17.2. Passati e Futuri

La prima volta che aveva visto Izuku, aveva quindici anni.

Lo aveva trovato così bello che avrebbe passato i mesi successivi a cercare di attirare la sua attenzione, in ogni modo possibile.

Lo avrebbe riempito di fiori, gli avrebbe regalato gioielli costosi, gli avrebbe fatto portare pacchi su pacchi di dolci, gli avrebbe dedicato una poesia, ma sarebbe valso a nulla.

«Il suo cuore ha già un nome, Baku-bro» gli aveva detto Kirishima, passandogli un braccio attorno alle spalle.

Katsuki, aveva pensato che era facile per lui, parlare; lui aveva già la sua ragazza, aveva la sua bella alpha, che nonostante il carattere, era assolutamente azzeccata per lui.

Invece, lui non aveva nessuno.
Perfino i suoi genitori non erano orgogliosi di lui, perfino sua madre gli ricordava che non era mai abbastanza.

Katsuki non se ne faceva un cruccio, lo sapeva e basta, come si sa che qualcuno ha delle carenze, lui sapeva che sarebbe rimasto solo.

Non se ne era mai preoccupato eccessivamente, a quindici anni, gli unici problemi che aveva mai avuto, erano in quale locale andare il sabato sera o quanto studiare per la verifica di biologia, niente di più, però, poi era arrivato Izuku.

Prima di allora, Katsuki ne aveva avuti di omega, ragazzi, ragazze. Era bello, ricco, intelligente e colto, chiunque avrebbe fatto a gara per passare una notte con lui, però, nessuno era mai stato così bravo da rubargli il cuore.

Quell'onere era stato tutto di Izuku Midoriya, dei suoi occhioni verdi e delle sue sette lentiggini che come stelle gli illuminavano il viso diafano.

Prima di conoscerlo, Katsuki viveva. Dopo averlo conosciuto, si limitava a respirare davvero solo quando gli parlava o quando lui gli sorrideva.

Non aveva mai pensato che Izuku lo avrebbe fatto patire così tanto prima di concedergli anche solo un sorriso.

Non avrebbe mai pensato che avrebbe dovuto inginocchiarsi e chiedergli per favore di dargli un'opportunità.
Il fatto, non era tanto il suo orgoglio, quanto chi glielo stava ferendo.

Izuku non era suo.
Il bello, irraggiungibile, gentile, Izuku Midoriya, aveva un fidanzato e Katsuki avrebbe anche potuto tollerarlo, se non fosse stato Shoto Todoroki.

Il più bel faccino che Katsuki avesse mai visto, su un alpha. Perché si, Shoto Todoroki, era maledettamente e fottutamente perfetto, quanto di più simile a un dio in terra ci fosse.

Da sempre, Katsuki ricordava che Shoto non era mai stato carente in qualcosa, a partire dalle materie scolastiche in cui aveva tutte A, alle attività extracurricolari.
Non ricordava però, che qualcuno lo avesse mai affascinato tanto da rubargli l'anima.

Nessuno, finché non era arrivato Izuku.

Il giorno stesso in cui Katsuki lo aveva visto, aveva capito che doveva averlo.

Qualcuno come Izuku, era raro come una rosa in un campo gelido. Come un girasole nel deserto. E poi, con quel carattere che aveva, era stato in grado di scaturire qualcosa perfino nel cuore gelido del Bastardo a Metà, come aveva sarcasticamente, soprannominato Shoto Todoroki.

Be', Katsuki non era un tipo che si tirava indietro e se all'inizio, non sapeva di quel fidanzato, quando lo aveva scoperto, non era certamente intenzionato a tirarsi indietro.

Se il Bastardo voleva la guerra, gliela avrebbe fatta e si sarebbe preso Izuku.

Peccato però, che non avesse affatto calcolato la testardaggine e l'amore di Izuku. I suoi fottuti valori, i maledetti sorrisi che rivolgeva a chiunque, tranne che a lui, il modo in cui piegava le labbra prima di sbuffare fuori un risolino.

