita che le persone ti feriscano per sbaglio, non pensando davvero ciò che ti dicono, e capita che decidano di scegliere con cura cosa dirti, proprio con l'intento di ferirti.
«Quello non lo pensavo, l'ho detto solo per ferirti, perché so come farlo!» è stato il suo insegnamento, trasmesso poi a me dai racconti di Sonia.
«Manuel ha detto di confessare ciò che manca» mi spiega Sincero «ma non sta funzionando.»
«Sei sicuro che intendesse confessare a lei ciò che le stai dicendo?»
«E cosa dovrebbe confessare, e a chi?» dopo avermi ignorato questa mattina, Sonia si rivolge nuovamente a me.
«Non ho altri segreti, con nessun altro» confessa Sincero. Ci crede davvero. D'altronde io che dovrei essere quello più sveglio ci sono appena arrivato, non posso pretendere troppo da qualcuno così limitato da non sapere inventare nemmeno una bugia bianca.
«Sicuro?»
«Sicuro è morto», mi risponde lui, facendomi ridere. Ho sentito questo detto un numero incalcolabile di volte finora, ma non ho mai potuto prenderlo alla lettera come in questo momento. Non avrà mai più lo stesso significato per me.
«Credevo fossi privo di ironia.» Mi guarda stupito, forse offeso. Non ho nascosto la mia avversione per lui, sia per il tipo di persona che rappresenta, sia per ciò che significa la sua esistenza fuori dal mio corpo: è stato un vero inferno esprimermi senza di lui. Per questo devo a malincuore concedergli il merito, seppure indiretto, di avermi riportato qui per assicurarmi che sparisse, di non essere fuggito per sempre, lontano.
Guardo l'ora sulla sveglia del comodino, a pochi centimetri dalla testa addormentata di Caterina. Perché non arriva nessun altro?
«Monica», dico soltanto, guardandolo negli occhi.
Lui sembra avere un attimo di incertezza, poi sposta lo sguardo su Sonia, quindi nuovamente su di me. «Ah.»
«Già», chiudo la questione. Le deve la verità che non mi sono mai degnato di darle.
Lui lascia la stanza, per fare una telefonata che grazie al cielo non devo fare io.
«Chi è Monica?» mi chiede Sonia una volta rimasti soli.
Non posso ancora risponderle perché sa che mentirei. «E lui chi è?»
«Lui chi?»
«Opel.»
«L'hai visto?»
«Di sfuggita. Sincero ti ha detto cosa volevi sapere? Era ciò che ti aspettavi?»
«È peggio di quanto mi aspettassi, lo sai» risponde. «E capisco perché non mi hai detto nulla.»
«Credi che confessare i dettagli avrebbe cambiato le cose? In che modo?»
«No,» ammette, «in nessun modo. E comunque ormai è andata. Ora c'è questa Monica. Chi è? E cosa dovrebbe confessargli Sincero che finora non sei stato in grado di dirle?»
«Mi sembra che tu abbia voltato pagina ben prima di me. Lui chi è?»
«L'ho chiesto prima io, e poi non credo tu sia nella posizione di potermi dire con chi vedermi o di fare domande sulle persone che frequento, S-» non sento più nulla, solo il tanto agognato fischio. Sincero ha chiamato, lei ha risposto, lui le ha detto ciò che doveva. Fine.
Invece no, l'avevo detto che non sarebbe stato così semplice. Appena gli effetti del rientro di Sincero si affievoliscono e nelle orecchie mi resta solo un lieve ronzio, eco di un suono ben più acuto, un'altra serie di rumori gli si sovrappongono: è il mio telefono che squilla, è Caterina che si sveglia imprecando, è Sonia che continua a chiedere chi sia questa Monica. È Monica che dopo aver avuto una strana conversazione con Sincero, richiama per capire meglio. Lascio squillare finché non smette.
Stesso schema dell'ultima volta, ma sempre meglio: non vomito, non perdo i sensi, non barcollo nemmeno. Mi riprendo quasi subito e altrettanto in fretta mi piacerebbe testare la mia ritrovata sincerità su Caterina, solo che per quanto mi sforzi non riesco a trovare qualcosa di spiacevole da dirle. È lei a parlarmi, piuttosto: «Ha sofferto, l'altra me, quando è andata via? Tu hai visto?»
Ecco la bugia che aspettavo: «No, è stata una cosa per nulla violenta».
«Peccato» risponde spiazzandomi. Ma che cos'ha questa persona che non va? Inizio a rimpiangere il piano B, non sarebbe male immaginarla rinchiusa nel muro per il resto della sua vita, le farebbe bene.
«E ora che facciamo?» Sonia mi guarda negli occhi e io distolgo lo sguardo all'istante, perché d'ora in poi non posso mentire su ciò che mi fa provare.
«Ho chiesto agli altri Caterina e Manuel di fare a pezzi il portale da quel lato, a questo ci penserò poi io quando tutto sarà tornato normale.
