Capitolo 10


-Il presente-

"Mamma?"

Sentivo la sua voce dopo un mese, era andata in Cambogia.

"Tesoro mio, come stai?"

Male. Uno schifo. Per colpa del vostro collaboratore. "Bene, ho visto le foto che mi hai mandato.. Molto suggestive"

"Grazie tesoro! Come vanno gli esami lì?"

"Sono al pari.. Io e il mio compagno studiamo sempre quasi 8 ore al giorno"

Rise "Sono orgogliosa di te! Anche tuo padre lo è, lo sai"

In realtà non lo sapevo. Riniziò a parlare. "Ascolta tesoro, io e tuo padre pensiamo di dare una cena qui da noi per celebrare un traguardo importante. Ci farebbe piacere se tu ci fossi, se vuoi puoi portare anche il tuo amico"

"In realtà sto con un ragazzo.. Si chiama Massimo", puntualizzai. "Quando?"

"Questo fine settimana". Era martedì. "Se confermano tutti saremo una quarantina. Tuo padre ha spedito inviti a destra e a manca"

Armand Grimaldi era incluso?

Sapevo che dovevo andarci, quindi mi feci forza, e sperai che lui non fosse incluso. Accettai.

Se lo avessi visto credo che sarei collassata sul pavimento. Non avevo metabolizzato per niente l'accaduto.

Ma sapevo che dovevo andarci.

Accettai.

Si partiva per Roma.

Ero partita, ed ero arrivata. Massimo l'avevo lasciato a Milano, non mi sembrava il caso, e poi vi spiegherò il perché.

Era già la sera della cena. Avevo preso il biglietto di ritorno domenica pomeriggio, visto che in quella città piena di sofferenze non ci volevo più stare. Avevo messo un vestito rosso attillato che fasciava il mio fisico a clessidra, e avevo appena finito di ultimare il rossetto.. In tinta con il vestito. Mi guardai allo specchio, ero bellissima. Avevo fatto delle onde morbide che mi cadevano sulle spalle, e avevo messo una collana fine di perle. Bellissima, ma triste come poche. La mia faccia trasudava sofferenza, e voglia di piangere se si fosse verificato quello che pensavo. Avevo così voglia di vederlo, ma al tempo stesso ero così terrorizzata..

Ci giro poco intorno.. Scesi dalle scale e lo vidi parlare con mio padre. Un tuffo, un esplosione al cuore. Mi iniziarono a tremare le gambe, iniziai a sudare. Un attacco di panico improvviso. Non potevo farcela. Era di spalle, quelle spalle.. No, era troppo da sopportare. Feci per tornare su, ma mio padre mi bloccò. Respiravo a fatica, ma dovevo fingere. Dovevo stare bene. Scesi le scale a fatica, un passo dopo l'altro. Armand si voltò, ed incrociò il suo sguardo con il mio, e lo mantenne. Era bello, come pochi. Come sempre. Mi guardava senza staccarmi gli occhi di dosso, e mio padre mi parlò. "Stavo dicendo ad Armand che è un peccato che tu non abbia intrapreso ingegneria"

Sorrisi forzatamente, non riuscivo a parlare. Il cuore segnava troppi battiti. Riuscii a rispondere a stento. "Medicina non è affatto da buttare via"

Armand confermò quanto detto da me. "Affatto"

"Carlo! Vieni un attimo!", era la voce di mia madre. Mio padre si scusò con entrambi e si allontanò.

Io rimasi un attimo lì, poi fuggii via. Armand mi rincorse nel lungo corridoio e mi prese per un braccio. "Elena"

Lo strattonai "Ti prego lasciami andare"

Mi recuperò "Elena, possiamo parlare?"

"Armand lasciami, inizio a urlare", gli intimai.

Mi prese i polsi costringendomi a guardarlo. "Per favore ho bisogno di parlarti"

Mi strattonai e gli mollai una sberla in faccia. Sentivo le lacrime. "E quando sentivo il bisogno di parlarti io?"

Lui sembrava frustrato. Si massaggiò la guancia lesa, ma continuò a parlare. "Mi dispiace, credo però che ora dobbiamo parlare"

"Non ho niente da dirti", corsi via per le scale salendo sempre più su.

Lui mi rincorse. "Abbiamo tante cose da dirci"

Arrivai all'ultimo piano, non avevo più scelta. "Per favore, te lo chiedo in ginocchio, va via". Gli pregai io. Era una sofferenza troppo grande.

Si avvicinò sempre di più. "Ti devo delle scuse"

"Per cosa? Quale delle tante?", gli domandai aggressiva.

Mi guardò. "Tutto"

"Ti ricordi ora?". Stavo per esplodere

"Ho fatto tantissimi sbagli con te, troppi"

Iniziai a piangere. "Per favore vai via, non riesco ad ascoltarti"

Parò le mani davanti a sé. "Per favore, ascoltami"

"Sono terrorizzata da te", dissi tra le lacrime. "Non riesco a sentirti parlare, non riesco a guardarti. Mi hai distrutta"
lui mi guardava con una faccia da cane bastonato. "Ti offrirei il mondo per rimediare"

"Neanche tutto l'oro del mondo mi rimetterebbe in piedi", gli dissi io.

Gli tremavano le labbra, sembrava realmente teso. Ma non importava. Non cambiava niente. "Non dovevano andare così le cose"
sussurrai. "E come dovevano andare?"

"Che ti amavo era reale. Quello che è successo dopo è stato sbagliato. Ma che ti amavo, era vero". Era scosso. "E non posso dire che è tutto svanito, almeno in me"

Mi si mozzò il fiato.

"Chiedimi qualsiasi cosa e te la darò", continuava. "Davvero. Ti darei soldi, case, città, isole, tutto. Meriti tutto, e anzi, meriti l'amore che io non ti ho saputo dare. Chiedimi qualsiasi cosa Elena, le vali tutte. Nella mia vita ho amato poco, ma con te è stato reale. Ho sbagliato, sono stato un vigliacco, sì. Ma ora, ti sto parlando da uomo realmente mortificato da ciò che è successo. Sei il mio rimpianto, Elena"

Non riuscivo a parlare. Mi si avvicinò ancora di più, e mi fece una carezza sul viso, a cui non mi sottrassi. "Sto male ogni giorno", lo sentivo tremare "Ma credimi non ti sto mentendo"
Riuscii a dire solo una cosa. Solo una frase. "Mi fai schifo"

Non si allontanò, io glielo ripetei ancora una volta. Lui non si allontanò. Iniziai a dargli dei pugni sul petto facendo scorrere le lacrime sulle mie guance. Sempre più forti. Lui non ebbe la minima reazione. Mi sfogai su di lui, così tanto, che arrivata all'estremo delle mie forze, mi lasciai scivolare sedendomi a terra. E piansi. Lui si mise al mio pari. "E' lecito tutto da parte tua.. Ma per favore"

Alzai lo sguardo guardandolo. Aveva una lacrima sulla sua guancia. "E quando piangevo io implorandoti per favore?"

Si asciugò immediatamente. "Non riesco a dirti altro se non che mi dispiace"

"Sono spezzata, Armand, per sempre"

Mi accarezzò il viso bagnato. "Elena..."

"Per favore vattene, tanto questo lo sai fare bene", mi alzai. "Questo lo sai fare bene. Sai rompere tutti i pezzi, farne briciole, e poi andartene"

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