Capitolo 2


-Il passato-

Passai i giorni successivi da quella cena a trovare escamotage per cercare di rivedere Armand. Non me ne capacitavo del perché, non ne avevo parlato a nessuna delle mie amiche dell'epoca. Era una cosa così poco normale per una ragazza di 18anni, che un po' me ne vergognavo.. Non sapevo nemmeno io perché ero attirata da un uomo con quasi il doppio dei miei anni.

Cercai ogni scusante valida per cercare di passare dal suo ufficio, trovandomi anche a dover rispondere a delle domande scomode. Ma ogni volta che andai allo studio fingendomi lì per consegnare moduli o scartoffie varie, la sua segretaria era sempre più veloce di me, e capitavo proprio nel momento in cui lui era fuori in riunione o altre cose.

Mi scoraggiavo, perché volevo rivederlo. E un giorno, scendendo le scale al di fuori dall'edificio, lo vidi che scendeva dalla sua macchina che aveva appena parcheggiato. Ci incrociammo, io feci finta di non vederlo fino a quando non mi fu a pochi centimetri dalla faccia, dove per forza di cose fui obbligata a salutarlo. "Buongiorno", mi ricordo che gli dissi.

Lui mi studiò qualche secondo, e poi mi rispose "Buongiorno Elena, vai via adesso?"

Gli risposi che avevo dovuto consegnare qualche foglio. Lui annuì "Beh grazie che ci hai pensato tu. Altrimenti i tempi si sarebbero allungati ulteriormente"

Sorrisi, gentilmente. "Non c'è di che". In verità ricordo che mi ero preparata un sacco di battute per ogni evenienza, ma quando ero lì davanti a lui, rimasi quasi paralizzata. Non riuscivo ad andare oltre. Ero imbarazzata, e non lo sapevo spiegare. Di solito non ero così. Ingenuamente, avevo dato la colpa al fatto che era molto più adulto di me, e quindi io mi sentivo inferiore. Il mio subconscio invece suggeriva qualcosa di molto più intrinseco.

Lui mi guardava serissimo, quasi a cercare di capire cose mi passasse per la testa. "L'azienda di tuo padre mi sta mandando tanti segnali per circuirmi a firmare il contratto con loro. Il corriere, che in questo caso sei tu, fa parte del piano?"

Mi sentii un po' ferita. Era stato stronzo quella volta. Beh, non solo quella volta..

"In realtà loro non hanno orchestrato proprio niente", risposi di getto.

Fece un ghigno "allora sei tu che hai voglia di vedere me, oppure hai una cotta per Chiara, la segreteria"

Scossi la testa "Nessuno di questi due. Ora devo andare, ho mille altre cose da fare"

Ero scappata via. Ero totalmente in imbarazzo. E mi sentivo anche un po' cogliona.

Se solo fossi andata via definitivamente, da quello studio..

-Il presente-

"Amore, che pizza vuoi?". Massimo, il mio attuale fidanzato. Ve lo presento: biondo, bellissimo, occhi azzurri. Il mio prototipo ideale di ragazzo. Non sapeva niente del mio dolore, dei miei crolli emotivi.

Annuii. Ero sul divano a guardare una serie TV su Netflix. "Prendimi la solita".

Stavamo insieme da qualche mese, e filava tutto liscio. Era una relazione che potevo presentare ai miei amici, alla mia famiglia, anche se per motivi che poi vi spiegherò non l'avevo ancora fatto. Era un bravo ragazzo. Ah, se potessi prevedere il futuro.. Bocca mia taci..

Se la guardi da fuori, la mia vita sembra perfetta. Vivo da sola in una villa da non so quanti metri quadrati, i miei genitori sono rimasti a Roma per lavoro, io mi sono trasferita a Milano per studiare. I soldi non mancano, la vita mondana neanche, il sesso colma i momenti vuoti, cos'altro? Ah si, questa sensazione di morte ogni volta che pensavo a lui..

Andai in camera, e aprii l'armadio per cercare una felpa da casa così da stare ancora più comoda. Lo sguardo mi cadde su quel ciondolo in quell'angolino.. Lo presi in mano e lo guardai.. Me lo ricordavo.. Ma non è ora di spiegarvi la storia di quel ciondolo.. Lo guardai e mi scesero due lacrime, anzi, tre, poi quattro.. Massimo era uscito, non c'era nessuno che poteva sentirmi. Sarebbe stato via circa mezz'ora, il tempo di sciacquarmi la faccia e fare finta che tutto ciò non fosse mai accaduto. Mi sedetti per terra, rannicchiai le gambe portando a me le ginocchia, e le lacrime cominciarono a farsi singhiozzi, inarrestabili, irrefrenabili.

Sei stato tutto, e anche se non ti vedevo da quasi un anno, le notti che passavo da sola le piangevo tutte.

Non riuscivo a smettere di piangere, e la vista di quel ricordo, di quel pezzo di te, in casa mia, mi fece tirare un urlo, di disperazione. Non potevi essertene andato così per sempre, lasciandomi qui, con mille illusioni svanite, con speranze distrutte.

Si dice che le prime esperienze sono quelle che ti rimarranno più impresse per tutta la vita e che ricorderai per sempre. Oh no, io voglio solo dimenticare. Il tempo non mi ha aiutato, anzi, continua a tirar fuori ricordi. E la cosa peggiore è quando non hai neanche nessuno con cui parlare.

Perché nessuno sa. Nessuno poteva sapere. Mi hai usata, mi hai giostrata secondo i tuoi piani, mi dicevi che questa cosa non si doveva sapere. Che non si poteva sapere.

Perché?

Sapevi già che te ne saresti andato? O era solo per proteggermi dalla confusione mediatica e sociale, come mi dicevi sempre?

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