45. Cor Cordium
«Dominic tesoro, sono a casa!»
Poggiò le chiavi sul mobiletto dell'ingresso, chiamando a gran voce il suo ragazzo. Non ottenne risposta, perciò, si sfilò le scarpe con un gesto veloce e salì i pochi gradini che lo separavano dal corridoio. Attraversò la casa in punta di piedi, evitando di svegliare il cagnolone appisolato accanto all'entrata, al quale, aveva già baciato il muso con dolcezza.
«Dominic?» chiamò ancora, attraversando la cucina. Lì, tra il bancone e la penisola - dove di solito sostava Dominic, - col grembiule a fiori, sporco di salsa pomodoro.
Sbirciò attentamente, allungando lo sguardo e assottigliando le palpebre. Sorvolò sui mestoli di legno, sui bei cristalli messi a scolare sul lato destro del lavabo, sulla cesta di frutta posta sul tavolino. Nessuno, non c'era nessuno.
Aggrottò la fronte, spegnendo l'interruttore della luce e si voltò, raggiungendo a passi svelti le scale che portavano al secondo piano.
«Dominic? Domi, ma dove sei?» chiese al nulla della casa. I muri gli risposero con un lungo silenzio saggio. Titubante, si ritrovò dinanzi alla camera da letto, non sapendo neppure come ci era arrivato; dubitava che il suo ragazzo stesse dormendo, visto quanto odiasse farlo e poi, non era affatto l'ora di andare a letto.
Quasi come se qualcuno di invisibile avesse ascoltato i suoi pensieri, si ritrovò Dominic davanti agli occhi, seduto sul pavimento della camera, scalzo e con indosso solo la sua felpa aranciata. Di fronte alla massa riccioluta che erano i suoi capelli, c'erano un marasma di fogli spessi, tutti pitturati, tutti disegnati. E un barattolo di acquerelli, con un pennello e una tela semidipinta.
Dominic pareva non averlo neppure sentito e mentre si avvicinava a passi lenti, con un sorriso rassicurato sul viso, Katsuki capì il perché. Dominic aveva alle orecchie le sue adorate cuffiette mp3, con la tanto adorata musica classica. In una fase zen, di totale ispirazione, o forse, come gli capitava sempre più spesso, tristezza.
Katsuki si palesò con inerzia, evitando di spaventarlo mostrandosi all'improvviso.
Il suo ragazzo, sollevò gli occhi verdi su di lui, un piccolo sorriso arcobaleno gli dipinse i tratti efebici.
Il modo in cui i riccioli gli ballarono sulla fronte parve una dolce ninna nanna che Katsuki non si stufava mai di ascoltare; da quando lo aveva conosciuto, da quando Dominic gli aveva salvato la vita con i suoi sorrisi rosa e gli occhi brillanti di sogni.
«Ciao, amore.» mormorò, la voce roca, come se non la utilizzasse da un po'.
Si piegò sulle ginocchia e gli lasciò un dolce bacio sulle labbra rosse come ciliegie. Dominic, sorpreso batté le ciglia creando ombre senza confini sui suoi zigomi chiarissimi.
«E questo a cosa lo devo?» chiese, corrucciando la fronte in una smorfia sorpresa.
Katsuki si lasciò sfuggire un risolino che mascherò immediatamente con un colpo di tosse. L'omega, che se n'era senza dubbio accorto, camuffò un ghigno compiaciuto. Nessuno, oltre quel piccolo ragazzino dagli occhi più verdi della Primavera, era mai riuscito a farlo avvampare.
«Sono felice di vederti, ecco cosa.»
«Uh davvero? Perché non mi hai chiamato?» chiese, sfilandosi gli auricolari dalle orecchie, attorcigliò il filo e le ripose accanto a un dipinto rosso.
Katsuki si sedette accanto a lui.
«Ma io ti ho chiamato.» asserì, guardandolo. «Ma sono certo che fossi perso nel tuo paese delle meraviglie, vero?»
Dominic mise su un lieve broncio, gli prese la mano tra le sue e guardò altrove. L'alpha notò chiazze colorate su tutti i suoi zigomi e sul naso che, illuminati dalla debole luce della sera parevano ancora più evidenti, come tratti evidenziati da uno studente laborioso.