Solo ripensandoci più avanti, avrebbe capito che se ne era innamorato appena lo aveva visto, seduto su quel campo sportivo, con l'erba e il cielo come unica cornice e il sorriso sulle labbra, le lentiggini che gli adornavano le guance come piccole spruzzate di terriccio.
Rideva per qualcosa che qualcuno aveva detto e i suoi occhi sembravano così trapsarenti da permettere di vedergli l'anima stessa.

Bello, puro e semplice, come un girasole.

Con i riccioli al vento, le sfumature corvine delle ciocche e le labbra rosse schiuse.

Katsuki si era preso una pallonata in faccia quel giorno e quando Kirishima gli aveva fatto notare che era colpa sua che si era distratto, gli aveva ricambiato il favore.

Chiunque si sarebbe distratto con una simile meraviglia davanti. O almeno, così aveva voluto giustificarsi.

Non era certo un caso se dopo un po', quelli che giravano attorno a quell'omega, fossero spariti tutti o addirittura, gli passassero così lontano da far nascere dubbi nell'animo gentile di Izuku.

Da quel primo momento, Katsuki non era stato più in grado di fare nulla senza pensare ad Izuku. Era sempre lì, come un tarlo, come una costante.

Lo aveva corteggiato.
Lo aveva aspettato fuori scuola, chiedendogli un appuntamento per mesi,  dicendo che voleva solo essere suo amico, lo aveva perseguitato nei corridoi, aveva chiesto favori su favori per riuscire a passare qualche turno in palestra con lui e la sua classe, gli aveva comprato dei fiori, facendoglieli consegnare ogni giorno da un ragazzo diverso.
Ogni giorno un mazzo diverso, ma sempre con un girasole in mezzo.

Ogni giorno gli aveva offerto un passaggio con la sua moto e ogni giorno Izuku aveva rifiutato.

Sempre con un piccolo sorriso gentile, sempre guardandolo appena.

Il giorno che aveva finalmente accettato di uscire, pioveva. Katsuki ricordava che aveva da poco finito l'allenamento di rugby, era zuppo dalla testa ai piedi, sudato e sporco di fango, aveva anche un lieve ematoma sullo zigomo, per via di una scivolata.

Izuku lo guardava da lontano.
Sedeva sull'erba bagnata, incurante della pioggia che gli inzuppava i vestiti, un diario tra le mani, i riccioli che appiccicati alla fronte.

Nel vederlo raggiungerlo, le sue lunghe ciglia si erano mosse, portando lo sguardo su di lui.

Katsuki gli era passato accanto e lo aveva salutato. Poi, si era avviato verso la sua moto, senza aggiungere altro.
Però, si era voltato.
Izuku lo aveva seguito fino al parcheggio, poi, gli aveva poggiato una mano sul petto.

«Non mi offri un passaggio, oggi?» gli aveva chiesto. Solo sollevando lo sguardo, Katsuki, si era reso conto che aveva gli occhi rossi e non per via della pioggia.

Al contatto della sua mano contro il petto, Katsuki aveva sentito il cuore battere così forte che pensò gli sarebbe risalito lungo la gola.

«Mi dici sempre di no» gli fece notare, la voce tremante. Se la schiarì, tossicchiando.

Izuku non distolse lo sguardo. Si fece più vicino, fino quasi a sentire il respiro sulle sua bocca.

«Tu chiedimelo lo stesso, no?»

Aveva sorriso, una piccola curva gentile, il suo cuore aveva perso un battito.

Era la prima volta che gli sorrideva in quel modo, era la prima volta che lo toccava.

«Vuoi un passaggio, piccolo gli soffiò sulla bocca.

Izuku inclinò il capo.

«Si.»

Katsuki era rimasto un attimo sconcertato. Era già pronto ad essere nuovamente rifiutato, ma la risposta affermativa di Izuku lo lasciò spaesato.
Anche l'omega doveva averci fatto caso, perché aggiunse ridacchiando:

«Allora mi porti?»

«Cazzo si, sali» asserì, riprendendosi.

Lo aveva portato in moto e Izuku gli aveva rivelato che era la prima volta che saliva su una di quelle. Katsuki aveva riso e gli aveva detto di reggersi.

