20. A te chi ci pensa?

Nel buio della sua stanza, Izuku pensava che non ci fosse niente di vero oltre il suo ventre.

Steso sul materasso di casa di Katsuki, ripensava a suo padre mentre il pupazzetto che un tempo era stato il suo unico amico, restava imprigionato nel suo polso, stretto sul suo cuore.
Sembrava infondergli calore, uno strano, assiduo calore.

Il medico gli aveva detto che il suo bambino aveva ventotto settimane, era sano, ma doveva smetterla di essere imprudente. Izuku non aveva saputo cosa replicare. Lì per lì, aveva guardato il medico, senza capire, poi, quest'ultimo aveva gettato un'occhiata alla ferita sul suo polso. Gli aveva guardato le guance, i cui segni rossi restavano ancora evidenti.

Avrebbe voluto coprirsi. Prendere le sue mani e nasconderle in qualche luogo sconosciuto, riacciuffarle solo dopo che il medico avesse finito. Però, non aveva potuto farlo, perciò, era rimasto in silenzio.

Gli aveva raccomandato massima prudenza, massimo riposo, massima noia. Massima ansia. Se c'era una cosa che Izuku aveva imparato negli anni, questa era, che; corpo fermo voleva dire cervello in movimento. Non era neppure una verità, era assolutamente un dogma.

Starsene tutto il santo giorno nel letto gli creava frenesia. Perfino i suoi battiti acceleravano, perfino il suo cervello sudava. Si muoveva di continuo, girandosi a pancia in sotto, sul fianco, in diagonale. Niente. I calcetti alla pancia si erano fatti più frequenti, così come le visite di Dominic a Katsuki.

Izuku lo odiava.
Non riusciva a tollerare la presenza di Dominic accanto a Katsuki, non riusciva a guardarlo senza pensare alle labbra di Katsuki che lo baciavano, alla sua voce, al modo in cui Dominic potesse sentirsi maledettamente amato da quell'alpha.

Non era mai stato un tipo presuntuoso. Lui era sempre il ragazzo che offriva l'ultimo pezzetto di cibo, quello che se qualcuno non aveva una cosa la condivideva, quello che sorrideva agli altri, ma con Dominic era diverso. Dominic aveva Katsuki, il suo Katsuki.

Quando però ci pensava, si ritrovava a chiedersi se quello fosse davvero il suo Katsuki. Insomma, il biondo non gli aveva mai promesso nulla, non gli aveva mai ammesso nulla, perciò, quello che voleva, era utopia. Eppure, non riusciva a liberarsi di quella sensazione di nausea, di dolore, di rabbia, che gli attanagliava le viscere ogni volta che percepiva lo sguardo di Dominic e la sua presenza in quella casa.

Non avrebbe voluto fargli del male, non avrebbe voluto schiaffeggiarlo o strattonarlo, ma avrebbe voluto vederlo lontano, saperlo di qualcun altro.
Perché proprio lui? Si ritrovava a chiedersi nel buio della stanza, ogni qualvolta i suoi pensieri ruzzolassero verso quel viso.

Dominic era molto più bello di lui, molto più spigliato nel parlare e nel comprendere. Non sapeva da dove venisse, ricordava che era stato con lui nella stanza 366 per qualche mese, e ricordava che proprio durante una notte lo avessero portato via, mentre lui tossiva e ansimava. Tubercolosi, aveva sentito. Gli uomini che lo avevano prelevato, indossavano una mascherina sul viso, simile a quella di Chisaki.

Izuku pensava che Dominic sarebbe morto. I primi tempi, pensava che le sue cure, seppur approssimative e poco efficaci, lo avrebbero aiutato, si sbagliava.
Col tempo, Dominic pareva solo peggiorare. Lo sentiva tossire in piena notte e ansimare mentre respirava, un rantolo simile a quello di un animale ferito. Izuku ricordava quel respiro, ricordava il suo cuore stretto in quella morsa di terrore. Una vita umana gli sarebbe volata accanto mentre lui osservava. Quelle notti non dormiva. Si girava nel suo letto, sobbalzando ogni volta che la tosse di Dominic rompeva il silenzio. Guardava imperterrito la sua schiena stretta nel logoro piumino e tremante, scossa dai singhiozzi.

Si chiese come avesse fatto. Come fosse fuggito da quell'inferno e dalla morte stessa. Dove avesse trovato tutta quella forza, quel coraggio, quella fermezza per non tremare dinanzi alla morsa feroce della violenza di quella vita.
Lui non ce l'aveva.

