12. Numero 366

Una sera, dopo essere stato violentato, Izuku era stato come sempre, riportato in camera, però stavolta, nel letto accanto al suo c'era un ragazzo.

Era un omega anche lui, a giudicare dall'odore dolce che emanava e che riempiva la stanza, come un barattolo di cioccolata appena aperto. Giaceva scomposto, le mani vicine al viso, le labbra schiuse, i riccioli biondi arruffati sul materasso logoro.
Respirava piano, come se fosse in fin di vita, le gote colorate di un rosso vivido e febbrile.
Le palpebre serrate con forza, la mascella tonda, irrigidita.
Era coperto solo da un debole lenzuolo sporco di un liquido vermiglio che Izuku, temette di sapere bene cosa fosse.

In un primo tempo, si sedette sul letto, ancora dolorante e rigido nei movimenti, ignorando il rantolo disperato del ragazzo.
Aveva lasciato riposare la testa, reclinando la nuca contro il muro gelido. Un sospiro stanco gli aveva lasciato le labbra.

Mentre teneva gli occhi chiusi, lo aveva sentito mugolare.
Un sentore disperato, un lamento soffiato, un tono appena accennato.

Izuku aggrottò la fronte, sollevò le palpebre e voltò la testa in sua direzione.

Se ne stava rannicchiato con la schiena al muro, il viso corrugato in una smorfia sofferente, la fronte imperlata di tiepide goccioline. I riccioli color caramello gli si erano incollati al volto, rendendo i ciuffi, crespi e spessi.

Lo osservò ancora una volta, restando in ascolto.

Il ragazzo riprese a muovere le labbra, lento e soffocato, facendo risuonare come un suono arroccato, quell'unica parola.

«Aiutami

In un primo momento Izuku immaginò di poterlo ignorare.
Si costrinse a restare immobile, dicendosi che non era compito suo e che aveva già i suoi di problemi che gli impedivano di occuparsi anche di quell'omega.
Poi, però, il ragazzo aveva iniziato a singhiozzare, dei fremiti rauchi e acuti, che gli riempivano le orecchie e la testa. Scese dal letto, ignorò il dolore agli arti inferiori e lo raggiunse.

Gli fece scorrere una mano sulla fronte, trovandola bollente.
Il palmo si impregnò del suo sudore, Izuku lo ritrasse, preoccupato.
Il respiro del ragazzo ora era irregolare, come se per continuare a funzionare stesse usando tutta la sua energia.

Gli scostò i capelli dalla fronte appiccicosa.
Sotto il tocco del suo palmo, quei capelli gli parvero lisci come seta.

Lo percepì tremare, il corpo che si fletteva in avanti per poi irrigidirsi e tornare indietro, nello stesso convulso gesto, avanti e indietro.

Izuku arrancò verso il suo letto e strappò da sotto il materasso il logoro piumino bianco sporco, tornò al letto dell'omega e glielo adagiò sopra.
Vide la sua fronte dilatarsi, le rughe presero a farsi più rare, gli occhi si rasserenarono.

Sospirò ancora, paralizzato.

L'omega respirava ancora affannosamente.
Si guardò attorno, cercando qualcosa che potesse aiutarlo a fargli scendere la febbre. Intravide la bottiglietta accanto al suo letto e si precipitò ad afferrarla.
Strappò un pezzetto del suo lenzuolo e lo inzuppò con l'acqua. Gliela passò sulla fronte, suoi polsi, sul petto.

Il ragazzo emise un piccolo mugolio, non seppe dire se di fastidio o di sollievo.

Ripeté il gesto altre due volte, bagnando la stoffa ogni volta.
Poi, si sedette accanto a lui, incapace di tornare al suo letto e senza neppure accorgersene, iniziò ad accarezzare i riccioli, facendoli scivolare tra i polpastrelli.

