8. Muscoli
«Deku…»
La voce di Katsuki lo scosse.
Percepì la sua mano calda che gli scrollava piano la spalla.
Aprì gli occhi, guardandosi attorno. Per un attimo ebbe paura nel notare quell'abitacolo stretto, piccolo poi, incrociò gli occhi rossi di Katsuki e i ricordi gli infestarono la mente; Katsuki che lo aiutava a fuggire, le sue esplosioni, la fuga, l'auto, Kirishima, Xander.
Si mise a sedere meglio, drizzando la schiena. Un lieve sentore di nausea gli offuscava i sensi.
«Cosa c'è?» chiese, la voce impastata dal sonno. Non ricordava quando si era addormentato, però ad un certo punto, aveva sentito gli occhi farsi pesanti e si era poggiato contro la spalla del biondo, sentendosi stranamente al sicuro.
Non avrebbe voluto abbassare la guardia, però, era davvero stanco. Tutte le emozioni che aveva provato, la corsa, l'ansia, gli avevano levato le forze.
«Siamo arrivati» spiegò Katsuki, indicando un'edificio.
Izuku sollevò lo sguardo, annuendo piano.
Scese dall'auto, seguendo l'alpha, ma appena provò a muoversi le ginocchia gli cedettero. Strinse le palpebre mentre, le braccia di Katsuki gli circondavano la vita, sorregendolo.
«Scusa» mormorò, aggrappandosi a lui, «non so perché.»
Katsuki lo tenne a sé. Le mani forti lo sostennero delicatamente.
«È normale, non preoccuparti» gli mormorò vicino all'orecchio, la voce leggera come il battito d'ali di una farfalla.
Izuku annuì; gli veniva da piangere. Non riusciva a reggersi in piedi, non riusciva a muovere alcun muscolo.
In passato era stato male, ma mai così.
«Oi» lo chiamò. L'omega sollevò gli occhi verdi, sfarfallando le ciglia, le lacrime che premevano per uscire.
«Va tutto bene, sei solo stanco e soprattutto non sei abituato, andrà meglio» lo rassicurò, la voce tranquilla.
«Mi dispiace.»
«Non devi» sentenziò il biondo. Gli afferrò la vita e prima che Izuku potesse ribattere, lo aveva già preso in braccio, a mo' di sposa. Le caviglie di Izuku ciondolarono in avanti, la testa si posò contro il suo petto.
Voleva davvero dirgli che non avrebbe dovuto, che ce la faceva, che ce l'avrebbe fatta da solo come faceva da sempre, ma non sarebbe stato vero.
Si lasciò trasportare dal biondo, cingendogli il collo con le braccia. Si rilassò contro il suo petto, il battito regolare del suo cuore lo calmava e cullava al contempo.
Katsuki rilasciò un po' del suo profumo.
«Non ti farò del male, Deku.»
Almeno ha ripreso a chiamarmi Deku, pensò l'omega, non riuscendo ad elaborare a pieno tutte le sue parole.
Percepì una serratura aprirsi.
Un odore dolce gli invase le narici.
Lì era più caldo.
Katsuki lo posò su qualcosa di morbido. Percepì un mormorio basso, poi, un calore e un leggero peso sul corpo.
Prima di addormentarsi, sentì la voce di Katsuki.
«Non permetterò più a nessuno di toccarlo.»
Si chiese cosa volesse dire e perché gli importava così tanto di lui, ma non riuscì a darsi una risposta.
🌼
Quando aprì gli occhi, un lieve sentore di lavanda riempiva la stanza.
Schiuse gli occhi, guardandosi attorno.
Per un attimo, pensò di essere ancora nella sua cella in quel letto rotto ma poi, i suoi occhi incontrarono delle pareti chiare.
Un parquet color legno ricopriva il pavimento, un grande camino figurava dinanzi ai suoi occhi.
Sopra di esso, poggiate sulle venature del legno c'erano delle cornici.