Quando Katsuki era entrato nella sua vita, Izuku credeva che fosse arrivato al punto di conclusione, pensava che il suo capolinea fosse a pochi metri. Quando lo aveva portato via di lì, Izuku non sapeva cosa essere o cosa fare. E quando lo guardava, Izuku si chiedeva come dire di no. Come dire di no a quella forza che gli ballava nello stomaco, come un'onda gigante che minacciava di travolgere ogni singolo paletto del muro con cui aveva recintato il suo cuore.
Come si fa? Si chiedeva nel buio della sua stanza, mentre le sfumature del cielo gli apparivano opache sul pavimento, riflesse dai vetri della finestra.

Come faccio a smettere di guardarlo? Come faccio a smettere di chiedermi cosa vuole da me? Come faccio a smettere di sognarlo? Come faccio a smettere di fare crescere quest'onda?

Izuku una risposta non sapeva darsela.





In quei giorni di immobilità, capitava spesso che Xander, Mina o i suoi fratelli lo andassero a trovare.

Si sedevano accanto a lui, sorridendogli.
Gli chiedevano come andava, come stesse, se fosse stanco. Bene, sto benissimo, no affatto, rispondeva.

Loro annuivano, poi, gli parlavano della loro giornata. Mina gli raccontava dei progressi fatti in cucina, gli raccontava delle nuove ricette che voleva mostrargli, dei vestiti nuovi che aveva comprato, delle rose che Kirishima gli aveva portato quella sera. Izuku l'ascoltava in silenzio, sorridendo qua e là. Con Xander era più profondo. Gli aveva spiegato che aspettava un bambino subito dopo la visita del medico e lui, al contrario di ogni sua previsione, era stato molto contento.
Si era congratulato e gli aveva chiesto se avesse potuto accarezzargli il ventre.

Certo che puoi, gli aveva ripetuto ogni volta, Izuku.
Così, ora durante le sue visite, Xander se ne stava tutto il tempo rannicchiato a guardare o sfiorare la sua pancia gonfia.

Il medico gli aveva detto di più e di conseguenza, Mina lo faceva abbottare di cibo. Gli preparava pasti pieni e saporiti, che lo costringevano a bere moltissimo e a fare tantissima pipì. Quando aveva espresso le sue preoccupazioni a Mina per la sua precaria vescica, lei si era messa a ridere.

No, che non hai niente, Deku! È normale andare molte volte in bagno durante la gravidanza, il bambino preme sulla vescica, quindi non preoccuparti, gli aveva spiegato, accarezzando il suo pancione. Anche lei, stava bene. Era a otto mesi, ma il suo pancione era molto più grande di quello di Izuku.

Capitava anche che lo andasse a trovare Shoto, però, lui restava tutto il tempo sulla soglia della porta. Gli chiedeva se avesse bisogno di qualcosa, gli sorrideva, gli portava spesso dei biscotti o dei piccoli dolci. Se ne andava sempre prima che Izuku potesse chiedergli scusa.

Le sue visite non erano mai regolari e spesso, Izuku lo aveva trovato ad osservarlo dalla porta, mentre disegnava qualcosa o provava a leggere.
In quel caso, non diceva nulla, provava ad invitare Shoto a sedersi con lui, ma il ragazzo rifiutava sempre con un sorriso e si allontanava.

Anche Katsuki lo andava a trovare. Le sue visite erano quelle che Izuku amava e odiava di più. Amava perché vederlo lì, vicino a sé, sapere che quegli occhi avrebbero guardato solo lui, che quelle mani avrebbero toccato solo le sue, gli mandava a fuoco lo stomaco, ma al contempo le odiava perché Katsuki era decisamente quanto di più lontano da ciò che Izuku potesse desiderare o avere.

Lo aspettava per tutto il giorno e quando infine, la sera andava a trovarlo, Izuku si odiava. Si odiava perché Katsuki era impeccabile, perché aveva mantenuto la promessa di insegnargli a leggere, perché era paziente e non urlava, perché ogni volta gli portava una confezione di cioccolata al latte, perché gli respirava così vicino che il cuore di Izuku iniziava a battere così forte da fargli temere di perderlo.

Si odiava perché, quando Katsuki gli sorrideva Izuku si sentiva morire.

Non conosceva il significato della parola che gli ronzava in testa in ogni secondo della giornata, e non era certo di volerlo sapere.





