Capitolo VIII: Calore
Tese l'orecchio, in attesa. Silenzio.
Non sentirla più piagnucolare era già un buon inizio. Togliersi dalla testa l'immagine di quel corpo che si afflosciava, per poi aprirsi come un caco bello maturo, beh quello sarebbe stato un altro bel paio di maniche. Aveva dormito un paio d'ore, cercando di non pensare a nulla. Non ci era riuscita. Non era soltanto Ambra il problema. Erano ricercate, in una città letteralmente post-apocalittica, sole ed entrambe menomate. Più ci rifletteva, sapendo che avrebbe dovuto muoversi ed evitare di rimuginare, più si abbacchiava. Era piccola. Non poteva veramente affrontare tutto questo. Come avrebbe potuto?
Si mise a sedere sul letto. La coperta scivolò giù. La teneva nonostante il caldo, la faceva sentir protetta. Lentamente, con tutta la cautela di cui disponeva, aprì la mente. La direzionò, dandole la forma di un'unità fluttuante, una sorta di nuvoletta: in questo modo poteva sfruttare meglio la capacità. Oltrepassò la porta e vagò per la cucina, stupendosi nel trovarla linda come il sedere di un neonato. Le pareva perfino profumasse. Ritornò nella stanza, al suo corpo.
<<Dov'è andata?>> mormorò tra sé e sé.
Cercò la bambina per tutta casa. Non c'erano tracce di sangue né l'ombra di quello scricciolo. A meno che... Tornò in cucina. Aprì il frigo e la trovò rannicchiata contro il fondo. Non respirava.
Sara quasi rise, pensando a come sarebbe stata la scena in una situazione normale: avrebbe cominciato ad urlare, sarebbe andata nel panico mentre i genitori della bimba strepitavano, chiamando l'ambulanza. Sarebbe stato orribile... ma adesso, con davanti una piccola highlander, il patos diminuiva. A che scopo preoccuparsi?
<<Cazzo se ti odio...>> borbottò Sara, trascinando fuori la ragazzina. Era incrostata di sangue e gelida.
Si sedette accanto al piccolo corpo inerte, senza avere alcuna idea sul da farsi. Doveva lasciarla lì? Scaldarla? Scuoterla?
Nessun movimento del torace. Ambra era clinicamente morta. La mente di Sara riprese a vagare, prima fuori casa, poi nel quartiere ed oltre, sempre più lontano.
Finche non trovò...
-Sem?!-
<<Come ha detto?>> tossì Semir, incredulo. Ebbe un capogiro, ma passò subito.
<<L'abbiamo mandata via. Era vostra parente?>>
<<Non che questo importi. Siamo i suoi tutori.>> sibilò il ragazzo smilzo accanto a lui. Tremava di rabbia e stupore, lo sguardo saettante dagli occhi del muscoloso infermiere e al gruppo di colleghi alle sue spalle.
Semir balbettò:<<C... come...? Perché?>>
<<Mi dispiace, davvero, ma era pericolosa. avrebbe messo in pericolo tutti noi. Non ha provato nemmeno a collaborare e...>>
<<Ma non dir cazzate.>> sputò fuori Sem, la voce acutissima per l'ira.
<<Cazzate? La vostra "ragazzina" ha ridotto in fin di vita uno dei nostri uomini.>> sbottò un altro degli infermieri.
<<Sei tu l'adulto e ti aspetti che una ragazzina, ferita e spaventata, minacciata da un gruppo di scimmioni incazzati, sia ragionevole? Tu sai com'è arrivata qui, imbecille?>>
<<No, non lo sappiamo e non importa, in questa situazione. Ci dispiace, ma è stato necessario.>>
Leo aprì la bocca, poi la richiuse. Prese a torcersi le mani, come faceva sempre quando non riusciva a trovare le parole... o aveva paura.
<<Io... si, lo so. Era sulla bocca di tutti quando è arrivata qui, ma non è questo il problema: abbiamo centinaia di persone da proteggere, sono una responsabilità.>> mormorò un altro.
<<Sara non è una persona?>>
<<Non sta dicendo questo...>> nonostante la sua mole, quello che pareva essere il capo tradiva un profondo disagio <<ma abbiamo scelto di sacrif...>> l'uomo si bloccò a metà frase, scosso da un brivido. Stranamente anche Semir e Leonard si sentirono d'un tratto scossi.
