39. Tante parole, troppo dolore

«Lucien, dobbiamo parlare.»

Aizawa lo inseguì lungo il corridoio, cercando di afferrargli il polso, senza successo. Camminava veloce, ma non quanto il suo omega.

Sembrava così arrabbiato e distratto da non volerlo neppure guardare in viso. Le spalle protese in avanti e il respiro trattenuto come quando non voleva far capire come stava.

Aizawa non capiva perché aveva reagito in quel modo, non capiva proprio perché ce l'avesse con lui.
Non aveva detto nulla di falso, solo la verità. Forse lo aveva detto in modo troppo crudo?

«Lucien per favore!» lo pregò, per poi svoltare dietro di lui, attraverso il marasma di porte e tappeti.

«Lasciami in pace, Aizawa!» gli gridò lui, poco prima di aprire una porta e prima che Shota potesse fare qualunque cosa, sbattergliela in viso. «E va' al diavolo!» gli sentì urlare attraverso il legno, mentre faceva scattare la chiave nella serratura.

Di tutta risposta lui si lasciò cadere sulle ginocchia, a terra, la schiena contro quello stesso legno, sospirando.

Intrappolò la testa tra le braccia e la pose contro le ginocchia.

Era successo tutto a quella riunione, lo aveva visto sbarrare gli occhi come se avesse avuto di fronte un fantasma e ascoltare le sue parole con una smorfia sofferente nei suoi bei tratti efebici.

Non credeva di aver sbagliato, o forse era stato così?

🍪

«Dominic cazzo, sai che non era questo che intendevo!» gli fece notare, il tono frustato.

L'omega lo guardò male, quella smorfia di disgusto mischiata al dolore che sapeva tramutare i suoi tratti in parole. Quelle che gli uscivano dalla bocca come veleno sputato contro un viso.

Lo vide incrociare le braccia al petto, quel petto troppo magro rispetto a quanto sarebbe dovuto esserlo. Le gambe ancora deboli lo reggevano appena in piedi, anche se erano passati solo pochi giorni dall'intervento e sarebbe dovuto stare allungato, o quantomeno in sedia a rotelle. Tuttavia, Katsuki lo conosceva fin troppo bene, e sapeva che mai e poi mai si sarebbe mostrato tanto debole, specie in pubblico.

«E che cazzo intendevi, Katsuki?» biascicò lui, scandendo il suo nome a sillabe. La lingua che schioccava contro il palato per separare per bene ogni parola.

Lo vide farsi più torvo, le sopracciglia finemente curate aggrottate. Nel vederlo così, Katsuki avrebbe voluto passargli i polpastrelli sulla fronte e distendere quella ruga.

Con un solo tocco.

Come faceva un tempo, quando bastavano le sue dita a sciogliere la tensione a fargli tornare il sorriso in volto. Come quando tornava da lavoro e lui gli massaggiava le spalle e gli baciava la fronte e la nuca, fino a farlo rilassare.

«Intedevo un'altra cosa…» asserì, tirandosi irruentemente indietro le seriche ciocche, innervosito. «Sai che non mi sarei mai-»

«Che non ti saresti mai permesso di dire che la vita di Izuku è più importante della mia? Eh Katsuki, era questo che intendevi?» lo aveva interrotto facendosi più vicino, l'indice premuto contro il suo torace in segno accusatorio.

«Merda, Dominic!» imprecò il biondo con un mezzo gemito di fastidio.

Si tirò indietro solo per colpire il muro accanto al viso dell'altro, facendo tremare tutta la pallida parete. Un tonfo che fece rabbrividire la pelle dell'omega, inchiodato con le spalle contro il cemento, ma nulla mutò nel suo viso.

Era sempre così con Dominic, provava a farlo mostrare umano, provava a cacciargli fuori le emozioni col sangue stesso, ma Dominic prendeva i suoi gesti, prendeva il suo dolore, il suo male e se lo mangiava a bocconi pieni.