Izuku sbirciò incuriosito; in una foto c'era un bambino su un triciclo, sorrideva all'obiettivo con i due incisivi che figuravano in avanti come quelli di un coniglietto.
I suoi capelli biondissimi alla luce del sole, sembravano dorati.
Gli pareva di conoscere quel bambino, di ricordare quel qualcosa di familiare.
Incurvò gli occhi, osservandolo meglio, si mise a sedere, la coperta gli scivolò dalle gambe.
«Lo riconosci, eh?»
Si voltò, incrociando il volto allegro di Kirishima. I capelli rossi brillavano come ciliegie al sole.
Un sorriso gentile incurvava le sue labbra grandi.
«È Katsuki» mormorò Izuku, le labbra si schiusero ancor prima che potesse fermarle.
Kirishima annuì, continuando a sorridere. Si avvicinò, fermandosi accanto a una poltrona. Si sedette, guardandolo con apprensione
«Come stai?» gli domandò.
Izuku si mise dritto, chinando la testa. Certo, Kirishima sembrava un tipo a posto, ma non sapeva se poteva fidarsi, era sempre meglio restare in allerta se si trattava di alpha.
«Meglio» mormorò, la voce asciutta.
Il rosso annuì, continuando a guardarlo.
Nell'abbassare lo sguardo, Izuku notò che teneva in mano due tazze fumanti.
Probabilmente dovette fissarlo un po' troppo perché, dopo qualche secondo Kirishima seguì il suo sguardo e sorrise impacciatamente.
«Oh, ecco» gli porse una tazza, il manico ricurvo verso di lui. «È per te, bevi!»
Izuku esitò; non sapeva dove si trovava ma questo per lui non era nuovo, il problema era che non sapeva cosa fare ora, per questo il suo corpo restò in tensione, pronto a scattare al minimo accenno di pericolo.
Scosse la testa, rifiutando il bicchiere, nonostante la sua pancia brontolasse.
Kirishima lo guardò interrogativo, poi, sembrò ricordarsi qualcosa e annuì, portandosi quella stessa tazza alle labbra.
Ne prese un sorso, mandandolo giù con gusto.
«Non c'è nulla, nessun veleno, nessun afrodisiaco» sancì Kirishima, continuando a mantenere quel sorriso gentile.
Izuku lo guardò, sorpreso.
Stavolta, quando Kirishima gli porse la tazza, l'accettò.
Bevve tutto insieme, bruciandosi la lingua. Allontanò la tazza con uno scatto, cacciando fuori la lingua con un guaito dolorante.
«Non ho fatto in tempo a dirtelo…» asserì Kirishima, trattenendo una risata. Il suo viso gentile si curvò palesando il suo diletto.
Izuku soffiò sulla sua stessa lingua, cercando di calmare quel bruciore.
«Aspetta.»
Kirishima si alzò e sparì nella stanza accanto, poi, ricomparì con in mano un barattolino.
Lo porse ad Izuku, aprendolo. Lui lo guardò, confuso.
«È zucchero» spiegò il rosso, scandendo per bene le parole, facendo corrugare la fronte di Izuku. «Mettine un po' sulla lingua.»
L'omega seppur titubante, lo fece. Be' prese una piccola porzione con le dita e se lo spalmò sulla punta della lingua lesa.
«Ecco, ora aspetta che si sciolga, dovrebbe lenire il dolore.»
Quando lo zucchero iniziò a sciogliersi, Izuku dovette ammettere che il rosso aveva ragione; cominciava già a stare meglio.
«Meglio?».
Izuku annuì, guardando in basso. Gli si erano tinte le guance di amaranto.
«Dov'è Katsuki?» chiese, osservandosi attorno quasi si aspettasse di vederlo comparire da dietro l'angolo.
«È andato a comprare alcune cose, tornerà presto» lo tranquillizzò il rosso. «Se hai bisogno di qualcosa puoi chiedere a me, senza alcun problema!».
Gli sorrise ancora una volta, palesando quella serenità che sembrava trasmettere inatamente.
Anche se lui era un alpha gentile e cortese, Izuku non si fidava di lui.
