Capitolo 22. Cosa

Non avevo dubbi sulla scena che avrei trovato una volta uscito dal bagno, il diorama perfetto di una catastrofe annunciata. Si capisce dal silenzio e dalle pose innaturali assunte da tutti i presenti, che fino a pochi secondi fa stava succedendo qualcosa qui. Al momento non voglio saperlo, mi limito ad andare in camera per vestirmi. Quante magliette ancora dovranno essere lacerate da coltelli, imbrattate di schizzi di sangue o fatte a pezzi, prima che io finisca i vestiti puliti? Sono sicuro che Serio si sarebbe preso la briga di caricare una lavatrice, se fosse rimasto; probabilmente avrebbe tenuto pulita e ordinata la casa, anche se nello spostamento mobili e scarpiere non era proprio il massimo. Ridacchio da solo, mentre mi vesto. Bella battuta. No, pessima.

«Sono assolutamente okay, non sto affatto impazzendo», mi provo a convincere, senza tuttavia credermi.

«Non potete tenere questa cosa per voi, è una cosa gigantesca, è una cosa da telegiornale, una cosa da prima pagina, forse anche una cosa da soldi, pensando di venderla a qualcuno tipo... non so, l'Esercito?»
Provo a ripetermi la frase di Caterina appena sentita per contare i "cosa", e solo in seguito riesco metterne a fuoco il senso: Le hanno spiegato come funziona il portale, più o meno, e la prima cosa (ci sono cascato anche io) a cui pensa è fare dei soldi? Io vado letteralmente a pezzi e lei pensa all'Esercito Italiano.

«Non sei qui per speculare sulla piega disastrosa che ha preso la nostra vita! Nessuno di noi vuole diventare una cavia da laboratorio, nessuno di noi vuole vendere tutto questo, che Manuel ha cercato di nascondere e ridurre al minimo per anni, sfruttato per interessi personali, economici o politici!» Bravo Sicuro, difendi la nostra dignità. E poi non ci servono i soldi che ne deriverebbero dalla vendita, pulita, di una tecnologia del genere che ignoravamo fino a poco tempo fa. Il mio stipendio mi basta, non mi manca nulla, non sono uno che sogna il denaro.

«I soldi allettano anche me» ammette Sincero. Come non detto. «Però credo che abbiamo la responsabilità e la necessità di richiudere il varco e tornare alla normalità, e impedire così che ciò che è successo a noi capiti ad altri.»

«Sarebbe un disastro se questa scoperta finisse in mani sbagliate, è per quello che Manuel la custodisce da tanti anni, è per quello che ci sta aiutando a riunirci», aggiunse Strazio, in uno slancio di coraggio.

«E poi chi comprerebbe una roba del genere? Verrebbero qui, se ne impadronirebbero e tanti saluti a casa mia» dice la sua anche Sclero.

 «Quindi sperate di poter gestire voi la cosa? Voi che messi tutti insieme non ne fate uno decente? Letteralmente.» Dopo aver parlato al plurale Caterina si rivolge direttamente a Sonia e indossa un'espressione che sembra voler dire: "davvero?". «Stiamo parlando di quello che ha avuto un attacco di panico alla Fiera del Fumetto, lo sai, vero? La Fiera del Fumetto è dove gli sfigati dovrebbero essere a loro agio, come fai ad avere un attacco di panico lì? È come... non so...» si sta impegnando molto a trovare la seconda parte della sua offesa in forma di similitudine. «È come balbettare a una gara di spelling!» ed eccola.

«Fanno davvero le gare di spelling? In Italia? Insomma, non è una competizione del tutto americana, da telefilm adolescenziale?» formula Strazio, a voce un po' troppo alta per essere una domanda retorica rivolta a sé stesso.

«Oddio, ne reggo a malapena uno, figurati... quanti sono?» Caterina si guarda intorno, conta gli altri quattro, poi da una rapida occhiata al resto della sala e nota anche me, appoggiato al battente della porta della mia camera, ripulito e rivestito.

«Cinque? Dio, è un incubo. Sonia, dimmi che non sei d'accordo con loro,» inizia a gesticolare e accenna ai presenti, «che non intendi prestarti a questa follia. Non sappiamo nemmeno che succede davvero passando da lì,» ora indica la breccia sul muro, «a livello molecolare, non sappiamo se ci siano radiazioni, se sia un bene starcene qui, a parlarne credendo di essere al sicuro, mentre veniamo contaminate da chissà quale stramba materia, che per quel che sappiamo potrebbe essere persino aliena. Dobbiamo chiamare qualcuno, la Polizia, la Protezione Civile, dei medici.»

«Sì, certo, la Polizia! Perché non direttamente Mulder e Scully? Ma perché si è portata dietro proprio lei?» Sclero guarda entrambe le ragazze, ma come sempre è con Strazio che se la prende di più: «E tu sei il peggiore, le hai fatte entrare tu, prima una poi l'altra. Me le hai portate qua e poi non me ne fate nemmeno uccidere una; manco la soddisfazione di prendere a pugni Serio mi avete lasciato, lo avete ammazzato così, sgozzato come un maiale senza nemmeno farmi partecipare.»