«Perché cazzo tra voi due deve sempre essere una fottuta sfida?! Perché non potete semplicemente-»

«Semplificarti la vita e diventare amici?» lo provocò Dominic, gli occhi verdi che sembravano istigarlo a fare qualcosa di totalmente irrazionale, la rabbia che dominava la paura.

Fu un attimo.
Uno scatto dove Katsuki si scagliò in avanti e parve volerlo colpire, la mano stesa a mezz'aria. Dominic chiuse gli occhi, non provando neppure a parare il colpo. Colpo che non arrivò.

Quando riaprì gli occhi, guardandolo con una punta di sorpresa, intravide la figura magrolina di Izuku ad inizio corridoio. I suoi occhi verde giada spalancati, i polsi sottili e i fianchi ancora ondulati nonostante tutto quello che aveva passato, come se fosse nato apposta per sedurre.

Li stava guardando, anzi, guardava Katsuki.

«Falla finita, cazzo! Finiscila di concludere le mie frasi!» sbraitò l'alpha, il tono trattenuto e qualcosa di represso nella gola. Come se non riuscisse a deglutire quel fastidio.

Fastidio che Dominic e la sua voce gli provocavano.

Nel vedere la sua reazione alla sola vicinanza di Izuku, ebbe la nausea. Un conato che gli risalì lungo l'esofago e gli fece contrarre la mascella assumendo una smorfia.

Una corona di spine che gli raschiava la gola ad ogni respiro.

«Ma certo» redarguì Dominic, storcendo le labbra rosse. «A te importa solo di un altro, oltre te stesso. E questo, non sono io.»

Inizialmente Bakugo non capì.
Alternò lo sguardo qua e là cercando qualcosa che gli facesse collegare le parole di Dominic ad un senso logico, poi vide Izuku. Fermo accanto all'arco dove iniziava il corridoio, con la vita così sottile da sembrare finta.

«Dominic…» mormorò, riportando lentamente lo sguardo in sua direzione. Voleva dire qualcosa di sensato, scusarsi per quello che stava per fare e

Quando volse del tutto la testa l'omega non c'era più.

🍪

«Sei stato coraggioso» ammise Denki, gli occhi chinati verso il pavimento.

Aveva sentito le guance scaldarsi terribilmente quando Kirishima lo aveva difeso a spada tratta davanti a tutti. Non si aspettava che l'alpha dai capelli rossi avrebbe reagito così.

A dirla tutta, non si aspettava proprio che Kirishima lo difendesse.

Non lo aveva mai fatto perché avrebbe dovuto farlo proprio allora? Tuttavia, non solo lo aveva aiutato, ma si era anche schierato dalla sua parte e fronteggiato qualunque opposizione Mina aveva tirato su.

«No, al contrario» bonficchiò Kirishima.

Denki che si stava ancora provando a sfilare le scarpe, smise di muovere le dita per districare i nastri e sollevò il viso, guardandolo confuso.

«Perché dici così?» chiese.

Eijrou borbottò qualcosa tra i denti prima di avvicinarsi. Prima che l'omega potesse fargli altre domande, lo vide chinarsi ai suoi piedi, un ginocchio poggiato sul pavimento e le mani che correvano ai lacci.

«Che fai-»

«Quello che avrei dovuto fare molto tempo fa.»

Denki portò nuovamente gli occhi alla sua altezza, un'espressione stranita in viso. Accigliò le bionde sopracciglia, in un'unica linea.

«Eijrou…»

«Ho sbagliato con Mina, Denks

Avrebbe voluto chiedergli in che modo avesse sbagliato, e che cosa intendesse con quello che stava dicendo, ma non ne ebbe modo. Kirishima finì di slacciargli le scarpe e prese a sfilargliela.

Per un attimo Kaminari non riuscì a parlare, fissò solo i gesti del ragazzo, incantato dalle sue mani forti e grosse. I suoi gesti delicati lo facevano sembrare un ossimoro vivente.

«Ti fanno male? Devi sostenere un doppio peso, ti fa male la schiena?» domandò il rosso, guardandolo con attenzione.

«I-io… no, non ho nulla, solo un po'-»

Senza aspettare altro, Kirishima prese a massaggiargli dolcemente le piante dei piedi, una per volta.

