Scampolo di un nulla cosmico

«Vuoi una sigaretta?»
«Fumare fa male, lo sai?».
«Non serve che l'accendi. Puoi guardare me fumare la mia».
«E quale sarebbe il punto?»
«Resteresti qui con me altri dieci minuti».
«Perderei l'autobus».
«Sarebbe questo il punto, Relly».
La sveglia sul comodino segna giusto le due e quarantacinque della mattina: Relly si alza dal letto del fortunato malcapitato – si chiama Floyd Dubois, è mezzo francese o qualcosa del genere – recupera i suoi vestiti sparsi a terra e si riveste velocemente, senza far rumore. Sembra stia già dormendo, lui, non lo vuole svegliare. Diciamo che non è solita rimanere, dopo essere stata a letto con qualcuno, anzi, possiamo comodamente affermare che se la dà a gambe, ecco – è più facile, più comodo, inoltre non dorme bene sul materasso altrui.
Sgattaiola fino in salotto senza guardarsi indietro, dove trova le sue scarpe e la sua borsa. Controlla il cellulare: un paio di notifiche da un paio di social network, una mail  dall'associazione per la quale qualche mese prima ha firmato una petizione online contro la deforestazione, nessun messaggio, nessuna telefonata.
Bene.
Non che se li stia aspettando – è da anni che ha smesso di aspettarseli; eppure, per esserne sicura, controlla il registro chiamate. L'ultima risale alla settimana prima. Noioso.
Sbadiglia e spegne il cellulare. Decide di usufruire della cucina del suo nuovo amico per farsi un caffè, per non rischiare di addormentarsi sull'autobus e perdere la sua fermata. Inoltre, c'è un po' di tempo da ammazzare prima che il bus notturno delle quattro passi per di lì.
«Già te ne vai?»
La voce assonnata di Floyd Dubois, alle sue spalle, la spaventa leggermente, ma non si preoccupa di girarsi. Sospira e basta. «In realtà no. Pensavo di farmi un caffè e prendere l'autobus fra un'oretta circa».
«Sono a corto di caffè. Però ho una bottiglia di Coca-Cola, se vuoi».
«Uh?»
«In frigo»
«Coca-Cola?»
«Contiene anidride carbonica, zucchero, colorante sintetico, acido fosforico, aromi e caffeina. È come bere caffè annacquato molto poco naturale».
«Se lo dici tu...».
Relly apre il frigo e ne versa due bicchieri. «È un po' sgasata. Da quanto è qui?»
Floyd fa spallucce bevendone un sorso grande.
«Okay...» mormora lei.
«Ci sediamo in veranda? Ti va?»
«È uguale».
«Vieni».
Si siedono lì fuori, sulle sedie attorno al tavolo posto sotto la finestra del soggiorno. Floyd allunga le gambe e si porta le braccia dietro la testa, stiracchiandosi; Relly invece assaggia la Coca-Cola sgasata. «Sa di acqua e zucchero,» dice.
«Sì, ma contiene caffeina».
«Chissà che merda ci mettono dentro oltre alla caffeina».
«Sai che nel 2006 hanno accusato la compagnia della Coca-Cola di aver distribuito, per quattro o più anni, bottiglie con alto contenuto di piombo nella vernice delle etichette?»
«Tu come lo sai?»
«La mia tesi di laurea».
«Oh».
Floyd finisce la sua bevanda in altri due sorsi e appoggia il bicchiere sul tavolo. Rimangono in silenzio qualche minuto; c'è una zanzara che svolazza attorno alla luce che emette la finestra del soggiorno, producendo un lieve sibilare che infastidisce parecchio entrambi.
«Quanti anni hai?» fa Floyd, all'improvviso.
Relly guarda l'orologio che tiene al polso. «Ventitré da circa tre ore».
«Lo sapevo!» sorride lui. «Cioè, non lo sapevo con certezza perché altrimenti non te l'avrei chiesto. Ero indeciso sul ventidue, il ventitré o il ventiquattro. E ho indovinato».
Relly prende un altro sorso dal bicchiere.
«Tanti auguri, comunque».
