22. Cuore mio
🔞SONO PRESENTI SCENE DI SESSO ESPLICITO!🔞
Assolutamente no.
Izuku deglutì, mandando giù un grumo di saliva. Sentiva il cuore fumare nel suo petto, battere così forte che sembrava voler spiccare il volo.
Katsuki sotto di lui lo guardava con lo stesso sguardo delle volte in cui gli sorrideva; un misto di incredibile dolcezza e lussuria, qualcosa che gli squagliava il cuore come cioccolata.
Ecco, il suo Katsuki era paragonabile alla sua amata cioccolata. I sapori identici, dolci e amabili come solo poche cose sanno esserlo. Izuku sapeva, che a Katsuki sarebbe bastato sorridere per averlo in pugno e infatti lo fece.
Un piccolo sorriso sulle sue belle labbra, con gli angoli all'insù, con gli occhi così grandi che dentro c'era un intero universo. Stelle, lune, galassie. Ad Izuku bastava affacciarsi per perdercisi dentro.
Non seppe resistere. Gli scivolò sul petto, cogliendo le sue labbra aperte. Lo baciò ancora, saggiando il suo sapore dolce, leccando la nitroglicerina dal suo collo, che come zucchero gli lasciò sulla lingua la sua dolce fragranza.
Non sapeva bene come muoversi, ma le dita di Katsuki sui suoi fianchi lo aiutarono. Lo sorresse, spingendolo contro di sé. Izuku lo accontentò, scendendo a leccargli il collo. La lingua che saettava timida contro il suo collo pulsante. Il suo battito gli riempiva i timpani, i suoi occhi gli restavano impresi come se fossero stati tatuaggi sotto le sue palpebre, scolpiti lì, direttamente nelle sue iridi.
Non riusciva a pensare ad altro.
La pelle di Katsuki era morbida e liscia, i suoi addominali rigidi e perfetti, come curvature su una scultura di marmo.
Izuku, ricordava che una volta un suo cliente, gliene aveva parlato. Gli aveva perfino fatto vedere delle riviste in cui c'erano dei disegni di quelle famose “sculture”. A lui, erano piaciuti moltissimo.
Purtroppo, aveva detto il signor Moore, sono state quasi tutte distrutte dal nostro nuovo governo. Non sono istruttive, dicono. Izuku non aveva chiesto perché e Moore non glielo aveva spiegato.
Katsuki però, somigliava tantissimo a quelle belle statue. Non c'era nulla di sbagliato o asimmetrico in lui, nulla di grave o irregolare. Sembrava un completo di arti belle e buone, un ritratto maledettamente reale, una statua calda, dal cuore pulsante.
Magari, si era detto mentre lo toccava con le dita tremanti, è veramente così. Magari, era una statua e poi, qualcuno se n'è innamorato e gli ha donato la sua vita, baciandolo gli ha trasmesso il soffio vitale. Sorrise. Pensare a qualcosa del genere, era proprio da lui.
Spesso, quand'era bambino, sua madre gli diceva che era un grande sognatore.
«Sei…» mormorò, non riuscendo a distogliere lo sguardo dal suo torace ampio, «bello.» Bello, non era abbastanza, era davvero stupendo, ma si sarebbe imbarazzato troppo nel dirlo, perciò stette zitto.
Vide il sorriso compiaciuto di Katsuki con lo sguardo semi-abbassato.
«Anche tu, 'Zuku» lo sentì rispondere. La mano di Katsuki gli stava accarezzando il fianco, indulgiando sulla curva sensibile, sfiorandola più intensamente. Izuku adorava essere sfiorato in quella zona.
Socchiuse gli occhi, lasciandosi toccare. Katsuki sembrò intuire quel suo attimo di fragilità e con un colpo di reni lo fece rotolare sotto di sé.
«Scusa…» soffiò, tenendo ancora gli occhi chiusi. Non riuscì a non restare sorpreso dal bacio soffice che Katsuki gli depose sulla fronte, poi, scese sugli occhi, depositò un bacio ciascuno sulle sue palpebre calate, per poi finire sulla punta del naso e posarne un altro.
«Non dirlo, neanche per scherzo, Izuku» mormorò, «non c'è niente di cui io debba scusarti.»
Gli strinse il fianco, toccando la sua guancia con la mano libera.
Izuku schiuse gli occhi. Quelli di Katsuki, erano a pochi centimetri dai suoi, rossi come sangue liquido.
Dovette stringere le labbra, per non emettere nessun verso.
Quando parlò, la sua voce tremava.
«Katsuki…» farfugliò, le sue ciglia calarono e tornarono su velocemente, cercando di schiarire la sua vista opaca.
«Non…» provò a parlare, ma la voce gli tremava così tanto che dovette richiudere le labbra e riprovare, «non posso. Non posso perdonarti. Non capisco… non capisco…perché tu non me lo abbia detto» farfugliò, non riuscendo a guardarlo.
«Izuku» sussurrò, «io non ne sapevo nulla, te lo giuro.»
L'omega sollevò lo sguardo, gli occhi di Katsuki erano fissi sul suo viso. Non ebbe il tempo di arrossire, ancora troppo sorpreso da quella scoperta.