«Hai pianto?»
Ci mise troppo a rispondere, esitando, tirò su col naso e continuò a scrutare qualcosa oltre la finestra. Katsuki, gli prese il mento con due dita e lo costrinse a voltarsi verso di sé.
«Hai pianto, Domi?» ripeté.
Stavolta, Dominic annuì.
I suoi bei occhi verdi si riempirono di lacrime vitree e mentre Katsuki realizzava che vederlo in quello stato gli avrebbe sempre spezzato il cuore, l'altro si nascose col viso nell'incavo tra collo e spalla. Mugolò qualcosa, strozzò un nascente singhiozzo e lo abbracciò più forte a sé.
«Che succede, tesoro?» si ritrovò a soffiare, percependo il cuore frantumarsi in miliardi di pezzi ad ogni suo gemito di dolore. Non sapendo bene cosa fare con le mani, gliele posò delicatamente sulla schiena, accarezzandolo con flemma, come proprio lui gli aveva insegnato a fare.
Dominic gli aveva insegnato come essere gentile, come respirare se i demoni ti privavano dell'ossigeno, come tenersi al bordo del precipizio
A cadere in piedi come i gatti, a fare l'amore e non solo sesso. C'era una bella differenza tra le due, ma l'aveva capito solo quando Dominic gli aveva sorriso per la prima volta, con quella curva dolce che avrebbe potuto far mettere il Cielo in ginocchio.
«N-non è nulla...»
«Non è vero, altrimenti non piangeresti. Che succede? Sono stato troppo... rude la notte scorsa? Ti ho fatto male?» chiese, la voce affondata dalla preoccupazione che aveva preso ad estendersi come un tarlo nel suo animo, perché, nonostante fossero ormai due anni che vivevano insieme, la paura di fare qualcosa di sbagliato, di fare del male a Dominic, al suo Domi, restava sempre.
Perché non era mai stato capace ad essere delicato, non gli usciva naturale chiedere e mormorare. Lui, era molto più un tipo da ordini ed urla, ma per Dominic Fernandez avrebbe fatto qualsiasi cosa, perfino abbassare la voce e supplicare per un po' d'amore.
Perché, era stato Dominic a riportarlo a galla quando tutto stava provando ad ucciderlo, quando ogni cosa gli si stringeva alla gola e gli bucava i polmoni, riempendoli di dolore e pianti inespressi.
«No! No, non è affatto questo.» biascicò l'omega, staccandosi lentamente dalla sua spalla. Non lo guardava in viso, teneva gli occhi bassi, fissi su un punto imprecisato del pavimento di legno.
«E allora di cosa si tratta?»
Dominic esitò.
Pareva non voler rispondere a quella domanda, Katsuki lo aveva capito dal primo momento in cui aveva visto i suoi occhi quella sera, ma per una volta voleva insistere. Non tanto per la risposta, quanto più che altro per la motivazione dietro a tutto ciò. Perché Dominic quelle sere piangeva sempre, perché erano sempre di più le notti, nelle quali si svegliava e lo trovava intento a fissare il soffitto, amorfo, solo e distante. E lui ne era spaventato, perché non solo non sapeva come gestire quelle reazioni, ma anche perché non era mai stato bravo a leggere le persone.
«Dominic, se è per qualcosa che ho fatto-»
«No. Non sei tu, Katsuki-san. Non c'entri affatto, amore. Si tratta di tutt'altra cosa, ma io... non ne voglio parlare.»
«Dominic.»
Katsuki sospirò, lasciandosi sfuggire una nota di stanchezza; erano varie notti che non riusciva a prendere sonno, si girava e rigirava nel letto finché Dominic non gli stringeva le braccia attorno al petto e lo cullava, fino a fargli chiudere gli occhi.
«Katsuki... non posso. Non posso pensare a cosa verrà dopo.» Si arrese il ragazzo, mormorando quelle parole a denti stretti. «Non riesco a pensare a quello che verrà dopo, a cosa e chi dovremmo scegliere, a quanto dovremmo amarci per superare i problemi. Queste notti mi sono fermato a pensare. A noi, al mondo, a dopo. Ho pensato e pensato, finché non mi è venuto mal di testa e ho dovuto smettere.»
