IL MONDO DI UNA MENTE INCAMERATA
Sono Velia (la "nascosta") e questa sarà la nostra prima e ultima (praticamente l'unica) "conversazione unilaterale". Un mio "vaniloquio", in effetti.
Sarai come un diario, un fidato custode e confidente, ma... beh, cominciare col classico e banale "Caro Diario" proprio non mi va!
Ho deciso, pertanto, di nominarti Hollow Red von D-D (non ho alcunissima intenzione di rispettare l'ordine delle parole in inglese, perché questo, per me, è come se fosse nome e cognome e non "aggettivo + sostantivo". Dunque, mi va bene così):
1) HOLLOW, perché lo associo al nero, il colore dell'oscurità e dell'abisso;
HOLLOW, perché mi ricorda "black-hole", un buco che in sé tutto racchiude e nulla in superficie lascia trasparire o emergere;
HOLLOW, perché descrive la mia "ME INTERIORE" e, pertanto, ad essa viene associato;
2) RED, come il sangue che mi scorre nelle mie algide vene;
RED, perché è il colore che viene associato alle emozioni ingestibili e impetuose (come il temperamento emotivo e passionale e la rabbia accecante che cerco di reprimere e di nascondere con fatica);
RED, come il fuoco che mi brucia dentro e che è causa della mia morte"onirica" (nei miei incubi, spesso, muoio ANCHE per immolazione, appunto);
RED, perché è un colore che io associo al Male che percepisco fuori e dentro di me, nonché nei miei incubi.
3) D-D, perché iniziali di Duo e di Duplex e, quindi, che fa riferimenti alla mia natura "sdoppiata" (e contraddittoria, anche).
Superati i convenevoli posso anche procedere con la stesura di queste poche pagine...
Scrivere un diario dovrebbe essere semplice, automatico, piacevole e - persino - "infantile", se si consideri il fatto che rientri tra le prime e più comuni "attività letterarie" a cui si dedicano i bambini fin dai primi anni di scuola.
Eppure a me è sempre risultato difficile scrivere tutto ciò che penso o provo. Probabilmente perché, spesso, riesco a stento a seguire la logica dei miei pensieri (sì, perché ce l'hanno) e, quindi, mi risulta praticamente impossibile scrivere tutto con la stessa rapidità con cui l'ho pensato.
Ciononostante continuo nel mio intento di cimentarmi in quest'ardua impresa - portandola a termine - e penso che il motivo principale per cui io non l'abbia fatto prima d'ora sia uno: ME STESSA!
La "ME", in tutta la sua complessità; tutte le sue paure e le sue insicurezze; la sua riservatezza; la sua - talvolta - ingestibile timidezza; le sue paranoie ansiose e le sue crisi interiori; la sua "alienazione" e il suo inappagabile e incommensurabile desiderio di libertà, in tutte le sue forme...
La ME che mi tormenta, mi angoscia e mi spinge a creare e a "vivere" nel mio mondo interiore. Un mondo inviolabile, incontaminato e utopico, che - spesso - viene messo a dura prova dal mio più oscuro e perturbante "Es" e dal mio "Über-Ich" esterno.
Un rimedio l'ho trovato, però: l'Atarassia!
Sembra solo una breve e banale parola, un qualunque status interiore privo di consistenza e di fondamenta, ma è ciò che mi permette di guardare anche il mondo esterno e circostante (e coloro che vi abitano al suo interno) con il sole negli occhi. Dentro di me risplende la Luna Oscura e imperversa e si scatena furiosamente il Temporale che - tuttavia - non trova via d'uscita dai miei aridi occhi (li definisco tali perché, ormai, sono incapace di versare lacrime... un tempo ci riuscivo, ma ora non più, ahimè!). Eppure, malgrado ciò, è il sole ad esser sempre e solo notato dagli altri (vuoi per comodità o per "cecità", non saprei ben dirlo).
Ho sempre avuto un invidiabile (sì, probabilmente la modestia non è il mio forte, ma almeno sono sincera e obiettiva) autocontrollo, dunque ho dovuto "solo" mantenerlo costantemente e ampliare "la zona di gestione".
Sono così "abituata", concentrata e latamente "costretta" a lavorare sulla mia persona/personalità e sulle mie emozioni, che il minimo cedimento di nervi mi manda in confusione, in delirio, nel più oscuro e opprimente sconforto.
So che non dovrei meditare troppo su certi argomenti e sui miei (discutibili) atteggiamenti, ma è l'unica cosa che mi impedisce di impazzire (è paradossale, me ne rendo conto, ma è così che stanno le cose).
Ammetto che non è piacevole "spompare" così il mio cervello e i pochi neuroni superstiti che lo occupano, ma credo possa tornarmi ugualmente utile in qualche modo, visto che mi ha comunque permesso di prender maggior consapevolezza di me e del "mondo circostante" e di disapprovarli entrambi e in egual misura.