«Che stai dicendo?» chiese, confuso «come potevi non saperlo? È il tuo fidanzato è normale che ne abbiate parlato prima tra di v-»
«Lui non mi ha detto nulla» decretò l'alpha, guardandolo. Nei suoi occhi non c'era traccia di menzogna, ma Izuku aveva visto uomini non vacillare neppure dinanzi a una verità mascherata da capo a piedi.
«Come posso crederti?!» soffiò, la voce incrinata. Spostò ancora lo sguardo, non riuscendo a sostenere il suo.
«Credi a questo» gli prese la mano e la portò sul suo cuore. Izuku lo sentì premere contro il suo palmo. I suoi battiti veloci e inconfondibili.
Tremò, non riuscendo a soffocare un singhiozzo.
«Izuku…credimi, ti prego, non ne sapevo nulla» lo supplicò, tenendo il palmo sul dorso della sua. Lasciò scivolare una lacrima. «Mi dispiace, scusami, scusa amore.» Gli raccolse le lacrime col pollice, anche le sue mani tremavano.
«Lascia che mi prenda cura di te» soffiò Katsuki, le labbra morbide contro il suo orecchio, Izuku rabbrividì di piacere.
Lo colse un brivido, mentre Katsuki immobile aspettava un suo consenso.
Per un attimo, non seppe cosa fare, poi, l'istinto prese il sopravvento. Gli prese il viso, portandolo di nuovo all'altezza del suo. Gli occhi di Katsuki erano così rossi che parevano laghi di sangue e fuoco.
Bruciava e moriva tra quelle fiamme ad ogni occhiata.
«Posso? Posso toccarti?» gli chiese, una cosa che a chiunque, sarebbe parsa scontata arrivati a quel punto, ma che per Izuku volle dire tanto. Nessuno, - a parte Matthew - gli aveva mai chiesto se andasse bene, se potessero toccarlo, baciarlo, desiderarlo.
Katsuki però, era davanti a sé, con un'erezione pulsante tra le sue cosce e il cuore che palpitava così forte da fargli cantare il sangue nelle vene, eppure, chiedeva il suo consenso. Il consenso di un omega, il consenso di Izuku.
Non Deku. Non era Deku, al quale, stava chiedendo di poterlo scopare, non era Deku che voleva usare. Voleva Izuku, desiderava Izuku.
Gli cinse il collo con le braccia, annuendo.
«Puoi» mormorò, le labbra vicine alle sue. Katsuki gli accarezzò la guancia ancora una volta. Si guardarono e per Izuku fu molto più intenso e duraturo di un bacio.
Intimo, voglioso, perfetto.
Le mani di Katsuki gli tolsero i pantaloni, poi, i boxer. Izuku si sentì esposto, si tirò le coperte addosso, scivolandoci sotto. Katsuki lo seguì, senza alcuna protesta e si mise al suo fianco, mentre gli sfilava i pantaloni.
Quando furono entrambi spogliati e liberi di qualunque dubbio, Katsuki gli scivolò sopra. Izuku tremava.
«Vuoi…» iniziò Katsuki, massaggiandogli una coscia, «vuoi fare sesso?» redarguì, inumidendosi il labbro inferiore.
Izuku sfarfallò le ciglia, cogliendo ogni guizzo del suo viso.
«N-non lo so» farfugliò, abbassando lo sguardo, smarrito.
Per un attimo, temette che Katsuki si sarebbe arrabbiato e lo avrebbe strattonato, urlandogli addosso cattiverie, ma il biondo non fece nulla di quanto immaginato. Gli prese il viso tra le mani, accostandolo alle sue labbra.
«Mai, e dico mai,» mormorò, «devi aver paura di me, capito Izuku?» gli sfiorò un ricciolo che gli era caduto sulla fronte, spostandolo all'indietro.
«Non potrei mai farti del male, ti…merda» s'interruppe, chiudendo gli occhi e Izuku capì che le parole che gli stavano per sfuggire di bocca, lo avrebbero quasi sicuramente fatto impazzire.
«Izuku, ti prego, guardami» sussurrò, sfiorandogli le lentiggini con le dita.
L'omega obbedì.
«Io…non amo Dominic, non voglio Dominic, ma sono…merda…» strinse le labbra, «sono costretto a stare con lui» proferì. Izuku spalancò gli occhi.
«Costretto?» ripeté, non capendo appieno.
«Si, costretto, 'Zuku.»
Izuku lo guardò, ancora fremente dallo strano desiderio che gli premeva sul cuore e dentro allo stomaco.
L'erezione di Katsuki gli sfiorò la coscia.
Izuku non riuscì a reprimere un gemito.
Gli occhi dell'alpha lo stavano letteralmente divorando.
«Parliamo dopo» soffiò Izuku, rendendosi conto che quelle parole lo avrebbero fatto arrossire come una ciliegia.
Non si trattava delle parole in sé, ma del significato che c'era dietro.
Katsuki stesso, sgranò gli occhi, mettendo in bella vista il suo sorrisetto compiaciuto.
«Davvero?» mugolò sulla sua bocca. L'erezione strusciava tra le sue cosce ora, mettendo a dura prova il suo autocontrollo. «Mi vuoi così tanto, Izuku?» ringhiò, il suo respiro caldo s'infranse contro le sue labbra umide.
Lo accarezzò ancora, facendo scivolare le dita nel suo interno coscia. Izuku sospirò, inarcando la schiena.
