Capitolo 22: All'hotel e in spiaggia

<Ehm... Ci dirigiamo verso l'hotel?> chiedo a voce bassa dopo minuti, o forse secondi, che stiamo qui a fissarci mentre la folla di gente inizia a riversarsi in strada.

Sento il mio volto in fiamme e la voce è più alta di un'ottava.
Eccomi di nuovo Miss Peperone per la terza volta in pochi giorni: è vero che non c'è due senza tre.

<Buona idea... Sono anche stanco...> risponde Luke a voce bassa e prendendomi la mano.

Sussulto leggermente e siamo entrambi imbarazzati.

"Pensa, pensa, pensa, che puoi fare? Dovete sembrare innamorati!" mi dico nel cervello.

"Fare la "lolita"?" propone la mia coscienza.

"Lolita" credo che sia un termine coniato da me e significa "fare l'oca svampita super felice neanche avesse assunto un quintale di funghetti allucinogeni e alcool".

"Credo che sia la scelta migliore..." risponde la vocina.

"Spero di trovare il coraggio" penso pessimista.

Faccio un profondo respiro per poi appoggiarmi un poco al petto di Luke e dire: <Dai, tesoro... Non tenere il broncio! Dov'è l'hotel? Sono stanca!> recito da perfetta "lolita".

"Mi darei degli schiaffi da sola, se potessi" mi auto-commento.

Luke, credo che abbia capito la messa in scena, risponde orgoglioso:
<Manca poco. Sono sicuro che ti piacerà stare lì: è l'hotel Biancolore, il migliore di tutti!> e mi da un bacio sulla guancia.

"Quanto siete carini... Mi fate venir voglia di buttarvi giù da un burrone" commenta la mia coscienza.

"Allora l'effetto desiderato l'abbiamo ottenuto" le faccio notare io.

Arriviamo davanti l'ingresso e Luke mi apre la porta facendomi passare per prima.

Già dalla hall si capisce il lusso dell'hotel.

Il pavimento è di un marmo bianchissimo, con rare venature rosee, ricoperto, dove si passa, da un elegante tappeto rosso coi bordi dorati.

Due scalinate di un marmo poco più scuro portano di sopra accompagnate da uno scorri mano di legno intarsiato e rivestito d'oro.

Alzo lo sguardo e noto un enorme lampadario pieno di cristalli riempire di luce tutto il luogo, aiutato dalle grandi finestre ai lati con un telaio sottile e di un materiale a me sconosciuto.

Solo questo posto varrà come casa mia nel mondo reale, come minimo.

Luke mi da il braccetto e io lo ricambio e ci dirigiamo verso la reception: un grande banco di legno rivestito di un color argento e con dietro un enorme "scaffale" diviso in tante "cellette" con ognuna una piccola chiave argentata.

Una donna con i capelli rosa raccolti in una rigida crocchia e vestita con una uniforme blu notte è in piedi tra i due oggetti.

<Oh, buon pomeriggio signor Brosse e signorina Palette. Ecco le chiavi della vostra stanza.> consegna a Luke una chiave con un laccetto <Si trova al quarto piano. Potete prendere l'ascensore che si trova in fondo a quel corridoio, se siete stanchi> e ce ne indica uno <I vostri bagagli sono già nella stanza, come avevate ordinato. Buona residenza e buon anniversario di un anno di fidanzamento> conclude lei con un sorriso più finto della moneta da €3.

<Grazie.> esordisce Luke con aria di superbia, che provo a copiare, e ci dirigiamo verso il corridoio indicato.

Si trova un comune ascensore, o almeno così è all'esterno.
Dentro è "leggermente" sfarzoso: ha un tappeto rosso come pavimento, degli specchi come pareti e una bottiglia di champagne nell'angolino e musica classica come sottofondo.

Io avrei preferito della musica punk o rock o rap...

Ma questi sono solo gusti...

E poi si sa che il classico è per i ricchi.

Inoltre tutti i tasti sono di avorio limitati ai bordi da del platino.

Luke schiaccia quello con su il numero quattro e l'ascensore inizia a salire.

<Quindi i due festeggiano un solo anno di fidanzamento. Mizzega oh se ci vanno giù pesante con i regali sfarzosi.> commento io.