Al ché, Denki non poté che farsi sfuggire un sospiro sollevato. Si lasciò massaggiare la pelle e socchiuse gli occhi, beandosi di quel tocco quasi proibito.

Poi, Kirishima parlò, il tono dolce, premuroso. Il Kirishima che aveva conosciuto anni prima e per il quale aveva sempre avuto un debole.

«Eijrou...» soffiò il ragazzo, abbassando lo sguardo alla sua altezza.

Kirishima ancora intento a massaggiare, arrancò con lo sguardo sù. Direttamente nei suoi occhi.

«Ti faccio mal-»

Prima che potesse concludere la frase, le labbra di Denki erano già sulle sue. La sua pelle morbida, dolce, che sapeva di fiori e marsiglia.
Buono e piccolo come se lo ricordava.

Ricambiò quel tocco con tutta la premura possibile, addolcendo l'odore della stanza con i suoi feromoni più bassi, mescolando la lingua a quella dell'omega. Piano, assaggiando quella bocca che non conosceva più da un po'.

Eppure, gli sembrò di tornare a respirare su quei due lembi di carne, umidi e a momenti così bollenti da fargli venire i capogiri.

Redarguì lisce carezze sulla sua guancia, sulla nuca, tra i capelli. I polpastrelli duri che cercavano di non ferirlo e di andare piano. Lento e suadente come lo erano i battiti del suo cuore, il suono del respiro regolare di Denki. E il battito del suo bambino.

Lo sentiva nella pelle di Denki come se quel bacio fosse stato da tramite per quella vita. Per mostrargli che c'era davvero qualcuno lì dentro. Qualcuno che nelle vene aveva il loro stesso sangue mescolato e al quale avevano dato la vita loro due, loro due con un gesto che non sarebbe neppure dovuto esistere.

Ma allora perché gli batteva il cuore così? Perché gli sembrava di scoppiare di gioia solo quando Denki gli sorrideva così?

Perché, quando si separarono e con gli occhi vitrei e le labbra arrossate da quel tremulo bacio, Denki gli sorrise. Un sorriso così caldo da sciogliere il maledetto Antartide e le calotte polari.
E il dolore che gli rivestiva il cuore come un velo di cemento.

«Ricominceremo, ricominceremo e staremo bene. Te lo giuro.»

🍪

Qualche ora prima…

Seduti al tavolo, con le tazzine di caffè davanti e una mappa dell'intero edificio di casa di Fukushūki dinanzi, la riunione proseguiva.

Era iniziata da un po' in effetti.
Izuku non avrebbe saputo dire quanto, ma sapeva che doveva essere passato un po'. Lo sapeva perché il cielo dietro le tende, si era oscurato e i visi dei suoi compagni avevano iniziato a farsi più stanchi, meno pazienti.

Gli avevano permesso di partecipare a patto che - e Katsuki era stato rigoroso al riguardo - si comportasse bene e non si sforzasse troppo.
E ovviamente non avrebbe preso parte al piano.

Aveva provato a protestare, ma non aveva avuto abbastanza forze, né tantomeno, l'autorità necessaria a impartire un suo desiderio.

Non dopo quello che aveva fatto.

Le uniche volte in cui aveva potuto vedere Shura erano state quelle in cui Lucien era stato tanto compassionevole da portargli il bambino. Quelle volte Izuku era stato bene.

Si era preso cura del suo piccolo e aveva constatato con orrore i danni che gli aveva inferto. Lucien aveva tentato di rassicurarlo dicendo che, piano piano i segni delle ustioni sarebbero andate via, ma restava una macchia parecchio grande sulla mano destra. Quella non sarebbe andata via, la carne era stata logorata dall'interno, i tessuti intaccati e le piastrine potevano poco contro quell'attacco.

Un segno indelebile.
Un promemoria.

Ed ogni volta che Izuku lo guardava, si sentiva soffocare. Stretto da mani invisibili fino a toccare il cielo, privo d'ossigeno e di peso. Vuoto e sospeso.