Le dita di Katsuki salirono, lo vide avvicinarle alla sua bocca e lo guardò interrogativo.
«Non abbiamo il lubrificante» spiegò il ragazzo, la mano ancora sospesa a mezz'aria. Izuku si mordicchiò il labbro.
«Posso farlo io?» chiese, afferrò la mano di Katsuki e prese il suo indice tra le labbra, senza aspettare una risposta. Incrociò lo sguardo di Katsuki e lasciò scivolare in bocca due delle sue dita.
Non lasciò il suo sguardo neppure per un secondo, si sentì arrossire, ma non smise. Le dita di Katsuki erano spesse e mentre gli scivolavano in bocca lo sentì tremare. Gli bloccò il polso, regolando i movimenti. Gli occhi di Katsuki bruciavano nei suoi, mandandolo a fuoco.
Le labbra si chiudevano sui polpastrelli e scendevano giù, succhiando la base. Vide Katsuki mordersi il labbro, l'espressione smarrita, deliziata, e aumentò l'intensità, succhiando maggiormente.
Osservò i suoi occhi socchiudersi, bearsi di quell'attimo di perdizione e ci mise più impegno, ignorando la pellicola che gli svettava dinanzi agli occhi, come a volerlo punire rammendandogli ciò che aveva dovuto patire. Per lui il sesso non era mai stato amore, ma obbligo.
Un viscido, orrendo, petulante, obbligo al quale, veniva sottoposto ogni sera da quando aveva sette anni.
Katsuki tirò via le dita, il suono delle sue labbra umide che lasciavano andare la presa creò un rumore bagnato. Nel buio tiepido della stanza, Izuku arrossì di botto, Katsuki si lasciò sfuggire un'imprecazione. Percepì la sua erezione vibrare contro la sua gamba.
«Kacchan…»
«Si…lo so, cazzo…» soffiò, le dita raggiunsero la sua entrata, l'indice gliela sfiorò. «Ne sei sicuro, piccolo?» gli mormorò, lo sguardo attento.
Ad Izuku venne da sorridere. Si lasciò andare a quella piccola curvatura, annuendo.
«Se sei tu, va bene» disse, la voce bassissima. Katsuki lo baciò. Izuku si godette la tenerezza delle labbra di lui contro le sue, e al contempo, il gemito che cacciò fuori venne soffocato.
Un dito di Katsuki gli era entrato dentro. Quasi istintivamente si irrigidì, Katsuki stette immobile, ma tornò a baciarlo. Un bacio gentile e morbido, di una dolcezza tale, che i ricordi per un attimo svanirono.
«Kacchan…» mormorò, godendosi la sofficità della sua pelle. Katsuki aveva mosso il dito, facendolo affondare un po' di più nelle sue carni. Izuku aveva stretto i denti. L'alpha sollevò lo sguardo.
«Continua» lo incoraggiò Izuku, intrecciando la mano libera alla sua.
Temette che Katsuki si sarebbe ritratto, ma al contrario, si lasciò stringere e toccare, si lasciò graffiare quando anche il secondo dito segui il primo dentro di lui e Izuku schiuse le labbra, lasciandosi sfuggire un gemito.
Katsuki lo baciò ancora. Izuku lo trascinò contro di sé, volendo di più.
Non gli bastavano le sue dita, non gli bastava quel calore che gli infiammava i muscoli, quel contatto fuggevole.
«Kacchan…» mugolò, dondolandosi sulle sue dita. Katsuki volse lo sguardo su di lui, osservandolo.
«Dimmi, piccolo.»
Izuku arrossì. Non riusciva a guardarlo né a parlare se lo guardava così, se sussurrava quel nomignolo.
Provò a muoversi più velocemente sulle sue dita e Katsuki parve cogliere quel segnale, portò le loro dita, ancora intrecciate, accanto al suo viso e prese a scandire un ritmo più sostenuto nel suo corpo.
«Così?» gli chiese, la voce roca e lasciva, come lo scorrere di una fontana. Izuku si morse il labbro annuendo.
L'alpha ruotò il polso e arcuò le dita, colpendo un punto che fece cacciare un urletto ad Izuku.
«Qui, eh?» mormorò, continuando a colpire quella parte, le spinte sempre più ponderate. Izuku socchiuse gli occhi, reclinando la testa all'indietro. I riccioli scivolarono sul cuscino, le mano di Katsuki che avvolgeva la sua, strinse più forte la presa. Izuku fece lo stesso.
«Mmh…Kacchan…i-io…ah…» non riusciva a parlare, dalla sua bocca uscivano solo gemiti, mischiati ad un tono che non riconosceva, un qualcosa di mieloso mischiato a un tono bisognoso. Io…se lui va così veloce, finirò molto presto…
Anche Katsuki sembrava averlo intuito, ma non si fermò. La sua erezione pulsava contro la coscia di Izuku e lui, la sentiva così bene, che ad ogni affondo la immaginava dentro di sé.
Fu solo quando Katsuki lo colpì ancora in quel punto, quando il suo membro si tese, premendo contro il ventre dell'alpha e la sua voce si ridusse quasi ad una supplica che sfilò le dita da lui.