Era un bellissimo omega.
Lo osservava da vicino, sorpreso e meravigliato dai suoi colori particolari.
Il suo incarnato era pallidissimo, così pallido che sembrava gli avessero rovesciato addosso una secchiata di latte. Le labbra carnose e ben delineate, l'arco di Cupido sporgente all'insù, piccole fossette curve gli scavano il mento mettendo in evidenza il labbro inferiore, il naso che curvava verso l'alto, le lunghe ciglia dorate chiuse sugli zigomi.
Una spruzzata di lentiggini castane gli adornavano le guance chiare, coperte dal velo leggero rosato.

Perfino le curve della mascella sembrano eleganti, raffinate.

Una bellezza rara perfino tra gli omega.

«Mamma… aiutami…» lo percepì mormorare, un sospiro talmente basso che Izuku dovette leggergli il labiale.

Mamma.
Lui non pensava più che sua madre potesse aiutarlo, da tempo, ormai.
Sapeva che lì dov'era, perfino Dio girava la testa se intravedeva qualcosa.

Quanti anni poteva avere?
Non più di sedici certamente, il suo corpo, la sua altezza non potevano che confermarglielo.
Inoltre, temeva che fosse poco che stava lì, visto che era la prima volta che lo vedeva e che lo sentiva piangere.

Certo, tutti piangevano, ma dopo un po' smettevano. Trattenevano le lacrime per la notte, quando nessuno poteva vederli e rimproverarli, per quando, anche Dio smetteva di osservarli.

Izuku piangeva tutte le notti, ma col tempo, aveva smesso di sperare.
Se quell'omega però, piangeva in quel modo, allora sperava ancora.

«Come ti chiami?» redarguì Izuku, accarezzandogli lo zigomo scottante.

Il ragazzo non rispose subito, lui immaginò che non lo avesse sentito, perciò ripeté la domanda.
Percepì un leggero sbuffo spazientito e subito dopo, una voce avvilente e mielosa.

«Dominic.»

Passò l'intera notte a vegliare su quell'omega, accarezzandogli le spalle ogni volta che un singhiozzo squarciava il silenzio.

🌼

Io sono, Dominic, il ragazzo di Katsuki, il suo omega.”

Izuku deglutì.
Quei riccioli dorati, quelle labbra graziose, la curvatura rotonda della mascella.

Se lo ricordava.
Ricordava benissimo, quel tono, quella voce divisa tra la dolcezza pura e il disprezzo totale.

Dominic lo guardava dalla soglia della porta, le braccia incrociate al petto, un'espressione corrucciata in viso.
Le lunghe ciglia dorate sfioravano le sopracciglia arcuate, le guance coperte di lentiggini parevano sentieri stellati.

Aveva in faccia un'intera costellazione, ma al contrario suo, sulla sua carnagione lattea, le efelidi non guastavano affatto.

Le lentiggini di Dominic sembravano formare un disegno divino, un incastro magico e misterioso.
Un sentiero labirintico, di cui ogni uscita portava a una tappa diversa; gli occhi dal taglio fine, le labbra tonde e perfette, il naso all'insù.
Al contrario suo, Dominic non sembrava stonare con l'arredamento, né con il suo stesso corpo.

Si rese conto solo allora che era completamente nudo e che intorno a lui non c'era altro che acqua e schiuma.
Cercò di raccattarla con le braccia, come meglio possibile, spingendola contro il suo petto nudo e la sua intimità nascosta, le gote gli si tinsero di amaranto, purpureo come una mela avvelenata.

Abbassò lo sguardo, imbarazzato.
Percepì lo stesso, lo sguardo bruciante e accusatorio di Dominic, su di lui, sul suo corpo esposto.

«Chi sei? E cosa ci fai nella camera degli ospiti del mio ragazzo?» sentenziò severo, la voce che tradiva il suo tono canzonario, accusatorio.
Non sembrava per nulla contento di trovarlo lì.