Luke mi guarda stranito e chiede <"Mizzega"?>.

Io ci metto un paio di secondi a capire cosa intende e ridacchio.

<È un'espressione dialettale di stupore tipica del sud Italia...> spiego io.

<Vieni dal sud Italia? Non mi sembri tanto di lì, data la tua carnagione e aspetto.> nota lui.

<Mio padre è del sud ma mia madre è del nord e io sono nata e cresciuta lì.> spiego.

<Ah...> dice solamente in risposta.

<Che stanza è la nostra?> domando per tenere viva la conversazione.

<La stanza n°201> legge lui sul laccetto di cuoio bordeaux ben pulito e tenuto.

Finalmente il tragitto in ascensore finisce e cerchiamo la nostra camera che, per fortuna, troviamo subito.
Si trova in un corridoio isolato, in fondo: almeno se parlo a voce alta non mi sentiranno subito!

La porta è di legno massiccio scuro, in contrasto con i muri color panna, con attaccata una targa dorata con inciso "201".

Quando entriamo, mi pare di essere entrata in uno sfarzoso appartamento.

C'è un mini ingresso sul quale si affacciano tre porte: una a sinistra subito, una a destra a metà e una al "centro" in fondo.

La prima a sinistra da su un bagno enorme con il lavandino, il bidet e il water di un bianco lucido.

Le mattonelle per terra sono azzurre pastello e bianche: a formare una rosa bianca nel cielo.
Sulle pareti sono grigio chiaro chiaro, tipo argento schiarito.

C'è perfino un fottuto idromassaggio!

Io mi trasferisco qui, deciso!

<Se c'è tutta sta roba qui, nelle altre cosa c'è? Hogwarts intera?> chiedo sarcastica.

Lui mi guarda confuso per la penultima parola che ho detto, lo precedo dicendo <Babbano> con un sorrisino e vado alla porta di sinistra.

Lì c'è un tavolo che occupa quasi tutta la lunghezza della stanza con una tovaglia di seta e dell'argenteria invidiabile.

In un angolo c'è anche uno schermo di una decina di pollici attaccato sopra ad una "scatoletta" di metallo.

<Ma a che diavolo serve quello schermo?> chiedo indicandolo.

<A ordinare cosa vuoi mangiare che ti arriva in quella "scatola" su cui è appoggiata> spiega.

Annuisco.

<Quindi... Se abbiamo visto il bagno e la sala da pranzo, che io in un hotel non ho mai visto ma so che esiste, manca la stanza che c'è in ogni sacrosanto hotel ed è quella per cui paghi a venire qui: la camera da letto.> dico cercando di tirarla sul ridere.

Luke sorride divertito e dice, scherzoso: <Scommettiamo che nella tastiera del letto ci sono incastonati dei rubini?>

<Nah, secondo me è ricoperta d'oro e intarsiata> ribatto io, sempre sul ridere, usciamo da quella stanza e andiamo nella terza mancante.

Ci ritroviamo in una stanza grande.

C'è una finestra a muro dalla parte opposta dove siamo noi che si può chiudere con delle tende di seta rossa.

Da un lato ci sono un bel po' di valigie enormi e con un sorriso nostalgico mi viene in mente, per un secondo, quando io, con la mia famiglia, partiamo per la Sardegna carichi di bagagli.

Ritornando alla stanza, ad occupare un posto di grande importanza è il letto a baldacchino a tre piazze, che occupa metà stanza con ai due lati un comodino ciascuno.

Il tessuto della parte sopra, le lenzuola e le fodere sembrano state prese bianche e poi schizzate da colori a casaccio dato il loro miscuglio di così tante tonalità.

Sulla testata c'è inciso una immagine di un angelo con un pennello da cui fuoriesce un raggio o chissà che cosa e colpisce una figura scura.

<Sembra che il mondo ti stia prendendo in giro...> sussurra Luke, con un sorriso un po' mesto.

<Come mai?> chiedo curiosa.

<Niente... Te lo spiego dopo...> risponde vago lui muovendo la mano da sembrare che voglia scacciare l'argomento come si fa con una mosca fastidiosa.

Faccio un'alzata di spalle e mi butto sul letto.
Un tonfo risuona per la stanza per causa mia.