Katsuki gli lasciò un'impacciata carezza sulla guancia, raccogliendo col grosso pollice il tracciato di una lacrima solitaria.
«E a che cosa hai pensato?»
Lo sguardo di Dominic si perse fra le ombre della camera.
«Ho pensato a cosa accadrà dopo. Al futuro, nostro e non.»
Il futuro.
Quella parola spaventava Katsuki più di quanto ci tenesse ad ammettere. Non sapeva perché, ma non appena provava a pensare a cosa sarebbe potuto accadere dopo, il suo cervello iniziava a sovrastimolarsi. Impazziva, prendeva a macchinare e macchinare, finché, non gli usciva il fumo dalle orecchie e il sangue dal naso.
«Che succede, Domi? Non vuoi stare più con me?» biascicò.
Dominic scosse la testa.
«No. Non è questo.»
«E cosa allora?»
L'omega si lasciò sfuggire un sospiro, il quale, si perse tra il silenzio teso della stanza. Poi, allungò i palmi e gli prese il viso tra le sue dita affusolate.
«Se mai un giorno io dovessi ritrovarmi a scegliere, io sceglierei sempre ciò che ti farebbe felice, Katsuki-san. Io non ti costringerò mai ad amarmi se questo volesse dire, vedere il tuo cuore a pezzi.»
Nei suoi occhi verdi, Katsuki ci lesse la verità. La conferma che l'amore di Dominic era ciò di più vero e radicale che avesse mai provato.
E gli fece male. Sapere che qualcuno come Domi riuscisse a soffrire in quel modo pur di amarlo.
Scegliere lui, sempre.
Non fu capace di reagire.
Sorrise, uno di quei ghigni tremolanti e ricambiò la carezza. Mentre deglutiva, l'interrogativo gli rimase sospeso in gola; lui, invece, avrebbe scelto Dominic?
🥀
Izuku non voleva cadere.
A questo pensava, mentre sospeso su un cassonnetto di acido cloridrico, scalciava e tremava, con la morte proprio sotto i piedi.
Fukushūki li aveva imbrogliati ancora.
Lo aveva capito, quando uscendo dall'edificio aveva chiamato le guardie a granvoce e aveva fatto notare a Dominic che se solo fosse stato un pizzico più furbo, meno sentimentalista, il suo piano sarebbe riuscito alla perfezione.
Ma Dominic non c'era riuscito.
Non solo aveva tentennato, ma si era anche volto a guardare Izuku e nel suo sguardo, c'era scritta tutta la verità. Era bastata un'occhiata fugace, come quella di un condannato a morte con il proprio esecutore, a tradirli.
Fukushūki aveva capito.
Quell'alpha, era il diavolo vestito da essere umano, e Izuku aveva tremato.
Lo aveva visto sogghignare, tutto compiaciuto di essere riuscito a risolvere quell'enigma. Di essere riuscito a ferirli dall'interno.
Non si erano ribellati quando le guardie avevano preso a legarli. Fukushūki era stato troppo bravo a studiare i loro punti deboli per permettere loro di rifiutarsi di eseguire ai suoi ordini. Era bastato che nominasse Katsuki, Shura e inaspettatamente, il padre di Dominic.
Izuku non lo aveva mai visto quell'uomo, ma aveva capito che doveva essere stato particolarmente importante per l'altro omega, perché quello si era immobilizzato non appena aveva sentito l'alpha pronunciare il suo nome, con quella voce cattiva e provocatoria.
Izuku aveva realizzato di essersi aggrappato a delle realtà immaginarie. Fantasie, ecco cos'era il loro piano.
Un labirinto ben arredato di sogni ad occhi aperti e speranze. Sarebbe stato decisamente meglio se uno di loro due si fosse piegato, in ginocchio, e avesse iniziato a pregare il cielo. Almeno così, le aspettative di vita sarebbero state più alte.
Ma il piano, ormai, lo avevano seguito.
Certo, erano finiti legati a una fune, su dei bidoni di acido cloridrico che friggeva sotto i loro piedi come un pentolone di acqua bollente, ma avevano comunque avuto una scelta.
Una scelta che Izuku non faceva che rimpiangere, con gli occhi lucidi e le mani violacee.