«No, non mi serve nulla grazie, signore» farfugliò Izuku, poggiandosi le mani in grembo con fare impacciato. Ancora non capiva dove si trovava e la cosa lo irretiva a morte.
«Ho detto qualcosa di sbagliato? So di non essere affascinante come Katsuki però, ti assicuro che sono molto più bravo di lui a giocare a scacchi!» disse Kirishima, guardandolo con dolcezza. Qualcosa nei suoi modi lo fece sorridere internamente.
«Non volevo offenderla, signore» mormorò Izuku.
Kirishima corrugò le sopracciglia rosse come i suoi capelli, poi scoppiò in una leggera risata. Schiuse le labbra mostrando i suoi bei denti bianchi come il marmo.
«Non sono un signore!» ridacchiò, la voce sottile. «Anzi, sai che ti dico? Puoi chiamarmi Eijrou!»
Fu il turno di Izuku di guardarlo, circospetto.
«Chi sei?» chiese Izuku, guardandolo severo.
Kirishima sbatté le palpebre non capendo. Sembrò alquanto turbato da quella domanda e per un attimo Izuku si pentì di avergli posto quella domanda; magari ora lo avrebbe schiaffeggiato per la sua insolenza.
«Chi sono? In che senso?».
Izuku deglutì, tornando a guardarlo con un cipiglio stranito. «Chi sei per Katsuki?».
Un sorrisetto divertito capeggiò sul viso del rosso, i suoi tratti si fecero più rilassati.
«Oh non preoccuparti, non stiamo insieme, siamo solo amici» chiarì, ostentando ancora quel sorriso gentile.
«Non intendevo questo» replicò l'omega, stizzito. Gli gettò un'occhiataccia come a volergli far intuire di non scherzare.
Eijrou, inclinò la testa di lato. Sembrava incuriosito da quell'improvviso cambio d'umore.
«Sono un membro del gruppo dei ribelli» spiegò, facendosi serio.
«Il capitano della prima squadra e l'hero Red Riot, sono un alpha, un amico, un figlio, un eroe.»
Izuku annuì, cercando di comprendere quelle parole.
«E cosa fate in questo gruppo?».
«Katsuki non ti ha spiegato nulla?» chiese Eijrou, confuso. Le sue sopracciglia rosso fiamma si corrucciarono.
L'omega scosse la testa.
Kirishima sospirò, si addrizzò sulla poltrona, poggiando sul mobiletto accanto a lui la tazza che stava sorseggiando.
«Noi siamo un gruppo di ribelli. Un gruppo fondato dieci anni fa, prima di tutto questo. Il mondo, come saprai-»
«Non so nulla del mondo» lo interruppe Izuku, arrossendo un po'. Nascose la vergogna, giocando con un lembo della coperta.
«Oh… non preoccuparti, ti spiegheremo. Dicevo, siamo un gruppo nato per proteggere i nostri amici, i nostri conoscenti, le nostre famiglie, vedi, io e la mia compagna aspettiamo un bambino, ho accettato di difendere omega anche per lei.»
Izuku lo guardò sorpreso.
«Hai una compagna?»
Kirishima sorrise, annuendo.
«Si, vuoi conoscerla? È un alpha, però non ti farà del male» spiegò Eijrou, sporgendosi dalla poltrona.
Izuku si morse l'interno della guancia, interdetto. Lo scrutò con interesse, non riuscendo a darsi una spiegazione.
«Si chiama Mina e-».
«Capelli di merda! Dove cazzo sei?»
La voce di Katsuki li interruppe. Kirishima sollevò lo sguardo, gridando in risposta al suo amico.
«Siamo in salotto!».
Anche Izuku si girò, osservando la figura di Katsuki entrare nella stanza. Teneva delle buste tra le mani, il giaccone imbottito nero e arancione, gli conferiva un aspetto sbarazzino e contempo frizzante. I suoi capelli biondi luccicarono come oro sotto la luce opaca del salone.