Katsuki gli aveva insegnato a leggere le vocali, a scandire la d e la t, a riconoscere le doppie. Gli portava sempre qualche nuovo libro da leggere.

Glieli poggiava sul comodino, assieme a qualche foglio e una penna. Avevano stretto un patto; Izuku avrebbe scritto su quel foglio tutti i pensieri cattivi verso di sé che aveva avuto durante la giornata e poi li avrebbero bruciati nel camino.
Izuku non voleva che Katsuki li leggesse, così, gli faceva sempre trovare il foglio chiuso, così che, il biondo dovesse solo lanciarlo nel fuoco.

Izuku aveva scoperto che era liberante, ma anche doloroso. Non sempre riusciva d esprimersi, non sempre la sua grammatica era corretta e spesso scordava qualche nuova parola, ma Katsuki gli diceva sempre che era molto bravo. Gli diceva che non aveva mai conosciuto un ragazzo, un omega come lui. Izuku non sapeva mai se fosse onesto o no. Non è che non ci provasse a credere a ciò che diceva, era soltanto il suo modo di sopravvivere.

Katsuki tuttavia, pareva non notare tutti questi suoi complessi. Ogni sera lo ascoltava leggere, non lo rimproverava quando sbagliava, neppure se faceva lo stesso errore tante volte. Gli diceva di riprovare, gli diceva di tentare ancora.
Stavolta andrà meglio, vedrai oppure
non preoccuparti.

Izuku dal canto suo, si impegnava il più possibile. Imparare a leggere e scrivere avrebbe potuto aiutarlo. Forse un tempo sapeva farlo, ma ora, gli risultava sempre più di difficile ricordare. Ci provava, si sforzava ogni notte di pensare a quello che gli aveva detto Matthew, a quello che gli ripeteva Katsuki. Si chiedeva come poteva farli felici entrambi, si chiedeva come potesse ricordare.

Spesso, si confrontava anche con suo fratello Lucien. Il bello e misterioso fratellino, aveva accettato di andare a vivere con loro e Izuku aveva accettato di aiutarlo.

Il viaggio in auto verso il ritorno da casa di Inko Midoriya, era stato silenzioso. Lucien aveva continuato a fissare il finestrino, le braccia incrociate al petto, Millie si era addormentato sulla sua spalla. Izuku era rimasto in silenzio.
Katsuki aveva guidato, gli occhi fissi sulla strada.

Lucien si era ambientato bene. Katsuki gli aveva detto che avrebbe potuto prendere la stanza che voleva, così lui aveva scelto quella più vicina ad Izuku. Millie dormiva con lui, anche se Mina insisteva spesso affinché dormisse nella cameretta con i suoi figli. Tra bambini si capiranno,  diceva speranzosa, saranno amici da subito! Però, Lucien si era limitato a dirle che gradiva il suo interesse ma no, suo fratello avrebbe dormito con lui ed Izuku, dopo un momento di sorpresa, temeva di
aver capito perché Lucien fosse così attento al suo fratellino.

Millie faceva incubi, tutte le notti.
Lo sentiva urlare dalla sua stanza, piangendo a singhiozzi, finché Lucien non lo stringeva tra le braccia, cullandolo.
Questo, lo sapeva, perché li aveva osservati. La prima notte era rimasto sulla soglia della porta per quasi due ore, guardando Lucien stringere a sé quel bambino, cullarlo finché non avrebbe ripreso sonno. Solo a quel punto Lucien si lasciava cadere contro il muro e piangeva. Probabilmente, pensava di non essere osservato da nessuno, perché accarezzava i riccioli di suo fratello e si lasciava andare. Quando però, quella sera aveva visto Izuku sulla soglia, aveva smesso, pulendosi rapidamente il viso.
Aveva usato la scusa della febbre, ma Izuku da allora, lo aveva osservato tutte le notti.
Ogni notte la stessa cosa.
Ogni notte cullava Millie e poi piangeva, però la mattina si alzava lo stesso e puliva la stanza, poi, usciva assieme a Kirishima.

Izuku sapeva che Lucien voleva aiutare nella guerra e stranamente, Katsuki non aveva avuto nulla da ridire. Lui al contrario, si era preoccupato molto.
Aveva cercato di far notare a Lucien che mettersi in gioco così, era pericoloso, specialmente per un ragazzo così giovane, ma Lucien non aveva voluto sentir ragioni.