<<...cioè, ho pensato al... bene comune. >>
<<Almeno dicci dov'è andata, per favore.>> mormorò quasi supplichevole Leonard, chinando la testa.
L'uomo fece per parlare, poi una collega lo interruppe posandogli una mano sulla spalla.
<<Chiara, tutto bene?>> le chiese, scrutando il volto teso della giovane donna.
<<Ci ha detto... di distribuirle... a tutti.>> teneva l'altra mano in tasca. Ampie macchie di sudore si allargavano sui suoi vestiti.
<<Di che parli? Chi...>> si interruppe. Aveva visto qualcosa alle spalle della collega. Anche Sem si voltò a guardare. Le sue gambe quasi cedettero. Al suo fianco Leonard imprecò. Seduto a pochi passi dalla donna, su un davanzale, c'era un giovane che non dimostrava più di undici anni. Giocherellava con una matita, facendola dondolare tra l'indice ed il pollice. La sua pelle era viola chiara, i capelli nero pece. Gli occhi argentei erano calmi, quasi annoiati.
<<Certo che questa Sara deve essere una stupida. Farsi beccare da gente come voi... Peccato non averla incontrata in giro, spero stia bene, stellina.>> mormorò tranquillamente il ragazzino.
L'infermiere tentò di farsi avanti.
<<Fai un movimento e li uccido tutti adesso.>> disse l'ankh, come nulla fosse. Attorno a loro, l'intero atrio, anzi tutto l'ospedale, era immerso nel silenzio più totale. Il brusio delle voci era cessato quando si erano accorti dell'ankh. Ogni persona ad esclusione dei cinque era immersa in una sorta di silenziosa attesa. Il resto degli infermieri anziani si era fatto indietro.
Il ragazzo puntò la matita verso Leonard e Sem:<<Anna ci ha parlato di voi due. Per un po', lei e questa Sara hanno comunicato mentalmente, a vostra insaputa, ma negli ultimi mesi la ragazzina ha tagliato tutti i ponti. Sappiamo che le avete fatto da famiglia. Siete stati... Gentili.>> parve soppesare le successive parole, poi indicò il muscoloso infermiere <<Con te non ce l'ho particolarmente. Sei solo un bastardo come tanti, ma hai fatto una scelta logica e sensata. Il male di uno per il bene degli altri. Il tuo senso di responsabilità è ammirevole.>> Gli sorrise dolcemente. Attorno a lui uomini, vecchi, donne e bambini, ognuno di loro aveva sollevato una mano. Stringevano tutti qualcosa di appuntito: matite, pastelli, penne, cacciaviti, taglierini.
<<Quindi ti dirò...>>
<<Ti prego, non fargli del male!>> supplicò quello.
<<... non è nulla di personale...>>
<<Dio, ti scongiuro!>> fece per afferrare la collega, ora anch'essa impassibile, un bisturi puntato contro l'occhio sinistro <<Chiara, ascoltami, non farlo...>>. La donna si scostò e colpì il braccio nerboruto con la lama, strappando un urlo all'infermiere. Tutto questo sotto gli occhi annoiati del ragazzo ed angosciati di Leonard e Semir.
<<Ti rendi conti di cosa intendi fare?>> pigolò Sem. Non osava muoversi.
<<Cosa...? Ovvio che me ne rendo conto. Mi hanno ordinato di uccidere più esseri umani possibili e tutti questi faranno un gran numero. >>
L'infermiere fece per gettarsi verso di lui.
<<A cuccia, bello.>> quello obbedì. Si prostrò ai piedi del ragazzino, singhiozzando, la faccia sporca di lacrime e muco.
Il resto della sala parve animarsi. Uno dopo l'altro si pugnalarono il volto.
<<Mirare, puntare, fuoco.>> sghignazzò l'ankh.
Solo in pochi caddero con un colpo secco: la maggior parte continuò a mutilarsi fino a stramazzare a terra, il volto sfregiato.
La sala si riempì delle urla incontrollate dei moribondi e dell'uomo che avrebbe fatto di tutto per proteggerli. D'improvviso si alzò, libero, e cominciò a correre da una parte all'altra, tentando di salvare il salvabile, fermare i sopravvissuti. Ogni volta che si avvicinava ad uno di loro quello aumentava la forza dei colpi... moriva dissanguato... lo assaliva. Il ragazzo ankh osservava la scena con un vago sorriso sulle labbra sottili.