Izuku gli aveva stretto le braccia lungo i fianchi, il petto stretto alla sua schiena.
Era stato il primo di tanti viaggi in moto che avrebbero fatto, ma il suo avrebbe battuto cosi forte, ogni singola volta.

Non si sarebbe mai davvero stufato di Izuku, mai.

La seconda volta che Izuku gli aveva sorriso in quel modo, erano seduti su un prato.

Lo aveva portato a mangiare lì, un picnic in mezzo a un prato di girasoli.
Izuku aveva riso, poi, si era seduto a terra, ignorando i dubbi di Katsuki.

Stavolta, era stato Izuku a cercarlo, sorridendogli gli aveva chiesto se poteva portarlo in qualche posto speciale.

Katsuki lo aveva accontentato.
Avevano saltato la scuola e con suo grande stupore, Izuku gli aveva rivelato che era la prima volta che lo faceva.

«Ti sto rubando tante prime volte» gli aveva detto, scherzando.

Izuku però, era arrossito.

In quello stesso campo di girasoli, tredici appuntamenti dopo, Katsuki lo avrebbe fatto suo, cogliendo anche quella sua prima volta.

La terza volta che Katsuki lo aveva visto, era un mercoledì, se lo ricordava perché il mercoledì in mensa servivano sempre il budino al cioccolato che lui odiava, ma che aveva capito, Izuku amava.

Quel giorno, mentre stava mangiando, una scena a dir poco singolare si era presentata ai suoi occhi.

A malapena si era reso conto di essersi alzato. Aveva visto solo Izuku, il suo bel Izuku, che guardava addolorato Jacob Zuma mentre gli rovesciava il budino a terra, ridendo.

Avrebbe voluto distruggerlo.
Avrebbe voluto picchiarlo così tanto da farlo diventare un vero e proprio budino, ma, fu proprio Izuku a impedirglierlo.

Gli aveva preso il polso, facendolo voltare verso di sé. Lo aveva guardato e Katsuki aveva perso la cognizione del tempo e della ragione.

«Non picchiarlo, ti prego» gli aveva chiesto, il tono dolce.

Katsuki non avrebbe mai saputo dirgli no. Lo avrebbe capito anni dopo, ma lo sospettò anche in quel momento.

Non lo picchiò, non sollevò un solo dito su di lui dinanzi ad Izuku, fu il verdino a parlare a chiedere a Jacob Zuma se fosse soddisfatto se ora stesse meglio con sé stesso, poi senza aspettare una risposta, si era diretto verso il tavolo, si era seduto e aveva iniziato a mangiare, tranquillo.

Katsuki gli era passato accanto qualche minuto dopo e senza farsi notare gli aveva fatto scivolare sul vassoio, un budino nuovo.

Qualche ora dopo, nei bagni, Katsuki avrebbe rotto il naso del bel Jacob Zuma, scolpendogli nella testa che lui, Izuku Midoriya, non poteva neanche immaginarlo.

Lo avrebbe rivisto ancora una quarta volta, dopo la sua partita di rugby, che avevano vinto.

Izuku si era congratulato con lui e poi, vedendo la folla di ragazze che ci stavano provando con lui, se ne era andato.

Katsuki, le aveva ignorate tutte e lo aveva seguito.

Quel pomeriggio lo avrebbero passato a raccogliere conciglie in riva al mare. Izuku, con i pantaloni arrotolati fino alle ginocchia e le guance arrossate, lui con lo sguardo completamente perso.

Quando lo aveva riportato a casa, il sorriso che gli ornava le labbra si era spento.

«Che succede?» gli aveva chiesto Katsuki ma Izuku non aveva risposto.

«Ci vediamo domani» gli aveva detto, lo aveva ringraziato ed era sceso dalla moto.

Quella stessa sera, Katsuki se lo era ritrovato dinanzi alla porta di casa, gli occhi completamente arrossati, il labbro spaccato e lo zigomo violaceo.

Tra i singhiozzi, lo aveva supplicato di lasciarlo dormire lì.

Quando, più tardi, Katsuki, steso nel letto accanto a lui, gli aveva chiesto chi era stato, sfiorandogli lo zigomo con i polpastrelli.