So che mi hai preso a cuore, Izuku, ma devo farlo, capisci? Non sono capace di starmene con le mani in mano mentre là fuori altri omegavengono usati come noi, gli aveva detto e Izuku lo aveva abbracciato.

Si erano ambientati bene. Izuku cercava di stargli dietro, ma la settimana prima, quando era andato il medico a casa loro, per visitare Mina, come promesso, era stato anche il suo turno.
Lo aveva visitato, gli aveva passato uno strano gel sulla pancia, gli aveva fatto vedere una schermo.

Questo è il tuo bambino, gli aveva detto indicando il monitor, vuoi sapere il sesso?
Gli aveva chiesto prima di mettere via il monitor.

Izuku teneva la mano di Katsuki stretta tra le sue. Il biondo aveva voluto esserci, così Izuku, sotto lo sguardo allibito di Mina e Kirishima, - il quale, aveva ricevuto la notizia della sua gravidanza da Mina, poco dopo che Izuku stesso glielo aveva chiesto, - glielo aveva concesso.

Non aveva voluto saperlo. Non gli importava se fosse stato maschio o femmina; lo avrebbe amato comunque.
Katsuki gli aveva sorriso.

Il medico, alla fine della visita, si era congratulato con Bakugo credendo fosse lui il padre del bambino, ma Izuku non aveva fatto in tempo a dissentire perché Katsuki aveva ringraziato quell'uomo e lo aveva accompagnato in salotto.

Quando più tardi quella sera, gli aveva chiesto perché non avesse detto al medico che si sbagliava e che lui non era il padre del bambino, Katsuki aveva scrollato le spalle, e mentre giocava con le dita sulle sue lentiggini, aveva risposto:

«Non è un problema, Izuku. E poi, meno sa quell'uomo, meglio è, fidati. Per lui va bene così, era un beta ma ho visto come tremavi. Non devi temere nessuno quando ci sono io con te.»

Izuku non aveva saputo rispondere. Le mani gli tremavano leggermente dopo quelle parole. Aveva annuito e Katsuki era tornato a giocare con il suo viso.






Quella sera Izuku non riusciva a leggere.

Si sentiva in ansia, come se sapesse che sarebbe successo qualcosa. Come al solito, stava in camera sua.

Teneva tra le mani il libro che gli aveva portato Katsuki qualche sera precedente, si chiamava Pinocchio. Katsuki gli aveva detto che era di uno scrittore italiano, molto bravo. Ti piacerà, gli aveva detto.
Tuttavia, Izuku lo trovava estremamente impegnativo. Non solo le parole erano molto lunghe, ma Pinocchio, pareva anche un po' sciocco.

Proprio su questo stava riflettendo quando sentì la porta aprirsi.

Aspettò di trovare sulla soglia la figura alta e delineata di Katsuki, ma non era lui.

Il biondo dei capelli di Bakugo non aveva nulla a che fare con il castano cioccolato di quelli di Dominic, il quale, lo osservava in silenzio, le mani stese lungo i fianchi.

«Ti serve qualcosa?» chiese Izuku, allontanando lo sguardo dal libro.

Dominic scrollò le spalle, alcuni ciuffi di capelli gli scivolarono sulla fronte candida.

«Sono venuto a trovarti» spiegò, avvicinandosi al letto, Izuku lo lasciò fare, guardandolo con attenzione, «come stai?»

«Che te ne importa?» sancì lui brusco, chiuse il libro, tenendolo stretto tra indice e pollice per non perdere il segno, «non sei stato tu a dire che sono capace solo di aprire le gambe?»

Dominic non parve scomporsi più di tanto. Teneva lo sguardo su di lui, le palpebre leggermente calate sulle iridi color avorio.

«Non essere cattivo, non era forse la verità?» redarguì il ragazzo, il tono composto, «e poi, ho un debito con te.»

«Debito?» Izuku lo guardò senza capire.

Dominic si inumidì il labbro inferiore, sollevando lo sguardo al cielo.
Quando tornò a guardarlo, i suoi occhi erano vuoti ancora una volta.

«Un tempo, tu mi hai dato la tua coperta, sei rimasto accanto a me finché la febbre non si è abbassata, hai monitorato il mio respiro.»