«Seguiremo il piano.»

La voce di Katsuki lo riscosse dai suoi pensieri. Sollevò il viso, osservando i movimenti delle dita del biondo che indicavano ancora la mappa.

«Il tuo piano» gli fece notare Dominic, con una punta di sarcasmo nel tono.

Izuku lo aveva rivisto dopo due settimane. Due settimane che entrambi avevano passato chiusi in camera.

Lucien gli aveva detto che Dominic non aveva passato neppure un secondo senza stare accanto a suo figlio.
Il bambino suo e di Katsuki.
Lo stesso bambino che ancora lottava tra la vita e la morte, costretto in una culla di vetro.

Gli venne da pensare che se fosse stato al posto di Dominic, lui non sarebbe mai stato capace di restare così tranquillo, anzi.
Dominic sembrava inumano.
Il suo modo di sopravvivere al trauma somigliava a quello dei soldati in guerra o a quello di qualcuno che non aveva nulla da perdere.
Lo aveva studiato, lo aveva guardato. Dominic pareva stendersi sulla bomba e nascondere le ferite sotto il giubbotto, finché non finiva il sangue.

Era fin troppo bravo a non mostrare nulla.

Cos'ha di così simile a me? Pensò, mentre lo osservava.
Katsuki qualche tempo prima gli aveva detto che Dominic in un certo senso gli ricordava lui, ma Izuku non credeva affatto di avere qualcosa in comune con quell'omega.

Addirittura, tutte le cose buone che l'uno aveva fatto per l'altro sembravano essere passate in secondo piano da quando Dominic era tornato. Come se non lo volesse lì.

Sarebbe dovuto essere Izuku stesso ad andarsene; così aveva promesso a Dominic, così aveva promesso a sé stesso e a Dio.

E questo era ancora il suo obiettivo.

Avrebbe combattuto quella battaglia e sarebbe andato via. Lontano da quella compagnia, lontano da quella vita che lo aveva solo fatto patire.

E avrebbe dato a Shura tutto ciò di cui avrebbe avuto bisogno.

«Cosa c'è che non va nel mio piano, Dominic?» articolò Katsuki, scandendo una ad una le parole del nome dell'altro, come a sottolineare quella sottointesa minaccia.

Di tutta risposta l'omega fece schioccare la lingua sul palato, la fronte leggermente corrucciata.

«C'è che come al solito non calcoli le possibilità reali. C'è che non ti rendi conto che il tuo piano è tutto fuorché un piano. Non hai percezione del pericolo reale e pensi che circondare Fukushūki e sconfiggerlo con la forza bruta basterà, be' ti svelo un segreto Katsuki; se così fosse stato, lo avrei già fatto io stesso.» ribatté Dominic, inclinando la testa per osservarlo. Qualcosa traspariva dai suoi tratti aggrottati come se non fosse affatto quello il tono con il quale voleva dirlo.

Sembrava voler urlare, ma riusciva a trattenersi con una forza di volontà invidiabile.

«Dominic» Katsuki socchiuse gli occhi, cercando di placare il suo di tono. «Non penso che tu sia nelle condizioni di intervenire.»

All'omega sfuggì una risatina isterica. Un suono raschiato che fece tremare le pareti gelide della stanza.

Pareva non volare neppure una mosca mentre Katsuki e Dominic si smorzavano l'entusiasmo l'un l'altro con secchiate di veleno.

«E perché non dovrei parlare? Perché io appena partorito? Perché hai bisogno che stia a casa a fare il bravo? Eh Katsuki?»

«Dominic…»

«Dominic un cazzo!» lo vide farsi più acuto, la voce sibilante a tratti inasprita. «Non mi tapperò la bocca per farti piacere. Il tuo piano è una merda e ci ucciderà tutti.»

«Ragazzi, dovreste-» provò ad intervenire Kirishima, ma non fece neppure in tempo a finire la frase che già i due avevano ripreso a parlare.

Izuku non diceva nulla, si limitava ad alternare lo sguardo l'un l'altro come se stesse seguendo una partita di tennis dove la pallina rimbalzava da una parte all'altra.

