Capitolo 1


-Il presente-

È buio qui nella mia stanza, fuori c'è il sole.. O magari piove. Oppure sta nevicando? Le tende coprono ogni sprazzo di realtà oltre la finestra.

C'è puzza di chiuso.

Di solitudine.

E di malinconia.

È una di quelle giornate in cui fortunatamente non ho niente da fare, non ho nessuna maschera da indossare: posso essere me stessa in tutto e per tutto. E quando la mia agenda non ha nessuna voce segnata, è questo che faccio.. Mi rinchiudo qui, da sola, a piangere.

Sto male, tanto male. Così male che a volte penso anche che io sia arrivata al limite.

Quanto un uomo può sopportare?

Me lo chiedo sempre, senza ottenere mai una risposta.

Mi hai fatto male, come una lama affilatissima sulla pelle. Piano, con eleganza, subito neanche te ne accorgi del dolore che provoca. Poi realizzi. Guardi la ferita, guardi e senti l'odore del sangue che scorre sulla tua pelle, lo tocchi con il dito... è rosso, intenso, pastoso... liquido... e quella è la prova che ciò che ti ha fatto la lama è reale, e fa male.

Sto male, tanto male. E di sangue credo io ne abbia visto abbastanza, anche se tutto in un colpo, da realizzare che tutto questo mi ha portato a conseguenze negative.

Che tu sei stato negativo.

Quanto bellissimo, come un porto sicuro dove sapevo sempre dove rifugiarmi.

Non è stata la solita storia d'amore finita male. La nostra era unica, totalmente circoscritta tra noi due, illegale, e piena di tutti quei sentimenti che chiunque potrebbe non capire.

Ma noi li capivamo. Io, almeno, li capivo. Tu hai fatto finta? O eri reale?

È tutto buio qui dentro, tanto che se apro gli occhi, vedo ancora buio.

Ed è così che intendo passare tutta la domenica pomeriggio. Perché tu sei anche questo.

Sei anche sofferenza. Sei anche sangue.

È la storia d'amore più sofferta di tutte, e la gente non la deve sapere. Non lo deve sapere che...

-Il passato-

"Salve, sono Elena Castelli, i miei genitori mi hanno mandato qui per lasciare questo fascicolo al dottor. Grimaldi". Detestavo quando i miei mi chiamavano solo per riparare alle loro dimenticanze. Quel giorno mio padre ebbe la brillante idea di lasciare un progetto che doveva essere consegnato alle 10:00 di quella mattina ad un tale che si chiamava Armand Grimaldi: e indovinate chi era la povera disgraziata a cui toccava far tardi a scuola affinché la mia famiglia non perdesse importanti guadagni? Io, ovviamente. L'ultimo anno di liceo era infermale, non vedevo l'ora di andarmene, quindi in fin dei conti non era male andare a zonzo per Roma.. Ma le lamentele dei professori erano troppo da sopportare.

Rimasi qualche secondo a guardarmi intorno, era uno studio immacolato, nuovo di pacca, enorme era dire piccolo. La segretaria, una donna bellissima tirata a lucido nel suo talier rosso e beige, mi sorrise caldamente, e mi prese il fascicolo dalle mani. "Ti ringrazio molto cara, consegnerò io stessa il progetto ad Armand non appena torna dalla riunione con i nuovi investitori"

"Puntuale come un orologio svizzero". Una voce maschile risuonò nel locale. Un uomo sulla trentina e oltre, curato all'ennesima potenza, uscì dall'ascensore sistemandosi il cappotto nero doppiopetto.

Mi guardò per qualche secondo, e prese il fascicolo dalle mani della sua bellissima segretaria. Lo esaminò brevemente, poi tornò a guardare me. "Elena?"

Annuii e gli porsi la mano, e mi sentii terribilmente a disagio. Lui me la strinse, energicamente, e fece un freddo sorriso di cortesia.

Non mi disse più niente, ma me ne andai sopraffatta. Come se fossi stata appena travolta da un ciclone.

Non me lo sapevo spiegare, non riuscivo ad immaginare tutti gli eventi che susseguirono da quella stretta di mano e da quel sorriso freddo.

Qualche settimana dopo, i miei mi costrinsero a rimanere a casa il sabato sera per preparare con loro un aperitivo di lavoro. Non avevo idea di chi fossero gli invitati. Rimasi sorpresa dal vedere entrare dalla porta di casa mia anche Armand, l'uomo di ghiaccio. Tenne banco quasi tutta la serata, parlava di cose che per me erano aramaiche, e catturava la tua attenzione. Aveva una forte influenza su tutti gli altri invitati, notai. Era il pezzo grosso che mio padre stava corteggiando da un bel po'.

Mi sentivo affascinata da quell'uomo, anche se non mi aveva neanche in nota. Anche se sapevo già dentro di me che non mi avrebbe mai guardata. In realtà quella sera non pensavo proprio ad essere guardata... lo capii solo dopo, che il mio subconscio cercava quello. 

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top