I pianti, i gorgoglii di chi moriva soffocato dal suo stesso sangue, chi annaspava in cerca di un secondo di vita in più. Tutto ciò echeggiava nell'atrio.
Le ginocchia di Semir cedettero.
Il puzzo di sangue ed escrementi freschi.
Il suo stomaco parve rivoltarsi. Poco più in là Leo barcollava, respirando troppo forte. Era in iperventilazione.
-Merda- fece per accostarsi all'amico, ma le sue budella protestarono con una fitta prolungata. Non poteva muoversi o avrebbe dato di stomaco.
<<Parliamoci chiaro.>> borbottò il ragazzino <<Voi venite con me. Fate che non ve lo ordini, o vi farò strisciare sui gomiti per tutto il tragitto. Tranquilli, ve la troviamo noi Sara.>> Posò quel suo sguardo vacuo e rilassato su Leo. Il ragazzo parve calmarsi.
<<Tu invece siediti.>> ordinò al muscoloso uomo, un attimo prima che gli afferrasse il collo. <<Siediti ed aspetta di morire, senza far nulla. In silenzio, grazie.>>
Di nuovo l'ordine fu eseguito.
Si voltò verso Sem e gli rivolse un ampio sorriso, alzandosi in piedi.
<<Andiamo, ragazzi?>>
Davide rimase fermo. Li vide uscire, sentì il rumore dei passi che scemava. Rimase solo, ad ascoltare i pochi ultimi respiri.
Sara tornò in sé di colpo, come risvegliandosi da un incubo. Non aveva potuto far niente: se il terrorista avesse voluto ucciderli o torturarli lo avrebbe potuto fare indisturbato. Aveva avuto appena la forza di osservare dagli occhi di Semir.
Si accasciò a terra, vicino al corpo immobile. Pianse. Non era nemmeno riuscita a farsi sentire.
E se si fosse consegnata? Forse li avrebbero risparmiati.
Passarono i minuti.
Si alzò. Trascinò la bambina fino al bagno. Riempì la vasca. L'acqua si scaldò.
Svuotò la mente e, lentamente, si calmò.
Si levò tutto, a parte la canottiera, per evitare di inzuppare gli abiti.
Lavò la bambina. Era come strofinare una bambola di pezza: non era rigida. La aiutò a calmarsi, a fare ordine trai pensieri.
Le uniche due persone che si erano prese cura di lei negli ultimi anni erano in pericolo di vita. Non poteva restare a guardare. Aveva una paura enorme, di cosa le avrebbero fatto, o ancor di più delle pretese che avrebbero posto... Ma doveva andare.
Osservò Bra, la testa abbandonata all'indietro, la bocca semiaperta.
<<Potresti essere un'ottima merce di scambio.>> proseguì col lavaggio, sentendosi un po' più merda del solito.
<<Sai Bra, hai ragione. Odio essere inutile.>> mormorò, cercando di sistemare la massa di capelli fulvi <<In realtà ci convivo... Credo che l'utilità sia una questione opinabile. Il vero problema è che temo di non saper fare qualcosa di buono: non spontaneamente, almeno.>>
Stava perdendo tempo. Bastava far vagare la mente, fino a trovare un qualsiasi ankh. Continuò a parlare e dar di spugna.
<<Ho incontrato altri ankh come me. Quasi tutti loro mi hanno lodata, dicendo che il mio potere era elevato. Dandomi della ragazza intelligente, sensibile, buona. La verità è che sono perennemente arrabbiata. Non per forza frustrata... Come faccio a spiegarti... Non credo sia solo l'età. Provo una rabbia enorme verso quello che sono, ma soprattutto per ciò che mi costa. Odio fare la vittima, ma spesso mi comporto come tale. Inoltre, io agisco... o per lo meno ci provo... ma ho sempre paura di sbagliare. Perché non sono innocente. Mi è capitato molte, troppe volte di fare la cosa sbagliata.>> sospirò, sbrogliando un nodo e cercando di tirar via lo schifo che lo ricopriva. Fece cambiare l'acqua. La bambina era un po' meno molle e finalmente respirava. A piccoli, deboli rantoli.