Subito dopo un altro: Luke è saltato sul letto vicino a me.

<Che comodo... Sembra di stare su una nuvola> commento, contenta di stendermi.

<Mh... Quasi quasi dormicchio.> commenta lui chiudendo gli occhi.

<E no!> faccio io facendolo cascare dal letto svegliandolo.

Io gli scendo a lato ridacchiando: <Dovresti stare attento a me e ai miei scherzetti...>.

<Me la pagherai...> fa lui col sorriso sulle labbra.

Per fortuna si è fatto niente.

<Io ho molto sonno... Andiamo a riposarci e poi mangiare in sala da pranzo?> chiedo andando verso il bagno prima, per sciacquarmi il viso.

Però una mano mi afferra la caviglia e casco in avanti.

Per fortuna attutisco la caduta con le mani.

Sento lui ridacchiare e dire: <Mi sono vendicato.>

<Stronzo...> gli dico ruotando gli occhi e alzandomi da terra, aiutata da lui.

<Dai... Lo so che non puoi essere arrabbiata con me per troppo...> mi fa lui con un sorrisino.

<Sei fortunato che mi stai simpatico e che non ho voglia di far altro rumore altrimenti ti saresti ritrovata castrato o inseguito da me per questa stanza... O entrambi> lo minaccio con uno sguardo severo che sciolgo con una risata dopo tre secondi e lo abbraccio d'istinto lasciandolo subito dopo.

"Perché me lo hai fatto fare, cervello mio caro ma stupido?" mi chiedo.

Nessuna risposta...

Alé!

<Ehm... Il motivo preciso per cui mi hai abbracciato?> mi chiede stranito.

<Per nessuna ragione in particolare... Un semplice modo per dimostrare che provo affetto e simpatia per te...> spiego.

"Secondo me qualcosa di più..." cantilena una vocina maliziosa dentro di me.

"Zitta, non intrometterti anche tu." ordino io.

<Possiamo dormire senza fare i cretini?> chiedo retorica.

<Dormi te... Io vado a fare un bel giro.> risponde Luke.

Annuisco e mi stendo sul letto mentre lui esce.

-------------

<Però ordiniamo e poi mangiamo roba creata da te come la prima sera...> "impone" Luke.

È sera e io ho riposato, non proprio dormito, e quando Luke è ritornato io ero già sveglia.

Ora siamo in camera e stiamo per andare a mangiare.

Io sbuffo divertita per acconsentire: ho solo voglia di ingurgitare roba su roba.

Andiamo in sala da pranzo, ordiniamo molto cibo, poi mangiamo quello creata da me e ridiamo e scherziamo.

Finalmente posso togliere questa maschere da oca lolita ed essere me stessa.

Finito di cenare corro in camera e mi fiondo per prima sul letto ed esclamo
<Il mio tessssssoro!> abbracciando stretto un cuscino.

Lui mi guarda con lo stesso sguardo con cui una madre osserva il figlio fare qualcosa che non doveva ma è troppo buffo per come si è conciato: un misto di dolcezza, ilarità e leggerissima rabbia finta.

<E no! Ora mi lasci una parte, eh!> fa lui, fingendosi offeso, e si butta accanto a me.

Colta da chissà quale istinto, prendo il pennello e faccio apparire a me e lui dei pigiama, i primi venutimi in mente: senza disegni di un azzurro chiaro.

<Perché?> chiede lui, confuso, guardandosi il pigiama.

<Avevi voglia di dormire coi vestiti normali? Se non sono in panta collant e maglietta io non ci dormo vestita normale: infatti prima non ce l'ho fatta. Non so te, ma io te l'ho fatto comunque > spiego.

Lui fa un'alzata di spalle e commenta: <Capisco... E non mi dispiace, anzi. Sto più comodo>.

<Comunque...> inizio girandomi verso di lui semi-coricata che fa lo stesso con me.

<Sì?> domanda.

<Cosa significano quella scena intarsiata nella testata del letto?> chiedo abbastanza velocemente e indicando la testiera.

Lui si mette a sedere sul letto e fa un sospiro.

Io lo imito mettendomi a gambe incrociate.

<Questo hotel è molto vecchio... Quando ancora tutti credevano fortemente nella leggenda del Kialastema.> spiega guardandomi.

