CAPITOLO 22
Deneb notò la mia inquietudine, ma parve trattarla con leggerezza, forse fraintendendola: «La storia degli schermi e di come sono venuto qui e molte altre storie sono tutte molto affascinanti, ma mi pareva che voleste capire come voi siete arrivati in questo posto.
«Ivre ti adora, anche se a giudicare dal suo comportamento potrebbe non sembrare: è lunatico e scontroso, cambia idea ogni cinque minuti e cerca sempre di non mostrare mai come si sente davvero. Poco fa avete assistito ad un eccezionale dimostrazione di sentimenti...ah, la prima adolescenza è un'età così affascinante, in voi umani, vero? Siete fragili, e per la prima volta ve ne rendete conto e fingete di essere forti per la paura: è stato un bell'argomento di studio per molti anni...»
«Perché, quanti anni hai?» domandò Matilda, incuriosita.
«Come dicevo» passò oltre Deneb, impaziente «Ivre ti ha seguito negli ultimi giorni con tale dedizione che quasi non riuscivo a staccarlo dai monitor per farlo mangiare, e anche se non mi diceva niente sapevo che voleva incontrarti a tutti i costi. È per questo che voi siete qui: quando siete scesi nel tunnel, Ivre, disobbedendomi, ha colto l'occasione e ha cercato di usare il macchinario di apertura della grotta per offrirvi un passaggio che vi portasse a noi, ma ha commesso un errore e siete finiti qua dentro.» accennò alla superficie argentata.
«Cos'è quello?»
«Uhm, me lo chiedo da secoli, da quando l'ho trovato, ma ancora non sono riuscito a darmi una risposta. Io lo chiamo "immaginazione solida" oppure "realtà liquida". È piuttosto complicato, comunque: quello che ho scoperto è che di frammenti del genere ce n'è dovunque, solo che non ce ne accorgiamo perché di solito sono molto piccoli, e i nostri strumenti non li rilevano; di solito pensiamo che si tratti di luce.
«È una sorta di ricettacolo di idee, di condensazione di ogni fantasia dell'uomo, la soglia, per così dire, oltre la quale tutto quello che immaginiamo diventa un mondo vero, presente e con regole tutte sue. La parte interessante è che neppure noi possiamo sapere se siamo qualcosa di assolutamente reale o se siamo soltanto un mondo immaginato dentro ad uno specchio.»
Io piuttosto che "interessante" lo avrei definito "inquietante", ma mi rendevo conto che doveva dipendere dai punti di vista.
«Alla fine sono arrivato a ipotizzare la concatenazione dei mondi: un mondo immagina un altro mondo che a sua volta immagina un terzo mondo che, per quanto possa sembrare assurdo, immagina il primo mondo. Questa mia teoria è avvalorata da tutti gli elementi che molti mondi hanno in comune tra di loro, ma finora non sono riuscito a dimostrarne la validità. Chi sarà stato il primo ad immaginare? Forse nessuno, forse siamo semplicemente nati così e non possiamo far altro che immaginare tutti assieme, o cesseremo tutti di esistere.»
«Quei posti dove siamo stati, dentro allo specchio...» aggrottai le sopracciglia mentre tentavo di abituarmi all'idea che fossero tutti una fantasia reale, con mia sorpresa riuscendoci «Cosa sono? Lo sai?»
«Come ti ho già detto sono mondi, ma la domanda interessante è perché siate finiti in quelli piuttosto che in un qualunque altro posto, infatti lo specchio reagisce alla nostra mente e vi aderisce, cercando appigli per creare qualcosa di concreto. Ci si può trovare tutto di sé stessi, là dentro, i propri desideri, le proprie paure, le proprie idee, perché non è, appunto, nient'altro che uno specchio.»
«Ma tu hai visto dove siamo finiti?»
«Certo, perché pensavo a voi, e lo specchio vi mostrava a me. Inoltre, si possono capire molte cose dai mondi in cui una persona finisce, e immagino che vogliate sapere che cosa significano per voi quelli in cui voi siete stati, dico bene?» era molto gioviale, sembrava che non vedesse l'ora di spiegarci come stavano le cose. Tanto meglio.
«Certo.» lo assecondai.
«Bene. Il primo è quel posto col fiume arancione, e...»
«Sì?» lo incalzò Matilda senza ritegno. Per qualche strana ragione quel posto le interessava particolarmente, anche se con lei non si poteva mai dire: probabilmente si sarebbe esaltata allo stesso modo per tutti i mondi dove eravamo stati.
«...uhm, non significa niente. Insomma, niente che possa spiegare io: come vi ho detto tutto quello che vivete all'interno dello specchio non è altro che quello che c'è nella vostra mente, e quel posto somiglia parecchio ad una fantasia, o un sogno.»
«Allora è colpa mia!» esclamò allegra Matilda «Nei romanzi d'avventura c'è sempre un ponte con un fiume di lava sotto, e ogni tanto mi chiedo cosa succederebbe se quella non fosse veramente lava...»
Non mi sprecai neppure per stupirmi e mi limitai a scrollare la testa in segno di leggera esasperazione.
«Nel vostro primo viaggio siete arrivati in un mondo dell'immaginazione. Un mondo molto, molto interessante, perché non si tratta delle fantasie di una singola persona, ma di un intero popolo. È quello che si chiama immaginario comune, e se ci riflettete bene sono sicuro che vi darà del materiale per riflettere.» disse Deneb, e per un attimo sembrò davvero un bambino, un bambino che pregusta il proprio regalo di compleanno «Dopo siete finiti in quel corridoio pieno di specchi: visto che non ha una gran logica, deduco che anche quello è un parto della vostra fantasia, e nemmeno vi posso parlare della vostra caduta nella sua testa» accennò a Matilda «Questa è una cosa che tu» indicò me «devi spiegare a lei: io non ero fisicamente nei suoi ricordi, perciò non so cosa abbiate visto.»
