Vita su Marte

–È bello qua.
–Sì.
–Dico, tanto bello.
–È per questo che volevo lo vedessi.
–Sai che, pensandoci, non lo scambierei per nulla in tutto l'Universo?
–Neanche io, davvero. Neanche io.
Poggio la testa sulla sua spalla, mi stringo al suo braccio, la coperta rubata al divano in salotto che ci avvolge completamente. Lui, al contrario di me, se ne sta fermo immobile, rigido e spigoloso, come se non mi avesse sentita neanche, attaccata alla sua giacca. Probabilmente è così. Però a me non importa, a me basta sentire la sua presenza, sentire un corpo vicino al mio, sentire il lieve dolore al collo provocato da quella posizione innaturale, sentire come ad ogni respiro il suo petto si espandi, sentire la musica dal piano di sotto che va a manetta, sentire lui che bofonchia perché la musica che c'è gli fa altamente cagare; a me piace stare così e mi basta.
–Secondo te quindi cosa dovrebbero fare quelli della NASA?
Poco prima gli avevo chiesto se fosse favorevole o meno all'idea che aveva avuto Elon Musk (il tizio che ha fondato la Tesla, non è importante), riguardo la terraformazione di Marte - sganciare due ordigni nucleari ai suoi poli, così da innalzare la sua temperatura e rendere possibile lo sviluppo di un'atmosfera che, a lungo andare, avrebbe permesso la nascita della vita.
Lui sbuffa:
–Sicuramente i cazzi propri. Dico io, perché andare a rompere i coglioni anche a Marte?
–Non sarebbe bello, però? Tipo viverci, io e te, in un prossimo futuro. Ti svegli e vedi terra rossa ovunque, ti senti leggero e fluttuante perché la gravità è un terzo di quella che c'è qui, tutto si muove più lentamente, come se non ci fosse fretta o ansia o pressione, niente lavoro, niente scuola, niente politici di merda, ci siamo solo tu ed io nella nostra casa.
–Non dimenticarti di Blues. Il nostro futuro Labrador.
–Golden Retriever.
–Quello che è.
Ridacchio leggermente, lui scuote la testa per nascondere il piccolo accenno di sorriso che gli sta spuntando in viso.
–Poi, – continuo. –Facciamo colazione con il cibo che cresce lì nel nostro orto marziano, frutti strani che qui non esistono, ci costruiamo una veranda e ci mettiamo a guardare le stelle col telescopio, e siccome Marte deve fare orbite più lunghe, gli anni durano di più, quindi noi dovremmo non-festeggiare meno compleanni visto che i compleanni sono inutili. Poi sai cosa sarebbe bello? Guardare la Luna, la nostra Luna, e magari riuscire a vedere la sua parte nascosta, quella perennemente al buio, quella che dalla Terra non si vede mai perché ci viene mostrata sempre e solo la stessa identica faccia ogni giorno. E poi potremmo fare l'amore quando ci pare e piace, per tutto il tempo che vogliamo, possiamo leggere o dipingere o suonare o lavorare al nostro libro o guardarci un film...
–Secondo te avremmo Internet su Marte?
–Beh, perché no?
–Non so, dici che il governo ci lascerebbe portarlo pure lì? Tipo, solo per noi due e Blues.
–Non saprei. Forse.
–Marte descritto da te non sembra tanto male, però è una cazzata, davvero. Due bombe atomiche e per cosa? Per rovinare anche quel pianeta lì?
–Già.
–Io non sto male qua, sulla Terra. Mi piace il mio mare e mi piace la vista delle montagne che c'è dal tuo tetto, e se volessi svegliarmi e vedere un paesaggio rosso prenderei una roulotte e me ne andrei nel Grand Canyon o in Australia da qualche parte. Marte non ha nulla che la Terra non abbia già.
–Sarebbe quello il punto. Tipo, scappare da tutto e da tutti. Via, lontanissimo. Su Marte, appunto, dove non c'è un cazzo.
–Okay ma diventerebbe una moda, e dopo un po' di tempo farebbe ugualmente schifo, e la gente di Marte se ne tornerebbe qua a prendere il sole ai Caraibi o ad andare in palestra o a mangiare in un ristorante gourmet solo per fare foto e postarle su un qualsiasi social in cui a nessuno frega un cazzo dei Caraibi o della palestra o del cibo gourmet.
–Però l'idea sarebbe andarci da soli, solo tu ed io, niente gente. E Blues, ovviamente.
Lo sento spostarsi e alzo la testa dalla sua spalla.
–Quel puntino rosso lì, quello è Marte, vero?