<Ecco perché hai detto che il mondo mi stava prendendo in giro... Perché... Parla del Kialastema... Cioè io... Che cosa dice?> chiedo imbarazzata, non so perché.

<Racconta del punto più saliente della leggenda del Kialastema: la battaglia con il Romontren, il suo nemico universale. Esso avrà in dominio, o starà per dominare, il nostro mondo (e successivamente il tuo) e allora il Kialastema arriverà e lo sconfiggerà prima che possa farci dei danni troppo ingenti.> narra lui brevemente.

<Quindi... Sarò destinata a combattere questo Romontren...? Siamo verso la fine e...> provo a sperare ma Luke mi interrompere dicendo:
<Secondo me, entrando qui, hai come firmato un patto con il fato stesso: sei destinata a combattere per uscire...>

<Non gufarmela!> lo "sgrido" tirandogli un cuscino.

<Battaglia di cuscini?> domanda retorico lui.

<Con quale cuscino?> chiedo io imitandolo e sottraendogli quello della sua parte.

<Arianna alla riscossa> "urlo", gli lancio i cuscini e iniziamo a lanciarceli l'un l'altro.

<Ehm... La smettiamo e dormiamo? Hai vinto tu.> domanda lui dopo qualche minuto sbuffando, credo che la stanchezza la stia iniziando a sentire pure lui.

<Ok... e lo so di essere la migliore> rispondo vantandomi.

Ridiamo entrambi mettendo a posto i cuscini e ci stendiamo sul letto.

Ho fatto bene a fare la cretina, almeno l'ansia non mi è salita a mille per colpa di quell'incisione del cavolo: è proprio vero che il mondo mi è contro.

Ci mettiamo sotto le coperte, spegniamo la luce con un interruttore vicino al comodino e dormiamo.

O almeno Luke chiude gli occhi e io mi metto a fissare il soffitto.

Per un attimo mi volto a vedere Luke dormire che nel frattempo si è voltato dalla mia parte: quanto è carino... Con i suoi capelli corvini tutti sparati...

Aspetta!

L'incantesimo è svanito!

Mi tocco il viso e infatti sento il familiare peso dei miei occhiali.

Sospiro felice... Finalmente sono me stessa.

Appoggio gli occhiali sul comodino e mi volto verso Luke, a guardarlo.

Anche se io vedo quanto una talpa, lui lo vedo nitidamente ed è carinissimo.

Con un ciuffetto che gli ricade davanti ad un occhio, il viso rilassato e la bocca leggermente incurvata all'insù, a formare un sorrisino, gli da un'aria da angioletto ribelle...

"Concentrati! Starà fingendo per scoprire la tua reazione!" mi dice la mia coscienza.

"Che?!" chiedo confusa.

"Sei con il ragazzo che ti ha provato a baciare poche ore fa..." inizia lei in quarta.

"Ma neanche io ero contraria..." mi dico piano piano, come nella realtà un flebile sussurro che però la mia coscienza ovviamente sente ma ignora.

"Che fa il carino con te sempre, ti ha detto che ti ama e che ti ha visto semi-nuda... Io non mi fiderei..." spiega essa.

"Ma... Ma..." provo a controbattere nella testa ma essa mi precede:
"Una specie di scudo sarebbe l'ideale!" dice convinta.

"Perché dovrei?!" esclamo nella testa.

"Ha dimostrato di essere carino, gentile e leale: io di lui mi fido." le spiego, sicura.

Lei sbuffa indispettita e mi lascia la testa libera dalle sue malate idee.

Mi riconcentro su di lui e gli sorrido, anche se non mi può vedere e mi sembra, per un attimo, di vedere le sue labbra incurvarsi poco di più, per poco, in risposta.

Mi metto a fissare il soffitto e mi addormento con un sorriso involontario sul volto.

----------------------------

È mattina e riesco a vedere un raggio di sole attraverso le palpebre e...

<Sveglia!> mi urla Luke facendomi girare sul letto per farmi cadere a terra, riuscendoci e producendo un bel tonfo sordo.

<Ahia! Ma che ti è passato per l'anticamera del cervello!?> chiedo incazzata oltre ogni limite.