Izuku schiuse le labbra, mantenendo lo sguardo basso; già, cosa ci faceva lì?

Vedi, Dominic, Katsuki mi ha salvato dalla prigione in cui eravamo rinchiusi, dove ci obbligavano a prostituirci e ci picchiavano a sangue se ci fossimo rifiutati. Sempre Katsuki, mi ha condotto qui e mi ha offerto il suo aiuto. Io ho provato a baciarlo e lui mi ha rifiutato, io volevo proteggere mio figlio ma non ci sono riuscito, io volevo proteggere Matthew ma ho lasciato che lo uccidessero perché ero troppo codardo per intervenire, così, in preda ai sensi di colpa, ho pensato che forse avrei potuto raggiungerlo e mi sono tagliato le vene. Però, il tuo Katsuki mi ha salvato ed ora io, ogni volta che chiudo gli occhi, rivedo il suo sguardo deluso e preoccupato, lo stesso che ho visto appena mi sono svegliato.

Decise che quella non era per niente la risposta giusta, così il suo cervello riprese a macchinare, troppo agitato e al contempo, troppo stanco per decretare qualcosa di logico.

«Oh ragazzino-».

«Dominic?».

La voce di Katsuki lo indusse a sollevare lo sguardo. L'alpha era lì, alcuni abiti stretti tra le braccia, il viso aggrottato. Guardava Dominic mentre gli si avvicinava.

Si richiuse la porta alle spalle, senza neppure voltarsi.

«Cosa ci fai qui?» chiese Katsuki, il tono non tradiva nulla. Dominic anche lo stava osservando, qualcosa di inafferrabile nello sguardo.

Izuku fece balzare lo sguardo dall'uno all'altro, trattenendo il respiro.
Aveva paura di essere rimproverato di nuovo, perciò si limitò a fingere di non esistere, come più volte gli avevano ripetuto di fare.
Specialmente alla camera 366.

Dominic mosse un passo in direzione del biondo, la sua espressione severa si ammorbidì notevolmente. Allungò la mano, il suo palmo curato sfiorò la guancia di Katsuki.

«Sono venuto da te, amore» decretò, la voce priva di quel disprezzo che Izuku era abituato a sentire da lui.
Anche nei suoi occhi non v'era più traccia di odio o di rigidità, pareva completamente concentrato su Katsuki, incurante di lui ancora nudo, nella vasca da bagno.

L'alpha si lasciò accarezzare, continuando ad osservare l'omega.
I suoi occhi rossi circumnavigarono il volto del ragazzo, soffermandosi sulle sue labbra tese in un sorriso incoraggiante.

«Si, questo l'avevo capito» sancì Katsuki, guardandolo con la fronte arricciata. «Ma cosa ci fai qui, in questo bagno.»

Katsuki indicò la stanza con l'indice, un sopracciglio biondo, inarcato.
L'omega di tutta risposta, si incupì. Le ciglia dorate si stesero, la fronte si corrugò.

«Sono venuto a trovarti» ripeté il giovane, spostando la mano sulla sua spalla. Katsuki non replicò.

«Si be', che ne dici di aspettarmi di là?» decretò l'alpha, qualcosa di infastidito nel tono. Izuku, si chiese, come due persone così totalmente diverse facessero a stare insieme.

«Non puoi venire anche tu?» s'adirò Dominic, studiandolo. I suoi bei occhioni verdi lo scrutarono con interesse, cercando di ammaliarlo con le sue doti da sirena.
«Ho delle informazioni importanti sul CRPS» aggiunse, facendosi serio.
Aveva abbassato il tono, come se non volesse essere udito da nessuno al di fuori dell'alpha.

Katsuki annuì, muovendosi verso Izuku.

«Appena Izuku finisce, vi raggiungo» asserì, girandogli le spalle.
Dominic provò a replicare, ma Katsuki gli gettò una lunga occhiata, indicandogli la porta.