«Izuku…» sussurrò, il suo tono roco gli infiammava lo stomaco, «va bene? Vuoi…continuare?» gli domandò, il bisogno nella voce, la vena sul suo collo pulsava violentemente, a ritmo del suo cuore. Izuku sorrise.
«Kacchan…» soffiò, il biondo sollevò lo sguardo, incatenandolo al suo «vieni qui.»
Katsuki lo fece, accarezzandogli la coscia con il palmo. I loro nasi si sfiorarono.
«Ne sono sicuro» soffiò, sfiorandogli le labbra, un lieve rossore gli imporporò le guance, «sei tu» mormorò, «solo tu.»
Katsuki si sciolse in un tipiedo sorrisetto.
Gli era scivolato tra le gambe, gli cingeva i fianchi con le cosce, avvolgendolo contro di sé.
«Sarò delicato, te lo prometto» farfugliò, le labbra schiuse contro le sue. Izuku gli accarezzò le spalle nude con una mano, l'altra la tenne stretta tra quella di lui.
«Delicato?» chiese Izuku, non capendo appieno. Si sentì sciocco, stupido. Non sapeva neanche il significato di quella parola. Distolse lo sguardo, imbarazzato.
«Oi» Katsuki gli prese il mento tra le dita, portando lo sguardo nel suo, «delicato» asserì, la voce bassa e dolce, «farò piano» gli baciò la punta del naso, «ti amerò.»
Il cuore di Izuku ebbe un fremito. Lo sentì scontrarsi contro la cassa toracica, provare a fuggire da quell'incastro di muscoli e ossa, per raggiungere quello di Katsuki. Se lo sarebbe strappato dal petto, incurante del sangue che avrebbe perso e delle ferite che si sarebbe procurato, e lo avrebbe consegnato in mano a Katsuki. In mano al ragazzo che gli sorrideva come se fosse la cosa più bella che avesse mai visto.
«K-Katsuki…» una lacrima gli lasciò l'occhio. Dovette serrare la presa sulle spalle di lui, guardandolo ancora una volta. Voleva dire qualcosa, voleva aprire la bocca, dire a Katsuki che anche lui, anche lui provava qualcosa, che quel sentimento gli raschiava l'anima ogni volta che lo vedeva tra le braccia di Dominic, che lo voleva per sé e basta, ma non disse nulla.
Fece pressione con le cosce contro i suoi fianchi, incitandolo ad andare avanti.
«Non ti farò mai del male» soffiò Katsuki sulle sue labbra, poi, lo penetrò. Izuku schiuse le labbra, inarcando la schiena.
Un piccolo gemito gli proruppe dalle labbra, graffiò le spalle di Katsuki, scaricando la tensione.
«Merda…» mugolò l'alpha, aggrappandosi ai suoi fianchi. Teneva la testa leggermente reclinata all'indietro e Izuku, poteva tranquillamente osservare il modo in cui la sua gola finiva tra le clavicole, il suo pomo d'Adamo che come una barca navigava tra le onde.
Un piccolo nocciolo che affondava nella sua carne tenera. L'attaccatura leggera della barba leggera che gli punzicchiava le guance. Strinse i denti e cercò le sue labbra.
Katsuki lo accontentò.
Si baciarono ancora, mentre si abituava a quell'intrusione. Non ci mise troppo.
I baci di Katsuki erano lenti e languidi, un modo di fare l'amore che l'omega non aveva mai conosciuto, neppure con Matthew, il quale era sempre stato molto lieve, gentile. Dovette serrare la presa sulla mano di Katsuki, mentre le loro labbra si muovevano ancora una volta e Katsuki iniziava a muoversi.
«Piccolo» lo sentì mormorare sul suo collo. Dovette mordersi il labbro per impedirsi di cacciare un gemito più prolungato. Lasciò che Katsuki velocizzasse il ritmo, facendogli inarcare il corpo, facendolo mugolare deliziato.
Le spinte non facevano quasi più male. Il pensiero che fosse Katsuki rendeva l'atto decisamente più eccitante. Izuku sentiva la passione montargli nello stomaco, mescolarsi al sangue e sfociare nei suoi gemiti acuti.
«Per me, non c'è nessuno su questa terra» soffiò Katsuki, il tono roco, «che può né potrà mai eguagliarti» il raschiare dolce del suo fiato, il modo in cui i suoi ansimi gli finivano direttamente nei timpani, senza possibilità di sottrarsi, rendendolo suo ad ogni spinta.
Izuku gemette.
Quelle parole, in quel momento, erano come fuoco. Fuoco versato direttamente nel suo cuore, nel suo cervello. Si sentiva in fiamme, sotto l'assalto completo delle sue spinte, del suo respiro caldo, del suo battito impazzito.
Katsuki era dentro di lui e gli stava dicendo che nessuno, nessuno avrebbe potuto mai eguagliarlo. Non riuscì a trattenere l'ennesimo sospiro.
«Katsuki…»
Un'altra stoccata, le labbra sul suo collo, i tipiedi baci che gli andava lasciando man mano che scendeva, fino a raggiungere con la mano libera il suo ventre. Per un attimo, il tempo si fermò. Izuku trattenne il respiro, completamente sconcertato.
Poi, Katsuki lo guardò e gli lasciò una debole e fragile carezza. Una carezza lenta sul suo ventre, mentre lo guardava e respirava direttamente dalle sue labbra.