Mi rialzo, mi metto gli occhiali e osservo con sguardo severo la sua magra e muscolosa figura, ridente, sul letto.

<Non ci è passato niente... Se non immaginare la tua reazione: ed è stata anche più bella!> ridacchia <E almeno ti ho svegliata...> nota lui col sorriso sulle labbra.

Io mi arrabbio ancora di più e, paonazza per ciò, arraffo un cuscino che gli lancio, colpendolo, e lo rimprovero:
<In un modo delicato? Non esiste?>

<Ehi! Non ti scaldare!> fa lui, alzando le mani a mo' di resa.

<Uhm... No!> rispondo sorprendendolo, salto sul letto, lo spingo giù e mi metto a ridere ancor prima che lui tocchi il suolo.

Però lui mi prende il polso e mi trascina giù con sé.

<Ehi!> riesco a malapena a dire che mi ritrovo sopra di lui.

Mi ritrovo a fissarlo nei suoi profondi occhi verdi.

Siamo così vicini, il mio seno sul suo petto: mi pare di sentire il suo cuore battere...

O forse è solo il mio che batte talmente tanto forte che fra un po' mi esce dalla gabbia toracica?

Luke mi prende una ciocca di capelli cascante, che forma una tendina intorno ai nostri visi, e se l'arriccia sul dito in modo dolce e delicato, lo toglie e lo rifà.

La mia mano invece gli si appoggia sulla guancia e lo accarezza dolcemente.

I nostri due corpi sembra che combacino come due pezzi complementari di un puzzle: i miei comuni occhi nocciola che si "fondono" nei suoi fantastici verde smeraldo, i nostri petti uniti (un unico punto li separa, il ciondolo) che si alzano e abbassano alternandosi senza mai staccarsi l'un l'altro, i fianchi così vicini, le gambe allineate con io che, con i piedi, raggiungo le sue caviglie, essendo poco più bassa di lui.

Sento la sua mano scivolarmi quasi sfiorandomi, come se avesse paura che fossi di cristallo e mi rompessi, sulla schiena e la tiene lì, ferma; mi pare pure che faccia una leggera pressione, come a spingere di più i nostri corpi l'un contro l'altro, già attaccati.

E non mi oppongo, non provo a muovermi via da quella posizione.

Anzi, metto un braccio dietro al suo collo per dovergli stare più vicino: i nostri nasi si sfiorano.

Sento il suo fiato caldo su di me... E anche il suo odore.

Sa di balsamo o shampoo al gelsomino, talco e... l'odore chimico delle tempere?

Che sia perché è un colorato?

Non mi importa e non mi dispiace troppo, anche se l'odore di chimico non lo sopporto, il suo mi affascina, sembra diverso, speciale e... buono.

Nessuno dei due prova a dire niente: non vogliamo rovinare questo momento così speciale e magico, carico di una tensione romantica che entrambi vogliamo rompere e dare il via a ciò che desideriamo fare, nel profondo (o almeno così mi sembra), ma nessuno dei due vuole fare il primo passo.

È che mi sembra strano che io non voglia scansarmi!

Se fossi stata con qualsiasi altro ragazzo in questa situazione, anche mio fratello, mi sarei allontanata d'istinto ma con Luke...

È come se lo volessi ancor più vicino a me.

Il mio corpo non si vuole muovere da lì, solo la mia faccia può essere spostata e vuole essere attaccato al suo viso.

"Toc toc!" si sente dalla porta, rompendo il bellissimo momento creatosi.

<Che cosa succede?> chiede Luke imitando la voce del ragazzo in cui si era trasformato.

<Potreste fare meno casino, se non vi dispiace? Quelli del piano di sotto si stanno lamentando.> spiega la voce, timorosa.

<Certo> faccio io.

<Bene e... Buona permanenza> si congeda la vocina e sento i suoi passi allontanarsi.

Allora mi scanso da Luke rossa in volto e mi alzo.

Dentro di me si sta scatenando l'inferno.

Una parte di me è incavolata perché voleva succedesse qualcosa, un'altra è confusa perché non capisce veramente cosa prova e la terza si ostina a dire, scioccamente, che non mi piace, che mi sono fatta trascinare dal momento e sostiene di essere contenta che quella orribile situazione sia finita.