Izuku aveva esitato.
Lo aveva guardato e scongiurandolo gli aveva chiesto di lasciar stare, gli aveva rivelato che a volte, sua madre veniva colpita anche più forte.

Gli si era addormentato tra le braccia e Katsuki aveva smesso di vivere ed era diventato anima. Anima e basta.

Qualche mese dopo, Katsuki avrebbe spaccato a metà la faccia dell'uomo che Izuku era obbligato a chiamare papà.

La quinta volta che lo avrebbe rivisto, il dolore sarebbe stato così grande da mozzargli il respiro.

Il suo viso colpito ancora.
Quel pomeriggio di Marzo, Katsuki, seduto alle pendici di una quercia altissima, avrebbe giurato ad Izuku Midoriya che lo avrebbe protetto da tutto e da chiunque.

In seguito, sempre sotto quella quercia, Izuku lo avrebbe lasciato, spezzandogli il cuore.

La sesta volta che lo avrebbe visto, lo avrebbe portato a casa sua.

In realtà, non ci aveva mai portato nessuno mai, perciò, avrebbe anche giustificato l'entusiasmo e la curiosità che avrebbe mostrato sua madre nel vederlo ridere assieme a un ragazzo sconosciuto.

Quel pomeriggio, Katsuki gli avrebbe spiegato i radicali e Izuku lo sarebbe stato a sentire, per poi confessargli solo alla fine, che non ci aveva capito nulla.

Katsuki lo avrebbe osservato per tutto il tempo, lo avrebbe invitato a cena e sua madre, avrebbe preparato il suo piatto preferito, facendo tossicchiare Izuku quando avrebbe proposto di assaggiare la porzione di Katsuki; decisamente piccante, si sarebbe giustificato poi, facendo scoppiare in un fragorosa risata l'intera famiglia.

Avrebbe capito esattamente tra qualche anno che Izuku non era solamente una scommessa tra sé e sé.

Izuku era molto di più.

Al settimo appuntamento lo avrebbe portato al cinema, a vedere quel tanto agognato film di fantascienza che Izuku aveva insistito per fargli vedere.

Quasi aveva pianto quando Katsuki gli aveva portato i biglietti, in esclusiva.
Gli era saltato al collo e Katsuki lo aveva stretto per la terza volta.

All'uscita del cinema, avrebbero litigato per la prima volta. Katsuki, gli avrebbe preso la mano, ma poi, avrebbe visto le sue cicatrici. Gli ricoprivano il braccio come sentieri paralleli.

Avrebbero passato i successivi venti minuti ad urlarsi addosso, Katsuki troppo spaventato all'idea di quello che aveva portato Izuku a fare una cosa del genere, Izuku troppo spaventato all'idea che Katsuki avrebbe potuto restarne disgustato.

Avrebbero sfogato la frustazione di quel momento dieci giorni dopo, quando, Izuku gli sarebbe svenuto tra le braccia, troppo magro e troppo fragile.

Quando avrebbe riaperto gli occhi, Katsuki gli avrebbe promesso che non avrebbe più permesso che stesse così male.

Katsuki avrebbe capito troppo tardi che Izuku soffriva.

Si era sempre reputato intelligente, ma non si sarebbe mai perdonato di aver ignorato tutti quei segnali.

Avrebbe pianto così tanto che non sarebbe più a riconosciuto chi era.

Avrebbe rivisto Izuku altre sette volte.

Lo avrebbe baciato per la prima volta nel campo di girasoli e lì, qualche giorno dopo, lo avrebbe amato come con nessuno era stato capace di fare.

Lo avrebbe stretto tra le braccia, nudo e tremante, mentre implorava il suo nome, mentre gemeva, il cielo e i girasoli come unici testimoni del loro amore.

Gli avrebbe sfiorato le lentiggini con le dita, baciandone una ad una, il sorriso sulle loro labbra.

Katsuki se ne sarebbe reso conto solo dopo aver fatto l'amore con lui. Che lo amava, che ne era innamorato pazzo.

Sarebbe sprofondato quando Izuku lo avrebbe guardato nel corridoio della scuola, qualche giorno dopo, con le dita intrecciate a quelle di Shoto Todoroki.