«Ti aspetto giù, allora» mormorò l'altro, una nota di fastidio ancora presente nella voce. Non replicò e dopo aver gettato un'occhiata ad Izuku, si richiuse la porta alle spalle.

Solo dopo che l'omega percepì quelli che dovevano essere i passi di Dominic lungo le scale, si permise di parlare.

«Quello…-»
«Ti ho portato degli abiti puliti.»
Katsuki lo anticipò, poggiando gli abiti sul ripiano della lavatrice.

Sollevò la testa, osservando l'alpha.

«Cosa stavi dicendo?» gli chiese il biondo, sedendosi sul bordo del water chiuso.

Izuku non rispose. Il suo sguardo ancora soffermo sul suo viso impeccabile.
L'alpha teneva i gomiti sulle cosce, la testa che guardava la finestra.
Lui si ritrovò a studiarlo, rapito dal suo sguardo perso.
Alla luce del bagno i suoi capelli dorati sembravano fatti di sole e oro, uno strano miscuglio che qualcuno doveva avergli impresso nella pelle.

«Mi dispiace per Dominic, lui…» si bloccò, prendendo un respiro profondo. «È un po' particolare

Già, pensò Izuku, particolare.

Particolare nel senso che non aveva un minimo di vergogna o di buon costume nell'entrare nel bagno di casa di un'altra persona e chiedere a uno sconosciuto cosa ci facesse lì, in maniera non troppo cortese.

Allungò una mano verso l'asciugamano che Katsuki gli aveva messo lì vicino e ignorando lo sguardo assiduo dell'altro, uscì dalla vasca. Si aiutò sorreggendosi al muro, non curandosi della mano offerta dall'altro.

Si avvolse l'asciugamano di spugna attorno al corpo, grato di poter coprire finalmente la sua nudità.
Aveva sempre odiato il suo corpo scoperto. Lo faceva sentire sporco essere guardato così spudoratamente, gli ricordava troppo gli sguardi viscidi dei suoi clienti, i loro occhi vogliosi.

«Vuoi mettere ora la crema?» gli chiese Katsuki, gettando un'occhiata alla crema che aveva poggiato sul lavabo.

Lo ignorò.

«È stato per lui che non mi hai baciato?» domandò, senza guardarlo. Non ci riusciva a portare il viso sul suo, non ora che aveva scoperto la causa di quel distacco, di quel freno.

Katsuki al contrario, sollevò velocemente la testa, uno sguardo colpevole e lievemente doloroso.
Gli occhi rossi abbaglianti.

«Izuku…».

«Ti ho già detto di chiamarmi Deku» sibilò, diede uno strattone all'asciugamano, iniziando a tirar via l'acqua rimasta sul suo corpo.

«Deku» si corresse Katsuki, si guardò le mani in grembo, poi tornò a guardarlo. «Dominic ed io… è complicato».
Spiegò, la voce grondante una nota amara che non riuscì a mascherare.

«Non mi importa cosa siete, solo…» si bloccò, guardandolo.
Gli occhi di Katsuki erano rossi come sangue. «Stammi lontano.»

Pronunciò quelle parole come se fossero una sentenza a morte e Katsuki parve esserne colpito come un proiettile.

Arretrò, facendosi distante.
Qualcosa in quelle iridi gli fece temere che Katsuki potesse sollevare una delle sue grandi mani e colpirlo, come facevano i suoi clienti o i suoi padroni quando osava rivolgersi a loro, ma non lo fece. Spostò lo sguardo, annuendo.

«Certo, tutto quello che vuoi.»

🌼

Dopo che si fu vestito, scese giù per cena.

Katsuki gli aveva chiesto di scendere solo se, se la sentiva e lui, stanco e irritato se l'era presa comoda.

Quando li aveva raggiunti, sedevano già tutti a tavola.
L'aroma di pollo e patate al forno, aleggiava nella stanza, rendendo quell'intera stanza una cacofonia di languori.