«Sta' zitto!» urlarono in coro.

Kirishima si ammutolì all'istante, facendosi indietro. Le occhiate assassine che si stavano scambiando l'alpha e Dominic, non presagivano nulla di buono. Sembravano volersi uccidere l'un l'altro, con la sola forza dell'odio che sgusciava dalle loro iridi.

Come se potesse essere possibile.

«Perché non dici qual è il tuo vero problema e lasci stare, Domi?» esclamò Katsuki, poggiando i palmi sul tavolo e protendendosi in direzione dell'altro.

«Il mio problema dici?»

Col buio, le iridi color menta di Dominic parevano fatte di vernice. Chiarissime e profonde come un quadro ben dipinto.

«Si, il tuo fottutissimo problema.»

Fu il turno dell'altro di sporgersi verso il biondo e sbeffeggiarlo con qualcosa di pericolosamente tagliente nelle iridi. Pronto ad attaccarlo come se avesse davanti un bersaglio.

«Il mio fottutissimo problema» ripeté, scandendo per bene le sillabe. «È che tu sei un coglione. Un vero e proprio coglione, senza palle e per lo più pretendi che io sia come lui

«Lui chi, Dominic? Attento a cosa dici.»

Gli occhi rossi di Katsuki parvero luccicare di rabbia. Un bagliore che rimbalzò sul tavolo e che fu come un guizzo lungo la stanza. Lo videro tutti, in silenzio e per niente pronti ad essere linciati per dividere quella trincea improvvisata.

«Izuku! Il tuo amatissimo Izuku, chi sennò? Lo preferisci perfino a tuo figlio! Al bambino che ha il tuo stesso sangue, al bambi-»

Non fece in tempo a concludere la frase. Katsuki si era scagliato in avanti, le mani già pronte ad attaccarlo e l'istinto da alpha attivato prima ancora della ragione.

Si vide costretto ad agire anche senza un fatidico piano. Si intrapose tra i due, facendo da scudo a Dominic col suo stesso corpo e quando lo schiaffo arrivò, nonostante le mani di Kirishima che scattarono a tirare indietro l'alpha biondo, il bruciore sulla sua guancia si diffuse lo stesso.

Ci era abituato, ma non fece meno male. Né moralmente né fisicamente. Tante volte, troppe volte, i suoi clienti lo avevano colpito in faccia e a giudicare dal modo in cui Dominic aveva chiuso gli occhi, anche lui ci era abituato, ma non per questo avevano meno paura.

Come se fosse sbagliato avere paura.

E quando Katsuki tornò in sé e si rese conto che quello che aveva colpito era Izuku e non Dominic, la consapevolezza si fece largo in lui alla velocità di veleno di un serpente nelle sue vene.

Sbarrò gli occhi, si fece pallido, schiuse le labbra. Voleva dire qualcosa, scusarsi forse, ma non fece in tempo, perché qualcuno si era mosso in avanti, allontanando Izuku da lui.

«Sei proprio un coglione, Katsuki.» ringhiò Lucien, stringendo il fratello al suo petto. Non sembrava affatto avere paura di quell'alpha, né tantomeno avere intenzione di piegarsi alla sua forza.

Poi, gli diede le spalle e portò via Izuku.

🍪

Qualche minuto prima sempre alla riunione…

«Penso che il piano potrebbe andare bene» ammise Katsuki, le mani chinate in avanti sul foglio della mappa.

Le linee nere che ricalcavano i lunghi corridoi della casa di Fukushūki sembravano turbinii infiniti di petrolio. Strisce di carbone che il riflesso con la luce della lampadina faceva sembrare distorte.

«Si, il tutto sta nel fatto che Lucien riesca a mettere fuori gioco Fukushūki per quindici secondi. Puoi farcela, no? Io nel frattempo posso riuscire ad incatenarlo e Merlin aprirà il portale.»

Lucien fece un piccolo cenno con la testa e Katsuki gli fece un gesto di ringraziamento. Stava per proseguire quando la voce di Aizawa lo bloccò.