<Ehm...Facciamo colazione, ci ri-trasformiamo con i vestiti di ieri e andiamo in spiaggia?> propongo, con nella voce una punta di imbarazzo.

"Mi sembra di star avendo un deja-vu" penso.

"Perché è così..." mi risponde la vocina nella testa.

Facciamo ciò che ho detto prima.

Tutto in un silenzio quasi totale.

"Ma il mondo è proprio stronzo... Crea questi momenti tra il magico, il dubbioso e il romantico e poi li interrompe facendo diventare me e lui imbarazzati e muti come dei pesci..." mi dico mentre camminiamo per le enormi strade della capitale.

<Scusa...> dice Luke dopo un po'.

<E di che?> chiedo.

<Per aver creato quella situazione imbarazzante prima...>

<Non è la prima volta che succede qualcosa del genere> alludo a ieri pomeriggio.

<Hai ragione... Però... >

<Però?> il mio cuore batte veloce.

Da come l'ha detto sembra che mi voglia dire qualcosa di importante.

Luke prende un bel respiro e sta per parlare...

Che un signore grosso come una balena ci passa accanto, mi sbilancia e mi fa cadere rovinosamente a terra.

Lui si gira, mi nota e subito inizia: <Scusi, scusi, scusi tantissimo signorina! Non volevo!> e mi aiuta ad alzarmi.

Recitando mi aggrappo al braccio di Luke e guardo il signore leggermente male.

Luke, intuendo, dice: <Per sua fortuna oggi ci sentiamo abbastanza buoni altrimenti avrebbe passato dei guai seri> e lo sorpassa tenendomi stretta a braccetto.

<Ti sei fatta male?> mi domanda lui dopo una cinquantina di metri, veramente preoccupato: non sembra stia recitando, ci sta davvero tenendo a me.

<Niente... Sta tranquillo... Ho fatto delle cadute più rovinose...> gli dico, provando a tranquillizarlo anche se in realtà mi fa un po' male il fondoschiena.

<Non ti credo...>

<Perché?>

<Si vede dalla tua faccia sofferente> e mi da un bacio sulla guancia.

<Spero diminuisca il dolore> aggiunge, gentile.

Mi sento sciogliere come burro sul fuoco: che cosa kawaiiosa!

Non so se esiste un termine del genere ma fotte sega!

<G-grazie> balbetto.

<E di che? Almeno così mi riscatto per stamattina>

Vorrei controbattere dicendo che non ne ha avuto nessuna colpa ma siamo arrivati alla dogana e mi zittisco.

Ci controllano i passaporti e, dopo degli interminabili minuti che mi paiono ore, passiamo la dogana e arriviamo in spiaggia.

Ci allontaniamo dal gruppo e andiamo verso un luogo isolato.

<Usiamo il tuo mantello per nasconderci> suggerisco e lui annuisce.

Creo un disco magico simile a quello di due sere fa e ci saliamo su.

Ingigantisco il mantello e copriamo entrambi e il disco.

Dopo ben dieci minuti arriviamo sull'isoletta.

Mi giro verso la capitale e tutto è così piccolo, come in una cartolina e tutto è molto pittoresco.

Le persone non si notano: solo i grandi gruppi si possono intravedere, ma sono grandi come una formica.
Gli altissimi palazzi sono grandi poco più del mio mignolo e il muro che separa la capitale dalla spiaggia è una sottile striscia grigiastra-nera.

<È tutto così piccolo da qui...> dico in un sussurro.

Luke mi sente e mi dice: <Hai ragione... Comunque il portale è dietro di te.>

Mi giro e me lo ritrovo a pochi metri da me (come ho fatto a non notarlo?), troneggiante su questo isolotto di sabbia.

Non mi ero mai tanto soffermata su come fosse il portale ma, per quel poco che ci ho pensato, assomiglia alle mie fantasticherie.

È un grande ovale e la parte appoggiata alla sabbia è sostenuta con due piedistalli.

Tutta la costruzione è di pietra e ha da delle rune nella parte superiore che stranamente capisco.

<"Per di qui si va per il mondo del bello all'apparenza ma letale nell'evidenza."> leggo.

<Ah... Ecco cosa dice...> commenta Luke.