Avrebbe sofferto così tanto che avrebbe pensato che il suo cuore sarebbe esploso, lasciandolo a sopravvivere e basta, ma non sarebbe stato così.

Avrebbe scoperto, settimane dopo, che Izuku non era in grado di reggere quell'altalena, né di starci sopra. Lo avrebbe stretto ancora una volta, mentre gli permetteva di sprofondare nelle sue carni morbide, usando la scusa dell'alcool.

Quella stessa sera gli avrebbe detto che lo amava, mentre Izuku teneva gli occhi chiusi.

Si sarebbe lacerato l'anima quando Izuku il giorno dopo, avrebbe annunciato ai suoi amici, nel cortile della scuola che Shoto lo aveva marchiato.

Avrebbe capito con un un brivido che ciò che legava lui e Izuku era molto più profondo di un semplice marchio.

Glielo avrebbe detto Izuku stesso, in lacrime, nel loro campo di girasoli.

E Katsuki gli avrebbe chiesto in ginocchio di tornare da lui, di dargli quello che volevano entrambi.

Avrebbe chiesto ad Izuku Midoriya di fottersene del marchio e di vivere con lui.

Avrebbe pianto quando Izuku gli avrebbe baciato la punta del naso, confessandogli che aveva lasciato Shoto e che lo amava.

Avrebbe stretto Izuku tra le sue braccia, mentre il sole gli baciava la pelle.

Avrebbe capito solo più tardi, solo dopo avergli urlato addosso che non era suo che non avrebbe mai potuto esserlo solo per il suo essere egoista, avrebbe realizzato solo dopo che Izuku avrebbe lasciato la sua stanza, che era stato lui a spezzarlo.

Avrebbe ripensato per anni a quello che successe quella notte, avrebbe ripensato per anni a come sarebbe potuta andare diversamente se solo non avesse detto quelle cose, e si sarebbe maledetto, finché il cuore non avrebbe smesso di battere.

Avrebbe rimpianto per anni quello Izuku avrebbe potuto dargli, avrebbe pianto per anni per il suo Izuku.

E non avrebbe mai e poi mai smesso di incolparsi, per averlo perso, per sempre.

Izuku dormiva tra le sue braccia.
Ultimamente succedeva sempre più spesso che si addormentasse accanto a lui, stretto al suo petto, respirando il suo stesso profumo.

Non riusciva a fare a meno di paragonare il passato al presente. Non riusciva a fare a meno di chiedersi se stesse facendo bene, se non stesse sbagliando.

Stavolta, si era detto, farò tutto bene.
O almeno, ci aveva provato.

Aveva salvato Izuku, lo aveva portato a casa, gli stava dando un futuro.

Si, ma ancora non ti ama, gli sussurrò una vocina.

La ignorò, stringendo meglio Izuku.
Averlo così vicino, gli sembrava quasi una benedizione, aveva paura di vederlo svanire da un momento all'altro, di non riuscire più a raggiungerlo, di vederlo scappargli dalle mani.

Non riusciva neanche più a fingere con Dominic, le poche volte che riusciva a scoparlo, si ritrovava a doversi mordere le labbra per non gemere il nome di Izuku. Non riusciva a guardare Dominic negli occhi, si limitava a farlo girare di schiena, fingendo che al posto dei suoi riccioli castani, ci fosse una cascata verdognola. Fingendo che quel corpo fosse più pieno, meno dolce.

Immaginava quale faccia potesse fare Izuku ogni volta che aveva l'impulso di fare qualcosa di avventato e lo pensava quando vedeva un fiore o peggio, un filo di sangue.

L'idea che aveva di Izuku poteva passare dai ciliegi ai coltelli in un nanosecondo.
Non riusciva a fare a meno di pensare a questo, non riusciva a smettere di pensare a lui, di chiedersi cosa fare per farlo stare meglio.

Izuku restava incastrato nei suoi pensieri come un nastro in loop, il suo sorriso bloccato dinanzi ai suoi occhi perfino quando abbassava le palpebre.
Tatuato nell'anima aveva il suo nome e nel suo petto c'era un buco riservato a quello di Izuku, come poteva smettere di amarlo?