Mentre si avvicinava alla tavola, il suo stomaco brontolò, affamato.

«Izu- Deku» lo salutò Mina, sventolando la mano in sua direzione. «Vieni a sederti qui!» aggiunse, indicandogli il posto vuoto accanto a lei.

La raggiunse, ignorando l'occhiataccia di Dominic; lui gli sedeva di fronte, accanto a Katsuki.
Teneva la schiena perfettamente dritta, mentre impugnava la forchetta argentata con la mano destra.

Mina gli fece scivolare immediatamente dinanzi un piatto pieno di carne e legumi. La ringraziò, a bassa voce.

Continuava a percepire lo sguardo intenso di Dominic su di sé.
Ogni suo movimento veniva ispezionato da lui e Izuku temette che al minimo errore, lui avrebbe avuto la sua occasione di infierire.

Addentò un pezzetto di patata, masticandola lentamente.

Agli angoli del tavolo, c'erano seduti anche gli altri. Intravide Shoto accanto a Kirishima, con i due bambini che gli sedevano accanto e sorridevano felici. Di fronte a loro, invece, c'era Hitoshi, che mangiava guardando il piatto, le solite occhiaie ad appesantirgli lo sguardo.

«Allora? Cosa dovevi dirci, Domi-bro?» chiese Kirishima, porgendo un boccone alla figlia, Carlotta. La bambina addentò con gusto, guardando il padre con occhi raggianti.

Dominic, sollevò lo sguardo dal suo piatto, deglutendo.
Bevve un sorso d'acqua, incurante degli sguardi d'attesa degli altri. Solo dopo che ebbe appoggiato il bicchiere sulla tavola, si decise a parlare.

«Le truppe del CRPS si stanno muovendo. Il partito non aspetta più assensi, sono sempre più decisi a promuovere la loro propaganda e a fare in modo che si avveri» spiegò l'omega, il tono sciolto, le parole che non esitavano ad uscire.
Possedeva una spiccata padronanza di linguaggio, oltre al fatto che non sembrava per nulla in imbarazzo a parlare dinanzi a tutti quegli alpha.

Anzi, se possibile la cosa lo inebriava.

«Aspetta» intervenne Kirishima, confuso. «Ma le truppe non si stavano mobilitando verso est? L'ultima volta avevi detto che ci sarebbe voluto un po' prima che avremo ricevuto un altro attacco da parte loro.»

Mina annuì, dando ragione al marito. Anche lei si era immobilizzata, i suoi occhi ocra sbattocchiavano in direzione del loto ospite, le ciglia inchiostrate di mascara black sfarfallavano qua e là.

«Non è più una questione di prevedibilità. Il procuratore non è affatto stabile ma al contrario, l'ispettore della PMCC, è molto più informato, per certi aspetti» redarguì, abbozzando un sorrisetto compiaciuto.

«Quindi cosa facciamo ora?» intervenne Mina, gettando un'occhiata complice a Kirishima.

Dominic scrollò le spalle.
I riccioli ballarono sulla sua fronte, finendogli tra le ciglia.

«Troveremo una strategia» asserì Katsuki, che stava continuando a mangiare la sua insalata, del tutto rilassato.

Izuku si chiese come faceva. A lui, il solo essere seduto lì a tavola con tutti quegli sguardi addosso, gli dava il mal di testa.

«Si, ma non vi ho ancora detto una cosa importante» sentenziò Dominic, il sorrisetto si estese come se avesse tenuto per ultimo il suo boccone preferito.

«Riguardo?» chiese Katsuki, troncando a metà un pezzo di carne.
Dominic si volse a guardarlo, i suoi occhi verdi si illuminarono.

«La tratta degli omega» asserì, la voce per nulla frammentata, il tono sicuro, come se l'argomento non lo toccasse minimamente e anzi, fosse un boccone prelibato da offrire ai suoi ospiti.