Shura era un chiodo fisso nella sua testa, così come le preghiere per la vita del suo bambino, la supplica di salvare almeno lui. Si era quasi arreso, alla fine, perché era stanco. Molto stanco.
Poi, era arrivato Katsuki.
Lo aveva visto in lontananza e qualcosa gli era scivolato dalla gola sino allo stomaco. Una sensazione di calore che si era disciolta nel suo sangue come una vitamina nelle vene, e si era sentito di nuovo vivo. Vivo, nervoso, impaurito, gioioso di vedere a pochi metri da sé, il suo Kacchan.
La situazione però, aveva iniziato a complicarsi.
Fukushūki aveva fatto la sua comparsa, come un prestigiatore che aspettava il suo turno. Era apparso da dietro un cespuglio, tutto ghignante, strafottente.
Dominic gli aveva sussurrato qualcosa che lui non aveva sentito, troppo impegnato a scrutare ogni singola reazione del volto di Katsuki per pensare alle parole che uscivano dalle labbra dell'altro compagno.
Piano piano, tutto aveva iniziato ad andare a rotoli. A partire dalla risata di Fukushūki, alla quale, era seguita la discesa della fune che li teneva sospesi sui bidoni di acido.
Sempre più vicini alla morte.
Gli sembrava di vederla in viso.
La morte nera, con i suoi occhi spenti e la labbra cadenti, sembrava chiamarlo con le mani protese in avanti a ghermirlo tra le braccia. “Vieni da me” sembrava sussurrargli, “abbandonati al tuo destino."
Ma Izuku non voleva.
Prese a dimenarsi, scalciò, spinse i piedi verso l'alto e urlò il nome di Katsuki.
Sotto di lui il bidone si faceva sempre più vicino, sempre più labile.
Non voleva finirci dentro, non voleva che tutto finisse in quel modo, aveva paura. Lo realizzò mentre cercava gli occhi rossi di Katsuki, i quali, terrorizzati lo guardavano cadere sempre più in basso.
Al contrario suo, Dominic non aveva aperto bocca.
Fissava il vuoto dinanzi a sé, gli occhi smorzati di tutto, le labbra chiuse. Non sembrava impaurito, solo affranto, come se quello non rientrasse nei suoi piani e la morte non fosse altro che un imprevisto da evitare.
Avrebbe voluto avere la stessa convinzione. Dominic era sempre stato così diverso da lui che si chiese, - stupidamente, con i pensieri che avevano la meglio sulla ragione - cosa Katsuki avesse trovato in lui dopo che era stato con Dominic. L'omega dagli occhi verdi era così diverso, così impeccabile da rammendare una bella bambola.
Una di quelle bambole che Izuku desiderava tanto avere da bambino.
Non si somigliavano per nulla.
E Katsuki doveva averlo realizzato, pensò. Doveva aver capito che i due prodotti erano completamente opposti, due figurine che non coincidevano. Cosa ci avrebbe fatto ora?
Izuku non ne aveva idea.
Stava naufragando nella paura, nelle ansie, nel dolore. Non riusciva a venirne a capo, tutto lo spaventava, tutto lo turbava. E la paura, gli stava mangiando lo stomaco come un tarlo.
Con quei pensieri che gli affollavano la mente, si ritrovò sempre più vicino al liquido rovente. I piedi scalciavano per stare su, per non bruciarsi con quella composizione chimica, ma non poteva poi molto. Sarebbe finito nel bidone, come un pollo nel tegame.
Inutile tremare, inutile piangere, strillare. Tanto valeva essere coraggiosi, come Dominic.
Già, ma anche Dominic era sbiancato. Anche Dominic guardava impaurito il liquido sotto le sue scarpe. Perfino Dominic cercava di trovare un modo per rimandare il suo appuntamento con la morte.
«Avanti, Katsuki! Avanti! Scegli, non abbiamo mica tutto il giorno!»
La voce starnazzante di Fukushūki riempì i suoi timpani. La sua risata beffarda rieccheggiò nel silenzio del giardino, i tronchi vuoti la incorporarono. Izuku la sentì trapassargli le ossa, assieme al suo sorriso sadico.
Kacchan… Provò a strillare, ma dalla sua bocca non uscì nulla.