«Io… io non penso che Lucien possa partecipare.» asserì.

Tutti gli occhi dei presenti volarono su di lui, sgranandosi. Lo osservarono tutti, in religioso silenzio come se anche solo una parola avrebbe potuto spezzare quell'aura di stabile tensione che si era creata nella stanza.

Tutti troppo egoisti per intervenire. Ognuno con la sua croce sulle spalle da trascinare fino a sanguinare.

«E perché?» chiese Katsuki, senza capire. Si accigliò, continuando ad aspettare una risposta.

«Aizawa no-»

Ma Shota non lo stette a sentire. Ignorò quella tacita richiesta del suo omega e proseguì.

«Perché aspetta il mio bambino.»

E il silenzio si trasformò in occhiate sorprese, in agitazione, in frenesia.
In gelosia.

A Lucien non sfuggì il modo in cui Ash aveva serrato le nocche, quasi a farle sbiancare.

«Lucien tu… davvero…» biascicò Mina, provando ad avvicinarsi.

Lucien non disse nulla, emise un debole assenso e ignorò lo sguardo spaesato di suo fratello.

Nessuno si azzardò a dire altro. Proseguirono la riunione, bevvero i loro caffè, fumarono qualche Marlboro. Tutto senza aggiungere niente alla notizia di quella gravidanza.

Anche se dentro Lucien ribolliva. Trecesessanta gradi di lava che ingeriva ogni volta che deglutiva la saliva e l'orgoglio. Continuando a sentire quelle occhiate curiose, accusatorie.

Non le sopportava.

Quando si fermarono per la pausa, sgusciò in cucina, evitando le domande di Izuku e Mina, evitando l'occhiataccia di Ash e quella di compassione di Denki.

Si accostò al bancone, ripercorrendo i passi di Katsuki, osservando le sue spalle larghe. Lo osservò prendere un bicchiere d'acqua ghiacciata e versarsela per metà sul colletto della felpa. Gli tremavano le mani.

«Che ci fai qui, Lucien?» domandò dopo poco l'alpha. Nella sua voce c'era qualcosa di stonato come se fosse stanco di respirare.

Poggiò il bicchiere sul bancone della cucina e si girò a guardarlo. I suoi occhi rossi conservavano solo un lieve bagliore di quello che era stato un tempo. Quando Lucien lo aveva conosciuto, Katsuki pareva poter portare sulle sue spalle l'intero mondo pur di vedere Izuku sorridere.

Ora sembrava voler solo spezzarsi le ossa una ad una pur di non dover scegliere tra lui e Dominic.

Come se neppure lui sapesse.
Come se neanche lui riuscisse a capire chi e cosa voleva. Un po' gli fece pena.

Gli poggiò una mano sul braccio, una lieve carezza. Quando Millie era piccolo amava quelle carezze e lui era il solo alpha con cui aveva avuto a che fare riguardo la dolcezza. Avrebbe voluto saperne di più, ma non era mai stato troppo curioso.

La curiosità uccide, non faceva altro che ripetergli suo padre per poi picchiarlo finché non vomitava sangue e preghiere.

«Fammi partecipare al tuo maledetto piano, senza di me non puoi vincere.» mormorò poi, sollevando gli occhi su Katsuki. Deciso e risoluto.

Come solo un omega poteva essere.

🍪

Qualche minuto prima sempre alla riunione…

«Quindi stai dicendo che il piano si baserà sulla forza di tre omega? Davvero Katsuki?» affermò Mina, guardandolo scettica.

Denki non diceva nulla, se ne stava seduto, col capo chino ad ascoltare le parole velenose che l'alpha gli aveva riservato da quando era arrivato. Non faceva che guardandolo, con i suoi occhi color ocra intrinsechi d'odio, come se qualcuno gli avesse iniettato quel sentimento con una siringa, direttamente nelle vene. Sbatteva le lunghe ciglia nere su e giù, sventolandole come se così facendo avrebbe potuto ostentare la sua superiorità.