<Non lo riesci a leggere?>

<È una lingua troppo antica, dimenticata da tempo>

<Beh, io la capisco e ho intuito il significato della frase. Tu?> domando ma lui nega con la testa.

Sorrido tristemente:
<Non vivendoci non lo comprendi> commento e poi inizio.

<Significa che il nostro mondo può sembrare bello: non dipendiamo da dei colori e non abbiamo la magia a complicarci la vita... Perché bastiamo noi umani a complicarcela. Con i nostri modelli di bellezza e formalità sociali, il fatto che non possiamo cambiarci in un unico instante, le fasi che si hanno nella vita... e molto altro... Tante cose che molto spesso ti travolgono e non riesci a respirare, ti senti affogare e alcuni non ce la fanno a restare a galla. "Bello all'apparenza ma letale all'evidenza" è più che azzeccato> concludo.

<Il tuo mondo è così brutto? Se sì, perché ci vuoi ritornare?> mi chiede con nella voce un tono di desiderio per qualcosa...

Ma non riesco a capire che cosa.

Un piccolo sorriso mi spunta sul viso, vero e sincero.

<Perché ho delle persone per cui vale la pena vivere. Che mi fanno stare bene.> dico in un sussurro.

<Capisco...> commenta lui, con nella voce un tono di tristezza e credo di capire a cosa pensa.

<Questo è un addio e mi dispiace... Però poi come potrai far capire che io sono sfuggita e che quindi il governo non è infallibile?> chiedo.

<Da quel che si dice quando qualcuno ci entra una enorme scarica attraversa il mondo intero... Si sentirà.> spiega.

Sciolgo i nostri incantesimi e mi fondo su di lui, abbracciandolo stretto.

<Perché?> chiede solo stringendomi di più a sé.

<Perché ho tolto i nostri incantesimi? Siamo soli e voglio avere come ricordo il vero te che mi saluta. Perché ti sto abbracciando? Perché so che mi mancherai. Persone come te non se ne trovano facilmente nel mio mondo.> spiego appoggiando la testa sulla sua spalla.

"E nessuno mi farà sentire speciale come te" penso con rammarico.

Dopo mezzo minuto mi stacco, con dispiacere di entrambi.

<Devo andare... Ho paura di diventare una colorata di qui a fra poco.> spiego.

<Addio> dice in risposta.

Sembra che voglia dire (o fare) qualcos'altro...

Ma si trattiene.

E anche io...

Vorrei solo andargli incontro e stare lì, così, per sempre... ma non posso.

Devo uscire prima che sia troppo tardi.

Mi avvicino al portale: in mezzo ad esso c'è come un leggero telo azzurrino.

Lo sto per toccare e poi uscirò.

Nemmeno lo sfioro con un dito che mi sento strappata dal luogo da dove sono e buttata da un'altra parte: credo di essere stata teletrasportata...

E mi sento leggermente nauseata.

Mi guardo attorno ma non sono a casa, sono in una enorme arena tipo Colosseo.

Mi giro intorno ma Luke non c'è: sono sola.

<Finalmente l'ospite d'onore è arrivata!> esclama una voce da qualche parte.

Sento la folla ammucchiata sugli spalti esultare e forse dirmi qualcosa del tipo insulti o roba varia.

Ma non sto ascoltando.

Mi echeggiano nella testa le parole dette da quella voce, per meglio dire il tono di voce.

Perché so a chi appartiene e cosa sta per succedermi.









N/A: questo è in assoluto il mio capitolo più lungo: 4304 parole senza nota autrice!

Siamo seri?!

Seri seri?!

DDDETTAGLI!!!

Comunque non l'ho suddiviso in più parti perché così mi riscatto per il lunghissimo tempo che non ho pubblicato.

Vi ho fatto pure quel momento dolcioso dei due (rovinato, ovviamente) e la suspance finale.

Muhahahahahaahahahaha!*per poco non soffoca*

P.S.: cavolo! Abbiamo raggiunto le oltre 250 visualizzazioni!
Io vi voglio bene ragazzi!

P.P.S.: mi dispiace molto per la lunga assenza, se volete scoprirne il perché e una bella sorpresa andate sulla mia storia "Cose a caso di una tizia no-sense" al capitolo 61, all'ultima "skip temporale", per così dire.

Ciao e alla prossima!

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top