In effetti cerco di reprimere le emozioni proprio perché "esplodere" - per me - comporterebbe danni irreversibili all'equilibrio che cerco disperatamente di raggiungere in entrambi i "miei" mondi e che non fa altro che accumulare altro peso che grava su un cuore "inesistente". Sì, è così che quest'ultimo - ormai - viene percepito anche dall'esterno.
Mi son sentita accusare anche di essere priva di emozioni; di non essere umana; di essere una specie di vampira non solo perché insonne e pallida, ma anche (e soprattutto) perché sono fredda (metaforicamente e letteralmente) e complicata; di essere colpevole anche di ciò che non ho causato e - pertanto - di colpe a me non attribuibili; di essere "strana", egoista e aggressiva, perché a volte la parte nascosta sfugge al mio controllo e vuole mostrarsi a tutti, come a dire e a urlare disperatamente: «Io sono qui! Ci sono, ma nessuno mi vede e mi comprende! Nessuno se ne cura e vi dà importanza!»
C'è un passo dell'opera letteraria "Il Dr. Jekyll e Mr. Hyde" di Stevenson, per esempio, che si basa proprio sulla dualità del personaggio. Si sofferma, infatti, sulla coesistenza di due entità in un unico corpo che, per quanto contrapposte, sono comunque legate l'una all'altra e costantemente in lotta tra loro. La trovo illuminante e pertinente al contesto, direi...
Oh, lo so bene: è così che appaio!
Sono il risultato di ciò che i due mondi hanno creato. Ciò che gli altri hanno massacrato e poi provocato. Sono la maschera che tutti vogliono vedere e colpire, scalfire e far crollare.
Perfetta non lo sono e la mia presenza è solo una mera e passeggera esistenza. A tal proposito, mi tornano in mente anche un paio di aforismi di Wilde:
1) "Meglio essere protagonista della propria tragedia, che spettatore della propria vita";
2) "Vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente esiste, ecco tutto".
E io sono la principale spettatrice di me stessa, posizionata in prima fila e incatenata da me e dal mondo ad osservare con disprezzo e malessere i miei mondi. Proprio ciò che Wilde criticava, praticamente.
Ho più anni di quanti ne possa dimostrare e che possa voler avere, ma non li ho mai vissuti. O, meglio, ho "vissuto" diverse vite, se la vedo da una determinata prospettiva: una vita in ogni epoca; di ogni età; in ogni mondo... e le ho vissute appieno, rendendole parte integrante di me.
Ho, così, viaggiato per il mondo, visitando posti esotici e sconosciuti e approcciandomi a diverse culture e lingue.
Ho conosciuto e interagito con umani ed entità sovrannaturali a diretto contatto...
Ho "vissuto" più di quanto un comune mortale possa mai vivere e il motivo è semplice: la MENTE! Sì, quella scatola vuota e spenta che mi ritrovo nella testa mi ha permesso di "vivere" ciò che non mi è possibile attuare nel mondo reale per una serie di motivazioni e di regole che non val la pena elencare e di mantenerne vivo il ricordo, affinché possa ancora sentire il mio respiro (persino quello affannoso dovuto ai miei perenni incubi notturni) e il battito del mio cuore "inesistente" o "spappolato".
Io sono un ciclo continuo di immagini, di parole, di sensazioni e di stati d'animo che trovano concretezza e forma nei miei disegni e nei miei scritti (che la mia mente mi proietta come se fossero filmini, per consentirmi di poterli riportare fedelmente nero su bianco) e che mi "catapulta" in più mondi: nel mondo esterno e a me circostante, che non conosco (e che - sostanzialmente - non mi conosce a sua volta) e a cui non sento di appartenere; nel mondo interiore e ricco di emozioni perennemente controllate e - persino - represse, perché provarle significherebbe esserne sopraffatta e verrebbero da me percepite in maniera amplificata, visto che esploderebbero tutte insieme, schiacciandomi ed esponendomi all'annientamento interno ed esterno, inevitabilmente e incessantemente; e - infine - anche nel mondo onirico, quello più "reale" di quanto possa essere, che mi attrae e - allo stesso tempo - mi intimorisce e che ogni notte mi impedisce di dormire (nelle giuste dosi e tranquillamente) e di placare il mio animo già in costante tumulto.
Forse non approverai né riuscirai a comprendere appieno ciò che ho scritto e il motivo per cui io l'abbia fatto (nemmeno io vi trovo logica in questo, in effetti), ma volevo semplicemente farti entrare anche in un'altra dimensione (ignota e altalenante, ai confini con la "follia") - LA MIA - che rispecchia ciò che è diventato il mio rifugio, il mio angolo di "pace e zen", la mia valvola di sfogo priva di una qualunque barriera o "facciata", il mio mondo: IL MONDO DI UNA MENTE INCAMERATA e adesso a te svelata, caro il mio Hollow Red von D-D.
Con immensa gratitudine ed eterna riconoscenza per la tua attenzione e confortante "presenza"
La tua Velia von Lux, la "nascosta"
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