«Non dire cazzate, Aliena. Sai che non ho detto questo» ribatté l'alpha, chinato il capo. Non la guardava, come se le sue sole parole fossero state una tremenda ingiuria.

«Oh a me è sembrato così però. E non credo di essere l'unica, non è vero Uriel? E Ash? E-»

«Cosa intendi con"la sola forza degli omega"? Mi sembra che sia stata la mia forza da omega a salvarti il culo, l'ultima volta.»

Il tono piccato di Dominic rimbalzò lungo le pareti, assottigliandosi fino a raggiungere l'udito di tutti. Le sue parole ancora una volta erano fredde e precise.

Una lancia conficcata nel cuore.

«Si, è stata proprio la tua forza, infatti» gli fece il verso Mina, le labbra rosse stirate in una smorfia innervosita.

Non sembrava piacergli quella presa di posizione, né tantomeno il modo silente in cui Katsuki lasciava parlare quell'omega. A lei Dominic non era mai piaciuto e mai se lo sarebbe fatto piacere. Le sembrava che fosse stato lui a muovere i fili e a fare in modo che - già dall'annuncio della gravidanza - allontanasse Katsuki da Izuku.

Solo per egoismo.

Perché, Dominic Fernandez con quel visino di porcellana e gli occhi grandi come lagune avrebbe potuto tranquillamente avere un altro alpha, più bello, più forte e più ricco di Katsuki, ma soprattutto innamorato di lui.

Ma continuava a impuntarsi. Continuava a piantare i piedi e stringere i pugni, perché voleva Bakugo. Non faceva che fare i capricci e metteva in difficoltà Izuku e il loro piano. Non importava cosa avesse fatto per loro, né quali cose aveva dovuto patire quando Fukushūki lo aveva torturato, non gli piaceva.

E lo espresse chiaramente, sibilandogli addosso le parole e lambendogli il cuore con la lingua.

«Non sei altro che un omega, Dominic. Per quanto tu e gli altri vi atteggiate da grandi alpha; non siete altro che omega. È genetica, mi spiace.» asserì, curvandosi in sua direzione, il busto proteso, la pancia già grandissima che sporgeva in avanti come un guscio di tartaruga. «E non si può modificare. Siete deboli. Tu lo sei, lo è Izuku, lo è Lucien e lo è anche… quello

Allungò l'indice dall'unghia smaltata di rosso e indicò Denki, una smorfia disgustata stampata in viso.

Come se ne fosse assolutamente schifata.

Lo scatto di Dominic parve frastagliare l'aria. Videro a rallentatore, quasi come un fulmine la sua sedia spostarsi e lui sollevarsi di scatto, un calcio potente contro la zampa e il suo rovesciamento. Poi, l'omega si volse di nuovo, poggiando sul tavolo il suo caffè e andandosene dalla stanza.

«Mina ma ti rendi conto di cosa stai dicendo? Gli omega sono più deboli?»

Era stato Kirishima ad intervenire, con il viso sconvolto dalle parole della compagna e il colorito così pallido da sembrare un fantasma. Come se quelle frasi gli stessero risucchiando via il sangue dalle vene.

«Gli omega? Sei circondata da omega che valgono molto più di quanto un alpha potrà mai valere.» asserì, lo sguardo duro senza alcuna esitazione. «E questo, ha un nome. Dovresti usarlo, Denki non ti ha fatto nulla. Semmai, dovresti prendertela con me.»

«Kirishima è ok-»

«Ma certo, non è mai colpa del povero Denki Kaminari. Forse il problema, Eijrou caro, è che a te Denki piace fin troppo. Più della tua famiglia, perciò vai e prenditelo.» ringhiò l'alpha, i riccioli rosa shocking luccicarono sotto la luce giallastra della lampadina diventando quasi di un tiepido color fragola. «Perché d'ora in poi puoi anche considerarti single

«Mina, siamo ad una riunione.» le ricordò il marito, non battendo ciglio.