Izuku pensava che Dominic volesse non ricordare, che gli facesse male pensare a certe cose all'inizio, ma col tempo, aveva iniziato a chiedersi se fosse davvero così, se Dominic non volesse far sapere quella parte della sua vita a Katsuki e agli altri.
Izuku rispettava questa sua decisione, nonostante tutto. Non ne aveva mai fatto cenno davanti agli altri, non glielo aveva mai ricordato. Però, ora era Dominic a parlarne, e dal suo tono, la cosa non sembrava turbarlo affatto. Non sembrava addolorato o dispiaciuto, niente, niente di niente nella sua voce opaca e costante.

«Non mi devi nulla» sancì Izuku, guardando altrove. Ed era vero, non voleva nulla in cambio, la sua era stata solo gentilezza.

«Si, invece.» Dominic non sembrava per nulla sorpreso da quella sua risposta, «e mi dirai cosa vuoi, così io te la procurerò e saremo apposto.»

Izuku scosse la testa.

«Non c'è niente che voglio» disse, incrociando le braccia.

«Tutti vogliono qualcosa» replicò Dominic, guardandolo senza alcuna emozione.

«No, non tutti vogliono qualcosa.»

Dominic sorrise, un sorriso nervoso, saccente.

«Izuku» disse, pronunciando per la prima volta il suo nome, «smettila, ti ho detto che non sono qui per litigare. Voglio ripagare il mio debito e dopodiché, puoi tornare a fare il bambino viziato e odiarmi, se è questo che vuoi.»

Izuku scoppiò a ridere.

«Scusami? Sarei io il bambino viziato, ne sei proprio sicuro?!» lo sbeffeggiò.

Dominic non se la prese. Accavallò le gambe, poggiandoci sopra i palmi.

«Si, sei tu il bambino viziato e sai perché?» sibilò. Izuku lo guardò, sollevando le sopracciglia.

«Illuminami.»

«Perchè non fai altro che lagnarti e piangere» disse, la voce incurante, «non fai altro che correre dietro a Katsuki-san ogni volta che qualcuno ti tira un pizzicotto. Non fai altro che piangere a destra e manca, svieni, piangi e ti lamenti. Da quando sei in questa casa non fai altro. Non ti ho mai visto una volta fare qualcosa di producente, non ti ho mai visto non dare problemi al mio fidanzato, non ti ho mai visto fare altro se non startene da una parte a frignare su quanto la vita sia stata crudele con te.»

Dominic lo guardava come se stesse osservando un muro, gli occhi atoni.

Izuku non poté ignorare il calcio che colpì il suo cuore sentendo quelle parole. Gli ruzzolarono direttamente nelle orecchie continuando a vibrare nella sua mente.

«Bene,» sancì Dominic, ignorando il suo sguardo ferito, «ora che la tua furia è scomparsa, dimmi, cos'è che vuoi?»

Izuku lo guardò con odio.

«Voglio che te ne vai» ringhiò, «voglio che sparisci dalla mia vista, e che non torni più» il suo sguardo si assottiglio, le palpebre si spinsero giù.

Dominic non spostò lo sguardo.
Si rimise in piedi, stendendo di nuovo le mani lungo i fianchi morbidi. La maglietta nera gli fasciava il torace, mettendo in evidenza le sue clavicole delineate.

«Fammi sapere quando avrai una risposta, Midoriya Izuku» sentenziò, dandogli le spalle. Camminò verso la porta, premette la mano sulla maniglia ma prima che potesse abbassarla, Izuku mormorò a voce bassa:
«Piangere non è segno di debolezza, Dominic.»

Dominic inclinò appena il viso, i suoi grandi occhi avorio, lo scrutavano.

«Neanche di forza» replicò, poi, indulgiò. Izuku lo vide sospirare.

«Un omega come te non ha nulla da invidiare a nessuno» disse, nessuna particolare inclinazione nella voce fina.

Izuku voltò il viso in sua direzione, sorpreso. Non riuscì a replicare, perché Dominic stava già uscendo dalla stanza.

Però, le sue parole continuarono a volteggiare nella stanza, finendo tra le scapole e il cuore di Izuku.






«C'è qualcosa che non va?»

Katsuki lo stava guardando. Sentiva il suo sguardo bruciare sulla pelle come fuoco. Non accennava a smettere e Izuku pensò che gli sarebbe toccato bruciare tra quelle fiamme, in eterno.