Mina ebbe un fremito, Izuku la osservò scattare in avanti, drizzarsi sulla sedia e gettare un'occhiata attenta a suo marito, come a volergli chiedere aiuto. Kirishima tossì, attirando l'attenzione degli altri.

Katsuki gli gettò uno sguardo confuso, a metà fra un rimprovero e un diniego mentre, Eijrou fece scivolare gli occhi su Izuku.

Lui se ne accorse, seppur di sfuggita e avvampò. Al tavolo si diffuse un silenzio generale, nessuno sapeva come comportarsi e tutti aspettarono che fosse Katsuki a fare qualcosa.

«Izu- Deku» iniziò Katsuki, si girò a guardarlo, l'espressione rattristata. «Potresti lasciarci un attimo?»

Tutto si aspettava, tranne questo.

Tutto, ma non che gli chiedesse di andarsene, di lasciarli soli, di non ascoltare un discorso che riguardava soprattutto lui. Forse, gli suggerì il subconscio, non si fida di te.
Guardava Katsuki con quei suoi bei occhi grandi, senza capire; perché non faceva altro che mandarlo via?

«Cosa? Perché?» chiese, confuso. Ignorò la parte del suo cervello che continuava a ridere di lui, a fargli notare come a distanza di anni non fosse cambiato nulla; lui restava sempre il bambino di cui nessuno si sarebbe fidato, il ragazzo e l'omega capace solo di aprire le gambe.

Deglutì, attendendo una risposta.

«Penso che sia scontato, il perché» la risposta venne, ma non da Katsuki; era stato Dominic a parlare e prima che Katsuki potesse riprenderlo o zittirlo, l'omega continuò. «Comunque, visto che ti ostini a non capire... succede che questi sono argomenti da grandi e tu» si bloccò, gli lanciò un'occhiata e gesticolò con la mano, «non lo sei affatto.»

Quelle parole.
Non sei affatto grande, sei solo un ragazzino, solo un bambino.

Quelle frasi, erano quelle che i loro padroni, gli ripetevano, in continuazione.
Le aveva già sentite, sospettava che Dominic non le avesse dette a caso e lo confermò quando vide il sorrisetto furbo stampato sul suo volto.

«Perché tu sei grande?».
Non avrebbe dovuto rispondere, ma gli sfuggì dalle labbra, come un singhiozzo, roco e disperato.
Si aggrappò all'aria tesa della stanza, camminando in equilibrio tra i loro respiri tremuli.

Il ghigno di Dominic vacillò.
Dovette socchiudere le lunghe ciglia nere per qualche secondo, un lampo gli aveva attraversato le iridi verde smeraldo. Quando le riaprì, sembrava nuovamente in sé.

«Si, numero 366, io sono grande.»

Il ghigno che gli nacque sulle labbra, spezzò qualcosa dentro di Izuku.
Sentì chiaramente il crac delle sue ossa, assieme a qualche altro organo, che non sapeva potesse fare così male.
Per un attimo, non poté far altro che guardare il viso sardonico e compiaciuto di Dominic, acceso da una serie di emozioni intense e soddisfacenti.
Immaginò come fosse poter ridere in quel modo, ignorando il dolore che la tua bocca aveva causato a qualcun altro, ignorando che le tue parole avevano lacerato l'anima di qualcun altro.

Izuku sentì il peso della verità e della terribile e odiosa bugia che si ostinava a tessere, come un quadro che non riusciva mai a dichiarare concluso; aggiungeva sempre un particolare in più, sempre un'altra pennellata di colore.

Quando tornò a percepire, Katsuki stava urlando qualcosa. Dominic non sorrideva più, né ghignava in quel modo.