«Grazie».
«Prego».
«Tu invece?»
«Trentatré».
«Come Cristo».
«Come Cristo?»
«È morto a trentatré anni».
«Sei credente?»
«Credo in tante cose».
«In Dio, intendo,» precisa lui.
«Se credo in Dio?»
«Sì».
«A volte gli mando degli SMS, ma non risponde mai. A te ha mai risposto?»
«Non l'ho mai chiamato».
«Neanche una volta?»
«No. Non credo ci sia qualcosa di più grande dell'Universo».
«Quindi non ne sei sicuro, della grandezza dell'Universo».
Floyd alza un sopracciglio e si sporge verso di lei sul tavolo. «Ne sono sicuro, invece».
«Hai detto "non credo". Non credere che qualcosa, indica insicurezza. Credere che qualcosa non indica invece sicurezza».
«Riformulo. Credo che non esista nulla di più grande dell'Universo».
Relly sorride. «Già meglio».
«Sai che siamo completamente dipendenti dal nulla?»
«Ah sì?»
«L'Universo. La materia oscura. Il nulla cosmico che circonda la Terra, oltre l'atmosfera. Se non ci fosse il nulla dell'Universo, sempre se è dato al nulla, esserci, non avremmo alcun satellite sul quale fare riferimento. In breve, andrebbe tutto in figa».
«Come fai a saperlo?»
«Te l'ho detto, tesi di laurea».
«Non era sulla Coca-Cola?»
«Quella era solo una piccola parte».
«E come si collega la Coca-Cola con l'Universo?»
Floyd torna a distendere le gambe sotto il tavolo, assumendo la posizione di partenza. «Gli astronauti hanno una tuta spaziale, e lo sai perché? Quella tuta permette loro, in primis, di non finire per esplodere, letteralmente, dall'interno. Nello spazio non c'è gravità, non c'è aria, non c'è pressione, non c'è niente di niente, sei letteralmente circondato dal nulla, e se, mettiamo caso, una mattina decidessi di volerti suicidare, ti basterebbe andare a farti un giretto fuori senza tuta: la pressione sanguigna del tuo corpo ti farebbe esplodere».
«Questo già lo sapevo. Ma la Coca-Cola?»
«Ci sto arrivando».
«Mh...»
«Devi sapere, Relly, che sono sempre stato attratto da tutto ciò che non-è. Che vedi, che senti, che percepisci, ma che di fatto non esiste. Le mancanze degli esseri umani sono un buon esempio. Gli esseri umani hanno delle mancanze, sentono vuoti, posseggono qualcosa che non è, e mi sono chiesto, come diamine è possibile avere qualcosa che non abbiamo? Stessa cosa vale per l'Universo. Così grande, così inesplorato e misterioso, così pieno di stelle e pianeti e galassie e buchi neri e chissà quali altre milioni di forme di vita troppo distanti da noi per poterle anche solo pensare. Eppure è il nulla. Non c'è niente fra le varie galassie, e fra le stelle e i pianeti di quelle galassie. Non c'è niente, capisci? Come può non esserci niente?, mi sono chiesto. Ma non c'è neanche l'aria. Eppure lo vediamo, ecco, vediamo il vuoto, lo vediamo da qui stando seduti, ma non è questa la cosa più strana. La cosa più strana è che noi ne siamo completamente, irrevocabilmente dipendenti. Abbiamo centinaia di satelliti e sonde e parti di noi, lassù, senza delle quali noi non saremmo noi, quaggiù. Non avremmo mappe, né gps, né internet, niente cellulari e computer e non potremmo comunicare; niente aerei, niente navi, niente sottomarini e missili e chissà quale altra artiglieria militare, e non ci sarebbe il commercio, l'economia crollerebbe, cosa che causerebbe la crisi del petrolio, della benzina e quant'altro, e addio automobili e trasporti e quel poco che ci rimaneva. Non sarebbe un problema, questo, un secolo o due fa. Sapevano vivere benissimo senza tutte queste cose. Ma ora, se ce le togliessero... è un altro paio di maniche. Soffri di più quando qualcosa ti viene strappato, che quando quel qualcosa non l'hai mai avuto. Io, per esempio, ero dipendente dalla Coca-Cola, tanto tempo fa, tanto quanto lo sono ora dall'Universo. La bevevo al posto dell'acqua, la bevevo al posto del cibo, la notte mi alzavo per bere Coca-Cola e alle feste la rubavo dai baristi, perché non avevo soldi per pagarmi i drink che comunque non avrei comprato. Ora sto meglio, mi fa un po' schifo a dirla tutta, ma quando lessi che senza il nulla dell'Universo nel quale siamo immersi, non avremmo avuto più niente, mi sono reso conto che probabilmente la Coca-Cola non l'avrei più bevuta. Ho avuto paura di perderla, capisci?