«Nulla» mormorò.
«Izuku,» asserì Katsuki, mettendosi a sedere accanto a lui, «sono dieci minuti che fissi il libro senza riuscire a leggere» gli fece notare, il tono pacato, Izuku arrossì.
«Se non riesci a leggere qualcosa, te l'ho già detto e te lo ripeto, puoi dirmelo, non devi farti problemi, cazzo» disse, i suoi occhi rossi lo teneva inchiodato a quel materasso, senza dargli una via di fuga.
«Non si tratta di questo» distolse lo sguardo, fuggendo da quelle iridi di sangue e fuoco.
«E di cosa allora?» domandò Katsuki, le sopracciglia aggrottate, le labbra serrate.
«Niente, non è niente» farfugliò l'omega.

Katsuki gli prese il mento, portando i suoi occhi su di lui. Tremò, il respiro mozzato da quella vicinanza, il battito impazzito.

«Non ti credo» sussurrò, le labbra pericolosamente parallele alle sue, «guardami e dimmi cosa c'è che non va.»

Izuku sentì il suo respiro soffiato sulla bocca. Seducente, sexy, vicino. Voleva riassaggiare quella bocca, rammendarne il sapore, sperimentare ancora una volta la morbidezza delle sue labbra.
Dovette mordersi la lingua, impedendosi di muoversi.

«Kacchan…»
«Cosa c'è, Izuku?» la voce ridotta a un filo di respiro che si spezzava e riprendeva vita tra le loro bocche.
«N-non possiamo…» mormorò, socchiudendo gli occhi. Gli pizzicavano tremendamente. Non riusciva neppure a respirare come doveva. Bruciava e basta.
«'Zuku,» soffiò lui, «cos'hai?» lesse la preoccupazione nei suoi occhi.

Avrebbe voluto stringergli le braccia al collo e baciarlo, spegnendo ogni dubbio sulla sua bocca, ma non poteva.
Lo sguardo incolore di Dominic gli rieccheggiava ancora nella testa.

Usò il palmo che aveva incosciosamente poggiato sul suo petto per spingerlo lontano. Il suo cuore batteva forsennato, il fiato gli tornò nei polmoni.

«Sono solo stanco» si ritrovò a farfugliare, «possiamo continuare domani?» evitava lo sguardo di Katsuki.

«Certo.»
Si alzò in piedi, non lo guardò mentre raggiungeva la porta e se la chiudeva alle spalle.







Prima di cena, Izuku si era fatto la doccia.

L'acqua calda lo aveva aiutato a ragionare e si era portata via assieme al sudore, anche, i suoi dispiaceri, anche se li sentiva di nuovo premere sulla sua gola, soffocandolo.

Stava per uscire dal bagno, quando sentì la voce di Lucien. Stava discutendo con qualcuno, perché la sua voce era leggermente distaccata, fredda. Ricordava quel tono, la volta in cui erano andati a casa sua, lo aveva usato contro di lui, contro Katsuki. Non avrebbe voluto farlo, ma… voglio solo assicurarmi che sta bene… si disse.
Si appiattì contro la porta, ancora semiaperta, ascoltando.

«…Non ho bisogno del tuo aiuto, Shota» stava dicendo Lucien, la voce lievemente infastidita. Izuku non capì a chi si stava rivolgendo, finché non sentì l'altro rispondere.

«Volevo solo assicurarmi che stessi bene, lo sai.»

Quella voce. Quella voce, Izuku la ricordava bene. Il tono formale, roco, basso. Aizawa Shota.
Proteggerlo? Perché Aizawa conosceva suo fratello? Cosa significava?
Restò in silenzio, continuando a sentire.

«Come se avessi mai fatto qualcosa per impedire che stessi male» gli fece notare Lucien, il tono tagliente.

«Cazzo» sentì un tonfo, si sporse un poco, vedendo il pugno di Aizawa fermo contro la parete alle spalle di suo fratello. Lucien lo guardava dritto negli occhi, senza battere ciglio.
«Sai che avrei fatto di tutto per te!» gli sbottò contro, ringhiando tra i denti. Le labbra di Lucien si storsero in un sorrisetto amaro. Sotto la luce della lampada del corridoio, pareva ancora più bello di quanto Izuku lo avesse già visto.
Si stava curando ora, il medico gli aveva dato delle medicine per la sua polmonite, mangiava di più, le sue guance avevano riacquistato il loro normale rossore, le lentiggini chiare parevano ancora più evidenti.

Fece un verso di sdegno, continuando a sfidare Aizawa con lo sguardo.