Izuku non respirava.
Sentiva il rumore del vociare attorno a sé, al suo corpo, ma si sentiva distante, come se stesse fluttuando su sé stesso.
Era lì, il suo corpo era ancora seduto alla sedia, ma i suoi occhi stavano vedendo la realtà da un'altra prospettiva; da fuori al suo corpo. Tossì.
Una mano gli aveva stretto il petto, aveva sulla lingua il sapore amarognolo delle gocce. Deglutì, mandando giù tutto assieme a un bicchiere che gli stavano porgendo.
Tra tutti, la voce di Katsuki era l'unica che riusciva ad arrivargli perfettamente ai timpani.

Non sapeva perché, ma lo vedeva lì, in piedi, che parlava e sbraitava qualcosa contro Dominic non permettendogli neppure di aprire bocca.
Sembrava infuriato, eppure, notò Izuku con stupore, non colpì Dominic neppure una volta.

Non se lo aspettava.
Era sempre stato abituato a ricevere punizioni, ad ogni azione che faceva, c'era una conseguenza, questo gli diceva sempre il Signor Garaki, questo si ripeteva sempre quando i colpi di frusta si facevano così pieni da dover scaricare il dolore sulla lingua, mordendola forte.

I capelli biondi di Katsuki, luccicavano come fossero fatti di oro liquido.
La luce del soggiorno li rendeva pieni di sfumature, privi d'oscurità.
Ne studiò la conformazione e le sfumature, poi passò alla fisionomia del viso, alla struttura severa della mascella.
Era un alpha forte, lo intuiva soprattutto dalle pieghe attorno alla sua bocca morbida, grazie alla sua fronte sempre corrugata, alle sue mani grandi. Sembrava sempre arrabbiato, ma Izuku in pochi giorni che lo conosceva aveva ormai capito che Katsuki non era affatto cattivo.

Non ricordava bene cos'era successo, ma non disse né chiese nulla.
Avrebbe voluto guardare Mina e scoppiare a piangere sulla sua spalla, ma non ne aveva le forze.
E poi, guardare Katsuki gli piaceva.

Lo rilassava.

Percepiva la sua voce lontana, come mischiata al soffio del vento, allo scrosciare di un torrente, il cinguettare di un orologio.

«…non hai chiaro proprio un cazzo!» stava dicendo Katsuki, le mani conformate in due pugni stretti. Le nocche così sbiancate da intravedere le ossa sotto.

Dominic gli rispose qualcosa, il suo viso s'intenerì, i suoi occhi si fecero più grandi.

Izuku osservò la scena, incapace di intervenire. Non difendermi, avrebbe voluto gridare a Katsuki, il tuo ragazzo ha solo detto la verità.

Lui, era un numero, il 366, come la stanza dove alloggiava.
Così lo chiamavano a volte, così lo chiamavano gli sconosciuti.

Lui era solo un numero.

«…dove vai?! Resta qui!».
Stavolta, era Dominic a gridare contro Katsuki, ma il biondo non lo ascoltava.

Lo vide avvicinarsi lentamente, il passo svelto e fermo, per poi arrestarsi solo quando gli fu davanti.
Scacciò gli altri, facendosi largo fino a lui, poi si inginocchiò.

Izuku percepì le sue braccia attorno ai fianchi, il suo petto premuto contro il suo fianco, il suo fiato caldo colpirgli l'orecchio.
Chiuse gli occhi.
Katsuki lo trasportò lungo le scale, seguì l'andamento della sua camminata, lasciando cadere la testa sulla sua spalla.

Stanco. Si sentiva stanco ed incredibilmente assonnato.

L'alpha lo depositò sul letto. Il piumone blu gli strusciò contro la gamba.

«Mettiti sotto, Izuku» gli mormorò, il tono basso e calmo. Lui obbedì, incapace di ostentare una reazione.

Le lenzuola erano fresche e profumavano di nitroglicerina mischiata ad un odore più forte, più mascolino.

La sua colonia.

Affondò il naso nella federa del cuscino, respirando quel profumo.
Il suo corpo parve riacquistare un po' di capacità ed energia.