Sembrava così maturo Eijirou, con i capelli sciolti sulle spalle che parevano una cascata di amaranto, le occhiaie che gli macchiavano gli occhi e la carne così pallida da sembrare quella di una tela. Era infervorato. Denki lo notava dal modo in cui esponeva le sue parole e incassava quelle di Mina, solamente drizzando le spalle come se le stesse impilando l'una sull'altra direttamente sulla sua schiena.

Denki avrebbe voluto allungare la mano e prendere un po' di quel carico, per poi posarselo sulle sue di spalle.

Camminare passo a passo con Eijirou e sorreggerlo quando lo vedeva cadere.

«Vaffanculo Eijirou, non sei neppure in grado di sostenere una discussione con me. Non so perché ti ho sposato.»

Quelle parole scesero nell'aria come uno sparo. Frammentarono il respiro dell'alpha dai capelli rossi e fecero sgranare gli occhi ai presenti.

Denki vide Eijirou farsi ancora più pallido, stanco e ferito come se lo avessero colpito con un coltello. Colpito e colpito fino a lacerare tutti i tessuti e il fegato. Gli sembrò di vedere il sangue gocciolare a terra e mescolarsi alle travi del parquet.

«Sei proprio cattiva quando fai così, Mina.» asserì Kirishima, il tono spezzato da un sentimento fin troppo doloroso. «Se non vuoi più stare con me, non c'è problema, ma non c'è bisogno di offendere ogni omega qui presente. Non stai facendo una bella figura.»

Detto ciò si alzò in piedi, le gambe che lo sostenevano appena, come colte da spasmi nervosi. Si scusò a voce bassa, imboccò il corridoio e sparì dietro la porta della camera.

Fu allora che Mina si decise a gettare ancora legno sul fuoco, infiammando l'intera casa. Le sue frasi sembrarono fatte di coltelli e chiodi, restarono a vibrare dentro i petti dei presenti fino a farli svuotare di ogni cosa.

Ricuciti solo di rabbia.

«Be' che aspetti?» ringhiò indirizzando lo sguardo a Denki. «Vai pure a consolarlo, tanto sai fare solo quello. Apri bene le gambe per i mariti degli altri, anzi, aprite

Gettò ancora lo sguardo sugli altri omega e si soffermò su Lucien, guardandolo con astio.

«Ma cosa cazzo vuoi?»

L'omega scattò in avanti, cercando di agirare il tavolo e raggiungere l'alpha che aveva già preso a ringhiare innervosita da quella ribellione.

Aizawa fece appena in tempo a tirarlo indietro, prendendolo dal polso e tirandolo a sé. Non servì poi a molto visto che Lucien continuò a scalciare e dimenarsi con tutte le sue forze.

«Ha parlato la stronza, incinta e cornuta.»

«Lucien!» urlarono Izuku e Denki in coro, ma lui non li stette a sentire.

Se c'era una cosa che era brava a fare Mina, era proprio provocare e a quanto pare era riuscita a scatenare un putiferio; Lucien urlava, scalciava e provava a raggiungerla, Izuku e Aizawa cercavano di calmarlo, Katsuki se ne stava da parte, cercando di raggiungere Dominic e gli altri parlottavano tra di loro, sbigottiti.

E Mina sentiva un vuoto così potente da lacerarla ad ogni respiro, perché lei, Eijirou non lo voleva perdere.

Ma a quanto pareva, lo aveva già perso da tempo.



🍪

Spazio autrice:

Stavolta sono stata brava, eccovi il nuovo capitolo! E come promesso, il bacio inaspettato(?)

Eh sì, arriveranno anche bei tempi e altri bei baci (visto e considerato che ci sarà anche un bel seguito).
Che ne dite? Ve lo aspettavate questo schieramento da parte di Kirishima?
E l'atteggiamento di Mina? (Credetemi quando dico che io AMO Mina come personaggio, però dovevo darle questa parte, non odiatemi❤️)

E soprattutto, che ve ne sembra di tutti questi litigi? State ben attenti perché d'ora in poi inizierà la battaglia e ci sarà da trattenere il fiato per un po'!

Fatemi sapere che ne pensate se vi va, vi aspetto nei commenti!

Grazie per aver letto, alla prossima,❤️

-Lilla

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top