«Questo si che è divertente» asserì, schiacciando le parole sulla lingua, «tu che faresti di tutto per me? Ma se a stento hai lasciato tua moglie! Non mi hai mai detto che mi avresti portato via di lì, non mi hai mai dato una certezza, non mi hai mai tirato su, ma io ti bastavo benissimo quando dovevi svuotarti le palle, quando piangevi la notte e mi chiedevi scusa, quando-»

Un altro tonfo.
«Smettila, cazzo!» sbraitò, colpendo il muro proprio accanto al suo viso. Lucien ebbe un fremito impercettibile da vicino, ma Izuku lo notò benissimo.
«Perché fai sempre così?! Perché cazzo devi essere sempre così?!» ringhiò Aizawa, guardandolo. Erano così vicini che Izuku dovette farsi più vicino allo spiraglio della porta, per vederli meglio.

«Non mi hai mai portato neppure una medicina per Millie, lo sapevi che stava male e-»

«Cazzo, Cici!» asserì Aizawa, quel nomignolo fece spalancare gli occhi a Lucien. Sembrava averlo colto alla sprovvista. Ora lo guardava smarrito, sfarfallando le lunghe ciglia.

Spinse indietro Aizawa, sbirciando attorno guardingo. Izuku fece appena in tempo a spostarsi. Il cuore che batteva furioso. Quando si rese conto che non c'era nessuno, riavvicinò Aizawa a sé, prendendolo dalla collottola della camicia nera. Solo allora, Izuku tornò a sbirciare.

«Sei impazzito?» gli disse, guardandolo torvo, non aspettò una sua risposta, continuò a parlare, soffocando il tono «non puoi chiamarmi così, qui. Non davanti a loro» Izuku si chiese cosa intendesse con 'loro'. «Non capisci cosa penserebbero?! Millie ha una casa ora, si sta ambientando con quei bambini, sta avendo un'istruzione. Non posso permettermi di fare cazzate, non puoi fare cazzate. Lui non deve diventare un analfabeta senza alcuna capacità come me. Darò a mio fratello tutto quello che non ho avuto e crescerà forte e intelligente» sibilò, il tono severo.

Sentì uno sbuffo.
«E a te chi cazzo deve pensarci? Stai sempre a pensare a tuo fratello, al suo futuro, ma a te, chi ci pensa? Perché mi respingi sempre? Perché non mi permetti,» gli avvicinò un palmo alla guancia, con l'intenzione di farcela scorrere sopra, «di toccarti?» soffiò, accostando le labbra alle sue.

Lucien teneva gli occhi alti, il naso sfiorava il mento di Aizawa. Era molto basso rispetto a lui, notò Izuku.

«Perché dovrei permettere a un cordardo di toccarmi? Di toccare il mio viso?» mormorò Lucien, le labbra leggermente schiuse. Aizawa sorrise, un leggero incurvarsi delle sue labbra sottili.
«Perché il cuore di questo codardo ti appartiene» soffiò.

Il cuore.
Izuku spalancò gli occhi, esterefatto. Pensava, anzi, sperava di sbagliarsi, ma le il viso di Lucien confermava ogni cosa.

Le sue ciglia si erano abbassate, le guance si erano colorate di più, il modo in cui i suoi occhi osservavano quelli di Aizawa come se ci stesse vedendo dentro qualcosa di affascinante e ipnotico.

«Ruffiano del cazzo» sibilò, «non basteranno le tue parole dolci questa volta.»

Aizawa sogghignò. Prese una ciocca dei suoi capelli tra le dita, giocandoci.

«Il tuo odore» mormorò, facendo strisciare la punta del naso sul suo collo. Ispirò, lentamente, «mi fa…» non riuscì a concludere. Lucien lo stava baciando.
Le mani abbandonate ai lati del viso, tenendosi sollevato sulle punte dei piedi.

Izuku dovette mordersi la lingua per reprimere il verso di stupore che stava per lasciargli le labbra.

Aizawa ricambiò il bacio, spingendosi tra le sue labbra con irruenza. Le sue dita catturarono i polsi di Lucien, stringendoli.
I loro visi si inclinarono, i capelli di Aizawa scivolarono verso destra, coprendo un po' della visuale.

«No, Sho' n-non possiamo…» sentì sospirare a Lucien, non riuscì ad udire la risposta di Aizawa.
Si fece più vicino allo spiraglio, ma in quel momento qualcuno tirò la maniglia, facendolo fino a terra. Ruzzolò contro il pavimento, sbattendo il naso contro la moquette.

