CAPITOLO 26
L'ALBA
Passai qualche minuto in una sorta di trance, e neppure mi stupii più di tanto quando vidi un'astronave emergere da una caverna più grossa di quella da cui eravamo usciti noi, simile ad un hangar. Mi limitai a stringere Matilda più forte.
La voce di Ivre ci giunse come amplificata da quel mostro di metallo: «Allora? Che state aspettando? Salite!»
Una volta a bordo, registrai con poco interesse il decollo e il fatto che Matilda e Ivre stessero parlando e accolsi con una leggera sorpresa il miracoloso funzionamento di un veicolo così vecchio.
«Ma perché Deneb non ci ha consegnato subito al maestro Geremia e al signor Chimici?»
«Lui muore dalla voglia di raccontare le cose che sa: è un gran chiacchierone, e là dentro ci sono solo io che non gli do mai corda, e poi non è che avesse molta voglia di consegnarvi, stava tergiversando.» poi aggiunse «Che è successo a lui?» mi indicò con un cenno del capo.
«È rimasto un po' scioccato.»
«Dai, non è la fine del mondo: ti sei liberato di due scassafuturo e hai un Dio in meno da adorare, che male c'è? In fondo non è cambiato niente: la Parola funziona lo stesso, è questo l'importante.»
«C'è una differenza fondamentale» mormorai io «adesso lo so.»
«Ma il fatto che tu lo sappia o meno non cambia mica niente.»
Sullo sfondo Matilda continuava a ripetere tra sé e sé:« Scassafuturo. Scas-sa-fu-tu-ro. Bella parola, mi piace!»
«Ah, a proposito» disse Ivre con fare annoiato «Deneb mi ha detto di darti questo.» mi porse un bigliettino appallottolato scritto in tutta fretta con un lapis.
"Ci incontreremo ancora tutti e tre, l'ho visto nello specchio. Arrivederci, Quis."
Soffocai a stento un tremito: speravo di essere ormai fuori da quella faccenda, di poter fingere, un giorno, che non fosse mai successo nulla, e invece...
«Matilda, hai ancora il tuo accendino?» chiesi.
«Certo.» me lo porse.
Miracolosamente quel maledetto aggeggio, dopo tutto quello che avevamo passato, era intatto, cosa che non si poteva dire di noi. I vizi non muoiono mai.
Lo feci scattare e il foglietto sparì in una fiammata accecante, regalandomi quello che finora era stato il momento più bello di tutta la giornata. Del resto era l'alba, il giorno era ancora tutto da vedere.
Mi meravigliai del mio ottimismo, e inconsapevolmente dovetti sorridere, perché Matilda mi guardò e chiese: «Era divertente? Cosa c'era scritto?»
«Nulla di importante.»
Fu in quel momento che mi accorsi che stavamo sorvolando il Cubo.
«Cosa stiamo facendo?» gridai allarmato «Nessuno deve vederci!»
Per tutta risposta Ivre ci fece precipitare.
Sfondammo il vetro del cubo proprio sopra il giardino di casa mia, ed io mi sentii confusamente grato del fatto che lì attorno non c'erano finestre dalle quali qualcuno potesse guardarci.
«Forse non è così che si atterra.» disse Ivre fra sé e sé.
Eravamo tutti incolumi, ma se io avessi potuto fare quello che mi pareva Ivre non lo sarebbe stato ancora per molto.
«A proposito!» disse Matilda con tutta tranquillità, quasi non si fosse accorta che eravamo caduti dal cielo come un sasso aprendo un buco a forma di navicella spaziale nel tetto del cubo «Come mai fuori si può respirare?»
«Visto che l'aria aperta funziona un po' come una sala di magnetite» spiegò Ivre «Deneb ha sfruttato la caduta della meteora come pretesto per far smettere la gente di andare fuori all'aria aperta, perché dice che Terra ha idee un tantino diverse sul concetto di incolumità degli uomini. Potrebbe far accadere cose spiacevoli.»
In quel momento vidi attraverso i vetri Donnie che usciva di casa con un libro in mano, guardando con meraviglia lo strano marchingegno apparso dal nulla nel giardino. Aveva avuto così tanto sangue freddo da tenere con un dito il segno delle pagine, ma immagino che anni di avventure, anche se fatte di carta ed inchiostro, lo avessero indotto a ritenere ogni avvenimento come accettabile.
«Quis» disse, vedendomi uscire «Che sta succedendo?»
Spinsi avanti Ivre «Ecco il tuo fratellino nuovo. Ce l'hanno dato gratis.»
Aletis apparve alle spalle di Donnie «Ho capito subito che eri sparito e...»
Si interruppe. Il suo sguardo scivolò da me ad Ivre mentre il suo volto si colmava di una felicità che era felicità e basta, senza nessun altro sentimento in mezzo, una felicità talmente pura che io non l'avevo mai vista.
Corse verso di noi, ma fu sopraffatta dall'emozione e cadde a terra, svenuta, tenendo la mano del figlio.
Donnie e Aletis furono gli unici a cui raccontammo la storia com'era andata veramente.
N.d.A.: -1!
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