Annuisco. Per una manciata di secondi non aggiunge altro, limitandosi ad osservare il cielo notturno dove so esserci il pianeta rosso. Poi mormora:
–Come sarebbe, secondo te, vedere la Terra da Marte? Vederla così lontana e così piccola, vederla e pensare che tu sei stata lì, che ci hai camminato sopra, che hai fatto parte di lei, anche solo per un millesimo di secondo se paragonato ai suoi 4,5 miliardi di anni, come ti sentiresti? Immagina per un attimo di essere con me, su Marte, seduti in veranda a chiacchierare e a guardare le stelle col telescopio, leggendo libri di costellazioni marziane che sono diverse da quelle terresti, tanto che possiamo inventarcene di nuove e dargli nomi nuovi, e immagina di spostare il telescopio sulla Terra. La vedi lì, ingrandisci e metti a fuoco, e improvvisamente ti rendi conto che non è poi così distante, che non sei scappata così tanto, che la Terra è viva e che sta ancora ruotando, tu stessa stai ruotando attorno allo stesso Sole di tutti gli altri, nella stessa galassia, nello stesso Universo, nella stessa dimensione del reale. Come ti sentiresti?
–Non lo so.
–Nemmeno io.
–Credo che se vedessi la Terra da Marte, beh, vorrei tornarci. Vista da lontano sembra anche un bel posto, non sai mai con certezza com'è da vicino.
—Stiamo sbagliando prospettiva, quindi?
–Penso di sì. Cioè, il nostro Mondo è messo male, metaforicamente parlando.
–Metaforicamente?
–Dico, guardaci. Non siamo più nulla. Il Mondo non è più nulla. Scorre e scorre e scorre, non sa perché sta scorrendo, lo fa e basta e probabilmente non sa neppure che lo sta facendo, e noi ci stiamo sopra e non solo ruotiamo con esso, come hai detto tu prima, ma viviamo le nostre vite banali e inutili così in fretta che non ha neanche senso farlo, ci imponiamo una direzione, una rotta, ma che cazzo di senso ha se il nostro Mondo già è impostato per ruotare da sé? È come se cercassimo continuamente di sfidarlo, di dirgli che non vogliamo ruotare anche noi con lui, che odiamo essere solo burattini nelle mani di un Pianeta folle e squilibrato, ma lui che ci può fare? Tutto scorre e non si ferma mai, dopotutto. Proprio non puoi fermarti e prendere una boccata d'aria, sulla Terra, perché sai che se anche ti fermassi saresti sempre in movimento, e così inizi a detestare il tuo Mondo, odi quello che ti fa, che non ti dà tregua, ma non è neanche colpa sua perché non se ne rende conto, e se si fermasse di colpo sarebbe la fine, – sospiro, –l'unica cosa che possiamo fare, è guardare da Marte, con un telescopio, la sua bellezza, la sua maestosità, il fascino sublime che ti commuove fin nelle ossa, ed è qui che forse desideri, in cuor tuo, tornarci. Perché alla fine lo necessitiamo, abbiamo bisogno del nostro Mondo, ne siamo dipendenti come lo sono le cose reali dalle loro idealizzazioni, non siamo nulla senza. La stessa cosa vale per Marte, che ruota come la Terra. Quindi non so come mi sentirei a vedere il mio Mondo da un altro Mondo. Forse non lo vedrei neanche, perché è tutto diventato così invisibile, sai. Non è diverso da nient'altro, in questo Universo. Capisci cosa voglio dire? Sei dipendente da un qualcosa di trasparente, che c'è e lo vedi, ma allo stesso tempo non ne riesci a stabilire le funzioni o delimitare i contorni, e questo pian piano ti ammazza dentro. Capisci?
–Praticamente è come se il Mondo fosse... boh, tipo un bicchiere di Vodka, e tu ci affogassi dentro, no? Il principio è questo, per lo meno.
–Proprio così.
–Che schifo.
–Un po'. Però non importa.
–No, immagino di no. Tanto su Marte non ci arriveremo mai.
Riappoggio la testa sulla sua spalla e sospiro ancora. Questa volta, sento le sue labbra tiepide sfiorarmi la tempia.
Le tegole del tetto sotto al mio fondoschiena iniziano ad essere scomode, ma non mi sposto. Non parliamo per un po'. Circa tre canzoni da tre minuti ciascuna.
La Terra intanto ruota, fa la ballerina pazza, mentre noi ce ne stiamo immobili a guardarla. Fra il pubblico c'è anche Marte, negli spalti più distanti, che la osserva con attenzione e una certa dose di invidia. Le luci delle case e dei lampioni giù in fondo alla valle sembrano quasi un pezzo della Via Lattea, mentre al piano di sotto infuria ancora la festa che, in primis, ci aveva spinti ad allontanarci. Il tetto, invece, è buio e silenzioso. Tutto tace.
–È bello qua.
–Sì.
–Dico, tanto bello.
–È per questo che volevo lo vedessi.
–Sai che, pensandoci, non lo scambierei per nulla in tutto l'Universo?
–Neanche io, davvero.
Neanche io.

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