La mattina si affacciava sulla stanza, come una margherita timida.

Katsuki, aveva aperto gli occhi da poco.
Izuku si era alzato di corsa, lo aveva visto andare in bagno e si era accinto a seguirlo.

Gli aveva tenuto su i capelli, mentre rimetteva i succhi gastrici. Gli aveva pulito le labbra gonfie e i denti, poi, gli aveva poggiato un bacio sulla fronte.

Izuku lo aveva guardato, arrossendo. Le sue lentiggini gli erano parse ancora più belle.

Avevano fatto colazione in camera, Katsuki stesso aveva insistito affinché Izuku non si sforzasse troppo e lui, dopo qualche secondo si era limitato a lasciarlo fare.

Gli aveva preparato latte e cereali e indeciso su quale potessero piacergli, gli aveva portato in camera tutti e sei i pacchetti di cereali.

Izuku aveva ridacchiato, poi, aveva preso quelli con le granelle di cioccolato.
Katsuki aveva sorriso.

Lo aveva guardato mangiare, per poi allungare una mano sul suo viso, con la scusa di pulirlo da una macchia di cioccolata, ma gli aveva sfiorato la guancia, un tocco leggero e delicato, come quelli che il suo Izuku amava.

Si era dovuto imporre di non prenderlo tra le braccia e stringerlo forte quando aveva visto i suoi occhi riempirsi di lacrime alla vista della parete martoriata.

Lo aveva lasciato sfogare, poi, gli aveva aggiustato la coperta sulle gambe e gli aveva chiesto di riposare.

Ma, sapeva bene che Izuku non sarebbe mai stato buono a letto, obbedendo.
Non era proprio nella sua natura, obbedire agli ordini, né essere mesto dinanzi ad un alpha, forse, era proprio era proprio per questo che quel bastardo di Garaki lo aveva voluto.

Izuku non era come gli altri, però Katsuki lo aveva ritrovato.

Mina e Kirishima non erano a casa, così Katsuki propose di fare una passeggiata.

Izuku sembrava entusiasta di poter uscire di casa, così, preparò frettolosamente qualcosa per pranzo, mise tutto in un cestino e impose ad Izuku di indossare il suo giaccone.

Doveva assolutamente comprargliene uno più pesante.

Passarono attraverso il bosco, Katsuki gli parlò degli alberi e dei loro nomi, illustrando le loro qualità, Izuku lo ascoltava in silenzio, facendo qualche domanda o osservazione, ogni tanto.

A Katsuki piaceva passeggiare con Izuku.

Si rilassava ad averlo vicino. Ad un certo punto, Izuku stava per inciampare su una radice sporgente, lo aveva adocchiato giusto in tempo, lo aveva sorretto e poi, gli aveva incosciosamente preso la mano.

Izuku non aveva protestato, così gliela aveva tenuta finché non avevano raggiunto un ruscello. Izuku, aveva voluto chinarsi a giocare con l'acqua.

Avevano pranzato lì, Izuku aveva persino raccolto delle foglie e poi, aveva chiesto a Katsuki di aiutarlo a cercare dei mirtilli per la sua prossima torta.

Il biondo lo aveva accontentato.
Avevano riempito il cestino di more e mirtilli. Izuku era così felice che sorrideva ogni volta che vedeva qualcosa di nuovo.

Katsuki non riuscì a smettere di guardarlo neanche un secondo.

Quella sera, Izuku crollò sul divano, stanchissimo. Katsuki gli mise una coperta addosso e gli lasciò un bacio tra i capelli.

Quando rincasarono Mina e Kirishima, stava preparando la cena.

Gli sembrava quasi naturale fare quelle cose ora che Izuku era tornato nella sua vita.

«Baku-bro!» lo salutò l'alpha rosso, sorridendo.

Mina lo guardò, sorpresa.

«Ho preparato del katsudon» asserì, porgendo una scodella ad entrambi.

Loro lo ringraziarono e presero a mangiare.

«Tutto bene, oggi?» gli chiese Kirishima, gettandogli un'occhiata, incuriosito.

Alzò le spalle.

«E quella mano?» redarguì Mina, osservando la sua mano fasciata.