Il cambiamento d'aria lo avvertì di quello che stava accadendo. Il vento gli sferzò il viso, i ciuffi verde menta gli finirono sulla fronte, le mani si aggrapparono al vuoto mentre cadeva in picchiata.
La corda si era rotta.
Un secondo di troppo, nel quale, realizzò tutto quello che stava accadendo, tutto quello che sarebbero accaduto e quello che era stato. L'amore, Shura, suo fratello, la famiglia. Sarebbero state poche le cose importanti che lo avrebbero accompagnato nella morte, nulla di materiale, solo sentimenti e ricordi. Una specie di talismano che avrebbe mostrato ai cancelli dell'aldilà, quando i suoi occhi si sarebbero riaperti.
Non voleva morire, ma si preparò lo stesso.
Serrò le palpebre.
L'aria, feroce, gli graffiò il volto, le mani si chiusero su sé stesse, i riccioli gli finirono sulla faccia. Mille immagini, come una cascata di coriandoli, si abbatté sul suo sguardo.
Matthew, Shura, il ballo sotto il chiaro di luna con Katsuki, le risate, le mani intrecciate, Lucien, il profumo della casa nel bosco, Mina che gli sorrideva, le braccia di Katsuki che lo avvolgevano.
Nulla, nessuna di quelle sensazioni lo avrebbe più colto, la morte lo avrebbe provato di ogni cosa bella.
Solo, si rese conto mentre continuava a cadere, che quell'ultima sensazione era la più forte di tutte.
Le braccia di Katsuki attorno a sé.
Per quanto fosse bravo ad immaginare, lui la sentiva davvero quella presa, quell'immaginario che si stava lentamente facendo vivo.
E poi capì.
Nello stesso attimo, tutto si fermò. Il vento smise di graffiargli la pelle, la caduta smise di fargli tremare gli abiti, il calore sotto le suole delle sue scarpe, svanì. Per un po', non riuscì ad aprire gli occhi. Aspettò pazientemente di sentire l'acido bruciargli la pelle, arderlo vivo fino a corroderlo come un pezzo di cemento che si scioglie, aspettò di sentire il dolore invaderlo come sempre, forte e nauseabondo.
Ma non accade.
Tornando a respirare, realizzò che l'odore di resina era più forte di quello di carne bruciata. Così come il tatto delle sue mani, i suoi palmi che toccavano qualcosa di consistente, non vuoto e liquido. Un petto.
Un petto sodo che lo teneva avvinghiato, stretto stretto, tanto che gli sembrava di non respirare. Ma non era perché era immerso nell'acido.
«Kacchan…»
Stavolta la presa sul suo corpo si fece più lenta. Un tremore che lo avvolse più del battito impazzito che sentiva rieccheggiare sotto il suo orecchio. Un cuore vivo, un respiro profondo.
«Izuku, Izuku sono qui.»
La sua voce.
Avrebbe potuto riconoscerla tra mille, perfino con gli occhi accecati e le orecchie assordate, non avrebbe dubitato su chi fosse lui.
Katsuki.
Kacchan.
«Kacchan…» ripeté.
Gli tremò la voce, colta da uno spasmo che gli attraversò tutto il corpo.
«Sono io, tesoro. Apri gli occhi.»
E lo fece.
Tempestivo, perché stava morendo di paura e non voleva più guardare il buio. E Katsuki, era davanti a sé. Lo trovò riflesso nei suoi occhi rossi come il sangue, nei suoi tratti mascolini, nelle sue labbra schiuse, tremolanti; tutto di lui lo amava e lui amava tutto di quel viso.
Katsuki Bakugo lo aveva salvato.
Il suo Kacchan lo aveva salvato. Lo realizzò stretto tra le sue braccia, piangendo disperato, stringendolo più forte che poteva, perché non ci credeva ancora.
Ma era vivo.
La fune aveva ceduto e Katsuki si era lanciato in sua direzione, lo aveva preso al volo con il suo quirk attivato, i palmi ancora sudati, lo aveva afferrato e lo aveva tratto a sé. Perché aveva scelto, perché lo aveva portato in salvo, ma…
Ma questo significava che… Dominic.
Il pensiero lo colpì come una spada.