Lo guardò, il suo odore di nitroglicerina e cannella gli pizzicò le narici, ma non poté fare a meno di respirarlo, socchiudendo gli occhi. Gli sembrava familiare ormai, qualcosa che si ramificava dentro di lui e lo beava della sua presenza.
«Ciao» mormorò Izuku.
«Come stai?» gli si avvicinò, poggiando le buste a terra. Accostò lentamente una mano alla fronte, poggiandoci il palmo. «Non scotti, la febbre dev'essere scesa.»
«Febbre?» domandò l'omega, toccandosi a sua volta la fronte; non ricordava di averla avuta.
«Quando ieri ti abbiamo portato qui, eri bollente» spiegò Kirishima, il tono pratico. «Avevi la febbre molto alta e abbiamo dovuto monitorarti tutta la notte.»
«Oh.»
Izuku si sentì terribilmente in colpa; in effetti, sul viso di entrambi, c'erano linee violacee, gli occhi stanchi e arrossati segno della veridicità di quella spiegazione.
«Non preoccuparti, l'importante è che stai meglio!» esclamò il rosso, continuando ad ammiccare a quella gentilezza che a momenti lo faceva rilassare.
Katsuki annuì, in risposta al suo amico. Prese posto accanto a lui, restando pur sempre distante.
Izuku gliene fu silenziosamente grato.
«Vado a prendere un bicchiere d'acqua» disse Eijrou, gettando un'occhiata allusiva a Katsuki.
Bakugo aspettò di vedere l'altro alpha sparire prima di parlare.
«Izu- Deku» si corresse, «come ti senti?».
Izuku distolse lo sguardo. Puntò la sua attenzione su un punto indefinito della stanza, tra il camino e il soffitto.
«Sto bene» decretò. «Senti…».
Provò a mettersi in piedi, ma barcollò. Le forze parevano non essere tornate ed Izuku si odiò per quella debolezza che dapprima emotiva, poi fisica, non faceva altro che impossibilitarlo.
«Se devo pagarti per stare qui… va bene» mormorò, il tono affiancato; infondo voleva quello, no?
Fece per sollevarsi la maglietta, ma la mano di Katsuki si posò sulla sua, bloccandolo.
«Pagarmi? Ma di che cazzo stai parlando?» ringhiò, guardandolo severo. I suoi bei occhi rosso sangue si socchiusero, inchiodandolo contro i cuscini morbidi del divano.
Izuku si morse il labbro, sentendo le lacrime salire ad inumidirgli gli occhi. Quel tono autoritario gli faceva sempre lo stesso effetto; disagio, paura.
«Io… lo so che non sei certo un santo, vorrai pur qualcosa da me…».
Cercò di giustificarsi, con la voce tremante e le mani altrettanto instabili.
Katsuki gli gettò un'occhiata gelida.
«Non mi scopo nessuno a pagamento. Non voglio il tuo corpo, Izuku, lo capisci? Non ti ho salvato per pietà e neppure perché volevo qualcosa in cambio; ti ho salvato perché volevo, perché te l'ho promesso, perché…cazzo.»
Si rimise in piedi, passandosi una mano tra le ciocche bionde. Se ne tirò qualcuna, sbuffando frustato.
«Cosa cazzo ti hanno fatto? Cosa ti hanno fatto per farti arrivare a dimenticarti di me, di noi…».
Sembrava parlare più con sé stesso che con Izuku, il quale, lo guardava senza ben capire.
«Noi? Ci conoscevamo già?».
Katsuki sgranò gli occhi, tornando a guardarlo. Un lieve velo gli aveva offuscato le iridi, qualcosa che sembrava albergare nel suo corpo come un fantasma che andava e veniva.
«Izuku…io e te…-»
Furono interrotti da una piccola furia.
Izuku percepì per prima il suo urletto, quasi fosse una vittoria, poi, vide le sue manine, paffutelle e morbide.
Quelle braccia che avvolsero le ginocchia di Katsuki, strillando e saltellando.