«Izuku» lo chiamò ancora.
L'omega odiava quando lo chiamavano così, ma per quella volta non disse nulla. Sollevò lo sguardo, stando attento ai suoi movimenti.

«Posso sedermi accanto a te?» domandò, il tono per nulla preoccupato.

Annuì, agitando la testa.
Si fece un po' più di lato e permise all'alpha di raggiungerlo sul letto.

Katsuki gli sedette accanto, le mani abbandonate in grembo. La maglietta bianca che indossava gli risaltava sui muscoli, evidenziandoli come se fossero fatti di carta pesta.

«Mi dispiace per quello che ha detto Dominic prima» decretò piatto, come se sapesse già che Izuku non avrebbe accettato quelle scuse.

Non rispose.
Continuò a fissare il copriletto, apparentemente calmo. Si sentiva svuotato, come una busta di farina forata che inizia a perdere il suo contenuto. Piano piano, la sua essenza stava scivolando via dalla sua anima e tra poco non sarebbe rimasto che un'anima vuota che avrebbe potuto tranquillamente appendere a una gruccia, da riporre nell'armadio.

«Ti senti bene?».
Katsuki sembrava preoccupato, in viso aveva una smorfia allertata, come se si aspettasse di vederlo saltare giù dal letto, da un momento all'altro.

«Izuku…che succede?».
Gli aveva posato una mano sulla spalla e lo scuoteva lentamente, come se volesse svegliarlo.
Lui si lasciò scrollare come un lenzuolo appeso, i riccioli dondollarono in avanti, il suo corpo si mosse appena, le ciglia sbatocchiarono.

«Izuku…».

Non riusciva a rispondergli, il suono della sua voce gli pareva distante anni luce, come se fosse davvero una di quelle stelle che tanto amava.
Il suo respiro era incerto, come se i polmoni non incamerassero abbastanza aria da restituire, la sua postura tendeva in avanti, come se si stesse riparando da un attacco.

«Ehy».
Lo scrollò ancora, stavolta più lentamente, ad Izuku parve di sentirsi in balia di onde immaginarie che lo tiravano da una parte all'altra.
Respirò affannosamente, gli occhi gli si socchiusero.

Non riusciva a capire cosa stesse accadendo.
Gli sembrava di essere adagiato su dei cuscini di cemento liquido, lo avvolgevano e gli impedivano di percepire la maggior parte dei suoni, solo quelli acuti gli arrivavano alle orecchie, forti e disturbanti, come fischi.

«Izuku… stai bene?».

Katsuki continuava ad osservarlo, l'espressione allarmata, confuso e spaventato.
Riusciva a vederlo, riusciva a sentirlo, ma era ovattato.

Ridotto.

Izuku chiuse gli occhi. Non aveva abbastanza forze per rispondere, non era abbastanza lucido per formulare una risposta.
Si lasciò scivolare all'indietro, il materasso morbido accolse la sua schiena.
Prima di addormentarsi percepì la voce di Katsuki, dirgli che andava tutto bene, che sarebbe andato tutto bene.

Anche Matthew glielo diceva sempre.


🌼

Spazio autrice:

Buongiorno, so che è passato tanto tempo e mi dispiace, spero che questo capitolo compensi il tempo passato♥️

Che ve ne sembra?
Cosa pensate di Dominic e di Matthew? E soprattutto di Izuku e Katsuki? Sono curiosa di leggere le vostre teorie, perciò non vi fate problemi e scrivetemi pure!

Una cosa importante, per quanto riguarda Izuku, (più avanti spiegherò meglio, però volevo comunque chiarire) quello che ha avuto è un episodio dissociativo, tipico delle persone con personalità borderline. Come letto, l'episodio dissociativo dà questi sintomi e molti altri, Izuku non ne è pienamente consapevole, però capisce che c'è qualcosa che non va.

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