Ne restò trafitto e proprio nello stesso istante, sollevò gli occhi. Sotto il suo sguardo sgranato, vide il corpo dell'omega scivolare nel bidone, tutto insieme, come se fosse stata una piscina e non una cisterna di morte liquida.
Katsuki strillò.
Lo sentì vagamente.
Nel suo cuore infuriava tempesta, un terremoto che lo fece cadere in ginocchio, proteso sul terreno duro che lo rese e ferì.
Dominic era caduto nell'acido.
Leggero e morbido come una bambola di pezza, schiacciata nel liquido rovente.
Non aveva neanche urlato.
Sorrideva.
Ricordava di aver visto il suo sorriso stendersi sulle labbra e una lacrima sottile diramarsi sulle sue guance di porcellana, assieme al vuoto che lo rapiva.
E non riusciva a crederci. Non riusciva a credere a quello che i suoi occhi palesevano, a quello che il suo cervello stava cercando di spiegargli.
Dominic era morto.
🥀
Katsuki lo vide scivolare nel vuoto come una foglia col vento.
Volato via.
Non riuscì a trattenersi.
Il suo intero corpo si spezzò nello scrutare quell'immagine, la voce gli uscì direttamente dallo stomaco, graffiante e disperata come il pianto di un neonato.
Gli ruppe le vene con il suo timbro forte, il singhiozzo che gli frammentò l'anima a centomila pezzi, risuonò come un lamento della terra nell'aria.
Poi, Izuku lo rimise insieme.
La consapevolezza di averlo salvato lo riempì come un fiume in piena. Lo abbracciò così stretto che temette di romperlo, e strillò. Strillò tutto il suo dolore sulla spalla di lui, distrutto.
Dominic non c'era più.
Un pensiero che lo tagliuzzò a pezzettini piccoli come un soffritto di verdure, minuscoli frammenti di vetro che gli tagliarono l'anima e la sparsero nel vento.
Perché lui lo amava quel ragazzo.
Amava di Dominic ogni cosa.
Izuku era lì, Izuku era vivo, pulsante e impaurito tra le sue braccia, ma Dominic col suo bel sorriso stanco e gli occhi speranzosi, no.
Morì dentro.
In un secondo, la risata di Fukushūki si fece largo nell'aria, sino ai suoi timpani.
Non resistette.
Non appena l'udì, scattò in avanti.
Qualcuno gli urlò di fermarsi, la voce di Kirishima probabilmente mentre gli correva dietro e provava a tirarlo via, senza alcun successo.
Katsuki era una furia.
Cieco, sordo, a qualunque altro stimolo esterno. Contava solo uccidere, distruggere il ghigno strafottente di Fukushūki, quel mostro che gli aveva rovinato la vita e aveva strappato Dominic al loro bambino e al suo cuore.
«Katsuki, no..!»
Ignorò perfino il richiamo di Izuku, diretto verso quel bastardo, con gli occhi iniettati di sangue e le mani tremanti strette in pugni duri.
«Ti ammazzo! Ti ammazzo!» ringhiò, il tono forte come un ruggito della terra.
Fukushūki lo invitò a raggiungerlo, ghignando spudoratamente.
Quasi non riusciva a vedere dove metteva i piedi per quanto era incazzato, distrutto.
Il cuore non ce l'aveva più, ormai.
Lo aveva portato con sé Dominic, perso in chissà quale aldilà.
Poi però, tutto si fermò.
Poco prima che riuscisse a raggiungere il volto balordo di Fukushūki, il mondo ruotò. La terra sotto i suoi piedi tremò, il cielo roteò verso il basso, la gravità scomparve.
E tutto variò.
Come se Fukushūki avesse avuto tra le mani un righello con il quale capovolgere tutto e rimettere da capo. Come in un maledetto film, tutto ricominciò.
Di nuovo, due funi.
Dominic e Izuku.
Nel vederli di nuovo, entrambi, vivi e impauriti, il suo cuore tornò. Lo sentì farsi largo nel suo cuore a bracciate ampie, spostare le costole e riprendere il suo posto nel petto. Ma, riavere il cuore bastò solo a farlo sentire peggio.
Addolorato e terrorizzato come lo era stato pochi secondi prima.