 «Non sgozzato, accoltellato al cuore» specifica Sincero, spaventosamente simile a Strazio in questo.

«Cioè ne avete già ucciso uno?»
Amo le persone che iniziano le frasi con "cioè", quasi quanto l'espressione "ni, nel senso che..." che Caterina usa spesso entrambe. Sono davvero felice che sia qui.
Anche se non è quello che traspare dal mio sorriso tirato sulla faccia come una maschera da Joker, o dall'occhiata che lancio a Sclero. Non so dire se sia proprio ricambiare il suo sguardo a incoraggiarlo, o se sia piuttosto una coincidenza, fatto sta che qualche istante dopo lui si avvicina con aria minacciosa dicendole che è una cretina. Davvero non credevo che dentro di me ci fosse un uomo in grado di mettere le mani addosso a una donna, eppure sembra che stia per succedere: Caterina prende in mano il telefono per chiamare una delle forze dell'ordine a scelta caso tra quelle menzionate, Sclero allora la strattona e cerca di strapparglielo il telefono dalle dita, Sonia interviene, afferra Sclero dalla maglietta, ottenendo solo il raddoppiamento di insulti sessisti di quest'ultimo.
In tutto questo Strazio indietreggia, spaventato. Lui ha sia paura di ognuno di loro, sia degli scontri verbali e fisici in generale: loro tre che si insultano e colpiscono dev'essere un'apoteosi di terrore. Ora che ci penso è lui che ha avuto quell'attacco di panico alla Fiera del Fumetto, è solo colpa sua.

Sono disturbato dal trambusto che si è creato nel mio soggiorno, ma non riesco a intervenire. Prima di tutto mi sembra che ci siano già abbastanza persone, voci che offendono e braccia che spingono; inoltre sono ormai certo che di me non ci si possa fidare nemmeno un po'. Non dico ciò che penso e non penso ciò che dico, potrei prendere decisioni orribili e ancora peggio fare qualcosa di davvero stupido, andare contro ai miei stessi interessi, mentire e boicottarmi da solo, prendere la decisione sbagliata. A questo posso credere, la lucidità riottenuta dopo la sparizione di Serio mi aiuta a restare concentrato; mi convinco così che questa sia la distanza minima da tenere dal resto del gruppo per evitare di essere coinvolto e mettercene del mio. Tra pochi minuti sarò convinto del contrario.

Anche Sincero sembra estraniarsi dalla pseudo rissa che si è generata, cerca di calmare Strazio, gli accarezza persino la schiena come si fa con i bambini spaventati; peccato che sia quello onesto e senza filtri, perché mentre lo coccola gli dice in modo assolutamente nitido e cristallino: «Sei uno smidollato, di tutti noi sei assolutamente il più inutile.» Glielo dice con una tale dolcezza e assenza di malizia da risultare raccapricciante e, com'è ovvio che sia, Strazio piagnucola mentre annuisce perché lo sa: se lo pensa Sincero lo pensiamo tutti.

«Non mi toccare, brutta strega!» non si capisce con chi delle due se la stia prendendo ora Sclero,

«E lasciami stare anche tu! Cosa ne sai tu, che sei gay?» Ora è decisamente Sicuro il suo nemico. Anche se a pensarci bene potrebbe anche trattarsi di Caterina. Sicuro l'ha afferrato dalla vita e lo tiene a distanza dalle due ragazze, le quali non smettono però di colpire il loro aggressore con spinte più o meno energiche.

 «Ah, io sarei una strega?»

 «Non tu, lei!» La voce di Sclero è quasi un ringhio.

 «Ah, io?» Caterina si spinge in avanti e lo guarda dritto negli occhi, a pochi centimetri dal suo volto, con aria da sfida e la postura un po' da bulletta. Questo atteggiamento Sclero non lo merita. Come no!

Sicuro stringe un po' la presa e indietreggia di un passo tirandoselo dietro, sperando così di aumentare nuovamente le distanze tra i due, non si aspetta certo che Sclero sferri una testata a una donna, così forte da tramortirla, farla barcollare pericolosamente vicino allo squarcio sul muro.
Da quando hanno iniziato la loro lite saranno passati un paio di minuti, anche se mi sembra di aver visto tutto al rallentatore, dalla mia posizione defilata, da spettatore. Ora però mi sembra che il tempo rallenti ulteriormente, fino quasi a fermarsi.
Tratteniamo tutti il respiro, anche Strazio alza lo sguardo dal pavimento e osserva la scena, si porta le mani alla bocca nel tentativo di tappare un «Oddio!» che comunque gli sfugge e ci mette ancora più in allarme, se possibile.

Caterina non ha ancora riacquistato l'equilibrio, ma Sonia sembra salvare la situazione al volo. Afferra l'amica per un braccio per aiutarla a tirarsi su, e per un secondo funziona, Caterina si rimette in piedi, ancora dolorante per la testata, ancora pericolosamente vicina al portale e ancora un po' traballante; ma qui, con noi. Pericolo scampato, non è finita nella breccia sul muro come tutti abbiamo temuto per questa manciata di lunghissimi secondi.