L'omega restò immobile, osservando quell'esserino saltellare e sollevare gli occhi rossi su Bakugo.
Una cascata di riccioli castani gli ricopriva la testa, un nasino all'insù e pochi dentini che figuravano dalla sua bocca carnosa.
«Siio!» strillò.
Katsuki sorrise, un sorriso gentile, felino. Nascose subito quel suo gesto, prendendo in braccio il bambino.
Era poco più basso delle sue ginocchia, ma abbastanza paffuto.
«Dov'è tuo padre, bombetta?».
Neanche il tempo di finire la frase, che Kirishima si fiondò nella stanza, correndo dal bambino.
«Oh ragazzi, scusate» ansimò, chinandosi sulle ginocchia per riprendere fiato. «È una piccola peste, non sono riuscito ad acchiapparlo in tempo!»
Il bambino gettò un risolino, stringendo le braccia attorno al collo del biondo, come se avesse appena vinto una gara importantissima.
«Sto con sio!» ridacchiò il bambino, entusiasta, gli avvolse i piccoli palmi attorno al collo, Katsuki bonficchiò qualcosa sui marmocchi e sulle loro maledette manine.
«Scusa Bakubro, è letteralmente una saetta quando ti vede, lo sai» asserì Eijrou, passandosi un palmo dietro la nuca.
«Lascialo stare» biascicò Katsuki, stringendo il piccolo a sé.
Il piccolo sorrise, poi si volse a guardare Izuku. Il verdino, ricambiò lo sguardo, finché il bambino non si chinò a parlare con il padre.
«Chi è quel sinore?» gli sentì chiedere. Il padre arrangiò un sorriso, guardando Bakugo.
Il biondo sbuffò, roteando gli occhi al cielo.
«È Deku» spiegò come se il bambino potesse sapere già tutto.
«Deku» ripeté il bambino, saltellando in braccio al biondo. Sembrava tutto contento di poter essere lì, il sorrisetto furbo sulle sue labbra somigliava molto poco a quello del padre, c'era qualcosa di più sornione in quella smorfia.
«Hah?» Katsuki corrugò le sopracciglia. «Dove vuoi andare?»
Il bambino si chinò, sussurrando qualcosa all'orecchio di Katsuki. L'alpha aggrottò la fronte, poi annuì.
Lo fece scendere e il piccolo guardò il padre, aspettando un muto consenso, Eijrou annuì, sorridendo.
Izuku osservò il bambino avvicinarsi, irrigidendosi.
«Io sono Nathan» si presentò, allungando la mano. Izuku lo guardò smarrito; non aveva mai conosciuto un bambino, però lui, sembrava davvero intelligente.
Gli afferrò la manina, sotto lo sguardo degli altri due e ribatté.
«Io sono Deku.»
«Sei un omega?» chiese il bambino, inclinando la testa.
«Uh, si» mormorò Izuku.
Il bambino sorrise.
«Anch'io!» esclamò felice. Il verdino non poté che osservarlo, studiando il suo sorriso. Voleva che anche suo figlio fosse così felice, che anche il suo bambino potesse dire con leggerezza di essere un omega o un alpha o un beta.
«Puoi prendermi?» domandò il piccolo, sollevando le braccia.
Izuku s'immobilizzò. Sollevò gli occhi su Kirishima, titubante.
«Non c'è problema» sancì.
Izuku si fece coraggio e allungò le braccia, fece per avvolgergliele contro quando sentì un improvvisa debolezza afflosciargli i muscoli.
Fece appena in tempo a guardare Katsuki, il quale, scattò in avanti, sorreggendolo.
Chiuse gli occhi, sentendo il cuore battere forte.
«Ssh, va tutto bene, Izuku.»
Il suo profumo dolce gli intorpidí le narici e suoi sensi si fecero più deboli.
«Papà, che cos'ha Deku?» sentì chiedere a Nathan.
«Sono solo stanco, scusa Nathan» mormorò Izuku.
Prima di chiudere gli occhi sentì una manina paffuta avvolgere la sua.
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