Capitolo 1
Salve, sono Heron Jens Czyborra! Ho ormai 13 anni e la mia vita non è semplice: ho la sindrome di down e, per fortuna, nel mio caso si tratta di mosaicismo: una forma più rara che mi ha risparmiato molte complicanze, grazie al fatto che il cromosoma 21 in più non è presente in tutte le cellule del mio corpo, ma faccio fatica a ricordare alcune cose anche nel breve termine, ho un problema all' occhio sinistro per via di una cataratta che sí, mi è stata tolta appena nato, ma mi ha regalato una vista non proprio ottimale. Senza contare che anche il mio tempo extra scolastico è diverso: visite mediche di ogni tipo, dall' oculista alla terapeuta, una volta ogni settimana la logopedista per mantenere buona l' articolazione delle parole... insomma! Chi più ne ha, più ne metta!
Molte persone pensano che io sia malato, che abbia dei problemi mentali gravissimi pari a quelli di un serial killer o cose simili. Non sanno, però, che tra sindrome e malattia ci sono differenze: la mia è, appunto, una sindrome, ovvero una condizione. Ma la cosa che mi urta di più è la gente che non riconosce i miei pregi e la mia autonomia nel cavarmela nella vita: nessuno capisce che il mio cervello lavora semplicemente in maniera diversa e con tempistiche variabili a seconda di ciò che devo imparare. Udite udite... ci sono cose in cui posso essere più avanti di un neurotipico.
In questo momento sto facendo giardinaggio con mio padre e mi sento fiero di averlo appena medicato, in quanto si è piantanto una scheggia sulla mano sinistra mentre stavamo tagliando i rami secchi della siepe. Niente di grave, per fortuna. Sì, mio padre è proprio quello che conoscete voi: Lennart, l' ormai ex calciatore che io da piccolo chiamavo "Papi Scarso" dopo aver visto qualche spezzone di partita. La cosa che lui non sa è che io lo penso ancora adesso che non fosse un granché con i piedi, ma glielo dirò se ci sarà l' occasione perfetta. Ma una cosa è sicura e non parlo del fatto che io sia la sua fotocopia, dal momento che ho preso la sua bianca carnagione, i suoi capelli biondissimi, i suoi occhi azzurri e la forma della sua bocca. Quel che è certo è che mio padre è una delle persone più buone che ci siano e mi ha insegnato tante cose, tra cui l' essere gentile e come prendermi cura di me stesso. Anche la sensibilità l' ho presa da lui ma ne sono fiero solo in parte, perché essere così fragili può essere una ricchezza, ma anche una continua sofferenza.
"Ecco abbiamo finito per oggi!" esclama mio padre mettendo giù la pinza. Io voglio continuare perché mi sto divertendo, ma non è rimasto più nulla da fare, in effetti. Io e lui ci rechiamo nella casetta di legno a parlare.
Mancano pochi mesi all' inizio delle superiori e io non vedo l' ora di finire nel mondo dei più grandi, nella speranza che finiscano le prese in giro riguardo il mio aspetto e il mio problema.
"Papi... mi piacerebbe essere veterinario o zoologo. Gli animali sono tutta la mia vita. Che ne pensi?"gli chiedo, non appena siamo seduti sul divanetto della casetta. "Direi che è una splendida idea: gli animali danno molta più soddisfazione di certi umani. Ma dimmi: vedere un animale soffrire ti darebbe la spinta per farlo stare meglio o ti darebbe fastidio perché loro non meritano di soffrire?" mi chiede il mio adorato papi scarso. Giuro che a questa domanda non saprei rispondere. Nessun animale merita di soffrire ma è anche vero che mi sentirei realizzato se uno di loro stesse meglio grazie a me. Che confusione nella mia testa! Silenzio di tomba attorno a noi. In quel momento, mio padre mi avvolge con il suo braccio attorno alla spalla. "Sono fiero di te" mi dice di punto in bianco. Io gli chiedo il motivo di tale affermazione. "Perché sei diventato un ragazzo veramente meraviglioso e hai dimostrato di saper superare tutte le difficoltà che la vita ti ha dato. Sei più forte di me, caro il mio Heron" è la risposta che mi viene fornita. Io, a quelle parole, inizio a commuovermi e papi scarso mi abbraccia. "Vieni qui patatino mio! Anche se hai già 13 anni, sarai sempre il mio bambino" mi sussurra cercando di abbracciarmi. A quel punto, ne approfitta per togliermi gli occhiali e asciugarmi gli occhi.