Io, intanto, li sto raggiungendo in silenzio, come se mi avvicinassi a un animale selvatico ferito, con una lentezza innaturale.
Sclero mi guarda, ancora nella stretta di Sicuro. Mi sorride e mi fa un cenno di intesa con la testa. Peccato che io non intenda proprio un bel niente. Capisco solo dopo che alla base di quel gesto c'è un grosso malinteso, forse frutto dalla mia immotivata furtività.

Mi fissa negli occhi mentre tira su un piede, quello ferito e appesantito dal gesso che porta, lo agita in direzione della ragazza. La colpisce su un fianco, ma non sembra essere abbastanza. Tira quindi su anche l'altro piede, usando la presa di Sicuro come una leva su cui fare perno e in perfetto Rey Mysterio le dà un doppio calcio che la spinge contro il varco sul muro. Lei prova a trovare qualsiasi appiglio possa impedirle di precipitarvi dentro, ma trova solo il polso di Sonia.

Ora Sclero ridacchia soddisfatto: stanno per cadere entrambe.
A questo punto Sicuro lo lascia andare e si getta letteralmente verso le ragazze, le separa frapponendosi tra le due e sciogliendo la presa che la mano di Caterina ha sul braccio dell'amica.
Una delle due ormai è passata, non serve che vada di là anche l'altra.

Il tempo riprende a scorrere in modo normale, dalla direzione di Sclero arriva il tonfo della sua caduta sul pavimento, senza più sostegno, e poi risa sguaiate, di completa soddisfazione. Vedendolo così non mi viene nemmeno per un attimo in mente di rendergli i calci in pancia che mi ha assestato la prima sera; per fortuna che non sono rancoroso. Lo penso con gli occhi pieni di rancore nei suoi confronti.

Sicuro vacilla qualche istante; dov'è la sua risolutezza adesso? Non sa nemmeno lui cosa fare?
«Qualcuno deve andare a prenderla» è l'unica idea che gli viene in mente.

 «Sono certo che sappia trovare la strada del ritorno da sola.» Sincero ha ragione.

 «Sì, ma non è un posto spaventoso quello? Non voglio che abbia paura, è qui per colpa mia, per colpa vostra. Tua soprattutto!» Sonia guarda Sclero, poi me. Perché guarda me? Io me ne stavo in disparte quando è successo.

 «Sta succedendo tutto per colpa tua, quindi ora vai di là e mi riporti la mia amica!» Ecco perché. Ha le lacrime agli occhi, odio quando piange, sempre. Allora perché mi sento stranamente eccitato?

«Va bene.» Faccio un passo verso di loro, ne mancano ancora un paio prima di raggiungere il muro attraverso cui è sparita Caterina, ma Sicuro mi si piazza davanti.

 «No!»

 «No?»

 «No. Non puoi passare.»
Mi guardo intorno confuso. Per una volta che volevo fare l'eroe, e non per farmi bello agli occhi di Sonia, l'avrei fatto soltanto per il sincero affetto che mi lega alla sua amica, ovviamente.

 «Te ne resta uno solo.» Le parole di Sincero alle mie spalle mi immobilizzano sul posto.

 «Ti resta solo un passaggio, o finirai per dover restare dentro.» La voce di Sincero esprime tutta la sua frustrazione: è chiaro che non voleva darmi quest'informazione, ma che per la sua natura non è riuscito a tenerla per sé.

«Quindi ho ancora un viaggio d'andata e uno di ritorno?» chiedo continuando a dargli le spalle, senza voltarmi verso di lui. Non voglio vedere quel suo inquietante dolce sorriso mentre mi informa della mie sorte.

 «Sì. Se dovessi farne uno in più sarebbe senza ritorno, saresti ridotto ai minimi termini, faresti la fine di Manuel

 «Anche se intanto ho recuperato tutti...» non riesco a finire la frase, ma hanno capito ciò che intendo: loro.

 «Sì, anche se noi intanto siamo tornati da dove siamo venuti.»

Guardo davanti a me, il maledetto squarcio nel muro da cui è iniziato tutto. Lo guardo e lo maledico tra le labbra, anche se sembra che io stia pregando. Fingo.
Ho di nuovo la capacità di restare concentrato, ma non riesco ad arrabbiarmi, dare di matto e imprecare. Non posso lasciarmi andare alla disperazione e avere paura, né affrontare con decisione il pericolo o i miei sentimenti a riguardo. Se prima ero perennemente in bilico tra questi stati emotivi ora non li sento più, si sono affievoliti. Sono la matriosca più grande, ma dentro sono vuoto come lei, sono una cosa, un oggetto inanimato perché derubato di ciò che mi animava, che mi rendeva umano.
Come se non bastasse, grazie al souvenir del mio ultimo giretto da quelle parti, riesco solo a mentire, a me stesso o agli altri.

Dovrei esplodere di emozioni, invece resto freddo e fisso il portale.
Da cui poco dopo, non so dire se si tratti di secondi o minuti, esce Caterina, mano nella mano con Caterina.

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