«Katsuki» si aggrappò a lui, tirandoselo sulle labbra. Necessitava del suo respiro, della sua bocca, del suo fiato contro le sue labbra. Lo baciò, seguendo il movimento della sua lingua che gli percorreva la bocca. Il battito del suo cuore pareva raggiungere il volume di una cassa, della radio che Kirishima teneva in salotto e che spesso suonava musica rock.
In balia totale del corpo di Katsuki dentro il suo, del suo cuore che batteva, del suo sguardo che urlava.
«Mi…ah…prenderò cura di te» gli promise sulle labbra, le sue spinte non gli permettevano di tenere gli occhi aperti. Dovette lottare contro l'impulso di chiuderli, volendo continuare a studiare ogni singola curva del viso e del collo di Katsuki.
«Kacchan…» sussurrò, la voce frammentata da un bisogno che non conosceva. L'alpha sollevò lo sguardo.
«Dimmi, Izuku.»
Si sentiva sul punto di non ritorno, immerso in un limbo nel quale era difficile perfino respirare. Ogni cosa gli procurava piacere, a partire dal viso contratto di Katsuki, al suo ansimare lento e roco.
Ne aveva bisogno. Chiuse gli occhi. Quando li riaprì, l'alpha lo stava ancora guardando, perso nel colore delle sue lentiggini.
«Sei solo mio» farfugliò, il tono ridotto a una preghiera. Katsuki sorrise, un sorrisetto che Izuku non gli aveva mai visto, qualcosa che sembrava maledettamente disarmante.
Per un attimo, avrebbe voluto baciarlo e strapparglielo via, cucirselo sotto pelle, dove nessuno avrebbe mai potuto vederlo.
Questo sorriso lo rende…piccolo, tenero, fragile. Non voglio che qualcun altro lo veda. Voglio che sia…mio.
«Si…» redarguì Katsuki, i loro corpi si scontravano, le loro pelli si sfregavanp, le salive si mescolavano, «sono tuo, Izuku.»
Quell'ammissione gli fece vibrare il cuore.
Sentì l'anima sbattere prepotente contro le pareti del corpo, pronta a raggiungere quella di Katsuki, pronta a lasciarlo svuotato, per unirsi alla gemella.
«Katsuki» si sentì gemere, un lungo e acuto singhiozzo, un mugolio rauco che gli strappò qualsiasi tipo di lucidità.
Forse anche Katsuki disse il suo nome, perché lo sentì, afferrargli forte il fianco e stringere di più le loro dita. Gli venne addosso, stringendo le cosce contro il suo bacino. Lo voleva sentire dentro di sé, completamente.
Katsuki lo riempiva fino allo stomaco, un senso di completezza e appartenenza lo avvolsero mentre si lasciava andare all'orgasmo.
«Merda…amore…»
Katsuki, nella loro stretta, gli era venuto dentro, il membro che pulsava ancora, la fronte abbandonata contro la sua spalla.
Lo sentì riempirlo, colmarlo del suo essere, della sua essenza. Mugolo, deliziato. Teneva ancora il braccio stretto alle spalle di lui, aggrappandosi forte.
L'orgasmo li aveva colti insieme, il suo corpo era stremato ma soddisfatto.
Non riusciva a spostarsi e quando Katsuki gli chiese se volesse cambiare posizione, Izuku gli rispose che andava bene così.
Dopo un po', Izuku non seppe se passarono una decina di minuti o un'ora, Katsuki, scivolò fuori da lui; il tempo in quel limbo felice, era relativo.
Poggiò la testa sul suo petto e si lasciò accarezzare i capelli. L'omega giocò con le sue ciocche morbide, tirandole su. Teneva gli occhi socchiusi, godendosi il respiro leggero di Katsuki.
«Come ti senti?» gli domandò l'alpha, dopo un po', «ti fa male qualcosa?»
Izuku sorrise, continuando a giocare con i suoi ciuffi biondi.
«Sto benissimo» mormorò, la voce strascicante da una stanchezza mischiata alla gioia che lenta e totalizzante gli si diffondeva nel sangue ad ogni respiro.
«Dico sul serio, 'Zuku, ti fa male qualcosa? Vuoi che ti metta della crema?» chiese, sollevando la testa. Lo guardò, le iridi rosse tese dalla preoccupazione.
Izuku gli accarezzò una guancia, sorridendo dolcemente.
«Katsuki» mormorò, scandendo il suo nome, «sto benissimo» ripeté, accarezzandogli lentamente la guancia. La sua pelle era calda e leggermente ruvida sotto il suo palmo. «Sono con te, siamo noi, okay?» asserì, sussurrando.
Katsuki sorrise.
«Si, siamo noi, Izuku.»
L'omega annuì.
Per un attimo, chiuse gli occhi, lasciando che il suo corpo si riposasse. Si sentiva leggero, quasi come se fosse sospeso tra la ragione e il sonno. Per un attimo, non c'erano altro che lui e Katsuki.
Katsuki teneva la testa sul suo petto caldo, il ventre gli sfiorava le guance.
C'era il bambino di Izuku lì dentro.
Nel sollevare lo sguardo, incrociò quello di Izuku, mezzo assopito.
«Sei bellissimo, amore» gli aveva sussurrato l'omega.
Katsuki aveva sorriso.