<<Qualche anno fa... c'era un ragazzo che mi prendeva in giro di continuo, spesso pesantemente. Eravamo vicini di banco, quindi ogni santo giorno dovevo sorbirmi la sua faccia da belloccio, il suo sorrisetto strafottente. Un po' mi piaceva, sai? Ma non potevo sopportarlo. Era arrivato a spintonarmi e colpirmi, blandamente sì, ma mi faceva male. Di tanto in tanto provava a... beh. Toccava dove non doveva. Lo faceva di nascosto, per i corridoi, quando i prof non guardavano, o quando c'era gente che non voleva vedere: ce n'è tanta. Fu allora che decisi di agire. Di non restare ferma a subire.>> tirò su col naso. Ambra tossì, facendola sussultare.
<<Con il mio potere, durante una lezione di chimica, lo costrinsi a versarsi dell'acido cloridrico in volto. Lui obbedì come un automa e, pur tra le urla di dolore, se lo rovesciò addosso fino all'ultima goccia. Quando la prof arrivò, il danno era fatto.>> avvicinò il palmo della mano alla bocca della bambina. Respirava bene ora, anche se debolmente.
<<Ovviamente tutti sospettavano di me, ma non c'era modo di incastrarmi. La legge italiana non si è ancora aggiornata come si deve, per quanto ci riguarda. Non parlai. Né Leo, né Sem mi dissero mai nulla. Al contrario, per molto tempo non ci considerammo a vicenda. Imparai a cucinare per me. Mi mostrai buona, pentita... Ed infine ci riappacificammo, almeno in parte. Alla fine cambiammo città ed io, scuola. Rovinai la vita a quel verme e non scontai nulla. E la cosa peggiore...>> le tremava la voce. Ambra tossì di nuovo. La fissava attraverso le palpebre socchiuse.
<<... La cosa peggiore è che godetti un sacco a vederlo soffrire. Mi finsi orripilata come gli altri compagni, ma dentro di me urlavo di gioia. Era un piacere rabbioso, soddisfacente, vivo. Malato.>>
Singhiozzò, senza che le lacrime scorressero.
<<E poi sono crollata. Prima che ci trasferissimo, i suoi amici mi hanno trovata. Ho lasciato che mi facessero quel che volevano e non li ho denunciati... ma non ho mai ammesso nulla. Soltanto dentro di me, ho continuato a credere di non poter fare altro che male. Che fosse l'unica vera mia capacità. Anche adesso mi capita di pensarla così, a volte.>>
Sollevò la bambina. Aveva richiuso gli occhi e russava, piano. La asciugò delicatamente (di nuovo, la parte più impegnativa furono i capelli). La tenne in braccio, avvolta in un asciugamano. Poco a poco riuscì a riscaldarla.
<<Non sono riuscita a salvare Semir e Leonard... né so come ritrovarli... Ho paura.>>
Si sdraiò, coprendosi per bene, senza però smettere di abbracciarla.
<<E poi ci sei tu. Tu che mi piaci dal primo giorno che ti ho incontrata, in quel dannato villaggio turistico. Non è strano, eri sia la capetta che il centro del gruppo: Anna ti idolatrava, quella merdina; Dalia... lei era davvero innamorata di te. Io ti volevo più dal lato... fisico. Eravamo i tuoi piccoli, insulsi satelliti. Le ancelle intorno alla reginetta... Ma eri anche la più tosta, quella che restava calma quando eravamo nel panico... Sembri molto più umana adesso, rispetto ad allora. Ti tenevi tutto dentro, Bra?>> La bambina tossì forte contro il suo collo ed ebbe un tremito. Stringendo le labbra, più insicura e titubante che mai, Sara le tolse l'asciugamano di dosso e la trasse nuovamente a sé. Sfregandole braccia e gambe con le mani per riscaldarla.
<<Hai fatto quello che... beh, sai. Dovremmo parlarne per bene, quando starai meglio. Voglio provare a capire: prometto che starò calma. Forse non smetterò mai di odiarti, ma non mi arrabbierò. Non sono migliore di te. Sputo disprezzo, dico di odiarti, ma ti desidero con tutta me stessa.>>
Guardò il piccolo volto. Gli occhi erano di nuovo socchiusi.
Bisbigliando aggiunse:<<Beh, in questo momento no.>>
Ambra richiuse gli occhi. Le cinse il collo con le braccia e la pancia con le gambette. Era proprio un vizio. Si riaddormentò così. Dopo qualche minuto, Sara la seguì.
Sognarono. Vagarono insieme, nel sonno, scaldandosi a vicenda.
Sara non ripensò a Semir e Leo, almeno fino al risveglio
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