«Caduta nella mia testa?»
«Te lo spiega dopo, te lo spiega dopo!» esclamò Deneb, spazientito. Sobbalzai: il suo tono in fondo era normalissimo, ma per qualche ragione faceva paura «Adesso vi dico del mondo con la bambina. Quello sì che è un posto interessante, davvero interessante...»
fece una pausa ad effetto, poi disse: «Voi avete una vaga idea di chi sia quella bambina? Di indizi ne avete avuti.»
Riflettei: se Deneb diceva così, significava che tutti conoscevamo quella bambina, chiunque fosse, qualunque cosa fosse.
«Non lo so, qualcosa di spaventoso, senza dubbio» avrei potuto chiedere tante cose, parlare dell'istinto che mi aveva fatto correre lontano da quello che avevo percepito come un pericolo, invece ricordai il suo pianto e la donna che era sparita «Quella giovane...l'ha uccisa veramente? È una mandragola?» sapevo che quella delle mandragole era solo una leggenda, ma nello specchio tutto era possibile; avrebbe avuto senso. Non appena formulai questo pensiero mi venne da ridere: come potevo dire che una cosa del genere aveva senso? Era un delirio, uno spaventoso delirio su cui al momento non riuscivo nemmeno a riflettere perché diventava sempre più delirante: non potevo far altro che aspettare e vedere cosa sarebbe successo, non ero nemmeno del tutto sicuro di essere lì per davvero.
Deneb mi guardò con tanto d'occhi, con un'espressione divertita e un'aria di superiorità: «Davvero pensi che le cose stiano così? Oh, no giovane Quis, è molto di più che una mandragola: è la Morte. Per essere precisi, una delle infinite rappresentazioni della Morte che si possono trovare nello specchio. Ne avete incontrato una casualmente, e vi posso assicurare che succede sempre così: chiunque entri nello specchio prima di uscire incontra la Morte, forse perché la Morte è una delle tante porte che conducono allo specchio. Per un breve momento la persona che muore entra nello specchio perché riceve tutte le immagini, i pensieri e le sensazioni possibili: è questo che consuma le persone, il momento della morte è il momento fissato per ricevere così tante informazioni che un essere vivente non le può sopportare, è la resa dei conti finale.»
«Il canto delle sirene!» esclamò Matilda.
«Esatto. Voi ci siete andati molto, molto vicini, ma essendo già dentro lo specchio anziché morire avete trovato una porta e vi siete spostati.»
La cosa non mi fece riflettere più di tanto: mi erano successe così tante cose che essere scampato alla morte per miracolo, forse anche più di una volta, non mi pareva una cosa così eccezionale. Dopotutto ero sopravvissuto.
«Perché la bambina uccide con il pianto?»
«Lei non vorrebbe farlo» sospirò Deneb «ma com'è facile comprendere è una bambina molto sola: la sua attenzione è calamitata di volta in volta da una delle anime che si trovano al suo cospetto, perché vorrebbe farsela amica. Ovviamente però questo non potrà mai succedere, perché appartengono a due mondi diversi: la Morte dunque si intristisce e si mette a piangere, e quel pianto uccide sistematicamente la persona a cui è diretto.»
Una Morte triste. Era una cosa talmente assurda che non poteva che essere vera.
«Non è male come rappresentazione della Morte» ragionò Matilda «così chiunque ha, almeno una volta nella vita, l'unica volta nella vita, una persona che ti desidera così tanto da non potersi trattenere dal piangere, che ti si affeziona talmente tanto da ucciderti pur di averti al proprio fianco.»
Questo ragionamento mi parve insensato, ma potevo accettarlo da parte della persona che aveva fatto ridere la Morte.
«Ma se la bambina si rende conto che così facendo fa sparire le persone e nessuno resta con lei perché continua a piangere?»
«Sai Quis» mi disse Deneb, con un tono di voce appena percettibile «quello che ti manca è un po'di elasticità mentale. Credi davvero che tutte le creature esistenti in questo e in altri mondi ragionino nel tuo stesso modo? Quella bimba è quanto di più diverso ci sia da te, pensare che abbia le stesse reazioni che avresti tu al suo posto è oltremodo sciocco: lei è nata per comportarsi così. Prima che tutti gli altri nascessero.»
Per un attimo si interruppe e rimase a fissare il vuoto, perso nei suoi pensieri, e Matilda, che fino a quel momento l'aveva guardato rapita come una bambina che contempla il gioco più bello nella vetrina del negozio, ne approfittò per domandare: «Sei un elfo?»
Deneb scoppiò a ridere «Se fossi un elfo avrei fatto di tutto per non farvi arrivare qui vivi, come mi ha insegnato lo specchio riguardo a quei pestiferi umanoidi.»
«Allora sei un alieno!»
Deneb ci guardò come se avessimo fatto una battuta particolarmente divertente e scoppiò in un risolino basso e vagamente e appositamente sinistro: «Alieno, eh? Questa è proprio bella...»
Poi si alzò e fece cenno di seguirlo oltre la porta in fondo alla stanza. Gli andai dietro nonostante la recente esperienza di porte, portali e passaggi avrebbe dovuto suggerirmi che non dovevo farlo.
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