«Promettimi una cosa» mormorò Izuku poi, gli prese una mano e lo incitò a guardarlo. Katsuki lo fece.
I suoi occhi verdi parevano fatti di cristallo. Il suo sguardo stanco, pareva…diverso.
«Cosa?»
Una lacrima scivolò dalla guancia del ragazzo. Katsuki ne arrestò il corso, osservandolo confuso.
«Non farlo soffrire» mormorò l'omega, la voce tremante. Katsuki corruggò la fronte, non riuscendo a capire.
«Far soffrire chi, Izuku?»
L'omega sorrise stancamente. Il suo sguardo malinconico risvegliò qualcosa nel suo alpha. Lo sentiva scalpitare, provare a raggiungerlo.
«Questo Izuku» asserì. Katsuki sgranò gli occhi, completamente confuso.
«Questo Izuku? Amore, sei sicuro di stare bene?»
Izuku annuì, un'altra lacrima gli macchiò la guancia.
«Katsuki, non mi riconosci?» soffiò, il suo tono gentile gli scaturì un brivido violento.
Riconoscere?
Guardò meglio Izuku, chiedendosi se stesse davvero bene. Forse era confuso, forse sognava.
«Izuku, va tutto bene?» ripeté, mantenendo la voce bassa.
«Katsuki, sono io» soffiò l'omega, lo guardava ancora, ma nei suoi occhi verdi, c'era una scintilla che non aveva più visto, non in questo Izuku.
«Io, chi?»
Izuku si mise a sedere, portando con sé Katsuki. Erano a gambe incrociate ora, Katsuki lo guardava con le sopracciglia aggrottate.
Izuku guardò il muro, le labbra gli tremavano.
«Il tuo Girasole» mormorò lui, un singhiozzo gli lasciò la bocca.
Il tuo Girasole.
Chiamava così solo…
Girasole.
Quando gli aveva dato quel soprannome, il suo Izuku aveva sorriso. Un sorriso bello, un sorriso pieno. Perfino i suoi occhi avevano sorriso.
«Izuku? Sei il mio Izuku?» chiese, non riuscendo a crederci. L'omega annuì, gli occhi arrossati.
«Sono il tuo Izuku, Katsuki» disse, accarezzandogli la guancia. Katsuki si lasciò andare, poggiando il viso contro il suo palmo.
Non sapeva se lo stava immaginando, ma pareva così bello che per un attimo volle goderselo e basta.
«Ascoltami tesoro, abbiamo poco tempo» esclamò Izuku, dopo un po'. Katsuki apri gli occhi, restando poggiato contro la sua mano.
Izuku sorrideva mestamente.
«Si tratta delle linee temporali» spiegò, facendosi serio, «sono ingarbugliate. Stanno sfociando in altri universi. Non puoi più viaggiare, amore. Devi salvare lui, non me. Devi lasciarmi andare» asserì, «promettimelo. Promettimi che se dovesse accadermi qualcosa in questa linea temporale, non tornerai di nuovo indietro. Non puoi salvarmi, però puoi prenderti cura di lui.»
«Izuku, io non posso farlo, io…»
«No, Katsuki. Promettimelo.»
«Non obbligarmi, non farlo. Io volevo salvarti, io…quando ti sei…perché Izuku? Perché ci hai abbandonati? Perché-»
«Kacchan, tesoro…»
«No! Perché? Dimmi perché! Dimmi per quale motivo ti sei suicidato! Dimmelo, Izuku, dimmelo perché io di notte non ci dormo, perché io avrei voluto raggiungerti…!»
Izuku stava piangendo. I suoi singhiozzi stanchi e dolorosi, erano per Katsuki fucilate in pieno petto.
«Amore…scusa, io…» sussurr con la voce graffiata dal pianto.
«No, v-va tutto…bene…hai ragione» gli sorrise, «ho sbagliato, ma Katsuki…non volevo fare del male a nessuno dei due. Mi dispiace tanto, ma era meglio così, no? Tu ora hai lui, e lui è un Izuku molto migliore di quanto lo sia i-io» singhiozzò.
«No, non è vero…!»
Izuku lo ignorò, continuando.
«Rendilo felice, prenditi cura di lui. Non abbandonarlo, non mandarlo via.»
«Izuku, Girasole mio…»
Izuku chiuse gli occhi. La mano di Katsuki salì a ricambiare la carezza.
«Ti amo, amore mio» soffiò Izuku. A Katsuki sfuggì un gemito rauco, mischiato al sapore del suo singhiozzo.
«Izuku…»
«Proteggilo.»
«Amore, io…»
Quando Izuku riaprì gli occhi, Katsuki capì che del suo Girasole, non era rimasto che l'aspetto.
L'Izuku di ora aveva il viso acceso, gli occhi brillanti di una vita che al suo Girasole erano stati succhiati via troppo presto.
«Lo proteggerò, amore» mormorò, il tono bassissimo. Izuku corruggò la fronte.
«Cosa?» domandò confuso. Katsuki scosse la testa, accennando un sorriso.
«Nulla, piccolo.»
«Me ne offri una?» chiese, sedendosi accanto a lui.
Aizawa voltò lo sguardo incontrando quello di Lucien. All'inizio, pensò che avrebbe scosso la testa, dicendogli che non doveva fumare, come faceva sempre.