Perché la scelta si stava ripetendo e la voce di Fukushūki non smetteva di riecheggiare nel vuoto. Davanti a sé solo Dominic e Izuku, entrambi sospesi sull'acido, entrambi che lo guardavano di nuovo, aspettando che fosse lui a decretare chi dovesse vivere e chi no.
«No, no, no!» strillò.
Come risposta ebbe solo un'altra risata. Un'agghiacciante risata balorda che gli raschiò le vene e gli conficcò le unghie nel petto, perforandolo.
«Scegli, Katsuki. Scegli di nuovo.»
🥀
Uriel osservò la scena sotto i suoi occhi, chiedendosi dove e quando, agire.
Il piano.
Un piano che aveva quasi scordato quando si era trovato davanti quella scena. Dominic.
Dominic che aveva preso il suo cuore in mano e lo accarezzava. Dominic legato ad una fune, sospeso nel vuoto.
Uriel avrebbe voluto avere più coraggio.
Spingersi in avanti e uccidere Fukushūki con le sue stesse mani, strappargli dalla faccia quel ghigno strafottente che aveva sulla bocca da quando lo aveva visto.
Sfregiarlo solo per fargli provare ciò che lui aveva causato a Dominic.
Ma non poteva.
Non riusciva a muovere un muscolo, neppure a sollevare un dito.
Se ne stava immobile, a fissare Dominic cadere sempre più vicino al vuoto e Katsuki strillare di dolore, ma non capiva.
L'urlo di Katsuki era disumano.
Come se gli avessero strappato la pelle di dosso, tutta in un colpo. Come se gli avessero estratto il sangue e lasciato ad essicare il cadavere.
Come se gli avessero strappato il cuore.
E realizzò.
Lento come sempre, perché il suo cervello si rifiutava di crederci, perché non voleva affatto crederci.
Fukushūki.
Un altro dei trucchi di Fukushūki.
Infine, lo vide.
Lo sguardo che gli rivolse quel bastardo, il sussurro gelido che risuonò contro i suoi timpani.
«Morirà. Uno di loro due, morirà.»
Proprio allora sollevò lo sguardo in avanti, terrorizzato da quello che iniziava a capire.
«No! Non può… no!»
Non aspettò di vedere gli altri correre in avanti. Lo fece per primo. Mosse i suoi passi furiosamente, con le gambe che non lo reggeva quasi più e il cuore che scalpitava per uscire da lì.
Claustrofobico nel suo stesso petto.
Veloce, perché non poteva lasciare che Dominic cadesse, perché si sarebbe strappato le ossa pur di non vederlo morire davanti ai suoi occhi, senza che lui potesse fare nulla.
Corse e corse fino a svuotarsi i polmoni, ma poco prima che raggiunse il corpo sospeso di Dominic, la sua voce lo colpì.
I suoi occhi verdi gli parvero fatti di luce mentre li inchiodava nei suoi.
«Il piano, Uriel! Attieni al piano!».
E poi, Dominic cadde.
🥀
Fukushūki osservò la scena svolgersi sotto i suoi occhi, senza capire cosa significassero le parole di Dominic e il suo sorrisetto, mentre l'acido lo ingoiava.
Il suo maledetto sorriso.
Perché uno avrebbe dovuto sorridere sul letto di morte? Perché sapeva di non essere alla fine, ecco perché.
Il pensiero lo colpì all'improvviso, inducendolo a voltarsi di scatto e osservare incredulo il corpo di Dominic cadere in piedi, contro l'erba ruvida del prato. Intatto.
Ma nessuno, tra quei presenti, si era mosso.
Era impossibile.
Impossibile che avessero capito del suo quirk, dell'illusione che aveva causato a Katsuki quando gli aveva mostrato la morte di Dominic, mettendolo fuorigioco per il tempo necessario affinché il suo piano potesse procedere, eppure, Dominic era vivo.
Sano e salvo, sotto i suoi stessi occhi.
Lo osservò rimettersi in piedi e ghignare beffardo contro di lui. Poi, la scossa lo percorse da capo a piedi.
Una mano lo stava afferrando con forza. Una presa che gli impediva di muoversi e continuare a tenere attivo il suo quirk, una mano che disattivava il suo potere e un'altra che lo annientava fisicamente.