«Non è niente.»

«Anche per Izuku non è niente?» replicò la ragazza, fronteggiandolo.

«Tesoro…» Kirishima posò una mano su quella della moglie, ma lei lo ignorò.

«Non so cosa pensi di me, Aliena, ma non sono quel tipo di mostro. Non gli farei mai del male.»

Storse le labbra al solo pensiero.

«Non intendevo questo, e lo sai.»

«Allora sii più fottutamente specifica» la rimbeccò sbattendo le bacchette nel piatto.

Mina non batté ciglio.

«Sta succedendo come allora, Katsuki» asserì la ragazza, impassibile, «stai ignorando di nuovo i segnali…quante altre volte hai intenzione di alterare i nostri futuri?» sbottò lei, facendosi seria. «Sai bene cosa dice la maledizione, non puoi cambiarla» si fece più tenera, il tono più comprensivo, quasi materno.

Katsuki la ignorò.

«Non me ne frega un cazzo» replicò, «modificherò il futuro tutte le fottute volte possibili se questo dovesse servire a farlo vivere.»

«Perché sei un egoista del cazzo!» sancì Mina, sbattendo il pugno sul tavolo.

Le scodelle di ceramica sussultarono, un bicchiere si rovesciò.

«Si, sono un egoista e continuerò ad esserlo, fai come vuoi, urlarmi addosso quello che cazzo vuoi, non saranno certo i tuoi insulti a fermarmi» ringhiò, freddo e tagliente come una lama.

Mina lo guardò con odio.

«Così però, fotti anche noi. Il futuro mio, di Kirishima, dei nostri figli! Quante altre volte ancora dovrò affrontare un futuro privo di certezze per colpa tua?!» gli sputò addosso, la voce che tradiva il suo dolore.

Solo allora, Katsuki si rese conto di ciò che doveva aver vissuto ognuno di quelli che gli erano stati vicini.

«Non fai altro che continuare a ripetere che vuoi salvarlo, che vuoi fargli vivere una vita lunga, ma ogni volta che ci provi, ignori i segnali, fingi che vada tutto benissimo e ignori il suo dolore. Poi, quando lui se ne va, sfoghi la tua rabbia, il tuo dolore, il tuo fottuto senso di colpa, su di noi! Noi, i tuoi fottuti migliori amici, coloro che hanno dovuto sopportare tutto ciò che gli hai fatto patire, coloro che hanno affrontato un futuro peggiore dell'altro, coloro che hanno uc-»

«Basta, Mina.»

Kirishima aveva battuto il pugno sul tavolo a sua volta, mettendo a tacere le parole acide di sua moglie.

«Katsuki, siamo solo preoccupati per te» provò a spiegargli, ma il biondo lo ignorò.

Aveva preso i piatti, iniziando a sparecchiare.

«No, tua moglie ha ragione» asserì, gli dava le spalle, perciò non riuscivano a vederlo in viso, «smetterò di modificare il futuro, non dovrete più pagarne le conseguenze. Questo è l'ultimo viaggio, il futuro definitivo.»

«Katsuki, per favore, sii ragionevole…»

«Lo sono, Kirishima.»

Non lo chiamava mai per nome, forse, fu per questo che il ragazzo si ammutolì, non riuscendo ad aggiungere altro.

Mina aveva ragione, aveva tolto troppo a tutti. Stavolta, sarebbe andato bene, stavolta avrebbe salvato Izuku.

🌼

Spazio autrice:

Volevo darvi una prospettiva della visione di Katsuki. Spero che vi sia piaciuto e che un po' vi abbia fatto sentire nostalgici, perché giuro, io piangevo mentre scrivevo la prima parte, però ok, ognuno reagisce come meglio vuole e crede💜

Qui, possiamo non solo osservare alcuni spezzoni di quello che sta accadendo, ma anche farci un'idea di quello che sta vivendo Katsuki e soprattutto per quanto riguarda la storia.

Però, tranquilli, dal prossimo capitolo torna il pov di Izuku!

Fatemi sapere che ne pensate e se vi è piaciuto questo piccolo capitolo!

Alla prossima, 💜

Lilla

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top