Però, Aizawa annuì, facendogli cenno di avvicinarsi.
Lucien lo fece, mettendosi a cavalcioni sul bordo della finestra. La luna brillava nel cielo come una grande sfera di diamante grezzo.
Aizawa gli prese il mento, avvicinando le labbra alle sue. I suoi occhi si bloccarono in quelli dell'alpha, mentre quest'ultimo si portava la sigaretta alle labbra e aspirava, poi, trattenne il respiro.
Aizawa gli fece schiudere le labbra, passandoci il pollice sopra. Lucien lo osservava.
Gli soffiò il fumo in bocca, sbuffando contro le sue labbra. Lucien si aggrappò alle sue spalle. I loro occhi erano fissi gli uni negli altri, come ancore.
«Ma com'è che ogni volta sei sempre più bello?» gli chiese Aizawa mentre si portava ancora una volta la sigaretta alle labbra.
Lucien non poté trattenere il lieve sorriso che gli imperlò le labbra. Abbassò lo sguardo, arrossendo.
«Come va il lavoro?» gli chiese, cercando di cambiare discorso.
«Devi assolutamente svelarmi il modo in cui non innamorarsi di te» esclamò Aizawa suadente, ignorando la sua domanda.
Lucien roteò gli occhi al cielo.
«Ah…mossa sbagliata» decretò l'alpha, afferrandolo dai fianchi lo fece scendere dalla finestra e se lo caricò in braccio.
«Shota..!» lo richiamò Lucien, trattenendo una risata, scalciò cercando di liberarsi, ma il corvino lo lasciò andare solo quando furono arrivati al suo letto.
Ce lo rovesciò sopra, facendolo ridere.
Una risata cristallina e prorompente che fece sorridere istintivamente Aizawa.
Lucien sentì le labbra di lui premere contro le sue. Sorrise, ricambiando.
Se lo trascinò addosso, avvolgendogli le braccia attorno alle spalle.
«È un segreto» gli sussurrò all'orecchio. Aizawa sollevò il volto, guardandolo.
Era così bello.
Ogni curva del suo viso era finalizzata ad evidenziarne un'altra, ogni linea marcava un confine.
«Cosa?» gli chiese.
«Come non innamorarsi di me.»
Aizawa gli baciò il collo, succhiando un lembo di pelle più in basso del suo orecchio.
«Penso che ormai sia inutile saperlo» decretò.
«Che ci fai qui?»
Shoto si era richiuso la porta alle spalle, riapoggiando piano la maniglia.
«Volevo prendere un po' d'aria» spiegò Todoroki, voltandosi a guardarlo, «tu cosa ci fai qui?»
Dominic sorrise. Con la luce della luna i suoi capelli parevano riccioli fatti di caramello.
«Immagino lo stesso» mormorò. Teneva lo sguardo fisso sul bel cielo stellato steso sulle loro teste. Le sue lunghe ciglia parevano piccole setole color alabastro.
«Non dovresti prendere freddo» gli disse Shoto, senza alcuna particolare inclinazione nella voce.
«Sto bene» redarguì, scostandosi dal bordo del balcone. Shoto gli si avvicinò.
Aveva sempre pensato che Shoto fosse molto più sciocco di Katsuki, ma forse, si era sbagliato.
«Perché non torni a dormire?» gli domandò l'alpha, tenendo le braccia conserte al petto.
Dominic sogghignò, si lasciò andare, poggiando i gomiti contro la balaustra di ferro. Percepì lo sguardo attento di Shoto bruciargli la pelle, non se ne curò.
«E perché mai?» obiettò, sul suo bel viso si dipinse una smorfia di fastidio, «per aspettare che il mio fidanzato torni da me, dopo essersela spassata con il suo adorato Izuku?» sibilò, la voce ridotta a un velo d'odio.
«Katsuki non ti farebbe mai una cosa del genere» lo rimbeccò Shoto, poggiando il fianco contro la ringhiera.
Dominic sollevò lo sguardo su di lui, un sorrisetto amaro sulle labbra.
«Ma lo ha già fatto» redarguì Dominic, con sguardo vacuo si volse a guardare sotto di loro. «Il mio amato fidanzato preferisce un qualsiasi omega a me» decretò, «non potrebbe importargli meno di suo figlio, né tantomeno di me.»
«Se lo sai, perché non fai nulla?» proferì Shoto, confuso. I suoi bei occhi azzurri si incurvarono appena. Dominic scosse la testa, mordendosi l'interno guancia.
«Cosa dovrei fare?» si fece più vicino, il viso impassibile di Shoto pareva fatto di ceramica, neanche una piccola sbavatura increspava quella pelle perfetta.
«Cosa vuoi che faccia? Dovrei forse andare lì e mettermi ad urlare? Cosa posso farci se vuole scoparsi quello str-»
Shoto ringhiò, rilasciando un po' i suoi canini. Dominic sollevò le mani in segno di resa.
«Okay, certo» mormorò, «sei dalla sua parte.»
«Non si tratta di questo» obiettò Shoto, «si tratta del modo in cui tu tratti Izuku e qualsiasi altro omega che è sulla tua strada» gli fece notare, la voce monocorde.
Dominic spostò lo sguardo, ma nonostante il buio, Shoto avrebbe giurato di aver visto un velo di vergogna coprirgli le iridi.