«Izuku? Oddio, scusami!»

Qualcuno gli porse la mano per rialzarsi e Izuku ci mise un po' a capire che si trattava di Denki. Gliela afferrò e lui lo tirò su. Si guardò immediatamente attornò, notando Aizawa e Lucien, che si erano separati e lo osservavano.

«Stai bene? Oh, merda, sanguini» Denki gli toccò il naso, cercando di fermare il flusso di sangue, Izuku tuttavia, non se ne curò molto.

Osservava suo fratello, stretto contro il muro, le guance arrossate. Nessuno pareva essersi accorto di niente, eppure, quello che aveva visto e sentito, era inconfondibile.

«Un fazzoletto…devo prenderti un fazzoletto» stava dicendo Denki, cercando di saltellare verso il bagno mentre tratteneva ancora Izuku. Il risultato fu solo di far mugolare Izuku dal dolore di essere stato strattonato.
Si scusò ancora, mortificato.

«Tieni.»
Sollevò lo sguardo, cogliendo quello di Aizawa. Gli stava porgendo un fazzoletto. Ci vollero due minuti buoni prima che riuscisse ad afferrarlo. Quando infine lo fece, accadde qualcosa.

Rivide sé stesso in quella stanza, vide Aizawa dirigersi verso di lui, ma c'era qualcosa di strano. Non era lui che guardava Aizawa, ma era lui, Aizawa. Vedo con i suoi occhi, ipotizzò, sconcertato.

Lo vide spogliarlo, percepì i suoi pensieri.
La luce spenta a posta per far sembrare i suoi capelli verdi, neri come l'alabastro, le mani che gli sfioravano i fianchi, il suo sguardo concentrato sul suo collo, sulle sue labbra. I ricordi gli sfioravano la mente, ma non erano suoi. Rivide Aizawa mentre stringeva Lucien, lo rivide baciarlo, lo rivide sfiorargli le labbra sorridendo, lo vide baciargli le lentiggini, una ad una, lo vide accarezzargli i capelli, soffici come neve sotto il suo tocco, lo vide procurargli medicine, baciare la fronte di un piccolo Millie addormentato, lo vide sorridere mentre Lucien mangiava un cibo con uno strano cipiglio, solo per non dargli la soddisfazione di sentirlo dire che era buonissimo. Lo vide osservare con nostalgia il suo bel viso addormentato. Lo vide osservare Lucien, lo vide avvicinarsi a quel ragazzo, sul ciglio della strada, chiedergli se stesse bene; il loro primo incontro.
Lucien.
Quella volta in cui aveva fatto sesso con me, pensava a Lucien, ecco perché è stato così gentile, preso.
La somiglianza tra di noi deve averlo sorpreso, sembrava soddisfatto quella notte.

Improvvisamente Aizawa era di nuovo di fronte a sé, e lo guardava, confuso.

«Tutto bene, Midoriya?» gli stava chiedendo. Izuku non riuscì a replicare, ancora preso da quelle immagini.

«Quella volta pensavi a lui, vero?» redarguì Izuku, «volevi che fossi lui, pensavi che la somiglianza avrebbe confu-»

«Denki, puoi portarlo in bagno? Fagli mettere un po' d'acqua sulla botta, deve essersi colpito la fronte» lo interruppe Aizawa, rivolgendosi a Kaminari con un breve sguardo.

Denki annuì, Izuku provò a dimenarsi, ma Kaminari lo pregò di stare buono.
Alla fine, si lasciò condurre al bagno, ma non riuscì a dimenticare la scintilla di paura nello sguardo di Aizawa, mentre gli rivolgeva quelle parole.

Poi, si chiese come avesse fatto a vedere i suoi pensieri; doveva avergli sfiorato le dita.

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Spazio autrice:
Quasi 5000 parole e volevo anche allungare...succedono poche cose, lo so, però sarebbe stato lunghissimo. In merito a questo, per i miei lettori; per voi sono meglio capitoli corti (massimo 3000/4000 parole) o capitoli lunghi (massimo 6000/7000 parole)?
Fatemi sapere che ne pensate!

Inoltre, per quanto riguarda il capitolo; sorpresi di ciò che ha proposto Dominic? E di quello che hanno fatto Lucien e Aizawa?
Vi piacciono o no?
Vi aspetto nei commenti!♥️
Un bacio,♥️♥️

Lilla






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