E poi ci sono le persone, che hanno piccoli vuoti dentro di loro, piccoli pezzi di Universo, se possiamo chiamarli così, e questa è la parte peggiore, Relly. Ci si sente così vuoti e così soli – soli con sette miliardi e mezzo di persone, ironia della vita – che ad un certo momento ci si rende conto di essere dipendenti dal nulla. Colmato un vuoto, ne troveremo sempre un altro, perché siamo così, tutti noi. Non saremo mai, totalmente, pienamente noi, perché è nella nostra natura farci del male con scampoli di nulla cosmici, tutti inesistenti. Lo capisci, questo, Relly?»
«No».
«Neanche io».
Restano ancora un po' in silenzio. La zanzara ora è sparita, ma ce ne sono altre tre al suo posto. O forse quella originale c'è ancora, e ne sono semplicemente arrivate altre due. Chi lo sa.
«Mi piace questa cosa dell'Universo, comunque, Floyd».
«Ah sì?»
«Beh, è disturbante. Però geniale».
«Grazie».
È proprio qui, alle tre e cinquantacinque, che Floyd fruga nella tasca della giacca, estrae un pacchetto di Marlboro e un accendino, e le chiede: «Vuoi una sigaretta?»
«Fumare fa male, lo sai?».
«Non serve che l'accendi. Puoi guardare me fumare la mia».
«E quale sarebbe il punto?»
«Resteresti qui con me altri dieci minuti».
Relly controlla l'orologio. «Perderei l'autobus».
«Sarebbe questo il punto, Relly,» sorride lui.
Potrebbe rimanere e lo sa. Non c'è nulla di male nel restare. Ormai sono le quattro, e comunque non ha più sonno. Magari può scopare di nuovo con lui.
E poi scambiarsi i numeri e vedersi qualche pomeriggio in un bar carino sorseggiando vera caffeina e non Coca-Cola sgasata piena di additivi cancerogeni e zucchero e chissà che altra merda chimica, e magari andare al cinema e frequentarsi seriamente e baciarsi sotto uno scampolo di nulla cosmico quale il piccolo ritaglio di cielo stellato che riescono a scorgere dalla veranda, magari innamorarsi l'uno dell'altra e dirselo di notte sotto alle lenzuola sporche d'amore e sudore e capire che deve essere così e così solamente, che sono complementari, che sono due pezzi da collezione da tenere sempre insieme, incudine e martello o arco e freccia o sale e pepe o quello che volete. Due tombe, due tombe vicine, per sempre.
Potrebbe rimanere e lo sa, eccome se lo sa: è per questo che si maledice mentalmente incamminandosi verso la fermata dell'autobus, con la borsa stretta in una mano e il giubbotto in jeans nell'altra.
Maledetta la Coca-Cola sgasata e maledetta la caffeina che c'era dentro e maledetta la corriera delle quattro e maledette le zanzare e maledetto Dio che non risponde mai al telefono e maledetto il suo compleanno e maledette le sigarette e maledetta la sua tesi di laurea con quelle maledette teorie sul nulla e maledetto l'Universo, e dannazione, maledetta Relly, che non ci riesce proprio a dormire, sul materasso altrui.
Lui fuma la sua Marlboro pensando all'Universo, pensando a niente; poi l'autobus arriva puntuale, lei sale e va via.

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