«Non so di cosa parli» si difese. Shoto gli si accostò, le punte dei loro piedi si sfiorarono.
«Si, però negarlo non riuscirà certo a renderlo meno vero.»
Dominic si volse a guardarlo. Erano così vicini che Dominic riusciva a scorgere le pagliuzze più chiare dei suoi occhi.
«Non so cosa ti abbiano fatto, Dominic Freimont, ma conosco bene quella rabbia» indico i suoi occhi, «ti distruggerà, finché non resterà che il senso di colpa. Vivrai solo e unicamente per scontare i tuoi peccati.»
Dominic guardò alle sue spalle, poi, gli accostò le labbra alla bocca e guardandolo negli occhi prese a parlare.
«Tu non sai un cazzo, Todoroki» sibilò, la voce intrisa di una rabbia che non faceva altro che mischiarsi alla dolcezza elaborata che gli aveva cucito sopra, «questa rabbia, è l'unica cosa che mi ha fatto sopravvivere per diciassette anni. È la mia unica amica e la sola che mi sostiene.»
Gli prese il viso e gli lasciò un bacio sulle labbra chiuse. Un lieve tocco, che più che affetto, a Shoto parve un bacio di Giuda.
Poi, gli diede le spalle e rientrò.
Denki aveva capito presto che la vita non era facile.
Sopravvivere non era facile, vincere non era facile. Ogni giorno, da quando aveva cinque anni, non faceva altro che nascondersi e prendere a morsi il dolore che la vita gli infliggeva ogni giorno.
A volte lottava, a volte piangeva, a volte stava semplicemente in silenzio, subendo.
Non sapeva mai cosa fare e come farlo, perciò, sin da quando aveva la tenera età di dieci anni, lasciava che chiunque giocasse con il suo corpo.
Non importava cosa capitava, lui restava comunque una bambolina. Suo padre, glielo ripeteva sempre.
Un bel pupazzetto di carne e ossa.
Lasciava che il suo corpo soddisfacesse gli adulti e che la sua anima restasse ghiacciata nel suo corpo, più infondo possibile.
Gli era sempre andata bene cosi, era sempre stato un personaggio sullo sfondo, qualcuno che vedevi sempre da lontano, ma a cui nessuno immaginava di rivolgere la parola.
Gli era sempre andata bene così, almeno finché non aveva conosciuto lui.
Non ricordava esattamente quando fosse accaduto, ma ricordava che nel vederlo, ogni volta il suo cuore cambiava battito. Ogni volta c'era qualcosa di nuovo, ogni volta sorrideva.
Nella prima linea temporale, lui era libero. Libero da quella schiavitù, libero dal suo essere, libero. Non ricordava cosa accadeva, ma ricordava benissimo lui. Ricordava che si incontravano in ogni linea temporale, ricordava che si innamorava in ogni linea temporale.
Restava a guardarlo, per ore, per giorni interi, scrutando le immagini nella sua mente, stando attento ad ogni briciola.
Rileggeva ogni scena, studiava ogni smorfia, ogni sorriso, ogni parola.
Ripescava il suo viso dai suoi ricordi, accarezzava il suo viso ogni notte.
Aveva sempre creduto che non lo avrebbe mai potuto avere, aveva sempre creduto che lui non se ne sarebbe mai accorto, ma stavolta, era stato diverso.
Stavolta lui se ne era accorto. Stavolta, lui lo guardava. Stavolta poteva andare diversamente.
Se ne era convinto, ormai viveva a tratti, sopravvivendo ogni secondo e vivendo davvero solo quando lo incrociava in corridoio.
In questa linea temporale, aveva stupidamente creduto che avrebbe potuto avere il suo sogno.
Si sbagliava. E la consapevolezza del suo errore arrivò proprio alle quattro e mezzo di mattina, mentre sentiva Aizawa ridacchiare assieme a un omega e baciargli la bocca per zittirsi.
E osservò, lo studiò dalla fessura della porta per ogni secondo che poté, finché non lo vide sparire in camera, concendendosi di piangere solo quando sentì la porta chiudersi, solo quando, esausto e tremante si lasciò scivolare con la schiena contro il muro.
Con le parole di suo padre che continuavno a suonargli in testa come una maledizione.
Gli alpha non piangono. Tu sei un alpha, non devi piangere.
🌼
Spazio autrice:
Come posso non dedicare quest'ultima parte ad Artemide_Black_Soul? Quindi, Artemide, questa è tutta per te💜
Be', mentre la scrivevo pensavo soprattutto al suo Denki, perciò, mi sento in dovere di dedicartelo e confermare anche la tua teoria sul genere di quest'ultimo. Spero che ti piaccia!
E voi, miei amati lettori e lettrici, che ne dite?
Finalmente Izuku e Katsuki si sono lasciati andare e hanno avuto il loro grande momento? Vi è piaciuto? E cosa pensate dell'Izuku che c'è stato dopo?
Poi, Lucien e Aizawa, li vediamo sempre più in complicità, però, per questo qualcuno soffre…ve lo aspettavate che fosse proprio Denki?
E c'è anche la parte di Shoto e Dominic! Che ve ne sembra?
Vi aspetto nei commenti!
Alla prossima♥️
Lilla
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top