Perché, non si sentiva quasi più i muscoli e le forze non c'erano.
Nel voltarsi, si rese conto di essere stato troppo cieco, troppo stupido.
Era caduto nella sua stessa trappola.
Lucien ed Aizawa lo tenevano fermo con i loro poteri, il primo assorbendo da sé ogni singolo frammento di emozione, l'altro privandolo del suo potere.
«No! Non può essere! Non può…» strillò, senza fiato.
Izuku, il passo malfermo si avvicinò a lui. Sul suo viso pallido, figurava un sorriso vittorioso.
«Non ti piace questo piano, Fukushūki caro?» lo sbeffeggiò, il tono fintamente mieloso. Una parodia di quello che lui stesso aveva usato contro quell'omega.
«No! Lasciatemi! Lasciatemi, vi dimostrerò che state sbagliando! Vi ucciderò a mani nude..!»
Nessuno dei presenti gli diede credito. Izuku si fece ancora più vicino, fino quasi a sfiorare le sue labbra con le proprie.
«Non ti avevo promesso o no che te l'avrei fatta pagare?» sibilò.
Fukushūki provò inutilmente a liberarsi.
Izuku lo guardò, ghignante, gli occhi socchiusi, fermi su quel volto sfregiato. Mentre si muoveva e godeva quella vista, Dominic li raggiunse. Affiancò il ragazzo e fronteggiò Fukushūki.
«Come va, tesoruccio?» mormorò.
Un altro sbeffeggiamento al quale, Fukushūki avrebbe voluto reagire violentemente.
«Vi ammazzo!»
«Sisi, come no.» Stavolta, era stata la voce di Katsuki a parlare, il suo volto chiaro fece capolino nella sua visuale. «Ciao, Fukushūki. Come ti è sembrata la mia recitazione?»
«Bastardo! Bastardo schifoso! Tu sapevi che io…»
«Certo che lo sapevamo.» tagliò corto Dominic, il volto che si faceva serio, disgustato. «Sapevamo fin dall'inizio che tu, brutto parassita che non sei altro, avresti fatto in modo di imbrogliare, che col cazzo che avresti rispettato l'accordo che ti avremmo proposto. Perciò, abbiamo provveduto da soli.»
«No! Come può essere possibile?! Voi dovevate morire nelle visioni, e poi… poi io vi avrei portati con me. Izuku tu saresti stato mio per sempre!» ringhiò, sputacchiando un po' di saliva in preda alla rabbia e alla sconfitta.
Fu il turno di Izuku di sorridere.
«Fukushūki caro, rifletti su ciò che hai commesso. Per un bel po'.»
Nel sentire quelle parole l'alpha sollevò il viso, non riuscendo a capire. Dinanzi a sé, comparve un'altra figura, una più bassa, più incurvata.
Una lunga barba bianca, una tunica blu e un paio di occhialetti a mezza luna.
La realizzazione fu istantanea.
Un mago.
Quei bastardi, avevano chiamato un mago.
E mentre lui sbiancava, spaventato a morte da quello che sapeva e aveva capito stesse per succedere, i due omega sorrisero.
«Le cose stanno per cambiare, caro Fukushūki.»
🥀
Spazio autrice:
Siamo quasi alla fine! Mi scuso, come sempre, per il tanto ritardo, ma con la scuola e i vari impegni di questo periodo ho avuto pochissimo tempo per dedicarmi al capitolo, specialmente come avrei voluto.
Ci sono andata leggera, visto come doveva essere inizialmente il capitolo (molto più tragico hahahah), perciò che ne dite? Cosa pensate di quello che è accaduto? E del quirk di Fukushūki?
Immagino che i dubbi siano tanti, ma nel prossimo capitolo verranno dissipati uno ad uno.
Ci tenevo a dirvi che mancano veramente, due/tre capitoli e IMÈC volgerà al termine... ma, non disperate!
Perché, come avevo già annunciato, questa fanfiction avrà un seguito!
Molto presto ve ne parlerò meglio e spero che vi farà piacere seguirla, come avete seguito questa❤️
Grazie di essere arrivati fin qui🧡
Alla prossima,
-Lilla
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