«L'hai chiesto a chi?»
«A Calma, la Caterina numero tre, e al Manuel più giovane» spiego meglio.
«Ho capito» ribatte Sonia, «ma credo che tu stia parlando della Caterina che è appena entrata in soggiorno.»
Mi volto e la vedo. Il viso ancora sporco di sangue, così come le mani e i vestiti. Ora più di prima.
«Si può sapere che ci fai qui? Non avevamo un piano?» Anche io devo migliorare in quanto accoglienza.
«Sì, ma è andato tutto a puttane da quando Manuel è uscito.»
Il telefono riprende a squillare.
«Puoi rispondere a questa che continua a telefonare?»
«Puoi smetterla di chiamarla "questa"? Anche tu non sei più nella posizione di essere gelosa.»
«Io gelosa? Ma sei fuori? Sono... siamo qui per te, il minimo che tu possa fare è concederci tutta la tua attenzione!»
«Per me? Sei ancora qui solo perché dopo di me è successo anche alla tua amica, altrimenti te ne saresti già andata con lui, visto che ti aspettava!»
«Potete darmi detta?» Calma, inaspettatamente, alza la voce. Ci voltiamo a guardarla, ansiosi di tornare alla nostra lite, come se ora le persone che ognuno di noi ha iniziato a frequentare dopo la fine della nostra storia fossero l'argomento più importante su cui discutere.
«Ho poco tempo, lui sta portando dentro il corpo.»
«Lui chi? Scarto?»
«Sì, ha detto che hai deciso di chiamarlo così.»
«Il corpo di... quale Manuel?»
«Sono morti entrambi. Nel momento in cui uno ha messo piede fuori da lì si sono accasciati entrambi a terra. Non sono spariti come succede a noi. È stato orribile! Ci sono due cadaveri adesso, ma non possono essercene due. Uno si può giustificare, ma due...!» Cala il silenzio. Sapevo che uno dei due sarebbe morto, ma non immaginavo sarebbe successo a entrambi, non così. Vorrei prendermi qualche momento per dare significato alla loro vita, ma l'espressione di Calma tradisce una certa fretta e io, l'esperienza insegna, non sono di certo la persona più veloce del mondo a elaborare i lutti. Quindi rimando la questione, in questo sono bravo.
«Non possiamo lasciarli lì entrambi. Manuel aveva calcolato che sarebbe morto solo uno di loro, ma si sbagliava. Da un esame del DNA si capirebbe subito che sono la stessa persona, e tutta la fatica fatta per nascondere questa cosa» indica il portale alle sue spalle «sarà sprecata.» È incredibilmente loquace, da quando è venuta fuori da Caterina credo che questo sia la frase più lunga mai detta. «Scarto vuole dare fuoco a tutto, alla casa, alla fessura da cui siamo passati, persino dentro.»
«Vuole far arrivare il fuoco fino in casa mia? È matto? Non era questo che avevamo deciso. Tu e Manuel dovevate buttare giù solo il muro con il passaggio, sarebbe bastato!»
«Sì, ma Manuel è morto, e lui dice che è meglio bruciare tutto e che lo può controllare, che funzionerà...»
«Lo sai che ha la tendenza a mentire, vero?»
Annuisce, ma sembra comunque irremovibile. «È deciso, sono qui solo per avvisarvi. Adesso io torno di là, prendo la macchina e faccio il giro. Mi ha detto che non possiamo lasciarla lì, dove sta per scoppiare un incendio. Quando saremo tutti qui ci occuperemo degli ultimi due di noi rimasti e di sigillare questo squarcio, se il fuoco non sarà passato.»
«Come sarebbe "se il fuoco non sarà passato"? Questo sarebbe un piano? Cosa facciamo se passa?»
La Caterina originale sembra sul punto di dirle qualcosa, ma lei indietreggia di un passo. L'altra fa due passi in avanti per raggiungerla, per fermarla, ma lei mormora un «chiamate i pompieri» e sparisce nel muro, diventando irraggiungibile per ognuno di noi, affatto intenzionati a seguirla.
«Funzionerà davvero? Ci dobbiamo fidare? A me sembra un piano davvero strampalato, improvvisato sul momento, pericoloso.» Sonia non ha tutti i torti.
«Non abbiamo molta scelta. E poi non importa il modo in cui si distrugge, basta farlo. Ora che Manuel è fuori...» continuo con un leggero nodo alla gola, «ora che è morto non c'è motivo di lasciare in piedi questa follia. Smantelliamo tutto e dimentichiamocene.»
La guardo qualche istante, mentre infilo la mano in tasca e sento il biglietto di Strazio ancora lì.
«Dimentichiamoci anche tutto il resto, sei d'accordo?»
«Sì,» mi risponde. E la ringrazio per concedermi la tregua.
Prendo le sigarette e vado verso il balcone. È già sera. Da un'altra parte della città sta per iniziare un incendio. Della storia di Manuel, della sua vita e dei suoi corpi resterà solo cenere.
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