Nel mentre, arriva mia mamma che ci chiama per la merenda. Syria è una bella donna di media altezza, con lunghi capelli ramati e occhi verde acceso ed è lei che comanda in famiglia. Non mi sarei mai permesso io di chiamarla con strani nomignoli nemmeno da piccolo perché mi sarebbe arrivata una punizione immediata. Devo essere sincero, però: senza di lei non sarei maturato così tanto e non avrei contrastato il mio ritardo mentale che ora risulta molto molto lieve. Fin da quando sono nato, mi ha sempre stimolato il cervello con lettura e musicoterapia. Non so se c' entri il fatto che insegni letteratura, ma sono devoto a lei per il lessico ricco che mi ha fornito negli anni. Diciamo che entrambi i miei genitori hanno saputo far splendere i lati migliori di me e non mi hanno mai abbandonato.
Io e papà entriamo in casa dove ci aspettano i nostri nipotini: mia sorella paterna Kamala ha 28 anni e ha già 3 figli che sono Aisha, la più grande e i due maschietti Hans e Koray che sono due fiumi in piena. Non sempre, infatti, ho voglia di stare con loro: spesso la confusione non mi piace e mi causa mal di testa o, nei casi peggiori, crisi di nervi. Anche quando gioco la partita della domenica a calcio, a volte, non vorrei che ci fossero i tifosi e, per questa ragione, i miei compagni di squadra mi prendono in giro in quanto loro pensano che il pubblico sia fondamentale per avere una marcia in più. A proposito di questo, ho lo stesso ruolo di mio padre quando giocava, solo che io ho il piede destro preferito anziché il sinistro. Secondo lui, io sono più bravo e tecnico, ma io gli dico sempre che lui ha più esperienza. Non so perché, ma se gli dessi ragione su questa questione avrei una paura assurda di ferirlo: recentemente mi ha spiegato il vero significato della metafora del "fantasmino nero" perché mi ha reputato grande abbastanza per comprendere la questione della depressione. Sono rimasto abbastanza scioccato e quella discussione mi è rimasta nel cervello per giorni. È proprio vero che l' idea che chi abbia tutto o quasi, all' esterno, sia diffusa e la gente pensa che sia queste persone siano automaticamente felici. Mio padre è stata la dimostrazione che non è tutto oro quel che luccica ed è stato veramente male in certi periodi della sua vita. Kamala, non appena lei e le altre mie due sorelle Aaliyah e Hannah sono andate a vivere via di casa, mi ha insegnato a gestire le eventuali crisi di tristezza di papà, anche se non è detto che si ripresentino nel corso degli anni, ma è sempre bene sapere le dinamiche della famiglia per conoscere meglio da dove veniamo e forse anche noi stessi. Tutti noi abbiamo qualche problema e qualche debolezza che possono essere convertiti in punti di forza. Non sono solo io o gli altri come me ad averne e sono stufo che le persone credano che io sia un mostro solo perché la mia sindrome si vede con gli occhi. Sono sicuro che anche chi mi critica sta affrontando qualche battaglia di cui si vergogna. Allora perché non essere gentili con tutti e aprirsi un po' di più al mondo? Una cosa è sicura e ve la devo confessare: io sono orgoglioso di essere nato così! Mi sento molto fortunato da questo punto di vista perché noi diversamente abili impariamo ad amare accettando la diversità e le particolarità di ognuno di noi.
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